Milano 16/04/2018 ore 23:13
Inizio ad incamminarmi, lasciandomi alla sinistra la famosa fontana che irriverentemente continua a giocare con la luce, soggiogando il suo flutto all'incostante volere del vento. Anche se, per una volta tanto se si stesse calmo riuscirei pure a sistemarmi i capelli.
Forse è l'unica cosa che mi piace davvero della stazione, quella fontana. L'acqua mi mette sempre allegria.
Anche quando facevi i gavettoni?
Non ho mai smesso di farli.
Comunque la vedo particolarmente vivace quest'oggi, sempre se si possa pensare che una fontana sia allegra.
In pratica tutto quello che non sei tu.
Già.
Mi dirigo direttamente al bar della stazione e non trovo tanta gente al suo interno. Ancora un motivo in più per non indugiare e andare direttamente a chiedere il mio agognato caffè. Mi avvicino al bancone, in attesa di essere servita. Non abbastanza vicina da appoggiare i gomiti ma abbastanza per sciogliermi davanti a...
A...?
...cornetti, sfogliatine, ciambelle, bomboloni, crema, pistacchio, mandorlato, cantucci, cassatine, cioccolato, cioccolato, cioccolato.
Ma dovevi solo prendere il caffè e andar via!
Ho fame, va bene?
Sì, ho un feticismo per il cibo, sopratutto quello dolce. Sarò una perfetta catastrofe a cucinare, ma signori miei, nel mangiare...
Vantati, brava. Ripetilo a voce più alta, magari c'è qualcuno che non ha sentito.
Ma dai, a tutti piace mangiare. E io mi sono sentita esattamente come nella pubblicità della Fiesta, quando si restringe la telecamera e si inizia a vedere tutto nero. Maledetti voi del bar che mettete questo ben di Dio in bella vista.
Devono pur mangiare anche loro.
Sta di fatto che arriva il mio turno. Il barista è di spalle, sta servendo un altro cliente. Non lo guardo nemmeno ma, tra le tante cose che potrei prendere, punto su un cornetto vomitante cioccolata ovunque.
Avevate dubbi?
Brava, rincara la dose.
Hmm.
Mi avvicino, in modo che possa sentirmi e ordino; sarà la timidezza che non ho mai sconfitto del tutto ma tendo a parlare sempre a voce bassa quando devo ordinare qualcosa. Senza guardare il barista dico: – Un caffè e un cornetto, per cortesia, – continuando a bearmi di quella vista succulenta.
Eppure qui mi sfugge un dettaglio, tanto importante quanto banale. Senza che io dica nulla già mi ritrovo con la tazzina fumante di caffè poggiata sul bancone, accompagnata da un bicchiere d'acqua. Mi sarei aspettata la giusta domanda «Come desidera il cornetto?» ma il tizio davanti a me sembra occupato con un'altra cliente. Aspetto ancora un po', finché non lo vedo prendere da un ripiano in alto una bottiglia di vetro azzurra, con una piccola cannula all'imboccatura e senza che io possa oppormi versa qualche goccia di quel liquido nel mio caffè.
Rimango basita. Ma quanto è deficiente da zero a dieci?
Venti.
E non è ancora questa la cosa strana: mentre lo versa il caffè non aumenta di volume, praticamente rimane sempre lo stesso.
– Mi scusi tanto... – anche se non l'avrei scusato in ogni caso, – ma chi gli ha dato il permesso di mettere quella roba nel mio caffè? – gli faccio.
Lo guardo. Ci guardiamo. Ha un'aria quasi familiare, volto levigato, sorriso radioso, occhi turchini, denti bianchissimi. Peccato per la pelata, gli avrei comunque dato meno anni di me e sicuramente ne aveva meno, eppure inizio a far partire quella strana macchina che è il mio cervello. Sono in preda ad un bellissimo film mentale.
Cosa?
Sapete quella storia famosa che esistono nel mondo sette sosia di noi stessi? Penso di averne trovato uno di quel ragazzo che mi ha aiutata a sollevare il trolley poco prima. Me lo ricorda troppo. Avete presente quei stupidi programmi televisivi che pretendono che indoviniate l'età oppure se due persone sono parenti? Ecco, c'era troppa somiglianza per essere un caso. Sicuramente non era la stessa persona, ma la fisionomia del viso era identica. Fulminata.
Ma non penso a dei greci o altre morbosità questa volta, è solo curiosità.
Aspetto che mi risponda.
– Oh, ma non era lei che voleva il caffè corretto?
Ma dai, ha capito male, succede a tutti.
E perché deve sempre succedere a me?
...
Non rispondere, esatto, che è meglio.
– Ho detto CAFFÈ E CORNETTO! – alzando la voce come poche volte davanti a qualcuno che vedo per la prima volta.
– Ah, ecco qui, il suo cornetto al cioccolato.
– E lei come sapeva che lo volevo al cioccolato?
– So leggere una faccia da cioccolato – mi risponde ammiccando.
Ancora basita. Avrei voluto disegnarmi da sola l'espressione di disagio che vedevo riflessa sul marmo scuro del bancone. Avrei detto che ci stesse provando spudoratamente.
Un brivido mi percorre la schiena. Ma la fame è tanta e inizio a mordere golosamente il mio cornetto, guardando sbiecamente il barista. Mi sta irritando, ma allo stesso tempo ha un quid che non riesco a inquadrare, un fascino particolare.
Ti piace eh?
Ma non mi innamoro certo del primo ragazzo che vedo.
No?
No.
Ci credo poco.
– E per il caffè? – gli chiedo; non voglio qualcosa che mi rovini il fegato di prima mattina.
– E che faccio? Lo devo buttare?
Ah pure? Ma è stronzo oltre che deficiente?
– Io non la bevo quella roba, – gli dico con tono categorico.
– Io non lo faccio un altro caffè, – mi risponde per le rime, con un tono talmente tranquillo e pacato che non mi calma affatto. Anzi, mi irrita ancora di più.
Ma perché non ti ascolto mai Carolì... avessi preso un caffè e basta.
Non farmi parlare.
Guardo di nuovo l'orologio.
11:43
Cinque minuti, due secondi.
Non c'è tempo.
Almeno è quello che Ansia mi fa pensare.
Senza zuccherare bevo il caffè, nella speranza che in ogni caso la caffeina non sia stata del tutto strozzata da qualsiasi cosa sia stata messa da quel cretino. Inizio a sorseggiare.
Strano.
Cosa?
È stranamente buono.
Ha un vago sentore di nocciola e di pesca. E non mi graffia per niente la gola, come di solito fanno tutte le bevande in cui ci sia alcool. Forse non è stata poi una cosa così malvagia. Ad ogni sorso però mi sembra di sentire un sapore diverso, un sapore più tostato e caramellato, poi diventa luminoso, quasi cremoso. Infine la nota che mi stende: il bergamotto. È un'agrume che adoro, ce l'ho ovunque, nelle fragranze, nei profumi che indosso, nello shampoo.
Insomma, vuoi vedere che alla fine lo devi pure ringraziare?
Certo, nel duemilacredici.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top