CAPITOLO DODICI
Salve a tutti :D allora so che questo capitolo è un pò più lunghetto ma non mi andava di pubblicare il solito capitolo dove scrivo scrivo... e alla fine non c'è scritto nulla ahahahah perciò... fatemi sapere che ne pensate con un bel commento (e anche del disegno se avete voglia). Buona lettura ^-^
Capitolo dodici
"Il dolore più acuto è quello di riconoscere noi stessi come l'unica causa di tutti i nostri mali."
Sofocle
SOPPORTA E VAI AVANTI
Inutile: ecco come si sentiva.
Farsi trascinare in quel modo da Ria... che umiliazione. Non era così che sarebbero dovute andare le cose. Dal principio non avrebbe dovuto permetterle di seguirlo. Ma avrebbe potuto lasciarla sola e incustodita? No, non poteva. Ah, che situazione incasinata!
Era stato così presuntuoso da credere di poter fare tutto lui: proteggerla, salvarla...
Erano ormai diversi minuti che percorrevano le vie del labirinto a caso. Anche se Ria sembrava convinta su quale strada prendere, Cam non era del tutto sicuro che sarebbero riusciti a uscire tanto in fretta. Ma prima o poi sarebbe guarito e quindi scavalcare le lunghe mura non sarebbe stato più un problema.
Il silenzio che si era formato poco dopo la sconfitta di quell'essere stava diventando davvero insopportabile. E anche in quella situazione si era sentito così impotente...
«Certo che però... un Minotauro in un labirinto... che fantasia» commentò con voce roca.
Avevano entrambi un urgente bisogno di acqua... tra le altre cose.
Ria, che era rimasta costantemente distaccata e assente, iniziò a tremare leggermente, poi le cedettero le gambe. Caddero entrambi a terra come due grossi sacchi di patate.
Cameron cercò di alzarsi il più in fretta possibile da terra – e gli ci vollero troppi secondi a parer suo – chinandosi poi accanto alla ragazza. Questa era inginocchiata e curva su se stessa, con le mani sul viso. Dei singhiozzi sconquassavano la sua snella figura, illuminata dai raggi della luna.
«Ria...» iniziò Cam, posandole una mano sulla schiena.
Ma lei subito rizzò la schiena ostentando un'espressione pacata.
«No. Sto bene, va tutto bene.»
Non andava bene per niente.
«Dobbiamo proseguire» disse alzandosi in piedi.
Dandogli le spalle cercò velocemente di asciugarsi le lacrime che le avevano rigato il viso.
Cam le aveva viste e le odiava con tutto se stesso. L'espressione che gli rivolse dopo – una maschera di tranquillità che celava la più totale disperazione – gli fece aggrovigliare le budella. Ria era come un sottile filo teso e più andava avanti e più rischiava di spezzarsi. Cameron non aveva idea per quanto tempo ancora sarebbe riuscita a sopportare tutto quello che gli stava capitando, alla fine quel filo si sarebbe spezzato e allora... non voleva pensare alle conseguenze.
«Riposiamo un attimo» ribadì lui.
«Ma...» cercò di ribattere l'altra.
Cam la interruppe velocemente:
«Un paio di minuti non cambieranno la situazione. E poi, non ha senso arrivare lì esausti. Riposiamo.»
Ria fece molta attenzione nell'aiutare Cam a sedere spalle al muro, lui lo notò; poi gli si sedette accanto.
«Tu conoscevi quella ragazza.»
Non era una domanda.
Ria spalancò gli occhi, poi osservò pensierosa il cielo stellato, stringendosi le ginocchia al petto.
«Come ti senti ora?» domandò solamente, lei.
«Meglio.»
Cam si accorse che dal suo tono di voce non sembrava proprio, pareva più un moribondo che altro.
«Almeno la ferita si è rimarginata» cercò di rassicurarla sorridendo appena.
Trascorsero altri istanti di silenzio poi Ria sussurrò, più a se stessa che a Cam:
«Perciò tutti quelli che mi stanno accanto sono destinati a farsi del male?»
Cam non sapeva come replicare. Non era abituato a consolare gli altri. Lui era un osso duro, un guerriero... e che guerriero. Forse era per il suo essere un grande combattente che in quel momento si trovava seduto a terra e come ulteriore peso sulle spalle di Ria. Faceva davvero pena.
