Pesaro, 18/04/2018 ore 18:19
Per salvare una... vita?
Sì, e non stiamo parlando della mia, nonostante il mio aspetto suggerisca il contrario.
Infatti, come vedi, continuo a peggiorare.
Ad un tratto il mio amico inizia a tossicchiare, all'inizio sembrano banali colpi di tosse, ma poi sembra che inizi a mancargli l'aria; da una delle sue tasche prende un fazzoletto bianco con ricamata sopra una "A" e lo poggia sulle labbra. I suoi occhi sembra che stiano diventando sempre più rossi e grandi ad ogni colpo di tosse, iniziando a lacrimare. Tutto ciò desta un po' di preoccupazione in tutti noi all'interno dello scompartimento.
Ad essere onesta la cosa mi fa parecchio paura.
Un uomo anziano che tossisce ti fa paura? Va bene che sei germofobica, ma insomma...
Non è questo il punto, Carolina. Ho la sensazione che la mia testa, apparentemente, si stia svuotando di qualcosa a tratti. E questo sembra accadere quando il mio amico sta più male. Ho la sensazione di non sentirlo più dentro di me; e a prendere il suo posto c'è qualcos'altro; anzi, qualcun altro.
E chi?
Tu.
La tua parte migliore, quindi.
Su questo avrei dei seri dubbi. Ma è assurdo che io senta una mancanza di una voce che non ho mai sentito prima, di una voce nuova che si intrufola nei nostri dialoghi, che è spuntata dal nulla come uno dei nove nani di Biancaneve. Non ti sembra assurdo tutto questo?
Mi permetto di dire che erano sette.
Lo prendo come un sì.
Piuttosto che discorrere tra noi facciamo qualcosa per aiutarlo, no?
Beh, guarda: il papà dell'altra Annarita si avvicina alla finestra, cercando di aprirla per far entrare un po' d'aria all'interno, ma ovviamente la finestra risulta ancora bloccata. L'unica cosa ovvia che riesce a fare è tenere aperta la porta scorrevole, rimanendo sull'uscio per evitare che si chiuda.
E pare che la cosa abbia già un certo effetto, il mio amico sembra respirare con più serenità. Fa un cenno della mano al papà di Annarita in piedi a mantenere la porta aperta.
- Non si preoccupi, sto volentieri un po' in piedi. Tanto scendiamo alla prossima, - dice mantenendo un espressione sorridente.
Il treno, d'altro canto, inizia a rallentare e ad accelerare più volte lungo questa breve tratta. Da lontano si intravedono i semafori che impediscono al nostro treno di proseguire la sua corsa,
- Va bene, la ringrazio. - dice a fatica, con un filo di voce, quasi sibilando, - Non c'è bisogno, davvero, sto meglio.
Dice che sta meglio.
L'ho sentito. Per fortuna che stavamo parlando di salvare vite.
Come ti dicevo, non è la mia vita che voglio salvare.
Allora vuoi vedere che...
Sì.
***
Vuoto.
Per pochissimi secondi lo scompartimento si riempie di uno strano vuoto, come se il treno si fosse svuotato di qualsiasi pensiero superfluo e mellifluo, come se fosse rimasto solo il respiro dei passeggeri ad animare il movimento sulle rotaie.
La mia vita... non capisco cosa ci sia da salvare.
Davvero non te ne rendi conto?
Non ho mai pensato di...
Dillo.
... non ne ho il coraggio; se lo dico vuol dire che lo penso davvero. E non voglio buttarmi giù in un baratro dal quale non so se potrò mai uscirne. Tu mi stai mostrando qualcosa di me che non conoscevo, qualcosa di importante.
E non vuol dire forse questo salvare una persona, salvarle la vita? Mostrare che è di più di quello che è la mera immagine che imprimi nella mente degli altri.
Questo lo sto capendo... o meglio, sperimentando da poche ore. Ed è un mix di sensazioni strane ed uniche. Prima sentivo di aver provato nella mia vita già tutte le emozioni possibili, come se fossi stata in una macchina ma senza guidarla, come se fossi stata il passeggero della mia stessa vita, perché io lascio sempre che le cose accadano come vogliono e che gli altri decidano al mio posto.
E ora?
