capitolo 7
Era la prima volta che May camminava da sola per il corridoio della scuola senza dietro la Keller. Doveva sfruttare l'occasione e andare dritta da Fotaras. Girò l'angolo e per sua sfortuna si trovò davanti l'ape regina e le sue schiavette. La ragazza cercò di fare finta di nulla ma le ancelle la presero per le braccia trascinandola dalla loro regina. -Ehi Thorn, come mai in giro? La Keller ti ha cacciato ancora? Povera!
May respirò a fondo e contò fino a dieci prima di sbroccarle – Tu, piuttosto, non dovresti essere morta o svenuta in infermeria? Sai, io sono stata mandata in presidenza perché mi sono presa la colpa di un danno che tu hai provocato. Ah, per la cronaca, il giochetto della penna che scoppia lo usava mia madre alle elementari.
-E tu ovviamente non potevi sottrarti dai tuoi doveri della salvatrice degli sfigati, no!?
- Sicuro! Infatti come vedi sto andando a salvarvi il fondoschiena, quindi se non ti dispiace...- May fece un passo avanti cercando di sottrarsi a quelle tre oche, ma le ancelle la tirarono davanti a Beatrice, facendo notare la differenza di quindici centimetri tra loro – ricorda che rimarrai sempre uno zero, qualsiasi cosa tu indossi- si abbassò verso di lei- e non dimenticare mai chi comanda qui dentro, chiaro?
- Ovvio, il preside Fotaras!- May si staccò dalla presa e passandogli attraverso se ne andò verso le scale.
- La lasci andare così?- Le ancelle erano sbalordite. – Tranquille, ho un piano. La farò pentire di avermi rubato il posto nella squadra di atletica.
Era quello il vero motivo dell'odio contro May. L'ape regina, al contrario di tutte le barbie come lei, era una campionessa di atletica. La sua famiglia la faceva allenare con gli allenatori più prestigiosi ma lei non era nulla di che. Aveva ottenuto il posto nella squadra della scuola solo perché nessun'altro eccelleva davvero. Poi quando May aveva fatto il provino, il prof le aveva fatte sfidare con i sessanta metri, perché solo una delle due poteva fare parte della squadra. Beatrice Era stata completamente stracciata. L'umiliazione era stata tanta che l'odiava a morte e May sapeva che da quel momento che le avrebbe messo i bastoni tra le ruote.
La ragazza intanto era già arrivata in presidenza. Bussò con impazienza e le sembrò passata un' infinità da quando per l'ultima volta, il preside le aveva detto "avanti". Quella porta all'inizio le metteva angoscia: non aveva ancora abbastanza confidenza con Fotaras e da quella porta trasparente aveva paura potessero trasparire le sue emozioni. Da lì lui avrebbe potuto vederla prima che potesse bussare, avrebbe potuto vedere la sua esitazione.
Quella volta, però, non avrebbe esitato, perché sapeva cosa avrebbe dovuto dire. Un secondo prima di entrare osservò la sagoma del preside dietro la scrivania, intento ad osservare delle scartoffie. Quando May entrò con l'aria decisa, Fotaras non era affatto sorpreso di vederla, anzi, per poco non si mise a fare il conto all'arrovescia di quanto mancava all'arrivo della sua ospite. – Maybelline, non mi aspettavo il tuo ritorno – Mentì in modo sarcastico. Lei non rispose, non riusciva a capire da cosa scaturisse tutta quella sicurezza. Era come se sapesse qualsiasi mossa stesse per fare. Probabilmente vedere un film giallo in sua compagnia sarebbe stato davvero noioso, in meno di un'ora si saprebbe già il nome dell'assassino.