«Chi era quella-» provò a domandare incauto.
«Dovremmo andare.» lo interruppe alzandosi in piedi.
Ria non aveva alcuna intenzione di affrontare l'argomento in quel momento.
Si passò le mani sulle cosce, come se si stesse allisciando un paio di pantaloni e non una strana armatura di drago. Poi sentì un pizzicore al palmo nella mano. Si osservò aguzzando la vista e scorse una piccola spina nera. Senza pensarci la strappò via, ma il dolore si fece subito più intenso, poi, poco a poco, scomparve. Ria si sollevò leggermente il guanto che fasciava la mano e si stupì nel vedere delle piccole diramazioni nero-bluastre partire proprio da dove poco prima si trovava la spina.
«Tutto bene, Ria?»
Rimise il guanto al suo posto.
«Sì, certo.»
Sì voltò verso il suo amico e lo aiutò ad alzarsi.
Decise di non dirgli niente, dopotutto il dolore era passato e lui doveva concentrarsi sulla sua guarigione. Perciò proseguirono in assoluto silenzio.
Chi sono io? Perché tutti quelli intorno a me devono farsi male?
Ormai queste domande la assillavano da troppo tempo, rischiando di portarla alla pazzia. Il sigillo che aveva sul petto non aveva smesso un solo istante di bruciare da quando avevano messo piede in quel castello maledetto. Prima Dette, poi la mutazione di Cam, poi Debby e ...
Ad ogni passo che faceva, continuava a rivedere la scena di poco prima: Debby che usciva dall'oscurità, completamente diversa da come la ricordava; Debby che spalancava gli occhi e che si lanciava addosso a lei; il sangue caldo che usciva dalla bocca della sua coetanea per gocciolare sul viso di Ria; la spada che la trapassava da parte a parte. L'immagine delle rose rosse sbocciate là dove si trovava il suo cadavere erano ancora un enigma.
Procedete dritta.
Questa voce mi sta dando del 'voi'... assurdo. Sto ufficialmente impazzendo.
Non sapeva per quale ragione stesse seguendo le indicazioni di una voce che sentiva - a quanto pareva - solo lei, ma per fortuna, aveva portato dei frutti. Erano finalmente giunti a una via che dava su una cella... identica alla loro.
«Non dovresti rimuginarci troppo. Non avevi altra scelta, Ria. In battaglia uccidi o sarai uccisa, ricordalo, non esiste un'opzione C.»
«Sta un po' zitto e guarda.»
«Dico solo che probabilmente la tua amica era vittima di un...» si interruppe un attimo per guardare davanti a sé.
«Perfetto, siamo al punto di partenza» affermò scocciato Cam terminando con un forte colpo di tosse.
Ria si avvicinò alle sbarre che separavano la cella da una lunga scalinata che li avrebbe condotti dalla sua migliore amica. Le mura della cella erano diverse e a non molti centimetri dalle sbarre, posato sul pavimento, vi era un grosso mazzo di chiavi.
«Guarda, Cam! Le chiavi!»
Fece sedere il suo amico e cercò di allungare una mano tra le sbarre per agguantarle.
«Forse quell'elfo non è stato completamente inutile» commentò lui.
Ria non credeva fosse stato Will a mettere lì quelle chiavi. Dopotutto non era nemmeno sua la voce che li aveva guidati nel labirinto. Ma purtroppo erano troppo lontane per essere afferrate.
«Okay, ritiro tutto» sbuffò Cam buttando le mani al cielo.
Ria non aveva intenzione di darsi per vinta. Continuò con quanta più forza aveva, spingendo il braccio attraverso le sbarre. Riusciva a sfiorare con la punta delle dita il mazzo. Ancora un piccolo sforzo...
«Ria, smettila! Così ti slogherai una spalla!» gracchiò Cam tossendo subito dopo.
Lo sapeva bene, ma non le importava. Il dolore alla spalla si faceva sempre più forte in sincronia con il bruciore al sigillo.
«Non m'importa. Per me può anche rompersi del tutto. Guarirà, e velocemente» dichiarò decisa lanciando uno sguardo determinato al suo amico.
Cam sembrava davvero sorpreso, ma a Ria non importava il suo parere in quel momento.