Non so, non ho alcuna verità sulla mia vita bella pronta; del resto non ho ancora trovato nessuno che abbia la verità sulla propria vita.
Gli umani sono troppo impegnati a viverla dal loro punto di vista per poterla afferrare.
Ma quello che sento è di essere un po' diversa; come ho detto, voglio vedere il viaggio, ho bisogno di ritrovare me stessa nelle stesse cose in cui ho vissuto, nelle cose che ho conosciuto per poterle gustare meglio, con più libertà, con più spregiudicatezza; voglio vedere il viaggio, ti dicevo, come una polena e...
Siamo in arrivo a Pesaro con un ritardo previsto di cinquantanove minuti. Ci scusiamo per il disagio. We're now arriving in Pesaro. The train is twenty-nine minutes delay. We apologize for the inconvenience.
- Oh, questa è la nostra! - dice il papà dell'altra Annarita, già in piedi da qualche minuto e pronto ad imboccare il corridoio.
- Sì! - le risponde con lo stesso tono pimpante la figlia.
- Ti ammiro troppo... - dico a mezza bocca, mentre le guardo le scarpe.
Lei si volta, non smette di sorridere, poi proseguo:
- Al posto tuo se avessi saputo che il mio treno è in ritardo di un'ora avrei già iniziato a tirar giù tutti i santi del calendario romano, gregoriano e cinese. Tu invece mostri pacatezza e tranquillità anche in questa situazione; forse ho molto da imparare da te.
Lei fa spallucce, poi dirigendosi verso l'uscita mi dice:
- Guarda, in realtà sono un po' giù, insomma... avrei dovuto fare tante cose in quest'ora persa, non considerando il fatto che Trenitalia nemmeno rimborsa l'indennizzo se è inferiore a sessanta minuti.
Accidenti! Ecco perché dicono cinquantanove, non riuscivo a spiegarmelo
- E allora dove la trovi la forza di rimanere così... pacata? Insomma, hai perso un'ora non facendo nulla! Ripeto, io sarei furiosa!
Più mi altero e più mi accorgo di star parlando con una ragazza che fin poco fa mi era totalmente estranea.
- Se il treno non avesse fatto ritardo non avrei avuto occasione di conoscerti meglio, di parlare con te e di guadagnarmi un'amica.
Annuisco e porto le braccia al petto. Vorrei abbracciarla, ma credo che i biasimati convenevoli sociali, accettati o meno dalla società odierna, sembra vogliano impedirmelo.
O forse sei solo troppo timida.
Già. Eppure ho ricevuto una grande lezione anche ora: tempo perso non vuol dire sprecato, è tempo donato. E il tempo, Carolina, è la cosa più preziosa che abbiamo dopo la vita, credo.
Esattamente, Annarita: un'altra pietra diamantata che si va ad aggiungere a quelle precedenti, solo che stavolta non hai avuto bisogno di vedere il passato, presente o futuro, hai fatto tutto da sola.
Chiaramente sto imparando; e non posso chiedere un maestro migliore di te.
Comunque non ho la stessa forza che prima mi ha portato a gridare e piangere davanti a tutti, quella forza che mi servirebbe per abbracciare Annarita, la saluto semplicemente agitando la mano sinistra; e lei fa esattamente lo stesso, mi saluta così, come in uno specchio, come se fosse la mia bella copia. Le auguro di trovare il meglio per sé e per il suo futuro.
La vedo allontanarsi e, mentre i suoi capelli verdi si dipanano nell'ombra del treno che continua a correre, si affaccia ancora verso il mio scompartimento, poggiando la testa sul vetro; poi, mimando di avere una penna tra le dita, mi dice con il labiale: "S-C-R-I-V-I"
Annuisco mentre agito ancora più forte la mano.
Fermi tutti.
Che c'è? Non vuoi scrivere?
No, non è questo... siamo rimasti soli; solo io e il mio bianconiglio nello scompartimento.
Poche ore sono passate da quando siamo stati da soli in questo stesso treno. Eppure mi sento diversa.
- Diversa come?
- Diversa in tutti i sensi, ho capito di poter vivere le stesse cose in modo diverso, con le mie emozioni, - gli rispondo con la stessa naturalezza con cui lui ha iniziato a parlare.
- In fondo, te lo dissi, non siamo solo razionalità, Annarita.
