Barletta, 16/04/2018 ore 12:43



Il nostro compagno di viaggio continua a scambiare alcune brevi battute con Mariele, un po' sul tempo, un po' sulla società, sui figli e le famiglie sparse per tutto il mondo. Insomma, i soliti discorsi tipici da treno, per non passare ore a guardarsi e a rimanere totalmente in silenzio.

Lo sai che io non sono mai stata portata per le chiacchiere da treno. E in generale per le chiacchiere.

Lo so.

Annarita, dal canto suo, ora sembra distratta dallo scorrere dall'aperta campagna che emerge dal finestrino alla sua destra. Una candida coltre di nuvole si intaglia per coprire quella piccola parte di cielo visibile, creando dei giochi di luce ed ombre che si susseguono mentre il treno continua a viaggiare a velocità costante. Ogni tanto il suo occhio si posa su qualche albero che, un po' alla volta, lascia spazio sempre di più alla città che avanza, come se su quel finestrino si stesse proiettando un film di un'umanità oramai disciolta e fluida, dispersa nei meandri dei loro stessi pensieri e della loro inutilità.

Così si sente un po' anche Annarita.

Così, forse, ci sentiamo un po' tutti.

Ma in tutte queste filosofie inutili e riflessioni apotropaiche Annarita rimane ancora in silenzio. Che succede?

Ma tu sei sicura che non fosse brizzolato?

Non iniziare a parlare di visioni strane, che oggi vorrei arrivare sana e salva a Milano. Comunque può essere, magari il riflesso della luce ci ha ingannate e ci è sembrato scuro di capelli.

Può anche essere.

Ma è così importante?

No, non lo è.

E allora basta rimuginarci su.

Va bene.

Annarita corruga la fronte, facendo una smorfia strana, quasi infastidita. Non saprei se sia la mia presenza, le chiacchiere da treno o qualsiasi altra cosa le stia frullando per la testa.

– Come mai dalle nostre parti, qui in Puglia, signora?

– Sa, ho imparato da poco a suonare il pianoforte. Sono qui per imparare e perfezionare la tecnica.

– Davvero? – risponde il mio amico a Mariele.

– Sì! – ridacchia e arrossisce nello stesso tempo, – Sembrerà strano, ma sento che ho ancora molto da imparare. Da piccola ho sempre voluto imparare a suonare il piano, ma non ho mai trovato il tempo. Ora, a quanto pare, ho invece molto tempo a disposizione. Sia per me che per gli altri, – si ferma nel parlare, come se volesse chiarire qualcosa che le era sfuggito, – Per questo scendo a Foggia, volevo conoscere la struttura del Conservatorio e se c'è possibilità per me di iscrivermi all'anno accademico in corso o comunque di avere maggiori informazioni.

– È davvero coraggiosa, questo le fa molto onore. Io non so se avrò questo suo coraggio quando arriverò alla sua età, – le dico con un pizzico di sarcasmo.

Se mai ci arriverai alla sua età...

Carolina la iettatrice... tu dovresti essere la mia parte razionale, non quella fatalista.

Ascoltatela piuttosto che litigare tra voi.

Ha ragione. Credo che mi stia diventando sempre più simpatico.

A me per niente.

– Ma certo che ci arriverà! – risponde la donna battendo i palmi delle mani sulle proprie ginocchia, – Deve solo trovare il coraggio di fare quello che desidera. Non si faccia influenzare da chi dice che è troppo tardi. Finché è viva si goda quello che ha, figlia mia. Non si vergogni di nulla, faccia qualcosa di inaspettato, anche per se stessa.

Le sorrido.

Non ne posso fare a meno, non dopo quello che ho visto e sentito.

Mi fa tenerezza trovare tanta vitalità in una donna comunque non così giovane come sembra. E scommetto che una mente così brillante incatenata in un corpo così gracile sicuramente fa fatica a rimanere ferma.

Mentre questi ed altri pensieri iniziano ad accavallarsi senza lasciare spazio alla mia mente ad una qualsivoglia forma di staticità le case iniziano a farsi sempre più vicine nel paesaggio all'esterno. Case che diventano condomini che diventano a loro volta dei palazzi.

Siamo in arrivo a Barletta. We're now arriving in Barletta.

Non ci siamo mai state qui, anche se è relativamente vicina.

È una località di mare, qualcuno mi ha anche detto che si mangia bene. E dove si mangia bene...

...arrivi tu.

Già.

Qualcuno te l'ha detto? Sicura fosse "qualcuno"?

...no.

Non era forse quel tuo amico, Francesco? Quello che non stava bene?

Vedo che ricordi tutto.

Lo so. Sopratutto quello che tu non vuoi ricordare. Quando meno te l'aspetti lo tiro fuori, creando i famigerati sensi di colpa. Mai sentiti nominare?

Carolina, siamo stanchi di sentirti fare la simpatica. Non è ancora arrivato il momento.

Ok, io ti adoro. Non so il tuo nome, non so di dove sei e nemmeno come riesci a fare tutto questo...ma ti adoro.