Continuò a spingere, così forte che il dolore la fece gemere rumorosamente, ma non si fermò. Non lo fece finché un rumore di ossa rotte non la costrinse a bloccarsi. Poco male, ora almeno riusciva a toccare con l'intero palmo il mazzo di chiavi. Lo fece scivolare sul terreno, poi lo acchiappò con l'altra mano. La spalla – come il sigillo – le faceva un male cane, ma cercò di non farci caso. Si precipitò frettolosamente verso la serratura e dopo diversi tentativi riuscì a trovare la chiave giusta, girò e spinse le sbarre: la porta era aperta.
Con un sorriso trionfante si voltò verso Cameron. Nel vedere il suo sguardo grave fisso sulla sua spalla, l'entusiasmo di Ria si spense. Rompersi una spalla faceva davvero male, ma in quel momento non era lei a rischiare la vita.
Si avvicinò all'amico e cercò di sollevarlo, un'impresa ardua considerando com'era conciata.
«Ce la faccio» grugnì lui.
Sembrava stare meglio, per cui non era più costretta a portarlo di peso, doveva solo aiutarlo a reggersi in piedi.
Ria si tastò velocemente la spalla, faceva malissimo, ma non era del tutto certa di essersi rotta proprio dell'osso, forse la clavicola... Ah non importava, ora dovevano proseguire.
Usciti dalla cella, Ria si accorse che ve n'erano molte altre una accanto all'altra e il caso volle che proprio quella di fianco fosse effettivamente la loro.
«Perciò siamo davvero al punto di partenza» sussurrò Ria.
Perfetto. Da lì in poi sapeva esattamente dove andare. Percorse, come si ricordava, tutta la strada a ritroso, rinvigorita dalla determinazione e dall'essere nuovamente così vicina al suo obiettivo: salvare Claudette.
Ancora una rampa di scale e avrebbe potuto spalancare l'ultima porta che la separava dalla sua amica. Non trovare ostacoli fino a quel punto era stato qualcosa di assurdo e di molto sospetto ma la contraddizione non tardò ad arrivare. Un grosso, grasso e rosso problema le sbarrava la porta: Oni. Non appena la vide assottigliò lo sguardo e sbuffò sonoramente dalle grosse narici. Ria impugnò la spada a due mani; anche se la destra non era ancora del tutto guarita, non l'avrebbe fermata dal combattere.
Cam, che si era appoggiato con una spalla alla parete, estrasse tre piccole lame lucenti. Erano una sorta di pugnali sottili e appuntiti, non più lunghi di una penna.
Ria si concentrò sul mostro che presidiava la porta, puntando la lama verso di lui, pronta all'attacco. Ma non appena fece uno scatto per assalire l'essere, si ritrovò circondata da altri quattro Oni, comparsi dal nulla. Ria non abbassò la guardia e rimase incerta per qualche secondo, poi un pugnale argenteo si conficcò nella fronte del mostro che aveva davanti. Cam. Un sorriso diabolico incurvò le labbra di Ria poco prima che si lanciasse sbraitando addosso al primo Oni che capitava, qualcosa dentro di lei era scattato, non aveva preferenze tanto, uno dopo l'altro, sarebbero caduti tutti, facendo un grosso e rumoroso tonfo a terra.
Ria non faceva distinzioni, immergeva la sua lunga lama nella carne di ogni Oni che sbucasse fuori, e sembravano comparirne sempre di più. Una strana euforia stava prendendo spazio dentro la ragazza man mano che i corpi esanime cadevano a terra riducendosi in cenere. Ria infilzava, tagliava e squarciava sempre più velocemente le sue vittime, abbattendosi su di esse come una furia più e più volte godendo dei lamenti gorgoglianti che fuoriuscivano da quelle oscene bocche rosse, rese ancora più rosse dal sangue che le macchiava. Ria urlava insieme alle sue vittime, ridendo delle loro morti e facendo in modo che morissero il più atrocemente possibile. Ne rimaneva solo uno. Lei gli sorrideva annebbiata dalla ferocia della battaglia, con il viso e il corpo ricoperto di sangue. Si avvicinava a lui lentamente, come fa una pantera con un topolino chiuso in un angolo. Fece qualche altro passo e poi... una piccola lama si conficcò tra gli occhi del mostro che cadde a terra esanime. Ria gli saltò addosso come un felino.
«No! No, eri mio!» urlò conficcando le unghie nella pelle rossiccia del demone, che poco dopo divenne cenere.
«Era mio!» sbraitò voltandosi verso Cameron.
