Senigallia, 18/04/2018, ore 17:26
– Dove scendete? – domando, probabilmente più per educazione che per vero interessamento.
– A Pesaro, vado a trovare una persona speciale, mio padre mi accompagna solamente, anche se sento una voce nella testa che continua a dirmi che sto sbagliando.
Un piccolo sorriso torna sulle mie labbra, ripensando a quanto mi era stato mostrato, quanta tenacia e quanta forza ha questa ragazza, somiglia tanto ad una mia bella copia.
– Non so se ce l'hai presente, è una vocina che parla nella testa...
– So bene di cosa parli, non preoccuparti... – allargo ancora di più il mio sorriso.
– Fa strano, non è una voce estranea, è proprio la mia, è come se fossimo sempre in due: una che fa e una che dice, una che ci prova e l'altra che giudica. E la cosa non è proprio semplice da gestire, perché, come dice mia nonna, il giudizio è sempre nemico dell'azione.
L'atmosfera incanta ed è incantata, guardo ancora la pioggia, vorrei rimanere qui con lei, congelare questi nostri discorsi, mi ci sto affezionando e la cosa mi piace terribilmente, la sento molto vicina, quasi ubriaca di questi secondi che vorrei rendere infiniti, eterni.
Mi sento molto meglio, anche in vena di consigli. Provo a risponderle:
– Le cose sono sempre difficili da gestire, te lo dice una che ne ha fatti di errori nella sua vita, sopratutto con se stessa. – confesso senza alcun velo nei suoi confronti, – Cerca di non farti travolgere, prenditi il tempo necessario per le tue decisioni. Il tempo è prezioso, sai, quindi anche fermarsi ad aspettare ha un suo perché.
Mi dà una pacca sulla spalla, poi si rialza e mi dice:
– Tu, piuttosto, dove ti fermi?
– Alla fine del viaggio, ho un colloquio di lavoro domani. E in queste condizioni non so nemmeno se ci arriverò sana di mente, – ammetto con tono sarcastico.
Lei, d'altro canto, non fa una piega, e dice, prima di rientrare nello scompartimento:
– Se vuoi fare qualcosa che ti possa essere utile prova a scrivere una lista dei desideri.
– Dei desideri?
– Sì, ci sarà qualcosa che desideri da questo colloquio, no? I tuoi obiettivi insomma. Io sono sempre andata avanti a liste, anche quando si è trattato di scegliere una persona piuttosto che un'altra.
Questo l'ho visto con i miei occhi e mi ha fatto tanta tenerezza.
– Se mi cerchi sono dentro, anche se hai solo voglia di una spalla su cui piangere, Annarita, – mi dice prima di scomparire del tutto.
– Come sai il mio nome? Anche tu leggi nel pensiero? – mi faccio un po' cupa.
– L'ho letto sul tuo biglietto.
La vedo allontanarsi mentre continuo a fissare la luce del sole. Sembra diventare sempre più grande mentre si fa sempre più ampio il suo riflesso lungo i binari. Sembrano brillare come scie di comete tremanti, perse nel tempo e nello spazio, come in un film di fantascienza. Non mi ci vuole molto per far vagare la mente verso mete lontane, veritiere o immaginarie che siano, ho l'immaginazione di una Ferrari; peccato solo che sia abbastanza inutile in tutto quello che faccio ogni giorno.
"A cosa serve immaginare se poi non lo puoi realizzare?" dice sempre papà, vero?
E non ha tutti i torti, Carolina, ma sai, una lista di desideri e di sogni irrealizzati o da realizzare la farei volentieri. E la scriverei proprio su quel taccuino.
Davvero?
Perché? Che ci sarebbe di male?
No, nulla nulla. È che in quel taccuino sono rilegati troppi ricordi, troppe sofferenze e poche gioie. Come dicevi, ci si mette a scrivere un diario solo quando si ha qualcosa di troppo doloroso da raccontare o da affrontare.
Ognuno di noi ha un mondo che si crea per fuggire da questo in cui viviamo. No, non si tratta di pianeti lontani o mondi di fantasia, sono luoghi della mente che hanno regole simili a quelle di questo mondo, solo che siamo noi a conferigli un ordine e un andamento ben preciso, perché quell'ordine, quell'andamento ci danno serenità e ci fanno sentire più comodi.
Quel taccuino non era altro che quello, un mondo alternativo.
