Capitolo 2

 Entrarono nell'ufficio del dirigente: era una stanza poco arredata con solo qualche quadro sulle pareti bianche, dal soffitto pendeva un lampadario lucidato con gran cura.

La scrivania, anch'essa ben ordinata, era di legno di mogano vecchio con appoggiata qualche foto, un porta penne di cristallo ed un enorme registro rivestito in carta da pacchi rossa. All'angolo c'era un armadietto in ferro con le valutazioni di ogni classe (metteva davvero i brividi). Dietro la scrivania era seduto sulla sedia a rotelle blu il preside Fotaras. Un uomo di circa trent'anni (forse troppo giovane per la sua carica), cappelli biondo scuro, occhi verdi, naso perfetto...insomma, davvero un bell'uomo. Sarebbe stato anche abbastanza alto se non avesse perso l'uso delle gambe. Nessuno sapeva come si fosse condannato a rimanere per tutta la vita su quella sedia mezza rotta, dato che era arrivato un anno e mezzo prima all'istituto "Boomerang" già paralizzato.

In proposito giravano a scuola strane voci: alcuni dicevano che avesse perso l'uso delle gambe in un incidente stradale, altri dicevano che venisse da un altro mondo e che, mentre cercava di attraversare un portale per venire nel nostro, gli si fossero accidentalmente staccati gli arti inferiori, ma queste, ovviamente, erano solo dicerie inventate dagli studenti che non avevano altro di meglio da fare.

May accennò a sedersi sulla poltroncina, ma la Keller le fece segno di rimanere in piedi mentre lei si accomodava serenamente.

"Robin! Cioè volevo dire signor Fotaras ..." La Keller era davvero impacciata e aveva fatto anche una figuraccia:" Scusi se la disturbo a quest'ora del mattino, ma la signorina Thorn questa volta ha davvero toccato il limite! Pensi che si è anche ... MA LEI è DAVVERO BELLISSIMO ..."

Maybelline pensò bene di svignarsela mentre la Keller osservava il preside con gli occhi sgranati, la bocca aperta e la lingua a penzoloni come se fosse un modello. Stava indietreggiando verso la porta quando il preside la bloccò:" Signorina, dove crede di andare? Si sieda e aspetti se non vuole avere guai. In quanto a lei signorina Keller si ricomponga. Mi voleva dire, per caso, che Maybelline si è addormentata durante la lezione?".

"O, si!" L'arpia si svegliò come dal regno delle nuvole. May accennò una risatina sotto i baffi, ma il preside Fotaras la guardò inarcando il sopracciglio destro per farle segno di rimanere seria.

"Le volevo anche dire che la storia delle visioni viene ancora utilizzata dalla signorina per saltare le lezioni!".

Ecco qua! La zitella aveva raccontato tutto e ora May si sentiva morire. Con sua grande sorpresa, il preside, invece di sgridarla, tirò fuori da uno dei suoi enormi cassetti di legno un grande librone con scritto sopra "alunni speciali" anch'esso in carta da pacchi rossa. Lo aprì e iniziò a scrivere e scrivere. La ragazza non ci poteva credere: era davvero sulla lista dei matti!

Ad un certo punto il preside alzò la penna dal foglio e fissò May intensamente come se la scrutasse, intanto fece segno alla professoressa Keller di uscire.

Rimasero soli nella stanza.

May aveva uno strano presentimento, non sapeva cosa fare né tanto meno cosa aspettarsi. Se avesse avuto un colpo di fortuna se la sarebbe potuta cavare con un richiamo a casa, ma se fosse andata nel modo peggiore avrebbe preferito non pensarci.

Il preside ruppe il silenzio che si era formato:" Prego, siediti" il suo viso si era fatto stranamente serio. La ragazza rimase in piedi davanti alla scrivania - Senta, se vuole punirmi lo faccia senza troppi giri di parole...

Il preside sorrise – No, non preoccuparti non ho intenzione di fare niente del genere – si fece serio – insisto, siediti.