Lui si reggeva con una mano alla parete, lo sguardo basso.
«Era mio!» continuò lei avvicinandosi al ragazzo «Era l'ultimo, ce l'avevo!»
Il sigillo le bruciava talmente tanto che non sapeva più se stava urlando per la rabbia o per il dolore.
Quando furono a pochi centimetri l'uno dall'altra, Ria era tenta dall'impugnare la spada contro il suo amico, ma lui fece qualcosa che la sorprese: le tirò uno schiaffo.
Ria rimase pietrificata. Si posò una mano sulla guancia, incredula dell'accaduto: era stato davvero Cam a...
Lui sbuffò seccato.
«Controllati, Ria. I tuoi occhi...»
Ria trattenne il respiro aprendo la bocca dallo stupore.
«... e i tuoi denti... di nuovo.» mugugnò.
Senza neanche rendersi conto, forse per lo stupore di quel gesto così avventato e non da lui, Ria si era effettivamente ricomposta e calmata, per quanto possibile in una situazione del genere.
Cam sospirò, stringendo gli occhi e posandosi una mano sul viso; sembrava combattuto su qualcosa.
«Non perdiamo tempo» disse accarezzandole con le nocche della mano la guancia arrossata.
«Andiamo.»
Ria sapeva che dopo la carneficina avvenuta, dall'altro lato della porta Edmund e chissà chi altro la stava aspettando armati fino ai denti. Abbassarono la maniglia e spalancarono la porta.
Ad attenderli, ancora lì appesa e moribonda, vi era Claudette, con gli occhi mezzi aperti e uno sguardo che supplicava pietà; accanto a lei, con una freccia posta sotto il collo della ragazza, Edmund.
«Allontanati dalla mia amica, mostro!» urlò Ria impugnando la spada davanti a sé.
«R...Ria...» gracchiò Dette assottigliando la vista, incredula.
«Ce l'avete fatta dunque» disse Ed ridacchiando maligno «E avete ucciso tutti i miei Oni, vedo.»
«Hanno avuto la fine che si meritavano, la stessa che farai tu!» abbaiò Ria facendo un passo avanti.
«mh-mh» disse l'aguzzino facendo 'no' con l'indice.
«Ricordate? L'aconite...» sghignazzò indicando la freccia estremamente vicina al collo di Dette.
«Io, personalmente, dubito che la vostra dolce amichetta qui presente possa resistere anche ad una sola goccia di aconite. Poveretta, guardatela, non ha una bella cera» continuò mettendo prima il broncio per poi aprirsi in un folle sorriso.
«Tu... brutto figlio di...»
«Ah, male, male, non è un linguaggio per nulla regale il tuo, principessina.»
Ria sbuffò beffarda.
«Vieni avanti e ti faccio vedere io quanto so essere regale.»
Si sentiva veramente impotente. Che cosa poteva fare per salvare la sua amica?
Pensa Ria, pensa!
Rivolse uno sguardo a Cam, che stava a pochi passi dietro di lei: era appoggiato allo stipite della porta e teneva la testa china, alcuni ciuffi ribelli gli coprivano gli occhi. Non erano questi, però, a preoccupare Ria: dalle sue mani stavano crescendo velocemente dei lunghi artigli e delle piccole punte nere si facevano strada tra le ciocche dorate. Poi le rivolse uno sguardo fugace, uno sguardo di fuoco, che le raccomandava di tenersi pronta. Raddrizzando le spalle si reindirizzò verso il loro persecutore, aspettando.
«Allora, voi due, che ne dite di mettere giù le armi e...»
Non ebbe nemmeno il tempo di finire la frase che Cam gli saltò addosso. Fece un balzo di più di dieci metri e gli piombò letteralmente sopra, ruggendo e ringhiando come una belva feroce, con le mani artigliare intorno alla gola. La freccia cadde a terra e Ria corse subito dalla sua amica, calciando via quell'oggetto velenoso.
«Dette» sussurrò Ria allungando una mano per toccare il viso tumefatto della sua amica.
Cam gemette di dolore. Si voltò per vedere cosa gli fosse capitato, lasciando la mano sospesa in aria. Il suo amico aveva un lungo pugnale perlaceo e ricurvo conficcato nella schiena. A quanto pareva l'armatura aveva fatto il suo dovere e ne aveva limitata l'entrata, per cui non era una ferita molto profonda.
