Porto S. Giorgio - Fermo, 16/04/2018 ore 16:33


- Ma insomma! Si può sapere cosa sta facendo? - impreca in maniera prepotente ed imperiosa il controllore.

Un agghiacciante sussulto percorre il corpo di Annarita, ha ancora il telefono tra le mani, o meglio, l'aveva. Il palesarsi improvviso di un'altra persona all'interno del bagno le fa fare un brusco movimento involontario con la mano, facendo cadere il telefono all'interno del water.

Per fortuna i water del treno non hanno un buco così grande da permettere che oggetti grandi come gli smartphone possano cadervi giù. Solo che adesso, per recuperarlo, servirà una bella dose di coraggio.

Meglio se avessi delle pinzette chirurgiche e un sacchettino di plastica. Giuro che l'ammazzo se il telefono non funziona più.

Stai calma, Annarita, cerca di essere razionale.

Non c'è nulla di razionale nel forzare la serratura mentre il bagno è occupato, è da maniaci.

Dai, concentrati.

Ecco così, brava, prendi il telefono con la punta delle dita; ci siamo, è salvo.

- Allora? Vuole rispondermi? - incalza l'infame.

- Sa, mi dilettavo nel fare bunjee jumping sulla tazza del cesso. Lei che dice?

Ops.

Merda.

Gli ho davvero risposto così?

Eh già. Considerando che non trovi il biglietto... ottima mossa. Perché non lasci parlare me?

E tu perché non mi hai frenata? La coscienza dovrebbe "prendere il sopravvento", no? Tu invece sei utile quanto un calcio in culo!

- Ah è lei! - ribatte il controllore, mutando improvvisamente tono ed espressione, molto più tranquilla e seriosa, come se avesse ragguagliato qualcosa, - Mi scusi, stavo cercando una persona che continua a salire e scendere dal treno lasciando dei biglietti a tutti i passeggeri, ero certo che si fosse nascosto in questo bagno. Fa una breve pausa non smettendo di fissarmi negli occhi, per poi aggraziarsi nel pulirsi i baffi portando soavemente la manica della sua divisa vicino gli angoli della bocca e strusciandovisi contro.

Ah, la pulizia dei maschi... 

- In ogni caso lei non dovrebbe usufruire della toilette quando il treno è fermo nelle stazioni intermedie.

A quanto pare tutto ha senso, vedi Annarita?

- Ma questo non le dà comunque il diritto di entrare nel bagno mentre c'è qualcuno dentro! - comincio a berciare, alzando ancora di più la voce, come se questo potesse in qualche modo aiutarmi a ritrovare la calma che ho perso oramai parecchie stazioni addietro.

Il controllore, per tutta risposta, lancia una delle sue orribili occhiate, prende in mano il suo tablet, segnando qualcosa con un pennino e aggiunge, - Non ricordo di aver visionato il suo biglietto.

Sinfonia di sogliole siamesi, ecco che ci siamo.

Carolì, e ora che dico? Che faccio?

Non penso che tu abbia alternative, devi dirgli le cose come stanno.

Mi tremano le mani dal nervoso e dalla paura e, senz'ombra di dubbio, sarò diventata bianco cadavere. Metto le mani nelle tasche della giacca jeans che porto per nascondere il tremolio e ostentare quella sicurezza che mi manca, anche perché il mio livello di autostima è pari a quello di un paio di infradito usate, nonostante le vecchiette della mia città facciano a gara per offrirmi la tessera del supermercato quando faccio la spesa e la dimentico a casa.

Che VIP!

Veri isterik person.

La segno in memoria nella categoria "battute stupide in momenti poco opportuni". Rispondi, su! Non distrarti, dì la verità.

- No, ancora non l'ha controllato... - ammetto a mezza voce.

- Lei è la prossima, devo prima finire questa carrozza... - e detto ciò si volatilizza dietro la porta automatica che separa le varie carrozze, camminando con la stessa grazia di un panda che rotola. Una folata di vento mi travolge nel breve tempo che la porta rimane aperta, mentre ritorno mestamente nel mio scompartimento.