Ora voglio che non sia più alternativo, voglio che sia questo mondo, pieno dei miei sogni.
"Perché non hai mai smesso di provare a rincorrere i tuoi sogni, nonostante tutto."
Sorrido.
Mi faccio forza, mi faccio coraggio.
Ritorno sui miei passi, attraversando nuovamente il corridoio. Apro la porta ed entro nel mio scompartimento. Sento gli occhi dei presenti tutti su di me, ancora una volta. Solo l'altra Annarita mi sorride.
Eppure non mi sento a disagio.
Strano, dopotutto quello che hai combinato, ti sei messa in ginocchio a piangere, a gridare, ad implorare. Chiunque si sentirebbe a disagio.
Lo so, ma sento uno strano senso di liberazione, è come se stessi iniziando a capire qualcosa in più su di me, qualcosa che non conoscevo o che ho sempre tenuto sepolta.
E sarebbe?
Il coraggio di vivere, di uscire con lo sguardo di prua, come una polena guarda l'orizzonte davanti a sé. Voglio vedere il viaggio che mi aspetta, questo e quello che verrà. Ho voglia di sognare, non solo per me, ma anche per il mio futuro.
Non sono più spaventata.
Allora forse è arrivato il momento, Annarita.
Il momento? Di che parli?
Il momento di iniziare a cambiare binario per il viaggio.
Non capisco...
Non sto parlando del viaggio in treno. Sto parlando del viaggio dentro di te e dentro tutte le persone che salgono e scendo continuamente da questo treno. Lo sai bene,
Uhm.
Il viaggio, qualsiasi sia, è un insieme di vite e la vita non è altro che un lungo grande viaggio. A volte ci troviamo ad incrociare binari con così tanta gente che ci dimentichiamo del nostro binario, ci dimentichiamo dei nostri sogni vivendo in una strana apatia.
Sì, ma oramai mi conosci, sono una maniaca del controllo, non riesco a lasciarmi andare e penso sempre di oscillare tra la fede nel caso e l'evidenza del determinismo. Quando invece penso agli altri che mi circondano sembra davvero che tutto sia andato esattamente come doveva andare.
La questione è un'altra.
Illuminami allora.
Il tuo è un vivere in una palla di cristallo, isolata dal mondo che ti circonda, anche il più piccolo e insignificante.
Sai leggermi come pochi, forse nessuno.
Per questo sono in questo treno, ma voglio farti riflettere: piano piano ti starai accorgendo anche tu che questa bolla si sta assottigliando, non è forse vero?
Può darsi.
Sai, l'importante è pensarsi mai isolati, in una palla di cristallo, in una bolla di sapone o congelati in un singolo attimo di tempo; c'è sempre un prima e un dopo, tra ciò che è accaduto e ciò che accadrà.
Sì, siamo un po' tutti in un treno in movimento, ed ora ho solo voglia di riprendere quel taccuino per scrivere.
– Signorina, tutto bene? – chiede Marco, mentre mi vede alzata a cercare il taccuino nel mio trolley.
– Sì, non si preoccupi.
– Spero sia passato tutto, mi spiacerebbe dovermene andare con un brutto ricordo, sto per scendere, – mi confessa mentre si sistema il buffissimo zainetto rosa sulle spalle. Dà un ultimo sguardo agli altri salutando vistosamente con entrambe le mani.
Nei suoi occhi ho rivisto specchiata una piccola immagine di me, come se, l'entrare per un pezzo nella sua vita, avesse in qualche modo influenzato anche la mia. Sento che è scattato qualcosa nel mio animo e, senza pensarci, inizio a cercare tra i miei oggetti la guantiera di dolci che mi era stata data dalle due vecchine.
– Aspetti, prenda! – dico a Marco, prima che possa andar via, – Sono certa che questi dolci a me farebbero solo ingrassare, farebbero molto meglio a lei e a chi sta andando a portare allegria.
Marco mi guarda, non dice nulla, proprio come un clown: allarga il sorriso e prende la guantiera. Mi sfiora l'orecchio e, con il suo tocco magico, tira fuori un piccolo fiorellino di cartapesta che mi consegna nelle mani.
Un piccolo gesto e il sereno torna ancora sopra noi.
Sei stata gentile, del resto il cibo mette tutti d'accordo.
Ma proprio tutti.
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