Ma a sistemare la situazione ci pensò Edmund che impugnò il pugnale spingendolo in profondità, poi lo estrasse con forza e lo riconficcò nell'unico punto esposto dove era stato così abile da colpire in precedenza con una freccia.
«Bene bene, ma che combinate qui?»
Ria conosceva quella voce. Con orrore si voltò verso un'altra porta che si trovava poco distante da loro: Will giocherellava con un pugnale simile a una grossa zanna, corrugando le sopracciglia.
Ria stava per piangere.
«Tu...»
Will sorrise.
«... Per tutto questo tempo...»
«beh, sai com'è... Se vuoi una cosa fatta bene... » cantilenò facendo un passo avanti.
«Non ti avvicinare!» urlò Ria puntando la spada verso quello che pensava fosse un suo amico.
Con il cuore che le batteva a mille, diede uno sguardo a Cam: anche se era stato gravemente ferito, continuava a combattere. Intanto Will si avvicinava.
«Oh, andiamo Ria, non vorrai fare davvero del male ad un tuo amico?» domandò continuando ad avanzare.
«Tu non sei mai stato mio amico!»
Will si posò una mano sul petto, come se quelle parole contassero realmente per lui.
«Così mi ferisci Ria» disse imbronciato. Ormai erano a pochi centimetri l'uno dall'altra.
Ria lo odiava, lo odiava con ogni cellula del suo corpo. Fingere in quel modo...
Urlò con tutto il fiato che aveva e attaccò Will. Lui si riparò con un braccio, la spada non gli fece nemmeno un graffio.
«Sai è stato un vero affare indossare una di queste» dichiarò alludendo all'armatura di drago.
«O almeno per me lo è stato» sghignazzò «Sai le armi normali non penetrano tra le scaglie di drago.»
Armi normali? Ma se le loro avevano funzionato allora di cosa erano fatte?
E mentre Ria, incredula, continuava a farsi certe domande, Will fu velocissimo e le strappò di mano la spada, poi la spinse via con forza. Ria cadde a terra sbattendo la testa. Cercò subito con lo sguardo Cam: anche lui era a terra, circondato da una grossa pozza di sangue – non tutto suo – incapace di muoversi, svenuto.
Ria cercò di avvicinarsi a lui gattonando, ma Ed le diede un forte calcio allo stomaco facendole sputare sangue e cadere a terra. Si strinse forte le braccia al ventre, rannicchiandosi su sé stessa e guardando i suoi aguzzini.
Will ed Edmund stavano l'uno accanto all'altro troppo vicini a Claudette per i suoi gusti. Cercò inutilmente di alzarsi.
«Guardala» disse Ed ridendo di lei « e noi dovremmo avere paura di questa qui?»
Un rivolo di sangue colava dalle labbra del ragazzo rendendo il suo sorriso disgustosamente rosso. Will lo asciugò con il pollice, sorridendo appena, per poi portarselo alla bocca. Non sembravano calcolarla più di tanto, perciò ne approfittò per estrarre lentamente un pugnale che teneva legato al polpaccio. Non era stata una brutta idea portare armi aggiuntive.
«Non dobbiamo sottovalutarla; dopotutto è sempre la figlia di...»
Ria scattò velocemente puntando alla gola di Will. Questo sorpreso fece appena in tempo a schivarsi, o quasi: la lama aveva tagliato la collana che portava e sfregiato appena il suo bel viso. Ed le fu subito addosso afferrandola alle spalle e tenendola immobile.
Il ciondolo con il sigillo di Will cadde a terra, l'unico suono rimasto in quella stanza. Ria trattenne il respiro, Ed grugnì, mentre Will si copriva con una mano il viso. Qualcosa stava cambiando in lui, la sua pelle stava diventando grigia e i suoi capelli, in precedenza biondi, si stavano schiarendo ad una velocità sconcertante facendosi bianchi. Rimase pietrificata ad osservalo. Poi, sghignazzando, lui sollevò il capo e tolse la mano, rivelando uno sguardo agghiacciante. I suoi occhi erano completamente neri, se non per un piccolo cerchietto bianco; il suo sorriso mostrava bianchi denti aguzzi. Perfino il sangue che gocciolava dalla piccola ferita sul mento era diventato nero.
«Ora sì che mi hai fatto arrabbiare» disse avvicinandosi alla ragazza.