Annarita si poggia al reggimani del treno, tenendo una mano nella tasca, sperando che almeno uno dei santi invocati dalle vecchiette in precedenza, scenda dal cielo per porgerle il biglietto che sembra introvabile.

Sembro un'ottantacinquenne con le braccia appoggiate così.

La mia piccola vecchietta.

Non fare la tenera con me, rimani comunque una gran rompiscatole.

Il sole, capace di mettere in luce tutte le cose belle di ogni esperienza come questa, ora inizia a nascondersi dietro una spessa coltre di nubi scure che, spinta dal vento di maestrale, pervade pian piano tutta la volta celeste.

È come se lo spazio piccolo del corridoio del treno racchiudesse in realtà un infinito di parole e di pensieri sigillati dal tempo che non smette di andare avanti, sempre più avanti. È come se sentissi la testa come una clessidra. Quelle servono solo a misurare una scadenza, qualcosa a breve termine, poi, quando hanno smesso di farlo, è come se scadessero anche loro, in attesa di essere rigirate.

Hai bisogno di essere rigirata?

Non sono una frittata, Carolina. O meglio, non penso di esserlo.

Le frittate non sono altro che un mix di tantissimi ingredienti, semplici o complicate che siano. Tu sei solo un po' complicata, Annarita, tutto qui.

Ma sì, ammettilo, sei una frittata con troppo sale e troppo pepe.

Finiscila di parlare di cibo! Ho ancora una guantiera di dolci da mangiare, ricordi?

Certo che ricordo! Magari se offri anche agli altri nello scompartimento rischi di non avere il diabete.

Cambiando discorso, lo senti quest'odore di terra bagnata che ha già pervaso le carrozze? Tra poco inizierà a piovere e i finestrini saranno una piccola costellazione di gocce che si divertono a correre e rincorrersi. Quell'odore, una sorta di estasi mai provata se non quando ero bambina, quando le cose erano semplici e belle, di quella bellezza per cui vale la pena innamorarsi.

Sì, lo sento.

Nel frattempo Annarita prosegue il breve tragitto verso il proprio scompartimento. Lo sguardo si posa inevitabilmente anche sulla gente negli altri scompartimenti. Qualcuno ha completamente aperto le tendine interne, non permettendo a chi c'è fuori di guardare. Altri, molti altri, dormono beatamente.

È divertente osservare le loro espressioni, chi dondola il capo, chi poggiato al sedile, chi respira a mezza bocca, chi si risveglia improvvisamente per qualche rumore molesto del treno in corsa. E poi ci sono i miei preferiti: quelli che si stendono mettendo i piedi sul sedile di fronte. Se qualcuno prova a farlo con il mio sedile, parola mia, verrà sbattuto fuori a treno in corsa per come sono nera adesso.

Manteniamo la calma, d'accordo? Almeno fino a quando non arriviamo a Milano e fin quando non cesseranno le cose strane che millanti ti accadano.

Anche tu non mi credi?

Non ci sono mai quando accadono queste "cose strane".

Questo non vuol dire che non accadano.

È la conferma che sto impazzendo. Basta, non ne parliamo più.

Il suo scompartimento è lì, proprio a portata di gomito. Eppure Annarita si ferma prima di entrarvi, poggia i gomiti sul grande finestrone che dà sul paesaggio marchigiano, costellato di colline brulle e piccoli centri abitati, sparsi un po' ovunque lungo la visuale. Poi gli occhi scendono giù, guardando le rotaie e i binari che scorrono inesorabili, infiniti.

Sai cosa ti insegnano all'ultimo anno di liceo in disegno tecnico, Carolì?

Certo che lo so, abbiamo fatto la stessa scuola mi sembra.

È uno di quei concetti banali, forse anche scontati. Se prendi due rette parallele esse si incontreranno in uno e un solo punto: all'infinito.

Uhm, un po' come i binari del treno?

Proprio così! Se ti mettessi a terra e osservassi la fine dei binari ti renderai conto che, alla vista, prima di scomparire del tutto, i binari sembrano incontrarsi. È un gioco di prospettiva, un'illusione dei nostri sensi, eppure sembra che l'impossibile possa accadere, proprio sotto i nostri occhi.

È un po' questo quello che ho provato quando sei stata, diciamo... poco presente.