May cercò di farsi venire un'idea, voleva provare a fare qualcosa che non avrebbe potuto prevedere. Con dei passi rigidi si andò a sedere davanti a lui, aspettò un secondo e poi appoggiò le mani alla scrivania. Lui non ebbe nessuna reazione, era più impegnato ad osservare la chiave del carillon che si era appesa al collo. May passò all'attacco – é inutile che continua con questa messa in scena, lei non è chi dice di essere, ho scoperto il suo segreto! – Per la primissima volta May poté scorgere su quel viso così sicuro, l'espressione di chi non se l'aspettava per niente. Ce l'aveva fatta, aveva avuto una piccola rivincita. Ora però doveva fare in modo che tornasse alla sua precedente espressione- Scherzavo...- disse in modo divertito per distendere la tensione.
Il preside rise, e anche di buon gusto. Anche se alla ragazza passò un attimo per la mente che se il preside avesse avuto reagito in quel modo forse avrebbe nascosto davvero qualcosa di importante. Quella era la tipica faccia di chi è stato appena "sgamato" e sta per confessare, ma si accorge che è stato ingannato e ride per cercare di confondere il suo interlocutore.
-Il tatuaggio che ha sul polso è molto bello, cosa rappresenta? – May lo aveva appena notato ed era rimasta allibita: erano le stesse identiche spade incrociate che aveva sul polso lo sconosciuto della mattina. Questa era la prova che forse quell'uomo non era il perfetto esempio di onestà.
-Questo dici?- Si coprì immediatamente la mano potandola sotto il tavolo- è solamente un vecchio errore di gioventù.
- E perché non se lo fa rimuovere- May si accorse di star divagando.
- Perché voglio ricordare quello sbaglio e cercare di vivere senza commetterlo ancora... Maybelline cos'hai combinato sta volta e, soprattutto, perché sei qui senza la signorina Keller?
- Stia tranquillo, è stata proprio lei a mandarmi qui... - May lo fissò negli occhi e disse quello che aveva da dire- So che l'ultima volta non mi fidavo di lei e che il mio comportamento è apparentemente strano, ma qualcuno di molto importante per me ha detto che devo fidarmi di lei...- l'uomo non rispose subito, aspettò che May trovasse le parole. Mise le braccia conserte e attese che May dicesse esattamente quello che avrebbe dovuto dire, ovvero quello che lui voleva sentirsi dire.
- Non capisco il perché, ma da almeno tre settimane vedo sempre le stesse identiche cose- Mentre parlava, Fotaras continuava ad annuire ed ascoltare attentamente – Una donna con il volto coperto che tiene in mano due pietre, una città in fiamme e due grandi uccelli, uno bianco e uno nero che combattono- May si bloccò dopo che un fiume di parole finalmente smise di scorrere dalla sua bocca – ed io non so neanche il motivo per cui lei sia tanto interessato a me o perché le interessa qualcosa per cui tutti mi considerano pazza e potenzialmente rinchiudibile dentro un manicomio.
- Il Fuoco rappresenta distruzione.- Fotaras fece raggelare il sangue a May. Come poteva essere tanto preparato sull'argomento? La ragazza fece un respiro profondo, non si aspettava per niente la domanda del signor Fotaras – Maybelline, conosci la leggenda della Dea immortale? – L'uomo la continuò a scrutare da un occhio all'altro senza lasciar trasparire una motivazione. May intanto era impallidita completamente e ancora una volta non sapeva cosa rispondere. Era rimasta spiazzata perché il preside ne sapeva sempre di più su di lei. Come era possibile? Per poco non si convinse che qualcuno la stesse spiando. Era una storia che suo padre le raccontava spesso, anche quando doveva andare a dormire.
Spesso, durante i racconti del padre era lei a finire la frase, conosceva ogni parte a memoria per tutte le volte che ne aveva sentito parlare. – Si, la conosco bene... mio padre ne è ossessionato... scusi, ma lei si è reso conto che questa domanda non ha nessun nesso logico con quello che io le ho detto? Che cosa significa? Lei conosce mio padre?
-Purtroppo, solo di nome. Era un grande ricercatore molto conosciuto e anche se non tutti lo ammettono, forse era il migliore- il Preside continuava a girare intorno alla vera domanda posta da May: come sapeva di quella leggenda e che collegamento aveva con tutto quello che si erano detti?