...bah. Poi vorrei sapere di che momento parla.

Di quello in cui la smetterai di parlare, probabilmente.

No, non posso parlarne ora.

Anche misterioso ora?

Perché, non lo era già prima? Mistero più, mistero meno...

Un grosso quadrante bianco di orologio sfiora la testa del nostro treno, superandoci finché, con un lieve contraccolpo, il treno si ferma del tutto. Nel frattempo le porte della carrozza si aprono e si sente un rumore piuttosto intenso di passi che iniziano a venire verso il nostro scompartimento. Annarita è con lo sguardo puntato all'interno, come un cane che ha fiutato qualcosa di buono Annarita volge lo sguardo all'interno dello scompartimento, verso la porta a scorrimento, sperando di non scorgere altri passeggeri che vogliano intrufolarsi nel "suo" scompartimento.

Per ora non sembra esserci nessuno. C'è solo uno strano ometto, piuttosto basso, con uno stupido zaino rosa che continua a passare davanti alla porta scorrevole del nostro scompartimento e a fare su e giù per la carrozza. Forse è una cosa che gli piace.

O forse sta cercando il suo posto...

O forse sta venendo qui... che palle.

La porta scorrevole si apre e, rullo di tamburi, si manifesta, immacolato come un'apparizione divina in tutto il suo splendore canuto, un umarell, non tanto per l'età quanto per la piccola statura e per lo sguardo apparentemente assente e poco sveglio.

Merda... lo sapevo che doveva venire qui. Me lo sentivo.

– Buongiorno signori! Qui dovrebbe esserci il posto 24. Non leggo bene, ho dimenticato gli occhiali a casa, – ridacchia come se fosse al centro di un palcoscenico, poi, quasi con brutale noncuranza poggia l'infame zainetto rosa a terra e inizia a sorridere con tutti i denti che ha (e che non ha).

Che spettacolo eh. Pensa che un giorno anche tu sarai così.

Che schifo...

– Sì, è quello accanto alla signorina, – mi sovrasta il mio bianconiglio, senza lasciarmi il tempo di replicare.

Vabbè, non ho parole. Anche perché ha ragione, il 24 è quello accanto al mio.

Ma ecco un gesto alquanto inusuale: l'umarell inizia a stringere la mano a noi presenti iniziando dal mio amico che quasi si alza in piedi per poterlo salutare, come se fosse una cosa normale. In tutto ciò ha anche riservato un galante baciamano per Mariele, – Piacere, Marco Agni. Marco Agni. Marco Agni, – lo ripete più volte per farsi capire. Nessuno di noi tre risponde al saluto con il proprio nome, tanto, come in ogni presentazione, ho già dimenticato il suo nome. Infine la ciliegina sulla torta: con una sonora e agonizzante smorfia di soddisfazione si accomoda proprio accanto alla sottoscritta.

Iniziamo a stare un po' stretti qui... troppa gente, mi manca l'aria.

Ma guarda che ci sono due posti vuoti.

Ma a me manca l'aria lo stesso... metti che me lo devo portare fino a Milano questo personaggio? Ci manca solo che ora si metta a parlare al telefono davanti a tutti.

E infatti...

Inizia a diffondersi nello stretto e piccolo spazio dello scompartimento di Annarita la suoneria di un telefonino. Ma non una suoneria qualsiasi, un retaggio rifiutato anche dall'umanità, dall'universo, da Dio e forse anche dalla tecnologia stessa: Virgola il gattino.

Sparatemi.

Tanto lo so che è di questo personaggio con lo zainetto rosa, inutile girarci attorno.

Costui non mi sembra molto a posto. Anche perché inizia a parlare, nel suo dialetto, davanti a tutti noi senza farci problemi del fatto che possa arrecare fastidio o meno. Starà parlando alla moglie, alla figlia o a qualcuno per dire che è arrivato sano e salvo sul treno.

Tutte ipotesi sbagliate, Carolina.

E tu cosa ne sai?

Ascolta...

– Davvero? Ma non mi dire! Che bravo il nostro Omar! Tienimi aggiornato, va bene? – parla ancora ad alta voce, con evidente fastidio della sottoscritta.

Sembra che sia arrivato il circo.

Il circo potrebbe non essere poi così lontano dalla realtà, Annarita.

Conosci anche quest'uomo?

Tu cosa pensi?

Penso di sì... sei un tipo strano. E gli strani vanno a braccetto.

Non che tu sia tanto normale eh...

Dettagli.

Allora, la vuoi o no una risposta alla tua domanda?

Annuisco con la testa ripetutamente. Qualsiasi cosa, pur di non sentire "Virgola il gattino" o altre cose seppellite negli antri più oscuri della mente umana.

Il mio amico si sporge un po' con il corpo verso la sottoscritta. E muovendo di nuovo la sua mano verso la mia mi sfiora il dorso della mano, come aveva fatto precedentemente.

Un battito di ciglia e non sono più sul treno.

Stavolta niente strade, niente automobili. Sono in un cortile all'aperto circondata da tantissimi bambini.

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