Forlì, 18/04/2018 ore 19:19



"Papi AlbusSilente".

Non sono sicura del perché l'abbia memorizzato così sul suo smartphone. Sarà per il suo non essere presente o per il fatto che sia davvero una persona molto silente. Sta di fatto che i due si sentono molto di rado da quando il "Papi" ha deciso di andare a vivere con una nuova donna qualche anno dopo la nascita di Annarita. Sono state pochissime le telefonate in questi mesi (e ancora meno le visite), tranne le solite di cortesia.

Un brivido strano percorre la schiena di Annarita, quel vibrare incessante dello smartphone le fa pensare a quanto stia vibrando la sua anima, di quanto in realtà non voglia davvero rispondere ad "Albus Silente." Si alza e si allontana dallo scompartimento mentre il treno si appresta a fermarsi.

Passano tre, forse quattro secondi di infinito trascorrere del tempo prima di realizzare con chi avrebbe parlato tra qualche istante. Avrebbe fatto meglio a rifiutare la chiamata, pensa tra sé. Forse l'Annarita che era salita a Bari non avrebbe risposto, si sarebbe rifugiata come in Harry Potter nella stanza delle necessità, quella stanza particolare che appare solamente a chi ne ha davvero bisogno e con tutto l'essenziale al suo interno. Una stanza in cui crescere sembra qualcosa di distante, qualcosa che, come la telefonata di suo padre, prima o poi avrebbe bussato alla sua porta e lei non avrebbe mai e poi mai aperto.

Mentre rifletteva sul cosa avrebbe trovato lei nella sua stanza delle necessità ecco la voce profonda e cupa di suo padre.

Sì, ciao papi.

Sì. Sono in treno.

No, non sono stanca, anche se manca un pochino ancora, abbiamo superato da poco Forlì.

Sì, siamo in ritardo, forse arriverò dopo l'ora di cena a Milano.

Dici? Per domani?

No, non sono preoccupata.

E dai, lo sai che mi imbarazzo facilmente, non ho la minima idea di cosa mi possano chiedere.

Certo che sono agitata, papà, che domande!

Sì, non ti preoccupare, ti chiamo domani appena finisco tutto.

La mamma sta bene, grazie per averlo chiesto eh.

Ma non sono indisponente, sei tu che non ti fai mai sentire.

Eh.

Lo so, nemmeno io mi faccio sentire spesso, ma sono impegnata, mi dimentico.

Mi sto sentendo a disagio, papà.

Scusami, non volevo.

Cosa?

Non ti sento, c'è una galleria qui...

Mandami un messaggio.

Ciao.

Ho fatto male a rispondere, Carolina?

No, anzi, non so dove tu abbia trovato il coraggio questa volta.

Forse è solo che ho paura di confrontarmi con chi ci tiene a me, con i miei demoni interiori e con il mio passato. Sarà la testa remissiva che mi ritrovo che mi spinge ad evitare le situazioni difficili solo per il quieto vivere.

Ma le situazioni non si sbrogliano da sole se non inizi ad affrontarle.

Ti pare facile affrontare una conversazione con un padre semi-assente e che si fa vedere e sentire solo tre volte l'anno?

Whatsapp: potresti avere dei nuovi messaggi.

Papi AlbusSilente sta scrivendo...

Papi AlbusSilente sta scrivendo...

Non ti preoccupare Annarita, sono certo che domani andrà tutto bene.

Dici così solo per circostanza o lo pensi davvero?

Lo penso davvero, bambina mia.

Non chiamarmi così...

Papi AlbusSilente sta scrivendo...

Sono certo che domani andrà bene perché ti conosco, ho imparato a conoscerti seppur poco in tutti questi anni, ti ho vista crescere.

Papi AlbusSilente sta scrivendo...

Papi AlbusSilente sta scrivendo...

Ci sono persone che sono pronte a tutto. E poi ci sono donne che lo sono anche di più. Tu sei tra queste. Un bacione.