La ragazza ci riprovò, le domande la stavano dilaniando e l'atteggiamento calmo e sobrio del preside, come se tutto filasse liscio come l'olio non aiutava – Non capisco come mai, ma per qualche strana connessione lei sa tutto quello che mi diceva mio padre anche se non lo conosceva. Sa tutto quello chem i passa per la mente... insomma, perché? Per quale motivo mio vuole aiutare? – Iniziava a vederci sempre più sfocato dentro quella questione.
-Ognuno ha i suoi buoni motivi.
- La prego, la smetta di parlare per enigmi- May si stava spazientendo e moriva dalla voglia di sapere la verità.
- Maybelline, ascolta, io voglio solo proteggerti e perdonami, ma dovrò continuare a parlare per enigmi per un po', non ho scelta. È molto importante che tu non dica a nessuno di questa conversazione, neanche di chi ti fidi più di tutti. – Si guardò intorno - Ormai anche i muri hanno le orecchie. Fai come ti dico, ti prego, è importante non far sapere che tu adesso sai. Quando uscirai da questa porta dovrai far finta che io ti abbia semplicemente rimproverata, ok?
Lei annuì con un semplice ok un po' incerto. Stava cercando di carpire il più possibile di informazioni da quelle parole pronunciate a raffica ma purtroppo non trovò nessun significato nascosto.
L'uomo a quel punto le scrollò il braccio per ricevere attenzione, pensò di averla un po' scossa – Se ora ti fidi di me, ho bisogno che tu vada a questo indirizzo il prima possibile- Le porse un bigliettino- Forse se ci andrai potrai sapere qualcosa in più rispetto a quello che ti ho detto. È solo tua la decisione di andarci o meno e la tua scelta cambierà molte cose. Ora vai.
La ragazza fece quanto richiesto, arrivò alla porta e prima di tirare la maniglia si girò ancora verso il preside- Se mi permette, vorrei farle un'altra domanda- Lui disse di si- Prima lei alla mia affermazione ha avuto una reazione insolita... vuol dire che anche lei nasconde qualcosa?
Lui rispose con un'altra frase delle sue- Sai Maybelline, ognuno ha qualcosa da nascondere e sono sicuro che anche tu, molto infondo, nascondi qualcosa...- Lei lo scrutò – Ah, un'altra cosa. Tienitela stretta al collo quella chiave, è molto bella.
Se la strinse tra le mani- Grazie, signore- uscì dalla stanza.
Perfetto! Ora la ragazza aveva molta più confusione in testa di quanta non ne avesse prima. Le stavano spuntando come funghi, ancora non riusciva a capire perché il preside avesse menzionato quella leggenda. Come faceva a conoscerla? Questo voleva dire che conosceva anche suo padre perché sapeva quasi tutto quello di cui le parlava. Sicuramente nascondeva qualcosa, ma era troppo scaltro per scoprire tutte le sue carte.
Maybelline imbucò le scale. La cosa che l'aveva fatta più insospettire era senz'altro quel maledetto tatuaggio! Com'era possibile che lo avesse anche lui? Era esattamente uguale a quello dello sconosciuto. Quindi quello significava che in qualche maniera erano collegati. Ma cosa c'era davvero sotto? Riguardò il bigliettino con scritto l'indirizzo: ora la decisione toccava a lei, se fosse andata o meno la sua vita sarebbe cambiata di conseguenza.
Vide nell'androne un mucchio di ragazzi, poi guardò l'orologio e si accorse di essere ancora in ritardo. Si era di nuovo dimenticata della gara! Prese alla svelta la sua sacca con l'occorrente e si infilò nella mischia. – Thorn, stavamo per darti per dispersa. Dove ti eri cacciata – il prof Prior sbucò all'improvviso spuntando il suo nome tra l'appello.
May rise in modo sarcastico, era arrivata appena in tempo per il raduno. – Prof, mi dispiace, ma sono stata mandata dal preside per conto della signorina Keller.
Il prof fece un'espressione preoccupata- Di nuovo, mi dispiace molto Thorn. Era qualcosa di grave?
