San Benedetto del Tronto, 16/04/2018 ore 16:11

Che cosa c'è, Annarita?

C'è che questo viaggio sta iniziando a stancarmi! Guarda le foto, che cosa ti sembra?

Uhm, sembra che tu le abbia scattate ora.

Esattamente! Com'è possibile? Le foto si sono... modificate?

Non so darti una spiegazione, l'irrazionale va un po' oltre le mie competenze; quello che posso dirti è che ti credo, il suo aspetto non era questo nelle ultime fermate; qualcosa di strano sta avvenendo in questo scompartimento e ho paura che non mi piaccia molto.

Benvenuta nel mio mondo, Carolina, adesso sai anche tu cosa provo in queste situazioni di estrema impotenza di fronte al mondo che urla quanto io sia pazza, isterica e depressa.

Un film horror di serie b, praticamente.

Aspetta, Carolina, aspetta... l'ho detto tante, troppe volte, ma non l'ho mai preso sul serio... se tutto questo non fosse reale?

Cosa intendi dire?

Ecco...

?

Lascia perdere...

Col cavolo, una volta tanto che tiri fuori un'idea buona ti conviene dirla, altrimenti vengo lì e ti strozzo.

Sarebbe una scena esilarante.

Taci tu! Smettila con battutine criptiche e inutili e spiegami una volta per tutte perché continuo a vederti invecchiare, stazione dopo stazione. Una spiegazione logica, che abbia senso, ovviamente.

Annarita, quando viaggi la tua anima si scinde in tante, troppe parti.

Con questo cosa vorresti dire?

Voglio dire che forse non sei pazza come credi.

Allora ammetti che stai invecchiando, che c'è un cambiamento in atto, vero?

Non posso negarlo.

Ecco, vedi Carolina? Vedi che ho ragione?

Può darsi.

Ma l'hai sentito o sei sorda? L'ha ammesso lui stesso!

E allora perché solo tu puoi vedere questo "cambiamento"? Te lo sei chiesta?

Questa è una domanda a cui non posso rispondere, non ora almeno. Non sei ancora del tutto pronta.

Senti, non puoi continuare ad evadere con queste risposte sibilline, non puoi ogni volta chiudere uno dei miei abissi esistenziali con le solite tiritere, perché questa frase l'ho già sentita troppe volte, amico mio. Ora farò vedere a tutti che non sono pazza, perché se tutto questo è davvero un sogno allora è tutto frutto della mia mente, anche le eventuali figuracce.

Che cosa hai intenzione di fare?

Sta a vedere.

Mentre il treno rallenta la sua corsa Annarita si alza improvvisamente in piedi, questa volta senza dare alcuna capocciata alla rastrelliera. Ha lo smartphone in mano, sul display appaiono in sequenza le foto che aveva scattato poco fa al Trainer e che mostra compulsivamente agli altri passeggeri nello scompartimento. I tre osservano Annarita e lo schermo sbigottiti, interrogandosi l'un l'altro sul significato di quel gesto.

– Non ditemi che sono l'unica, non ditemi che sono pazza! Vedete anche voi che sta invecchiando?

Nessuna risposta.

– Vi prego, ditemelo! Ho paura delle cose che non riesco a spiegarmi, vi prego, ditemi che non sono pazza, che lo vedete anche voi. Ho anche perso il biglietto, non so dove mi trovo, non so perché sto viaggiando... e non ho la forza di reagire. Vi prego, vi prego, vi prego!

Ecco arrivare un secondo crollo: Annarita inizia ad implorare, si mette quasi in ginocchio mentre l'ansia inizia a prendere il sopravvento, il respiro e il battito accelerano in maniera improvvisa e incontrollata, inizia a sudare freddo. E dato che non c'è mai fine al peggio ecco un lampante esempio di come la legge di Murphy sia in realtà più che applicabile alla mia Annarita. Si sente aprire la porta vetrata dello scompartimento, la poca luce esterna proietta l'ombra di un uomo su di Annarita, piegata in due ed emotivamente dilaniata.

Sì, è ancora il controllore.

Ma stavolta Annarita non ha paura e, miracolosamente, le si accende un piccolo barlume di speranza; forse non troverà mai più il suo biglietto, eppure c'è un dettaglio che le sovviene esattamente in quel momento di totale disperazione: alcune fermate prima ha visto parlare molto amichevolmente il controllore e il Trainer, segno che entrambi si conoscono. Forse quell'uomo baffuto ha le risposte che Annarita aspetta.

Alza lo sguardo, mostra anche a lui le foto sul display del suo smartphone, gli chiede, tirandogli un lembo della divisa, di confermare quello che lei sostiene, che il suo Tranier, il bianconiglio o come vogliamo chiamarlo stia invecchiando, stazione dopo stazione, viaggio dopo viaggio.

– Signorina! Non stia a terra! Si alzi e mostri il biglietto, avanti! – dice il controllore con la sua solita grande umanità.

Cerco di tornare in me, cerco di riflettere. Ma non ci riesco:

– L'ho perso. Mi faccia pure la multa, oramai non ha più importanza.

Improvvisamente si sente un forte boato all'interno dello scompartimento, parte una musica a tutto volume che avrebbe fatto destare anche Ade dal regno dei morti: la cavalcata delle Valchirie.

– Ah bene, è per forza un sogno... qualcuno si sta preparando a fare un attacco terroristico sul treno e vuole annunciarlo in grande stile, bell'idea. Io me ne vado.