Si fece seria anche lei e, se pur con diffidenza, si sedé sulla poltrona scricchiolante.

La ragazza cercò di guardarsi intorno per non sentirsi a disagio a causa dello sguardo dell'uomo puntato su di lei. In questi casi il preside la lasciava andare dopo una breve chiacchierata mascherata da rimprovero, ma ora che la Keller aveva tirato in ballo l'argomento allucinazioni, avrebbe dovuto trovare una buona spiegazione. Nonostante ciò decise di aspettare in silenzio.

Alzò lo sguardo e notò il preside che la guardava e sbatteva le dita sul tavolo con aria divertita, poi fece scorrere il dito su una lista di nomi fermandosi al suo – Maybelline Thorn, eh? Sto notando che in questo ultimo periodo sta dando del filo da torcere alla signorina Keller.

May guardò con la coda dell'occhio la porta - Lei crede? – accennò ad un sorriso forzato. Si sentiva osservata, ma pensò che probabilmente era solo la Keller che stava origliando da oltre la porta.

-Suppongo di sì, essendo tu l'unica alunna a farmi visita – Sorrise anche lui in modo forzato – Contando questa, è la terza volta in una settimana.

-Davvero? Sa, ormai ho perso il conto di quante volte la signorina mi porta qui per i motivi più futili – Rimase sulle difensive, doveva ancora capire dove il preside volesse arrivare.

- Pensi che anche questa volta tu sia qui per un motivo futile?

Cosa significava quella domanda? May fissò il preside aggrottando le sopracciglia in segno di diffidenza. Lui iniziò a battere la penna sul tavolo con aria di sfida. Che cosa cercava di ottenere? Forse voleva solo che May parlasse. La ragazza incrociò le braccia – Lei crede che io sia pazza?

L'uomo mise i gomiti sul tavolo e incrociando le mani appoggiò la testa su di esse – Non credo proprio, perché mai dovresti esserlo? – rise – Non c'è nessun motivo valido per cui tu dovresti inventarti una cosa del genere, a meno che tu non voglia saltare le lezioni, chiaramente. Ugualmente, questa ipotesi la escluderei a priori.- Ricominciò a battere la penna.

Lei sgranò gli occhi per lo stupore – Un attimo, lei sta dicendo che mi crede?

-Be' non ho mai detto il contrario...- Il preside smise di colpo di battere la penna sul tavolo e stette in silenzio. Voleva vedere la reazione della ragazza. Anche May non capì la sua stessa reazione: per la prima volta qualcuno credeva alle sue parole. Sarebbe dovuta essere felice, ma l'unica sensazione che avvertì fu solo un forte fastidio. Quella situazione la metteva a disagio.

Sapeva benissimo che Fotaras quella volta la stava trattenendo più del dovuto, il che significava che le avrebbe detto qualcosa di insolito, eppure continuava a rimanere in silenzio senza neanche precederlo o bloccarlo.

-May, ascolta – il signor Fotaras mise la penna nel portapenne – So che probabilmente non ti fidi di me ma vorrei che mi raccontassi la tua visione. - In quel preciso momento iniziò di fuori a cadere la pioggia. D'improvviso una folata di vento aprì la finestra e arrivò dritto al viso della ragazza congelandole il cervello e arruffandole i capelli: quella richiesta l'aveva completamente spiazzata. Il preside l'aveva sempre trattata con un occhio di riguardo ma non le era mai balenato minimamente in testa che potesse essere interessato alle visioni. Era davvero rimasta stupita ma doveva rispondere qualcosa. Eppure non sapeva se fidarsi o meno.

Cercò di prendere tempo – E perché mai dovrei raccontarle quello che ho visto? Insomma, lei non mi conosce, non sa chi sono. E soprattutto lei non è nessuno, per me, per chiedermi una cosa del genere.