-Non si preoccupi, il signor Fotaras mi ha fatto solo una bella lavata di capo. È stato molto buono questa volta, non ha neanche chiamato mia madre.
May stava mentendo al suo prof preferito. Quando se ne rese conto rabbrividì. Dato che suo padre non c'era, era forse l'unica persona di cui si fidasse veramente. Sua madre? Sicuramente no, ormai era diventata un'altra persona, sembrava avesse dimenticato tutti i bei momenti passati con la famiglia. Era un'estranea. Ritornando al suo pensiero principale e mettendo da parte quella divagazione, lei si stava inconsciamente fidando di Fotaras. In verità, non aveva ancora deciso ma evidentemente per il suo subconscio era diverso. Probabilmente aveva scelto di fidarsi dal momento stesso in cui si era iniziato ad esporre. Aveva sempre saputo che non era un preside ordinario, probabilmente era la causa della sua scelta inconsapevole. A lei non interessavano tutte quelle scuse, le importava di sapere solo una cosa: la verità su suo padre e su di lei.
-Ehi, May Thorn- Qualcuno le toccò una spalla da dietro- Ho ascoltato la conversazione col prof...- May si girò e vide Lucinda Try. In realtà, non tutti i compagni la destavano o la allontanavano per la sua stranezza. Luce era l'unica a parlarle in modo normalissimo e spontaneo. Era arrivata all'inizio dell'anno e frequentava il secondo b. anche se non frequentavano la stessa classe le due ragazze si erano trovate bene da subito, anzi, era stata proprio May a far entrare Luce nella squadra di atletica. Il primo giorno aveva completamente toppato aula, andando nel secondo f, la classe di May. A quel punto lei si era offerta di accompagnarla e durante il tragitto era bastato poco per farle unire. May ancora non era così chiusa agli altri e non fece fatica a socializzare con lei.
Era molto bella, con due enormi occhi mogano come i suoi e i capelli neri. Erano praticamente uguali: a parte il i capelli corti e qualche centimetro in più d'altezza riusciva a comprendere in modo naturale ogni suo pensiero o stato d'animo, come se sapesse tutto quello che lei pensava e condividevano la passione più grande, la corsa. Luce era quel tipo di persona che non si lascia condizionare dai pregiudizi altrui, a cui non importavano gli altrui problemi e che non contestava le altrui opinioni. Era capace, in corridoio, di salutare May urlando a squarcia gola e non vergognandosi degli sguardi sgarbati delle persone intorno. May ammirava quei pregi del suo carattere e infondo le sarebbe piaciuto essere come lei.
- Quella signorina Keller dev'essere proprio un incubo! Mi chiedo come tu faccia a sopportarla.
- è L'abitudine. Sai, dopo un po' non ci fai più caso perché diventi sordo a furia di sentire le sue sfuriate! – Entrambe scoppiarono a ridere. – Ora però dimenticatene – Luce l'accarezzò e indicò il pullman – Abbiamo altro a cui pensare. Dobbiamo vincere assolutamente!
- Si, andiamo – May aveva un'aria decisa, le parole incoraggianti di Luce le avevano ridato la carica.
Il pullman non ci mise molto per arrivare allo stadio. Appena scesi dalla vettura, Prior descrisse meglio la gara – Ragazzi, per questa semifinale ci cimenteremo in una staffetta ad ostacoli. Sono sicuro che darete il meglio di voi e anche se non è la vostra specialità ma ci siamo allenati tutto l'anno per questo. Arriveremo fino in fondo!
Tutti si guardarono confusi- Professore non aveva parlato di una staffetta?
-Purtroppo ragazzi, sono stato avvisato anch'io all'ultimo. Probabilmente vogliono testare la nostra capacità di adattamento in un campo diverso... e io dico che hanno trovato pane per i loro denti!
