Milano 16/04/2018, ore 22:47
Annarita è arrivata a Milano da un bel po'. Io le consiglierei di riposare, dovrebbe cercare di essere il più rilassata e serena possibile per il colloquio di lavoro di domani. Stringe tra le mani il suo smartphone, fissando lo schermo vuoto. Ha la sensazione che stia diventando sempre più pesante secondo dopo secondo. Strano.
Di sicuro non è la cosa più strana che ha vissuto oggi, anzi.
Sente forte il bisogno di dire a qualcuno cosa sia appena successo. Assolutamente.
La zia non le crederebbe, lei che è rimasta sempre tra le quattro mura di casa tutta una vita a vivere un'esistenza, a detta sua, vuota e insignificante.
Ed è a quel punto che le viene in mente di fare una pazzia: una diretta su Facebook. Una lunga diretta. Non importa chi avrebbe guardato o se non avesse guardato nessuno, era una pentola a pressione, pronta a scoppiare.
Socchiude gli occhi, si sposta la lucente frangia biondo cenere che le copre l'occhio sinistro, prende un bel respiro e inizia a parlare fissando la piccola fotocamera anteriore del telefono:
Stamattina la sveglia non aveva suonato.
E non avevamo alcun dubbio, figuratevi.
Sì, sorpresa, siamo in due: io e la mia coscienza. Quindi non preoccupatevi se parliamo al plurale, anzi, alcuni giorni sono talmente fumata che la chiamo anche per nome: Carolina. Un nome che odio.
Odio tutti i nomi che iniziano con la C, non ve ne fate una colpa amici che mi state guardando e che avete avuto questa sfortuna.
Deve essere perché il mio ex si chiamava Carlo.
Ma non parliamo di lui.
I protagonisti di questa assurda storia siamo noi invece, io e Carolina.
Se non ci siete ancora arrivati Carolina sono io.
Non amo molto parlare di me, sopratutto sapendo che della gente estranea possa vedere i miei scleri in diretta. Ma quello che è successo stamattina mi ha... dilaniata.
Beh, non in senso letterale, diciamo che, per darvi un'idea "ho visto cose che voi umani non potete nemmeno immaginare".
Vi state incuriosendo?
10 spettatori.
Prima che possa emergere qualcosa di strano e troppo personale consiglio ad Annarita di disattivare la chat e con una disinvoltura che l'ha sempre definita prosegue nel parlare a ruota libera.
Dove eravamo rimasti? Mmmh, ah sì, la sveglia.
Corruccia lievemente la fronte, trae un sospiro mentre fissa un punto imprecisato di fronte a lei.
Chiamatemi stupida ma non riesco davvero a svegliami con la sveglia del telefono, io sono talmente pigra che ogni volta pigio su "postponi" e chi si è visto si è visto.
No, io preferisco una sveglia vera, che mi faccia sobbalzare dal letto, anche con la tachicardia, ma almeno riesco ad alzarmi. Sta di fatto che stamattina non ha suonato. Ovviamente. Probabilmente le pile hanno deciso di scaricarsi proprio il giorno della mia partenza.
Sto per andare a Milano. Sì, forse a voi che non mi conoscete ancora potrà sembrare una cosa paranormale, ma mi sono laureata nel frattempo. Un voto di merda ma almeno ho il pezzo di carta in mano. "Dottoressa in architettura" c'è scritto. E se c'è scritto evidentemente significa qualcosa.
Ho mandato alcuni curricula in giro, ma onestamente non è che avessi molta speranza, eppure la settimana scorsa mi ha risposto una grossa azienda di prodotti per l'igiene e la casa e vogliono ristrutturare la loro sede. Mi vogliono nel team di progettazione, farò un breve colloquio e poi mi faranno sapere.
Bah.
Sta di fatto che il treno parte alle 11:55 da Bari Centrale e, signori miei, se non avete la fortuna di abitare a Bari città diventa tutto un gran bel casino quando dovete prendere un mezzo. Fosse stato per me avrei preso un aereo, diciamo che gli aeroporti sono arrivati anche al sud, quindi non ci sarebbe nessunissimo problema, se non fosse per il costo. E io non posso permettermelo, con quel poco che prende mia madre.
