Capitolo 18






BE YOURSELF. ALWAYS.



-Ahi!- May cercò di trattenere le grida per il dolore, ma uscì comunque un lamento dalle sue labbra. Odiava dare agli altri l'idea di una ragazzina indifesa, cosa che invece sembrava molto in quel momento. Quella stanza più che un'infermeria sembrava un piccolo studiolo: le pareti dipinte con filigrane d'oro risalivano sicuramente al settecento, un piccolo archetto posizionato su di una scrivania con sopra un calamaio gli davano un'aria molto vittoriana, sebbene alcuni vasi riportavano subito a una datazione più antica. La ragazza, mentre guardava intorno per non pensare al dolore, notò altre cose che la confusero ancora di più sulla datazione: su di una seconda scrivania erano posti quelli che May suppose fossero computer, peccato che dovessero essere di una marca inesistente e soprattutto di un modello non ancora inventato. Vicino ad essi si trovava una stampante, questa volta però non scese a conclusioni affrettate cercando di ipotizzare a cosa servisse.

May era seduta su un comò vicino alla scrivania e la donna incontrata qualche ora prima le stava medicando le ferite di battaglia. I lividi sul braccio destro erano diventati dei veri e propri tagli e si erano estesi fino alle spalle. Era stata costretta a levarsi la maglietta e per evitare un' infezione o l'ampliamento dell'emorragia, era stato necessario ricucire le ferite. Nonostante May avesse due spalle così imponenti, era riuscita a procurarsi quei tagli dal nulla. La donna, prima di continuare, fece l'espressione di chi ha decisamente dimenticato qualcosa. May fece finta di nulla ma continuò a osservarla: le aveva lasciato ancora tre ferite aperte. Dalia si diresse verso quella che May credeva una stampante ma ovviamente non era così: dopo averci smanettato qualche minuto, le luci si spensero e la stanza divenne buia.

-Non muoverti- Dalia premette sul lato posteriore della stampante. May si irrigidì. Dalla zona dove avveniva la scansione della carta, si sprigionarono delle luci blu che scannerizzarono il braccio di May e che localizzarono le ferite illuminate. May trattenne un "che figata!" per un soffio. Vennero proiettati in tutta la stanza con altre luci blu, alcuni disegni stilizzati ma curati nei minimi dettagli. Dalia iniziò a scorrerli con velocità, come fossero posti su di un piano solido, anche se si trovavano a mezz'aria. May provò a toccare un disegno ma ci passò a traverso con la mano. Si ricompose subito quando la luce tornò e la macchina venne spenta.

-Che cos'è?- Chiese elettrizzata senza mezzi termini. -Serve a capire il genere di ferita che viene scannerizzata e se ci sono ulteriori infezioni- Gli diede dei colpetti- Ma la tua non riesce a trovarla, dev'esserci un Bug del sistema. Eppure, l'ho resettato ieri appena.

May si guardò le ferite, continuavano ad aprirsi.

-Non fa nulla, ci riproverò ad opera finita- Disse per tranquillizzarla, e si mise a continuare.

- Tutte queste meraviglie tecnologiche...sono davvero uniche. Ma mi chiedo: perché nel paese la situazione è così arretrata? Non fraintendermi, ci sono molte rovine e opere bellissime ma non ho visto nulla di tecnologico. - Azzardò May.

– Sono stati i tre fratelli a portare queste innovazioni- Indicò la stampante- E ci hanno anche chiesto di non portarle fuori dal castello. Io devo loro la vita, e non farò mai qualcosa contraria al loro volere.

May pensò fosse un'ingiustizia non condividere quel progresso con nessuno. Forse era solo egoisti o magari, avevano semplicemente una buona ragione.

-è opera di Alan?- Dalia accennò ad un sorriso sarcastico per allentare la tensione. Aveva ancora tre tagli da ricucire.