-Si!- Urlarono tutti. Le due ragazze si guardarono con un sorriso stranito: entrambe erano convinte che il prof avesse preso troppo sul serio la questione. – Attenzione! Ora, dopo un'accurata supervisione, vi annuncerò la scaletta dei velocisti che si susseguiranno durante la staffetta. Niente obiezioni, grazie.- Il prof iniziò dai ragazzi. Su alcuni nomi dei ragazzi sbuffarono o protestarono ma lui li mise a tacere col fischietto. Arrivato alle ragazze l'uomo ebbe alcuni ripensamenti, ma sicuramente non sulle ultime due batterie – Per finire batterie nove e dieci, per l'ultimo sprint finale, Try e Thorne. Luce rispose con un "conti su di noi" deciso mentre May annuì sbattendo le palpebre, con il sopracciglio alzato. Ancora una volta tutte le angherie e gelosie sarebbero rivolte su di loro.
Intanto Prior divise i maschi dalle femmine e diede il comando di iniziare a scardarsi. Dopo dello stretching e allungamenti vari iniziarono a fare un primo giro di campo. Le altre ragazze erano molto emozionate: Se avessero vinto quella corsa avrebbero vinto la semifinale e poi sarebbero arrivate in finale! Passavano il tempo a sghignazzare invece di pensare a dove mettevano i piedi.
Luce e May no, correvano con costanza senza fermarsi, superando e doppiando le altre, a testa alta, respiro lungo e perfetta sincronia. Quelle le osservavano già da prima in cagnesco, con una nota di gelosia negli occhi, anche se effettivamente si trovavano nella stessa squadra. – Ti pareva che la parte vincente non andava a loro?- borbottò una in perfetto completo da corsa, con tanto di pantaloncini corti per far intravedere il sedere. – Ecco le reginette della pista- Annunciò un'altra a gran voce mentre passavano.
In effetti,quelle erano più preoccupate dagli sguardi a bocca aperta che i maschi gli lanciavano, piuttosto che dal loro patetico rendimento. Ma May e Luce non li degnarono neanche di uno sguardo, erano più impegnate a correre leggiadre e aggraziate. A May non interessava vincere per un trofeo di plastica da mettere nella teca a scuola, era più per una rivincita personale. Voleva dimostrare, più a se stessa che agli altri, che valeva più di stupide visioni. Non sapeva se per Luce fosse lo stesso.
Intanto le classi avversarie e la scuola avversaria avevano fatto capolino nello stadio. La classe di May, con Beatrice Ferraris e le sue ancelle, erano sedute sugli spalti con la miglior visuale. Erano passate avanti senza neanche rispettando la fila, scatenando la protesta generale.
-Ecco lì la nostra preda- disse un'ancella, mettendo una mano sulla spalla della sua "padrona". – Bene, bene... non ha perso tempo e già si sta mettendo in mostra. – Beatrice accavallò le gambe e si sedette comodamente, mentre le sue schiavette cacciavano un povero ragazzo dal loro "territorio"- Tanto le faremo perdere noi la voglia di comportarsi così.
- Però bisogna ammettere che è davvero brava, non le si può dire nulla- La ragazza alla destra di Beatrice fece un commento che la fece sospirare: forse non aveva ancora capito vicino a chi si fosse seduta. Lei e l'altra la guardarono in cagnesco e subito l'ancella si guardò in torno con l'aria stralunata, facendo finta di non aver detto nulla.
Mentre gli altri comuni mortali si sedevano, Beatrice illustrò il suo piano malefico- se tutto andrà come ho programmato, oggi la nostra "amica" farà bum- guardò May da lontano che continuava ad allenarsi, con un sorriso che non prometteva bene. La ragazza si era accorda da un po' degli sghignazzi di quelle tre nella sua direzione, ma fece finta di nulla perché doveva concentrarsi e non poteva dare loro corda.
-Scusa, e come farà? Non ha mica una pistola!- Disse la svampita del gruppetto con un sorriso ignaro e tra le nuvole. Le altre due si guardarono: come faceva ad essere così stupida e bella allo stesso tempo?
- Taci, Violetta! – Beatrice era davvero stufa di tutta quella insolenza. – Quindi come stavo dicendo prima di essere interrotta- Fissò Violetta- La nostra ragazza si farà un po' male durante la corsa.