Purtroppo Annarita non ha tutti i torti, nella ridente città di Bari esistono ben quattro stazioni ferroviarie, una piuttosto famosa per quell'incidente di qualche anno fa in cui due treni si scontrarono. Le altre tre non hanno una buona nomea di efficienza e rapidità e tra queste c'è ovviamente Trenitalia. In poche parole se non avete la fortuna di qualcuno che vi accompagni direttamente in stazione centrale siete costretti a prendere almeno due mezzi. E la cosa diventa pressoché ansiogena se almeno un po' vi riconoscete in Annarita: arrivare almeno mezz'ora prima in stazione, vedere le tabelle degli orari delle coincidenze, pregare Dio che vostra sorella vi dia un passaggio.
Mia sorella era uscita con il ragazzo, che poi vorrei capire che cosa fanno in giro di lunedì mattina presto. Io da parte mia credo di essere ancora una delle poche persone che non è riuscita a trovare il tempo per iscriversi ad una scuola guida. Sarà che odio le macchine, fosse per me mi sposterei sempre in bici, facile, ecologica e pratica. Se non fosse che ogni due per tre te le fregano. Sopratutto a Bari. Ma sto divagando troppo. Avrei dovuto svegliarmi verso le 8:00 per controllare se avessi preso tutto l'essenziale, per docciarmi, truccarmi e dare alla mia immagine almeno un minimo di parvenza femminea e infine arrivare alla stazione di Toritto.
Sì, io abito lì, uno sputo di paese di ottomila anime sperdute. Abbiamo solo le mandorle buone, per il resto, se vuoi vedere gente o fare qualcosa di socialmente utile devi uscirne. Non hai altre alternative.
Fortuna vuole che l'ansia pre-partenza mi ha permesso di svegliarmi comunque alle 8:30. Una volta in piedi ho iniziato a sclerare prima con mia madre perché non mi aveva svegliato in tempo e poi con mia sorella che non c'era.
Doccia veloce, colazione, un po' di ombretto, lucidalabbra e via di corsa in stazione. Porto un piccolo trolley rosso, non ho tanta roba. Anche perché mi sta ospitando mia zia ora che sono arrivata.
14 spettatori.
Annarita ruota la telecamera per mostrare un po' l'interno della camera. Le pareti ridipinte di un rosa imbarazzante, un piccolo armadio a specchio, una finestra con un balconcino che da su Viale Romagna. Lei è comodamente stesa su di un grande letto austero con struttura in legno, sa d'antico. Pochi indumenti ben piegati e puliti e un asciugamano azzurro sono poggiati sulla sedia accanto a lei. La cosa più odiosa per lei probabilmente è il parquet, non puoi mettere piede a terra che già tutto il palazzo è pronto ad ascoltare lo scricchiolio del legno.
A questo servono i parenti.
In ogni caso riesco ad essere in stazione almeno dieci minuti prima del treno che mi porterà a Bari. Amici, se non avete mai preso un treno come questo vi giuro che è un'esperienza a dir poco inebriante. Questo è un tipo di treno che se sbagli carrozza sbagli destinazione. Praticamente si compone/scompone a pezzi. E non sto esagerando.
Vedo di già arrivare il treno dalla mia sinistra, poggio il trolley su di un palo della luce vicino a me, mi gusto quel momento. Non fa molto caldo, sarà che io adoro la primavera, mi spiace per tutti voi che siete sensibili a pollini o che avete allergie varie. Onestamente credo che sia il periodo più bello dell'anno. L'anima finalmente può mescolare il canto muto della natura a quello che sentiamo dentro e l'aria zampillante di fresco disseta il mio sguardo.
Trasale per qualche secondo. Poi prende fiato e riprende a raccontare.
Controllo solo per un attimo le notifiche di Instagram quando mi volto lievemente a destra. Noto, dietro un signore e tra uno degli addetti ai lavori della stazione, una sagoma di un ragazzo. Mi sporgo di un piccolo passo in avanti per avere meglio idea di chi sia, un po' per curiosità, un po' per noia e poi lo riconosco.
Sussulto.
Merda.
È Carlo.
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