-Beh, non esattamente...- Lei cercò di rispondere nella maniera più naturale possibile e di non pensare al dolore. Parlare era la distrazione migliore.

La donna rise- Vuoi farmi credere che non eravate voi due a fare spettacolo giù in paese? Alan mi è sempre sembrato un ragazzo che non si tira indietro... ma scontrarsi con una ragazza, non credevo arrivasse a tanto!

-La verità è che non l'abbiamo fatto di proposito! - Dalia alzò lo sguardo con aria interrogativa mentre ripreparava un nuovo ago e May cercò di non guardare- è vero, non ci stiamo simpaticissimi, ma di certo non a tal punto da scannarci vivi in questo modo. Qualcosa si è impossessato della mia mente, abbiamo perso il controllo e quelle donne...- si rese conto di star parlando troppo e si ridimenzionò- Ci siamo guardati negli occhi e abbiamo iniziato a combattere. Io ho iniziato a combattere, senza motivo- Poi le ritornarono in mente le parole della terza- Vendicarsi del torto...

Dalia, invece di fare domande, fece un cenno d'assenso e sorrise. May ne rimase meravigliata- Piuttosto, non dovreste preoccuparvi di me, è decisamente Alan quello messo peggio. Non riusciva a reggersi in piedi...

-Alan sta venendo medicato proprio qui accanto in questo preciso momento- Dalia indicò la parete confinante con la stanza accanto- Non dovete vedervi. Robin ha detto che fin che non ne capiranno il motivo, dovrete stare separati.

Aveva ragione, sarebbe bastato un semplice incrocio di sguardi. Poi le venne in mente una cosa che forse avrebbe alleviato i sensi di colpa- forse mi sbaglio, ma i gaiardiani non dovrebbero guarire da soli? Alan è un gaiardiano, quindi...

Dalia ci pensò per alcuni secondi, poi rispose-Allora è vero che sai più di quello che vuoi far credere.- La guardò con aria colpevole e accennò ad un sì, anche se faticava ad ammetterlo, e lei continuò- Il problema è che non sappiamo come avrebbe reagito il suo corpo a ferite così profonde e non potevamo permetterci di aspettare che rimarginassero da sole...- Il senso di colpa lacerò ancora di più May, le ferite di Alan continuavano a schermarle la mente. Se solo non gli avesse dato la mano... Appena l'aveva stretta qualcosa era scattato dentro di lei, esattamente con il bacio di suo padre aveva dato il via alle visioni. Tutte quelle immagini le erano scivolate davanti troppo velocemente perché le avesse potute comprendere.

Grazie al rimorso, le ferite facevano male il triplo. Guardò fuori, il sole era ancora alto, mancavano almeno una o due ore al tramonto. Le saltò agli occhi quel bosco dietro al castello e non poté fare a meno di domandare-Che cos'ha di tanto male quel bosco? - indirizzò il braccio verso di esso: effettivamente aveva dei lineamenti piuttosto cupi e loschi, gli alberi erano talmente fitti che probabilmente all'interno sembrava notte sempre. Quasi un bosco infestato da forze maligne. Scacciò via quel pensiero: aveva smesso a otto anni di credere ai fantasmi, anche se, effettivamente, dopo tutto quello che era venuta a sapere non era del tutto scontato...

-Quel posto è l'inferno dove prima o poi tutti noi dannati finiremo...- Dalia si asciugò il sudore con la mano- Non auguro a nessuno di finirci anche se tanto ci verremo spediti ugualmente. E a chi non è destinato a finirci, consiglierei di non addentrarsici mai.

May continuò a fissare gli alberi, non aveva compreso appieno le parole di Dalia. Cosa poteva esserci dentro di tanto oscuro da renderlo un inferno? E poi la parola che aveva utilizzato... i dannati la riportavano all'inferno dantesco dove lasciava ogni speranza chi entrava perché sapeva che non ne sarebbe mai uscito. Anche per quel bosco era così?

