Capitolo 9


Per l'ennesima volta, May correva in tutta fretta verso casa. "Stranamente" era diventato un must della sua giornata correre sotto la pioggia ma questa volta per fortuna piovigginava solamente e probabilmente stava piovendo perché era la prima volta in tutta la sua esistenza che May aveva un ombrello. In realtà lo dimenticava apposta: era rosa pieno di fiori e le faceva così schifo che per l'esasperazione della madre lo dimenticava di proposito. Dato che fortunatamente veniva da scuola, era riuscita a sgarrare da Luce il suo ombrello di scorta con la scusa di riportarglielo il giorno seguente. Questo le piaceva tanto perché era bianco con i pois, il che si intonava benissimo con la sua ciocca mal riuscita. La premiazione era stata una noia mortale, ovviamente e, ovviamente, erano stati tenuti li tre ore per fare le foto della squadra (per la gioia delle sue amorevoli compagne), le foto delle medaglie, le foto delle teche con dentro le medaglie e per non farsi mancare nulla, una bella figuraccia durante la premiazione individuale. L'acchiappa sventure, durante il suo mini discorso, che spettava ad ogni velocista, aveva ringraziato molteplici volte il preside per avere dato l'opportunità di correre a tutti e a causa di un errore iniziale aveva continuato a chiamarlo Peter per i successivi dieci minuti. Fu un trionfo per tutti i galli e galline presenti intenti a cantare e a chiocciare. E una disgrazia per lei.

La verità era che tutti gli avvenimenti accadutile negli ultimi due giorni non le permettevano di pensare ad altro. Il preside con i suoi enigmi e il suo tatuaggio identico a quello del ragazzo per strada, il carillon scomparso, la corsa, le sue visioni, suo padre. Dall'anniversario della scomparsa di suo padre niente era più come prima. Tutto sembrava apparentemente normale, ma lei sapeva che non era così. Le tornò in mente la frase dettale da suo padre nella sua ultima visione – tutto sta per cambiare – le aveva annunciato.

Aveva ragione.

Si toccò la chiave al collo e decise che arrivata a casa avrebbe parlato una volta per tutte con sua madre e si sarebbe fatta ridare il carillon. Poi sarebbe andata a quell'indirizzo, si controllò in tasca per essere sicura di avere ancora il bigliettino. Non poteva credere che ci sarebbe andata ma altrimenti non aveva a chi rivolgersi per le sue domande. Non che fosse la scelta migliore parlarne ad uno sconosciuto...

I suoi pensieri furono interrotti da qualcosa di non programmato: parcheggiata davanti casa sua c'era una macchina, o meglio un furgoncino bianco mai visto. May ci girò intorno senza farci troppo caso anche se cercò di stare il più attenta possibile. Arrivata sulla soglia, percepì la voce di sua madre conversare con qualcuno, chi poteva essere? Forse solo uno dei suoi soliti clienti... ma non li aveva mai portati a casa, era parecchio strano.

Entrò come se non sapesse della presenza di ospiti – Mamma, dobbiamo parlare!

-Eccoti al momento giusto May, stavamo parlando proprio di te. Avvicinati! – Rose era seduta al tavolino del salotto con due persone, un uomo e una donna, vestiti di tutto punto. L'uomo era calvo, in giacca e cravatta e conversava con Rose mentre la donna portava i capelli biondi raccolti, indossava dei pantaloni a sigaretta e giacca e cravatta anche lei. fissava May in modo insistente, facendole venire una leggera pelle d'oca. Si alzarono tutti in piedi: la donna era più o meno dell'altezza di Sua madre, mentre l'uomo era circa sul metro e settantacinque.

- Lei è mia figlia Maybelline- Ora aveva gli occhi puntati di quei due e improvvisamente l'istinto di May si riattivò, quei due facevano ancora più impressione. – E chi sono i signori, mamma?

Si schiarì la voce- Vedi, questi signori fanno parte di una... ehm, corporazione, se si può dire, per le persone in difficoltà, che hanno bisogno d'aiuto.

Sapeva qual era per sua madre il vero significato di -in difficoltà- e – bisogno d'aiuto-.

Era sicura sapere dove volesse andare a parare. Scrutò, dal basso verso l'alto, i lineamenti muscolosi delle spalle e delle gambe: strano... non avrebbe mai detto che facessero quel tipo di lavoro dalla loro prestanza fisica. Ecco la prima prova che alimentò i dubbi di May.

-Precisamente la nostra associazione aiuta in particolare i ragazzi smarriti e problematici, che non sanno a chi rivolgersi. – L'uomo e la donna attraversarono il salone e si avvicinarono a May, che indietreggò. – tranquilla, permettici di presentarci – l'uomo era davvero calmissimo, quasi non fosse di questo mondo.