-E come farai, se posso chiedere- Si permise quella più sveglia.
- Ovviamente, Mara. Uno degli organizzatori, quello con la camicia azzurra e gli occhiali da sole- Lo fece vedere senza farsi notare e loro annuirono - Si dà il caso che sia anche uno dei dipendenti di mio padre, e se non farà quello che ho chiesto sarà licenziato. Gli ho ordinato di aggiungere un ostacolo in più nella corsia di Maybelline alla fine. Il professore la considera la migliore perciò l'avrà messa sicuramente alla fine per l'ultimo scatto. L'ostacolo verrà posizionato attaccato a quello prima, così quando la nostra bella salterà, non se ne accorgerà in tempo e farà un bel "bum".
-Sei un vero genio Beatrice, complimenti. Ti stimiamo tanto, sei il nostro idolo!
-Grazie, grazie lo so. Non ce n'è bisogno- Le bruciava dentro avere ammesso che May fosse la migliore ma tanto sapeva che tra pochissimo avrebbe avuto la sua gloria.
La gara stava per cominciare e la tensione saliva sempre di più tra i velocisti. Ovviamente prima ci sarebbe stato il discorso dove sarebbero state presentate le scuole avversarie. Si sarebbe svolta prima la competizione femminile e poi quella maschile, per un totale di otto batterie.
May era talmente concentrata che la sua mente saltò completamente il noioso spiegone. Per lei la gara era già iniziata, non contro la squadra avversaria, ma contro sé stessa.
L'arbitro chiamò tutti i partecipanti ai loro posti e prima di andare Luce e May si scambiarono uno sguardo d'intesa e si strinsero la mano. A passi netti, May si sistemò nella consona posizione e aspettò il fischio dell'arbitro.
Quando l'arbitro fischiò May sapeva che ancora non era il suo momento e che aveva dietro sette persone prima di poter tenere il testimone tra le sue mani. Guardò in dietro: le prime batterie erano andate veramente male ma dalla quinta in poi avevano rimontato bene. Il testimone era passato in mano a Luce che con grande destrezza, superò l'avversaria avvicinandosi sempre più. May si concentrò: sapeva di avere gli occhi tutti puntati su di lei, per non parlare delle aspettative. Guardò il prof, le avrebbe soddisfatte tutte.
Arrivò il momento che non sembrava sarebbe mai arrivato, Luce le passò il testimone. Le diede anche una breve spintarella ricaricante e scattò. Scattò veloce, verso la meta mantenendo gli occhi fissi sull''obiettivo: il traguardo. Superò facilmente ogni ostacolo e superò la curva. Accorgendosi che restava solo un ostacolo tutta la tensione svanì. Si concesse di guardare sugli spalti per godere della faccia stupita e invidiosa di Beatrice, convinta di non essere caduta nel tranello. Iniziò a sudare freddo quando si accorse che il suo sorriso non si era spento, anzi, era più vivido e malefico di prima.
Che cosa aveva in serbo? May era sicura di averla fatta franca, era stata attenta ad ogni minimo dettaglio. Cosa aveva tralasciato?
L'ultimo ostacolo si avvicinava sempre di più, non aveva più il tempo di immaginare cosa quella serpe avesse architettato. A pochi metri dall'ostacolo si accorse dell'inganno: vide che solo nella sua corsia era nascosto un ostacolo in più non visibile da lontano. Riguardò tra gli spalti, come ci era riuscita?
Aveva preso troppa velocità e non poteva fermarsi, ma se avesse saltato sarebbe caduta, avrebbe fatto una figuraccia e soprattutto avrebbe fatto perdere la scuola! Doveva trovare una soluzione, non poteva deludere il prof e gli altri e non poi avrebbe reso vani gli sforzi di Luce e delle sue compagne.
Chiuse gli occhi e non pensò a nulla, solo un miracolo avrebbe potuto salvarla. Toccò col piede l'ostacolo e il miracolo avvenne.
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