-Hai perfettamente ragione- Il preside rimase irremovibile. Davvero ciò che aveva detto la ragazza non lo aveva scalfito nemmeno un po'? Osservò meglio la sua espressione, era rimasto sempre quel sorriso serio, braccia conserte e occhi puntati su di lei. Mirava a qualcos'altro, voleva farle capire qualcosa. forse voleva solo intimidirla oppure...

- Credeva davvero che le avrei raccontato tutto senza farmi domande?

-Questo dovresti dirmelo tu- L'uomo continuava a fissarla senza neanche battere ciglio. May cercò di trovare qualche parola per spiazzarlo ma il suo sguardo era talmente concentrato che faceva difficoltà perfino a sostenerlo. – Maybelline, hai due possibilità – Il preside distolse lo sguardo – puoi raccontarmi tutto – Indicò la porta – oppure sei libera di alzarti e uscire da quella porta.

May si guardò dietro e poi si rigirò verso la scrivania – E se io volessi andarmene? Mi lascerebbe andare via senza neanche una punizione?

C'era qualcosa sotto, se lo sentiva. A qualunque gioco stesse giocando il preside, doveva capire perché continuasse a fare l'indifferente nonostante fosse interessato.

-Prego- adesso l'uomo mostrava con la mano la porta scura a May da dietro alla scrivania con l'espressione più calma del mondo.

La ragazza si alzò in piedi – Non posso crederci... posso andare così, senza un rimprovero? – il preside cambiò espressione, allora May pensò che sarebbe stato meglio approfittarne e uscire senza fare altre domande che avrebbero potuto farlo spazientire, giusto per evitare di fargli cambiare idea. L'uomo, accorgendosi che si stava dirigendo alla porta, alzò la voce – Tanto, prima o poi, tutto ciò che è celato agli occhi viene svelato- May stava toccando la maniglia appena le giunse quella frase nell'orecchio che le risuonò nel cervello. Quel tocco gelido le attraversò ogni parte del corpo. Alzò di colpo la testa e si voltò verso la scrivania: il preside era lì, non si era spostato di un centimetro e continuava a fissarla come se non avesse detto nulla di strano.

Un'altra folata di vento spalancò la finestra scompigliando nuovamente i capelli ricci che le uscivano dalla treccia e che fu costretta a spostarsi dietro le orecchie.

Si riavvicinò lentamente al tavolo, quasi avesse paura di ciò che gli si trovava dietro: Come, scusi?" Il preside non avrebbe dovuto pronunciare quella frase. Improvvisamente, l'uomo si svegliò, come se fosse caduto da una nuvola: "Perché, che ho detto?" May continuava a guardarlo esprimendo dissenso col capo fin che istintivamente iniziò ad indietreggiare senza staccare neanche per un momento gli occhi dal preside. Fotaras non aveva  proprio intenzione di togliersi quel sorriso tanto sicuro dalle labbra. Sbatté scontro la porta emettendo un gemito e solo allora si accorse che per uscire avrebbe dovuto girare la maniglia. – Non può essere... com'è possibile? – Ripete più volte mentre cercava di girare con forza la maniglia.

Quei pochi istanti le sembrarono un'infinità di tempo – Quella frase...- le parole uscivano da sole dalla sua bocca che non sapeva neanche più cosa stesse dicendo.

Riuscì ad aprire la porta e corse via lungo il corridoio. Ogni tanto si girava verso la stanza e il preside rimase impassibile a osservarla mentre correva lungo le scale. Non ebbe nessuna reazione, semplicemente continuò a sorridere con la faccia di chi sa che sta andando tutto secondo i piani.

Intanto May scendeva frettolosamente dalla rampa, sentiva quella frase sparata a cantilena nelle sue orecchie pronunciata da più e più voci. Provò a tapparsi le orecchie ma fu tutto inutile. Arrivata al piano terra, aspettò il momento buono e imboccò il portone principale verso l'uscita. Non le importava più di nulla, voleva solo tornare a casa.

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