- Lei è la mia assistente, Sara- la donna le porse la mano e lei la contraccambiò dopo un po' in modo freddo e distaccato. La donna aveva un'impugnatura decisa ma delicata e continuava a fissarla sbattendo le palpebre. May non la guardò per nulla in faccia, era più immersa in un tatuaggio che la donna aveva sul collo che si scorgeva oltre il colletto della camicia. Era una spirale formata da un serpente rosso. Tra i tanti disegni presenti in camera sua c'era anche quello. Le venne un groppo alla gola rendendole più complicata la pronuncia della parola "piacere". Si sentì morire ancora di più quando le sembrò che quel serpente si muovesse e così distolse immediatamente lo sguardo. – E io sono Baldassarre- L'uomo le porse la mano e May cercò di captare sul suo collo qualcosa. Sgranò gli occhi quando, per chinarsi e salutarla, Baldassarre aveva asciato intravedere della pelle oltre il colletto sbottonato: il tatuaggio era lì, nello stesso identico preciso punto e si muoveva.

La ragazza cercò di staccarsi dalla stretta ma lui aveva stretto la pesa. Allora lo guardò in viso e non poté credere a ciò che stava vedendo, la faccia era completamente trasformata: la pelle era grigia e squamosa, con delle macchie nere, gli occhi erano gialli e le orecchie inesistenti. La guardava con un ghigno, convinto probabilmente che il suo camuffamento fosse indecifrabile. May si staccò con forza e indietreggiò ancora di più. Guardò la donna e anche lei aveva le stesse identiche caratteristiche con in più i capelli bianchi. Dal suo sguardo dubbioso, sua madre non riusciva a vedere quello che vedeva lei ed era completamente ignara del pericolo. Si stropicciò gli occhi per assicurarsi che non fosse solo un'allucinazione ed effettivamente non erano perché il travestimento appariva e riappariva facendogli cambiare immagine in continuazione. A quel punto decise di fare finta di nulla pe evitare di far capire loro che aveva scoperto il loro inganno. -la nostra associazione è chiamata "Last Blood"- Sara aprì bocca per la prima volta- Perché accogliamo giovani che si sentono incompresi, che sono convinti che il loro sangue sia stato lasciato per ultimo- Disse quelle parole in modo così sonoro, quasi ipnotizzante.

-Ma si dà il caso che io non mi senta incompresa né problematica- la sua voce uscì in modo deciso.

-Maybelline...- Sua madre la guardò con fare esasperato ma lei non se la filò.

- Mayelline, nessuno hai mai detto nulla del genere- Baldassarre mise una mano sulla spalla di May e lei cercò di trattenersi dallo scostarla sapendo quella mano viscida su di lei. – Noi troviamo i ragazzi senza un punto di riferimento e gliene diamo uno da seguire, una guida.

- Noi vogliamo solo aiutarti a capirti meglio, permettici di farlo- Continuò lei.

May si rese conto che quei due stavano dando veramente di matto e doveva fare qualcosa- scusate, credo che abbiate commesso un errore. Se non vi dispiace vorrei parlare due minuti in privato con mia madre. Quelli accennarono un sorriso e May trascinò contro voglia per un braccio sua madre in bagno.

-May ma sei uscita di senno? Come ti è venuto in mente di fare quella scenata! Mi stai facendo vergognare. La figlia si mise una mano sulla tempia- Mamma sei tu quella uscita di senno! Da dove sono saltati fuori quelli e soprattutto perché li hai fatti entrare in casa?

La mamma guardò la figlia come se fosse un alieno- Prima di tutto non parlarmi in questo modo. Secondo cosa c'è di male? Volevo solo consultare più pareri! Poi non sono saltati fuori dal nulla, me li ha consigliati uno psicologo. – Fece una breve pausa – Non il dottor Price, quello in cui eri in cura prima. Sai, quello a cui hai fatto una tracheotomia con la penna degli appunti...- May guardava ora lei come se fosse un alieno.

-Mamma, seriamente! – Quelle parole non l'avevano toccata per niente – Andiamo! Non ti sembrano troppo prestanti per fare quel lavoro? Quei due sembrano usciti da un film di Mission Impossible! È possibile che non ti sia mai sorto neanche un minimo dubbio?

La donna la guardò confusa ancora di più dai suoi giochi di parole- Non capisco dove tu voglia arrivare Maybelline, una persona non può avere l'hobby della palestra e intanto occuparsi di ragazzi problematici?