- Lo so, forse riesco a carpire le mie emozioni come filtri della percezione umana: mi fanno guardare con diverse accezioni e qualità le stesse cose.
- Ed è così: le cose non cambiano, cambiamo noi.
Sospiro dolcemente mentre sento il treno ripartire.
- Alzano i pantografi, forse andremo più veloci adesso, - mi dice il mio amico.
- Te ne intendi anche di treni...
- Davvero? Non l'avrei mai detto, Annarita! - e ridacchia. Io non capisco cosa ci sia da ridere, ma tant'è che devo aver fatto una battuta divertente.
- Io ci vivo sui treni, Annarita, avrò passato quasi tutta la mia vita a viaggiare, prima con altre persone e infine con te.
- Con altre persone?
- Cosa credi? Di essere l'unica ragazza che mi abbia incontrato in tanti anni di viaggi? Ci sono milioni di persone nel mondo, e nessuno è una comparsa: ognuno vive un film di cui è regista, sceneggiatore e protagonista.
Scuoto la testa; non voglio peccare di presunzione, ma l'idea che sia tutto frutto della mia immaginazione è ancora lì e niente e nessuno potrà mai togliermela. Però non riesco ancora a capire perché io, non ho nulla di speciale se non la mia normalità.
- Non ti dice nulla il fatto che "non hai smesso di provare a rincorrere i tuoi sogni", mia cara?
- Sì, ma...
- Ma
Io ne sono più che convinta che sia tutto frutto della tua mente, ma stiamo al suo gioco.
Ovvio, magari nel prossimo viaggio andremo nello spazio.
Oh, non sarebbe male come idea! Chissà, magari riesci a fare una foto e a mandarla a tutti i gruppi segreti terrapiattisti.
- Oh, no, Carolina, per smuovere le coscienze dei terrapiattisti servirebbe molto più che una semplice foto, penso che se raccontassi tutto quello che stai vivendo ora con me non ti crederebbe proprio nessuno.
Arriccio il naso, anche perché il mio "atto di fede" di credere a quello che sto vivendo oramai l'ho fatto. Voglio considerare tutto questo come un piccolo spiraglio di luce nella penombra abissale della mia esistenza fin ora.
Tutto questo mentre il treno continua ad andare, attraversando paesotti illuminati dal primo candore delle stelle; alcuni hanno nomi talmente assurdi che sembra siano usciti dalla saga del Trono di Spade.
- Voglio farti riflettere su una cosa, Annarita, - dice il mio amico, schiarendosi la voce, - Sono tanti anni che viaggio in treno, passando da un vagone ad un altro, da vite diverse e complesse a vite semplici ma meravigliose. Eppure non ho mai smesso di guardare fuori dal finestrino e notare una cosa.
- Quale?
- Viaggiando in treno si può notare qualcosa di estremamente raro che di solito viene passato in secondo piano: il retro.
Il lato b?
- Non iniziare con il sarcasmo, Carolina: cerca di andare oltre quello che dico. Pensa alle case, ai cortili, alle scuole: non è come in auto, dove tutto viene visto dalle facciate. Quelle sì che sono più "abituate" ad essere guardate, ad essere ammirate; i treni come questo che passano dai paesi svelano la parte più intima e vera della gente, gli orticelli, i giardini, i piccoli stendini in plastica, giochi abbandonati, attrezzi consumati dall'uso. Insomma, il retro della nostra vita, la quotidianità, tutto ciò che l'apparenza può celare e che si ritiene sia poco importante.
- I dettagli, insomma.
- Esatto. E non è la sommatoria dei dettagli a dare sempre il totale delle cose?
Sorrido e non la smetto, mi tocco le guance per verificare se il sorriso ci sia davvero o se sia frutto della mia immaginazione.
- Adoro quando fai paragoni matematici!
Allungo le gambe mentre osservo fuori il... retro, tutto quello che di solito non viene notato, dettagli insignificanti, una siepe tagliata male, una piccola collinetta brulla, una coppia di fidanzati che si tengono la mano, il tutto rischiarato dal primo pallore lunare.
Non vorrei essere da nessun'altra parte, non vorrei riempire oltre le mie dolci illusioni con tante amare sfumature di esistenza.
Oh, questa è davvero bella! Perché non la scrivi?
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