Quando distolse lo sguardo dalla finestra, May vide Dalia congiungere le mani sulle sue ferite- Ma non avevi detto che la cucitura serviva per vitare infezioni?- Si guardò le ferite con ribrezzo: Anche se il sangue si era bloccato, la zona era ancora livida e il filo aveva lasciato dei segni rossi.

-In realtà su alcune l'infezione era già presente. Nonostante la tua pelle debba curarsi da sola, o almeno secondo la leggenda... non credo che tu abbia mai subito dei tagli così profondi- May fece cenno di no: da bambina era sempre stata piuttosto spericolata. Si procurava spesso enormi lividi e sbucciature che guarivano miracolosamente. Effettivamente non si era mai beccata l'influenza o solo il raffreddore. Che lei ricordasse, durante la sua infanzia non si era mai ammalata seriamente e tutte le ferite, seppur superficiali, erano sempre guarite velocemente. Troppo velocemente. Mentre i suoi coetanei erano tutti a casa per l'epidemia della varicella, lei era fuori a giocare come nulla fosse.

Infatti, Dalia aveva ragione, non era abituata a stare in condizioni simili.

-Tranquilla, tra neanche un quarto d'ora i segni dei fili saranno scomparsi- La donna congiunse le mani sul braccio di May, emanavano un calore che trovò rincuorante. La donna chiuse gli occhi e immaginò la figura della ragazza nella mente. Vide prima una luce bianca contornarle il corpo, poi l'aura. Era, in prossimità della ferite, di un colore scuro e grigio. Si concentrò e immaginò un bel colore brillante invadere quella tinta fredda. Le mani sprigionarono una calda luce verde non accecante, che piano piano si affievolì fino a scomparire. Dopo che Dalia levò le mani, il corpo di May rimase ancora per qualche minuto intriso di quel calore. Quando si guardò, rimase sbalordita: il rossore era sparito, così come i lividi.

- è assolutamente fantastico, come ci sei riuscita?- Mosse il braccio per evitare di far atrofizzare i muscoli.

-Ho utilizzato una particolare miscela di essenze vegetali per le infezioni. Viene chiamato guaritore, chi come me ha la capacità di utilizzare il proprio elementale a scopo medico. Noi ringraziamo sempre il nostro elementale per questo, è un dono.- Iniziò a fasciarle il braccio- Ogni uno di noi viene scelto dal proprio elementale, mezzosangue o gaiardiano che sia, e sta a noi accettarlo, che ci piaccia o pure no. Ma per te è diverso, tu sei stata scelta proprio dalla luce, ciò che rende possibile l'esistenza, i mondi...- Dalia smise di parlare, imbarazzata- Forse sto esagerando, è probabile che tu non ti senta particolarmente Lei, vero? Ti avranno che devi dimostrare...

-Di essere stata scelta dalla luce? Si, so tutto...- May era un po' stufa di tutte queste prove, insomma, aveva fatto sparire uno scheletro intero di dinosauro! Non bastava come prova? Per un momento si era sentita importante, Dalia l'aveva descritta quasi come una salvatrice e questo era un po' insolito e differente dal solito "stramba della scuola" come veniva definita. Doveva abituarcisi, neanche sapeva se ce l'avrebbe fatta.

Dalia provò a riutilizzare la macchina. I suoi occhi non si posarono su nessuna delle ferite rappresentate. Poi spense la macchina e sussurrò piano- Ferita spontanea...

-Ferita spontanea?

-May... sei sicura che queste ferite te le abbia procurate Alan?- la donna aveva congiunto ancora le mani sul suo braccio con fare concentrato. Lei non seppe rispondere- La tua pelle è, come dire... sembra quasi che volontariamente si sia lacerata per quelle ferite. È come se si ferisse da sola, senza che nessuno la solleciti, i tessuti si rovinano da soli... La definirei quasi autolesionista. 

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