Le strinse il viso con una mano e la fulminò ad occhi stretti prima di sussurrare:
«Non hai idea di quanto voglia ucciderti in questo momento.»
Ria schifata, gli sputò in faccia, incapace di far altro.
«Perché non ci provi allora?» ringhiò a denti stretti.
Will rise.
«Non ci guadagnerei nulla dalla tua morte, ci perderei soltanto. E non ho la minima intenzione di rovinare tutto proprio ora. Hai la minima idea di quanto sia stato snervante doversi fingere qualcun altro solo per te?» sghignazzò avvicinandosi a Dette.
Ria si dimenò cercando di liberarsi, ma inutilmente.
«Solo per sapere se eri quella giusta. Uscire con la tua amichetta...»
Edmund grugnì come se quell'affermazione gli desse fastidio. Poi la spinse nuovamente a terra, con tanta forza che la lasciò senza fiato.
«Lo odiavo» sbuffò Ed strappandosi una collana e avvicinandosi a Will. Anche lui a quanto pareva portava un sigillo, e anche lui si tramutò in poco tempo in un essere identico a Will. Poi gli fece una carezza e posò le sue labbra su quelle dell'altro. Per Ria fu strano – parecchio stano – osservare i due che si baciavano, e non perché erano dello stesso sesso – se pur di una qualche razza demoniaca, presumeva – ma perché non aveva alcun senso. Per come si erano comportati fino a quel momento, Ria non li avrebbe mai creduti capaci di fare un gestro così dolce e amorevole verso qualcun altro. Non potevano esserne capaci.
«Ti vedo sorpresa, principessina» sghignazzò Ed.
Poi si voltò verso Dette prima di affermare malignamente:
«Mi spiace per te, ma è già preso.»
Aprì una mano davanti a Will e questo vi posò volentieri uno dei pugnali perlacei che aveva. Senza molti indugi Ed afferrò il pugnale e lo ficcò nel ventre della sua amica. Dette – come Ria - spalancò gli occhi facendo uscire dalle sue labbra un flebile sussurro.
«No!» urlò Ria con tutto il fiato che aveva in corpo.
Si precipitò all'istante dalla sua amica sorreggendole il viso tra le mani.
«Dette non lasciarmi, ti prego resisti.» piagnucolò al suo orecchio.
Sentì il suono di corde che venivano tagliate e poco dopo il peso del corpo della sua amica le fu addosso. Cercò di sorreggerla e la distese a terra, facendo attenzione a girare la testa da un lato, per evitare che soffocasse con il suo stesso sangue. Dover analizzare tutte queste condizione sul corpo della sua amica fece spezzare il cuore – già rotto – della povera Ria. Le lacrime non smettevano di scorrere e i singhiozzi sconquassavano le parole che ripeteva come un mantra: non lasciarmi.
Con mani tremanti estrasse il pugnale, mettendo subito un palmo sulla ferita per bloccare la fuoriuscita di sangue.
Will e Ed nel frattempo stavano osservando l'intera scena ridendo, mentre Cam era ancora svenuto sul pavimento.
«Forse, Ria, avresti potuto evitare tutto questo, se non avessi cercato di lottare, se non mi avessi fatto arrabbiare...» ghignò Will, prendendosi gioco di lei.
Ria era disperata, vedeva la vita della sua amica andarsene via goccia dopo goccia tra le sue dita inguantate. La cosa peggiore era non poter fare nulla, non avere la possibilità di salvarla. Ria si odiava per questo, odiava sentirsi così impotente e inutile. Il sigillo non le aveva mai fatto così male ed era sicura di avere i tratti del viso mutati, ma non le importava. Perché Dette? Lei non aveva fatto nulla, nessuno aveva fatto nulla di male, eppure erano stati coinvolti in questo mondo di mostri e assassini per qualche motivo. Per colpa sua. Ria non sapeva perché, ma tutto questo era successo perché volevano lei. Perché non si era consegnata nelle loro mani da prima? Forse avrebbe potuto davvero salvare la sua amica, forse le cose sarebbero andate diversamente e se anche non avrebbe conosciuto Cam, almeno lui sarebbe stato salvo. Perché, perché, perché?
«Non lasciarmi» continuava a sussurrare.
Dette aveva gli occhi chiusi e il respiro era così lento che temeva davvero si potesse spegnere tra le sue braccia.
