Molfetta, 16/04/2018 ore 12:16

Mentre cerco di capire che cosa stia accadendo al mio cervello butto l'occhio fuori dal finestrino, guardando il mio riflesso in trasparenza e poi oltre le lontane onde dell'adriatico che si infrangono sulla battigia.

È davvero una bella giornata, si legge nel cielo limpido e turchino. Non sono meteoropatica ma ammetto che osservare la primavera che rinasce è un bellissimo spettacolo, sopratutto ora che passiamo davanti alle piantagioni di ciliegi e mandorli in fiore.

Una splendida giornata come questa non lascia indifferente nemmeno il cuore più contrito.

Ancora questa voce.

Non so chi o cosa sia, ma sono certa che quell'uomo ora mi mette paura, molta paura, non riesco a capire bene cosa stia accadendo. Chiudo gli occhi.

Cerca di mantenere la calma. La cosa più logica da pensare è che è solo tutto frutto della tua immaginazione, o forse è stata colpa di quel tizio del bar...

Cazzo! È vero, il caffè! Chissà che c'era dentro...

Lo sai che l'alcool non ti fa un bell'effetto, vogliamo ricordare cosa è successo l'ultimo capodanno?

Taci! Quella sera vomitai anche l'anima.

E lì è rimasta, evidentemente, insieme a tutte le notti in bianco passate in Erasmus in Spagna. L'unica nota positiva è che un po' di spagnolo tu l'abbia imparato, credo.

Stringo i pugni... quando c'è qualcosa che non riesco a capire divento violenta. Ho voglia di picchiare qualcuno.

Forse la devi smettere di giocare ad Halo.

Non è il momento! Dio, quanto ti odio quando fai così, hai proprio il dono di essere inopportuna nei momenti meno opportuni... vorrei metterti a tacere definitivamente.

Ma sai che non è possibile.

E se invece ti dicessi che è possibile?

Ammutolita... e non è la prima volta oggi.

No, non può essere un'allucinazione. Non può essere, non può essere. È quell'uomo!

Magari se lo ripeti ancora ti convinci che lo sia davvero...

"La risposta è solo dentro di te..."

Altra frase del cazzo! Però...

Però?

Però posso provare a chiederglielo... a voce. La testa sarà oramai irrecuperabile, ma le orecchie mi funzionano ancora.

E cosa vorresti dirgli? Che senti le voci nella testa? Vorrai scherzare...

Mai stata più seria. Al massimo rimarrà scandalizzato e quando capirà di essere con una pazza chiederà al capotreno di spostarsi di scompartimento e io avrò ottenuto la solitudine che tanto desideravo.

Folle, ma efficace.

Apro gli occhi mettendomi in una posizione più o meno composta, poi apro la bocca cercando di far uscire qualche suono:

– Mi scusi...

L'uomo abbassa nuovamente il giornale, inarcando un sopracciglio. Non risponde, mi fissa ancora al di là delle sue lenti spesse e dei suoi pantaloni color panna perfettamente stirati, mentre i nostri corpi sono in balia del treno che viaggia.

– Vorrei chiederle... gentilmente... una curiosità....

Non ne hai la forza... troppa paura del giudizio della gente. Poi subirai per sempre l'etichetta della "pazza del treno".

– Mi dica, – replica con una voce più profonda e sommessa, incrociando le braccia al petto e accavallando le gambe, – abbiamo tutto il tempo per le curiosità, signorina... Annarita, giusto?

VEDI? Avevo ragione...questo è un pazzo, un killer, un maniaco che legge anche nel pensiero!

Ok, questo non so spiegarmelo. Inizio ad aver paura anche io.

– Ci conosciamo? – chiedo, mostrando una calma apparente.

– No, ho solo letto il suo nome sull'etichetta del trolley. Non deve essere stato facile trasportarlo senza manico.

D'accordo, spiegazione più che plausibile... ma non chiarisce ancora questa voce nella testa.

– Già, il problema sarà a Milano quando lo dovrò portare giù e poi fino a casa di mia zia.

Aspetta, davvero stai intavolando una conversazione con questo personaggio?

Devo saperne di più, non sono sicura che quella voce sia un'allucinazione. Non riesco ad avere lucidità al momento. Ma non mi sento brilla. Mi sento solo strana.

Incompleta, vorrai dire.

Sì, anche incomplet... ops.

Gli hai appena risposto?

Già.

L'uomo si tira una manica della sua giacca che stona totalmente con il suo outfit anni settanta. Poi estrae da un taschino interno un antico orologio da taschino. Mentre lo fa sento ancora quella voce.

Sono rimasto colpito...non mi era mai capitato un caso del genere, prima d'ora.

Silenzio. Voglio silenzio.

Non riesco a pensare a niente. Troppe domande e nessuna risposta.

Ah, non preoccuparti, tutto ti sarà più chiaro più avanti. Ora non è il momento.

Non so cosa dire...

Io invece lo so benissimo...se non è lui ad andarsene allora vuol dire che ce ne andremo noi. Non mi piace cosa sta succedendo, alzati e chiedi di cambiare scompartimento. Inventati una scusa...

Perché, una volta tanto, invece di fuggire, non affronti la realtà? Tu che hai tanta paura delle etichette che gli altri potrebbero appiccicarti...

E con ciò?

Ti vorrei far notare che non hai esitato un solo istante a chiamarmi "killer, maniaco, pazzo." Ti posso assicurare che non sono nulla di tutto ciò.