-Cosa?- Trattenne le lacrime- Non lo vedi che sei diventata come loro? Mi stai trattando esattamente come tutti gli altri... sei arrivata a dire addirittura che io sono problematica! Può sembrare assurdo e forse non mi crederai, ma quelle persone non sono chi dicono di essere- solo dopo metà frase si accorse di stare urlando e abbassò la voce. Ciò che le separava da quelle persone era appena una porta e per quello che ne sapevano, avrebbero potuto ascoltare la conversazione.

- O forse è solo una delle tue solite paranoie- Rose aveva perso la pazienza e si stava arrabbiando parecchio- per una volta potresti darmi ascolto invece di dare retta ai tuoi dubbi ancestrali? Ora usciamo da qui e ti dimostrerò che quelle sono brave persone e tu ascolterai cosa hanno da dirti.

-Mi dispiace mamma, ma devo pensarci su. Inizia ad andare se vuoi. Lei la guardò indignata- Mi stai deludendo, Maybelline.- e uscì.

May iniziò a camminare avanti e indietro, le dispiaceva di avere trattato male sua madre ma non si rendeva conto della situazione e lei non poteva permettersi di fare sciocchezze. I suoi pensieri furono interrotti da un urlo. Di sua madre.

May sapeva che sarebbe successo qualcosa- Mamma!- Gridò istintivamente ma poi si tappò immediatamente la bocca: si era tradita da sola. Per un minuto non sentì che un silenzio assoluto, poi dei passi che si avvicinavano sempre più verso il bagno. Le venne un'idea, doveva agire: chiuse a chiave immediatamente la porta, un secondo prima che uno dei due potesse entrare. – Non lo sapete che quando una signorina è al bagno si deve bussare? – Disse in modo provocatorio mentre la maniglia veniva forzata dall'esterno. Guardò un secondo i disfacenti tentativi per entrare e poi apri la finestra. Salì in piedi sul davanzale: tra la finestra del bagno e il balcone della sua camera c'era un distacco di neanche un metro e con un salto riuscì ad aggrapparsi alla ringhiera e a tirarsi su. La finestra era aperta e passò il braccio attraverso l'inferriata riuscendo a prendere la chiave dal termosifone sul quale era appoggiata. Una volta entrata si guardò intorno e la prima cosa a cui pensò fu mettere in salvo i disegni. Se sapevano di lei non dovevano vederli assolutamente. Mentre raccoglieva l'ultimo sentì un tonfo indice del fatto che erano riusciti a sfondare la porta. Mise i disegni dentro lo zaino ancora in spalla e si nascose dietro la porta con la chiave in mano. Rimase immobile e sentì che quei due erano riusciti a salire in camera sua. – Dove si è cacciata quella ragazzina? – disse Baldassarre seccato - Ci fa solo perdere tempo. – Calmati, non può essere andata tanto lontano. Ricordati che la vuole viva. Intanto cerchiamo—Sara iniziò a buttare giù tutti i cassetti della stanza. May ne approfittò e con uno scatto li chiuse dentro. Mentre correva giù per le scale sentì gridare la voce di Baldassarre- Maledizione!

La ragazza arrivò in soggiorno, sua madre era sdraiata per terra prima di sensi. -Mamma! – la ragazza si chinò per scuoterla e poi le sentì il cuore, per fortuna era solo svenuta e si sarebbe svegliata. La nascose dietro il divano e prese le chiavi di casa. Dopo aver bardato tutte le aperture possibili della casa uscì dalla porta sul retro e poi la chiuse a chiave. Si allontanò in modo che si potesse avvistare dal suo balcone e si mise a gridare – Ei sono qui!! Scendete forza!- per attirare la loro attenzione. I due si affacciarono e la guardarono in cagnesco mentre lei si sbracciava. Ottenne esattamente quello che voleva: i due iniziarono a scendere con un'agilità pazzesca, quasi non toccassero il muro.

May iniziò a correre verso l'uscita, inseguita. Tutto quello che voleva fare era allontanarli dalla sua casa e da sua madre. Era lei il loro obiettivo e non avrebbero esitato a seguirla. Aveva ancora un p' di vantaggio e scendendo in strada fece per andare via correndo, in modo che pensassero che stesse scappando via e invece si andò a nascondere dietro ad un altro palazzo. Si guardarono spaesati intorno ma poi accordandosi andarono uno verso destra e l'altra a sinistra. Tirò un sospiro di sollievo per averli seminati.

Si cercò il bigliettino di Fotaras nella tasca. L'indirizzo era via Colosseo 13. Conosceva quella via, ci abitava Luce e sapeva come arrivarci. Non poteva tornare a casa, doveva andare in un luogo non conosciuto da loro o che non frequentava. E quel luogo era perfetto.

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