«Ria» gracchiò in un sussurro appena udibile.
«Sì, Dette, resisti ti prego, troverò un modo per salvarti, troverò-»
«Toccami... amica mia.»
Ria spalancò gli occhi, pietrificata. No, non di nuovo. Scosse la testa, incapace di fare altro. No, non l'avrebbe fatto, non avrebbe rivissuto quella situazione. 'Mai più' si era ripromessa; eppure eccola di nuovo in ginocchio su un corpo a lei caro. No, non poteva farlo; avrebbe fatto qualsiasi cosa per la sua amica, ma non quello.
Un modo per salvare la vostra amica ci sarebbe.
Ria trattenne il respiro, sconcertata nel sentire nuovamente quella voce nella sua testa. Le ci vollero alcuni istanti prima di trovare la voce per chiedere:
«Quale? Dimmi quale!»
«Ma con chi sta parlando?» domandò scettico Ed a Will.
Siete davvero disposta a fare qualunque cosa per lei?
«Si! Si! Si!»
«Dev'essere uscita fuori di testa» ridacchiò Will.
Eccellente, perciò ascoltatemi bene e fate come vi dico. E sappiate che sarete in debito con me.
Poteva essere in debito con chiunque per Dette, ed esserlo con la sua testa non sembrava la cosa peggiore che le potesse accadere.
Ghermite il pugnale che avete nello stivale, senza recare sospetti, e incidetevi il palmo. Dovete essere molto cauta e non toccare la vostra amica. Poi fatele ingerire qualche goccia del vostro sangue.
Ria obbedì senza indugi e fece come le era stato detto. Una volta inciso il palmo, però, Ed e Will, come due segugi, sentirono l'odore del sangue e cercarono di capire da dove provenisse. Il più velocemente possibile, Ria fece cadere qualche goccia tra le labbra dischiuse di Claudette e aspettò speranzosa.
«Ti prego fa che funzioni» sussurrò.
«Tu!» Urlò Will riconoscendo l'odore.
«Allontanati da quel cadavere!»
Ma Ria non lo fece e si frappose fra loro e il corpo della sua amica, accucciandosi a terra e stringendo il pugnale, mostrando i denti come un animale.
Will rise.
«Che fai cerchi ancora di lottare? Hai visto cosa succede se non ti arrendi.» sibilò maligno.
«Will...» lo chiamò Edmund.
Stava guardando spaventato oltre una porta, là dove proveniva un basso ringhiare.
«Io penso che non arrendersi sia qualcosa di lodevole» proferì una voce nell'oscurità, una voce familiare per Ria.
Dalla porta fece uno scatto fulmineo, impossibile da seguire con lo sguardo, un essere che addentò in pochi secondi il collo di Edmund uccidendolo in una velocità disarmante. Era un grosso cane nero – o ferse era un lupo, o un coiote, non era sicura – con lunghe orecchie appuntite e una coda da diavolo. Il sangue colava ancora dalle sue fauci quando rivolse il suo sguardo animale verso Ria. Poi si avvicinò lentamente all'altro ragazzo. Will aveva la più totale paura dipinta in volto mentre indietreggiava con le mani aperte davanti a sé.
«Mio Signore, noi abbiamo mantenuto i patti, non le è stato torto un solo capello...»
«Ed è proprio per questa ragione che si trova in lacrime ai piedi di un corpo senz'anima, o i miei occhi m'ingannano?» continuò la voce nell'oscurità.
Will era terrorizzato e non sapeva come ribattere, balbettando parole senza senso.
«Come immaginavo» la voce sospirò e una mano inguantata uscì dall'oscurità.
Il grosso animale nero ringhiò verso Will e fece qualche passo nella sua direzione.
Nel frattempo un uomo, vestito in abiti di altri tempi, con appuntato un fiore nero all'occhiello, usciva dall'ombra, avvicinandosi a Ria. Aveva dei lunghi capelli color nocciola, lineamenti armoniosi e, anche se un occhio era coperto dai ciuffi marroni, aveva uno sguardo argenteo... dolce? Questo non gli riservò un trattamento differente e Ria gli puntò contro il pugnale. Lui sorrise leggermente, coprendo a Ria la visuale verso Will.
Sarebbe meglio se non guardaste. Gli sentì dire, eppure non aprì bocca. Poi capì.
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