Arrossisco e resto in piedi proprio davanti all'entrata dello scompartimento, fissando il vuoto.

Cazzarola, non me lo sarei mai aspettato, arrossire per un messaggio di mio padre. Vorrei solo che tutto fosse vero. Vorrei solo sperimentare quella gioia che pervade il cuore, quella gioia rinvigorente dei sogni che si realizzano. Tu l'hai mai provata, Trainer?

Ogni volta che salgo a bordo di un treno e guardo i volti di chi mi circonda, ragazza mia. Non chiedo mai a chi viaggia con me di inventare un suo racconto, una sua storia perché noi tutti trascorriamo la nostra esistenza a raccontarci delle storie dove siamo i protagonisti. Raccontare la propria vita non è solo un modo per vincere la solitudine, è una terapia spontanea al passaggio del tempo che continua a proiettarci verso il vuoto del futuro, affrancandosi al passato.

È bellissima questa cosa. Cosa saremmo noi senza il tempo? Degli ectoplasmi che vagano nell'oceano dell'esistenza?

Accadrebbe che ti perderesti e non riusciresti più a trovare il tuo vero "io". Un po' come chi ha paura di fallire e si cerca uno spazio sicuro dove non si può rischiare. Rimanere in quello stato è un po' come essere già morti, senza aver provato a cambiare le cose, senza aver dato un senso a quello che si fa giorno dopo giorno.

Senza uno scopo...

Esatto.

E qual è il tuo scopo? Raccogliere le storie di chi ti passa accanto?

Direi che oramai è chiaro, Annarita: l'unico modo per scoprire la propria storia è conoscere quella degli altri.

Però direi che è arrivato il momento di scoprire le tue carte, è dall'inizio del viaggio che continui a fare il misterioso, prima o poi dovrai dirmi qualcosa in più su di te.

Vieni, siediti qui.

E mentre Annarita inizia a dimenticarsi se tutto quello che è accaduto abbia un senso o meno la notte sta oramai prendendo il sopravvento sul giorno. È in quel momento che si accorge che il paesaggio è cambiato: la luna gioca a nascondersi e paventarsi tra le nuvole dense e incollate tra loro, come fosse una gigantesca coltre di fumo in una stanza chiusa. Il bordo della strada, costellato da crepe colme d'acqua che si diramano lungo le rotaie, si nota a malapena e la terra brulla e scura, quasi invisibile al chiarore della luna lascia spazio a piante di mais e pioppeti, come giganti nell'ombra. Quel finestrino, porta sul mondo che si addormenta, è solo una palpebra cucita col fil di ferro dai serramenti inamovibili.

Non le interessava né quello che faceva prima, né quello che era prima e tantomeno quello che avrebbe scelto di fare. Tutto questo non ha un nome, perché ancora nessuno è riuscito a trovare la definizione giusta a quel formicolio che ci assale quando sentiamo che c'è qualcuno che ci vuole bene.

Sì, è una cosa che conoscono tutti e che fa paura, perché ci rende vulnerabili. Ma tu, Annarita cara, oramai sei pronta a tutto, non è vero?

Sì.

Stava per dirmi qualcosa, a voce, cercando di aggrappare le parole l'una all'altra, gli occhi stanchi erano come delle calamite, verdi e affusolate, il sinistro era più socchiuso del destro. I suoi capelli a ciocchi grumose e le sue labbra secche mostravano tutti i segni di una vecchiaia che non avevo mai visto, così come le sue mani secche e rugose.

Gli prendo una mano, come farei con un nonno da proteggere, mentre lui fissa fuori dal finestrino le nuvole lontane. Forse da qualche parte piove con fatica, senza mai smettere, fissando il buio della campagna, immaginando la fine delle colline.

- V-v-vieni più vicino.

- Sì.

- N-non mi rimane m-m-molto tempo.

- Cosa vuoi dirmi?

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