Annarita esce dallo scompartimento, si siede accovacciata tra i finestroni e il reggimani, con la schiena rivolta verso la parete. Guarda il paesaggio scorrere, tra le fioche luci del sole che ogni tanto fa capolino e la pioggia che è diventata meno insistente, ma non per questo meno bella da vedere. L'erba nei prati vicini si è fatta bianca di una strana brina, tutto silenzio, tutto freddo. La natura si prepara alla notte, dove solo pochi momenti prima c'era la vita, vivace e attiva; ora invece è tutto così fermo, così sofferente; sembra di essere nuovamente in inverno.

Anche Annarita lo è, sofferente. Non chiede più aiuto, non ha più bisogno di una mano da nessuno. Quello che continua a turbarla è il fatto di essere considerata diversa, di non capire perché tutto non debba andare secondo i piani. In tutto questo il treno continua a rallentare.

Siamo in arrivo ad Ancona con un ritardo previsto di ventinove minuti. Ci scusiamo per il disagio. We're now arriving in Ancona. The train is twenty-nine minutes delay. We apologize for the inconvenience.

Mentre Annarita continua a crogiolarsi, cercando di capire insieme a me se tutto ciò che sta accadendo sia vero oppure frutto di un qualche paese delle meraviglie nota un'altra figura avvicinarsi a lei. Si sposta per farla passare, in effetti lei si è seduta proprio nell'unico corridoio.

Invece l'altra figura si ferma, rimane in silenzio e si accascia anche lei, sedendosi proprio accanto ad Annarita. Non si tratta di una figura qualunque: è la ragazza del suo scompartimento, la ragazza con il suo stesso nome.

– Mi ha multata, vero?

L'altra Annarita scuote la testa.

– No? Ha per sbaglio ritrovato un pelo di umanità quell'uomo? – chiedo un po' stralunata, mentre tiro su col naso tutto quello che ancora non ho finito di piangere.

– No. Non ti ha multata. Dentro la carrozza c'è quel signore anziano, mi ha detto di alzarmi perché sotto al mio sedile si nascondeva il tuo biglietto. E aveva ragione, è bastato mostrarlo al controllore e non ha fatto più storie, eccolo qui, – mi dice aprendo la mano e mostrandomi il biglietto.

Rimango allibita. Il mio amico sapeva dall'inizio dov'era il biglietto, sapeva che c'è stata seduta lei e sicuramente una delle vecchine che sono salite prima.

Che bellezza. Non sarà il caso di dirle grazie?

– E la musica?

– Oh, quella è stata colpa dell'altro signore, quello con lo zainetto rosa. Ha detto che deve aver alzato il volume degli annunci ed è partita la musichetta aziendale di Trenitalia.

– Quindi Trenitalia ha la cavalcata delle Valchirie come musichetta aziendale.

– A quanto pare...

Non so se ridere o piangere.

– Ero venuta a vedere se potevo esserti utile, se avessi bisogno di qualcosa.

Strano. Di solito la gente da treno è impegnata a farsi i fatti propri e se ne frega degli altri, egoismo sconcertante che anche io applico rigorosamente, purtroppo.

Ma lei non è come tutti gli altri, l'abbiamo visto, e nemmeno tu.

Può darsi, per questo credo che tutto questo sia surreale e non mi va di parlarne, né con te né con lei.

È un sogno, è tutto un cazzo di sogno.

Cerco di calmarmi guardando le gocce di pioggia rincorrersi lungo i finestroni, vederle confluire l'una nell'altra, viaggiare insieme oppure in direzioni diverse.

È ancora silenzio tra loro, è la pioggia a parlare per loro.

La pioggia ha un certo non so che di tenero, come una musica leggera che si eleva e sfiora l'anima addormentata del paesaggio.

È un freddo contatto che ricevono terra e asfalto roventi di un'estate ostinata.

Troppo ostinata, Carolina.

I suoi occhi seguono il ritmo delle gocce morte sui vetri, quasi contemplandole.

Sembrano figli di una ninfa dell'acqua, indifesi e lasciati a morire; figli che hanno visto e meditano il grigio infinito che li ha generati, senza nemmeno l'aiuto del vento che le spinge e le sospinge.

È solo una pioggia silenziosa.

Una pioggia che racconta la sua storia sonora.

Oltre le colline vengono risaltate diverse schiere di pannelli solari che riempiono il paesaggio e fanno ombra. Poi, avvicinando lo sguardo, c'è del granoturco a non finire, con chiazze sparse di faggi e cipressi. Ci sono anche molti campi lasciati a maggese da queste parti,la terra pare imporporata da una specie di spuma sanguigna che si fonde in tinte oscure d'opale e di madreperla. È davvero unico e la pioggia risalta tutto questo spettacolo.

– Non si sa mai, il tempo cambia in fretta; per fortuna ho portato l'ombrello, tra poco devo scendere.

"Non si sa mai."

Come se fosse la panacea a qualsiasi male dell'universo.

Certe volte mi piacerebbe pensare che le cose non cambieranno, vorrei che le cose che rimangano come sono adesso, vorrei che il presente possa garantire una sicurezza per il futuro, vorrei affidarmi a quello che mi viene incontro piuttosto che proteggermi con la filosofia del "non si sa mai".

Sì, a volte mi piacerebbe saperlo sempre invece che non saperlo mai; mi piacerebbe sapere che se c'è il sole non pioverà, sapere che se hai fatto il bravo la Befana ti porterà dei dolcetti e se hai fatto il cattivo te li porterà lo stesso, mi piacerebbe sapere che il colloquio che sto per fare andrà bene, mi piacerebbe sapere che, se qualcuno fa una promessa, prima o poi la manterrà, mi piacerebbe sapere che le cose stiano andando secondo i piani, di non essere pazza e di non accettare la realtà alternativa che questo viaggio mi sta imponendo.

Mi piacerebbe saperlo, insomma.

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