Comprendo, più o meno. Molto meno che più.

Lascia stare. Torno ai miei sospiri e alla ricerca del biglietto perduto.

Metto piede nello scompartimento aprendo la porta scorrevole e, indovina un po', altra gente! Il fantapasseggero oggi ci porta due nuovi personaggi, un uomo e una ragazza, che è impossibile non notare. È seduta proprio di fronte al mio amico, il mio posto in origine, insomma. Lo potrei anche reclamare se solo avessi il biglietto, ma sono troppo presa dal guardare i suoi capelli verde fluo e i tatuaggi che sfoggia senza vergogna sulla spalla destra; non riesco a vedere bene cosa vi sia disegnato, ma dal riflesso sul finestrino pare che sia qualcosa di elaborato. Sembra sorridente, dallo sguardo vispo e curioso. Saluto per educazione.

- Salve.

- Ehi! - mi risponde la ragazza agitando la mano. Già mi sta simpatica.

L'uomo, invece, fissa con una certa nervosità la rastrelliera davanti a sé.

- Salve a lei. - replica con una voce molto profonda, - Ho sistemato la mia valigia accanto alla sua, spero che non le dispiaccia.

- Non si preoccupi. - asserisco con la stessa tristezza e serietà.

Più lo guardo e più mi convinco che sia un altro strano tipo, si appoggia al sedile, forse ha paura di cadere. Osserva il sedile di lato, si alza leggermente sul suo, si risiede, muove le braccia, poi guarda il finestrino, poi sbuffa, respira, accelera e rallenta più volte, chiude gli occhi e respira profondamente e rumorosamente una, due, tre volte.

Che ansia!

Ha una folta chioma di capelli grigi, degli occhiali rotondi che personalmente detesto, un paio di Birkenstock ai piedi e dei polpacci molto sottili e glabri.

Un artista, a quanto sembra.

In tutto ciò il mio amico guarda l'uomo con fare saccente, mormorando parole impercettibili alla ragazza di fronte.

- Stavo sistemando la valigia e ho visto una cerniera aperta di questo trolley. Ho provveduto a chiuderla, immagino che sia il suo, - aggiunge l'uomo, evitando il mio sguardo.

Uhm.

Cerniera aperta...

Illuminazione divina in arrivo tra tre, due, uno...

Ma certo! Come ho fatto a non pensarci? Il biglietto deve essere lì!

Mi alzo, senza sbattere alla rastrelliera stavolta, in punta di piedi, prima cerniera a destra, la apro senza portare giù la valigia. Mano dentro. Frugo. Fazzoletti, assorbenti... toh! C'è qualcosa di cartaceo, deve essere lui!

Il treno si inclina lievemente mentre continua a camminare. E tanto basta a farmi perdere l'equilibrio e a far cadere un piccolo taccuino dalla tasca insieme ai fazzoletti e agli assorbenti. Ennesima figura di merda.

Ennesimo disastro.

La ragazza, vedendomi in difficoltà, si avvicina e inizia a raccogliere i fazzoletti, senza farsi troppi scrupoli. Il mio sguardo cade però sul taccuino. Non ricordavo di averlo messo in valigia. Sul retro del taccuino vi sono disegnati una cicogna e un alligatore, eppure il destino o come vogliamo chiamarlo, decide che è giusto che il taccuino si apra proprio sulla prima pagina.

Il mio amico fa qualche colpo di tosse, si soffia il naso e inizia a ridacchiare.

Me lo ricordo quel taccuino, Annarita. Non era uno dei tuoi tentativi di tenere traccia delle tue giornate, quando ti vedevi con i tuoi amici in facoltà? C'era anche Francesco se non sbaglio.

Sì.

Rimango a fissarlo.

Quel pezzetto di carta buttato a terra diventa così un'imperfetta calamita dei miei "pensieri increspati".

Un tentativo di diario, forse. O qualcosa del genere.

Cerco sempre di evitare di aprire gli appunti della mia vita dall'inizio, probabilmente perché ho paura che guardare sempre più indietro possa fare troppo male.

Ma la pagina è oramai lì, aperta sui miei pensieri increspati; riesco a leggere anche da qui:

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