Andiamo via, non te lo ripeto ancora...

Non riesco a muovermi, non riesco nemmeno a respirare bene. Devo alzarmi, meglio che vada in bagno.

Siamo in arrivo a Molfetta. We are now arriving in Molfetta.

Tempismo impeccabile, brava. Peccato che durante la sosta nelle stazioni non si possa usare il bagno. Per una volta che avevi avuto un'idea buona ci ha pensato il treno a cambiare i tuoi piani.

Che odio...

Annarita sbuffa, battendo freneticamente il piede, mentre è ben udibile l'inno anacronistico del cigolio dei freni farsi sempre più stridulo finché non ci fermiamo del tutto. Una piccola stazione quella di Molfetta, non per questo però meno affollata, c'è comunque parecchia gente che prende l'Intercity anche dalle città di provincia. Un grande quadrante di orologio segna l'ora esatta e, fin ora, il treno sembra stia procedendo regolarmente. Ci sono due addetti alla manutenzione, credo, con due giubbotti fluorescenti. Stanno accompagnando una signora con un paio di stampelle all'ingresso della carrozza.

Spero che non venga qui. Sai che fastidio ora, dobbiamo farle spazio, spostare le nostre cose, magari dovrei anche parlarci. E non mi va di fare nessuna di tutte queste cose.

Ma cosa ti ha fatto?

Non rispondere...

Vorrei cercare solo di non poter pensare a niente.

Non è facile con una come te.

Già, con il carattere di merda che mi ritrovo.

E intanto la gufata l'hai fatta bella grande, pare che la donna stia venendo qui.

Che palle...ora scommetto che vorrà pure essere aiutata.

Probabile.

Non devi sentirlo come un obbligo. Gli obblighi sono necessari solo alle persone che non hanno la maturità adatta per stare in certi contesti. E tu non sei una di quelle persone.

Cosa ne puoi sapere...chiunque tu sia...

– Ancora non l'hai capito? – se ne esce l'uomo di fronte a me, alzandosi in piedi e spingendo con forza la porta dello scompartimento. Sta uscendo. Pare che vada incontro alla signora, contento lui.

Allora può leggere nel pensiero...  non era un'allucinazione.

Mi urta particolarmente, ora non sono nemmeno più libera di pensare e non ho idea di chi sia, questa è la cosa più spaventosa.

Lascia perdere, forse dovremmo dargli una mano.

No.

Perché?

Non voglio sentirmi in debito con nessuno. E non voglio fare qualcosa solo per pietà.

Aiutare una persona che ha bisogno non si chiama pietà, si chiama amore.

Sento rimbombare ancora la sua voce fin dentro le ossa, anche se non è nello scompartimento, mentre con calma si avvicina porgendo il braccio ad una signora di mezz'età, con evidenti problemi motori. Poche rughe solcano il suo volto, solo alcune alla base del collo sono più evidenti, però si mostra sorridente mentre dall'altra parte del vetro dello scompartimento mi osserva.

Non ricambio quello sguardo. Non voglio. Abbasso la testa cercando il telefono e faccio finta di cazzeggiare, mentre lui la fa accomodare all'ultimo sedile, quello più vicino alla porta d'ingresso.

– La ringrazio, – dice la donna, poi mi saluta, – Salve...

Con un cenno del capo ricambio il saluto. Non voglio "sforzarmi" più del necessario per degli sconosciuti. È solo gente da treno, prima tutti amici amici e fratelli, poi si scende giù e non ci si guarda nemmeno più in faccia. Ritornano sconosciuti.

Eppure stamattina hai ricevuto una mano da uno sconosciuto, vero? Non è anche questo amore?

Non ha tutti i torti.

State zitti, è evidente che abbiamo concetti diversi di amore. Non sono una fricchettona hippie. Amore è una parola troppo grande, che vuol dire tutto e non vuol dire niente.

Io dico che non hai mai amato.

E tu chi cazzo sei? Io non ti conosco!

Calma, mantieni la calma...

Come cazzo faccio a mantenere la calma? C'è un pazzo che mi legge nel pensiero!

TI prometto che al termine del viaggio ti dirò chi sono. E che non sono qui a caso, Annarita. Ti ho studiata a lungo, la tua è una di quelle facce di chi sta per esprimere un solido desiderio, ma vuole passarci solo di traverso. Non come questa donna. Lei sta vivendo, tu invece stai solo desiderando di vivere.

Incrocio le braccia. Sono brutalmente irritata. Sono solo chiacchiere quelle che sto sentendo. Nulla di concreto.

Ti sta sfuggendo un particolare, Annarita. Come fa lui a conoscere questa signora?

Già, come fai a conoscerla?

– Sicura di volerlo sapere? – dice, usando la voce.

– Mai stata più sicura in vita mia, – rispondo a tono a voce ancora più alta, noncurante della reazione della signora.

Pur rimanendo seduto, l'uomo si avvicina al mio corpo spingendosi di qualche centimetro in avanti. Poi sfiora con il palmo della mano il dorso della mia.

Ci tocchiamo.

È un attimo. Mi si chiudono gli occhi e la vista si annebbia improvvisamente.

Quando li riapro non sto più viaggiando, non sono più sul treno, sono sul ciglio di una strada.

Dio, dev'essere un incubo, non capisco più niente!

Carolina!

Carolina!

Dove sei, una volta tanto che mi servi?

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