WAITING IN YOUR BED
NOTA IMPORTANTE: dopo aver pubblicato i primi capitoli, mi sono resa conto che non solo questa storia non era conclusa, ma che ho scritto due one-shot scollegate dalla storia precedente. Si tratta di questo capitolo e del successivo. Ve le lascio qui qualora vi andasse di leggerle.
John stava indugiando sulla porta, osservando Sherlock che probabilmente non lo aveva neanche notato.
<<Io sto andando>>cercó di fargli notare, forse sperando in un gesto di saluto. Il consulente investigativo non rispose.
John alzò le spalle, ci aveva ormai fatto l'abitudine, e varcò la soglia.
Stava per scendere il primo gradino, quando un rumore, o meglio, un gemito, fastidiosamente familiare risuonó nell'appartamento alle sue spalle. Si girò giusto in tempo per cogliere il detective che afferrava il telefonino.
<<Lo sapevo!>>
<<Cos'è che sapevi, John?>>domandò incuriosito Sherlock, alzando lo sguardo dal cellulare e spostandolo su John che stava rientrando.
<<Che eri ancora in contatto con Irene Adler.>>
L'amico sollevò un sopracciglio, perplesso.
<<Certo che lo sapevi, è anche venuta qui.>>
<<È venuta qui per presentarci un altro caso, e quel caso lo hai risolto>>ribattè John, facendo sorgere un sorriso sulle labbra del suo interlocutore.
<<Sembri quasi geloso, John. E pensare che tu, Mycroft e George volevate che mi facessi degli amici.>>
<<Greg>>lo corresse il dottore, esasperato. <<Perché devi sempre sbagliare il nome di proposito? Anzi, lascia stare. È solo che è strano, pensarti con una ragazza.>>
L'altro assunse un'espressione corrucciata.
<<Non è la mia ragazza>>rispose.
<<E poi>>proseguí John, come se non lo avesse sentito <<in realtà pensavo ti piacessero i ragazzi.>>
Sherlock alzò gli occhi al cielo.
<<È così importante?>>
<<No>>si affrettó a rispondere Watson, tornando verso la porta <<hai ragione, ci vediamo più tardi, ho lasciato Rosie da Molly.>>
Sherlock aprí la bocca, forse per salutare, ma la richiuse subito quando il suono inconfondibile di un messaggio spezzò il silenzio.
Fece per allungare la mano verso il telefono ma, stranamente, il dottore fu più veloce e se ne impossessò.
<<Non è affatto carino leggere i messaggi altrui.>>osservó Sherlock, poggiando la testa sullo schienale della poltrona, come se si fosse rassegnato. <<Comunque non sai la password.>>
<<Tu lo fai sempre>>obbiettò John. <<In anni di convivenza con te qualcosa l'ho imparato anche io>>aggiunse, sbloccando il telefono.
Fissò lo schermo con gli occhi spalancati, mentre Sherlock sospirava. John gli piazzó il telefono davanti al viso. C'erano tre messaggi da parte della donna :
Ti sto aspettando nel tuo letto.
Nuda.
Sbrigati, sto diventando impaziente.
<<Quindi questa non sarebbe la tua ragazza?>>domandò John, non riuscendo a trattenere un sorriso incredulo.
<<No>>rispose tranquillamente Sherlock.
<<Però ci fai sesso.>>
<<No>>questa volta accompagnò la risposta scuotendo leggermente la testa.
John lo imitò, però sorridendo, come se non riuscisse a credere alla piega che aveva preso quella bizzarra conversazione.
<<Quindi lei non è di lá, nel tuo letto, nuda?>>
<<Sí, lo è>>fu la placida risposta di Sherlock, forse un po' annoiato dal dover sottolineare l'ovvio.
<<Per una volta, ciò che stai dicendo non ha alcun senso>>osservó John, quasi compiaciuto.
<<Sto facendo sesso con lei?>>domandó Sherlock, come se stesse parlando a un bambino che non riusciva a comprendere le sue parole.
<<Non lo stai facendo ora>>precisò John, calcando la voce sull'ultima parola <<perché stai parlando con me e sarebbe davvero sconveniente se...Lasciamo stare, questa conversazione sta diventando veramente imbarazzante. In realtà non capisco perché non vuoi dirmi che è la tua ragazza.>>
<<Perché non lo è>>sbottò Sherlock, a voce alta, esasperato.
<<Allora c'è un'altra cosa che non capisco>>proseguí il dottore, mentre il coinquilino alzava gli occhi al cielo. <<Perché diamine non lo è? Lei è innamorata di te, tu sei palesemente innamorato di lei, quindi perché non...>>
<<Io non sono innamorato di lei>>lo interruppe il detective, con tono quasi disgustato.
John alzò un sopracciglio, imitando la sua espressione di poco prima. <<E da cosa l'avresti dedotto? Perché mi dispiace informarti, che questo campo non è proprio il tuo forte.>>
Sherlock sospirò, mentre il telefono annunciava un altro messaggio.
<<Perché so riconoscere i segni dell'innamoramento nelle altre persone>>spiegò, come se fosse la cosa più ovvia del mondo. <<Non solo nel linguaggio del corpo, sebbene sia molto utile, ma anche nelle frasi, nel modo in cui si atteggiano e, applicandole su di me, ho riscontrato con sicurezza di non essere affatto innamorato di Irene Adler.>>
<<Come se tu potessi paragonarti alla gente comune>>borbottò John.
Sherlock sorrise : <<è un insulto o un complimento?>>
Il dottore scrollò le spalle. <<Probabilmente entrambe le cose.>>
<<In ogni caso, per mettere le cose in chiaro, non ci vado a letto, non è la mia ragazza e non sono innamorato di lei.>>
John annuí e, per l'ennesima volta quel giorno, tentò di uscire.
Proprio mentre stava per farlo, una consapevolezza si fece strada tra i suoi pensieri, come uno schiaffo improvviso, e girò sui tacchi.
<<Di lei>>ripetè, con un enorme sorriso stampato in volto, come se avesse appena scoperto l'origine dell'universo. <<Stai sottintendendo che potresti essere innamorato di qualcun altro?>>
<<Forse>>mormorò il detective, spostando lo sguardo verso la parete.
<<Di chi?>>volle subito sapere John, avvicinandosi.
<<Poi ti lamenti del fatto che non hai privacy>>grugní Sherlock, senza guardarlo.
<<Se volevi della privacy avresti dovuto pensarci prima di esaminare tutto il mio armadio, il mio telefono e il mio computer>>replicò Watson, fremente di conoscere la verità.
<<Siamo amici>>gli fece notare. <<Gli amici si dicono queste cose, Sherlock. Me lo dici o no?>>
<<No>>rispose semplicemente lui, riportando gli occhi azzurri sul viso del dottore. <<Non vedo perchè dovrei.>>
John mise su un'espressione offesa, simile a quella che compariva spesso sul volto di Sherlock quando lui diceva qualcosa che lo infastidiva.
<<Come vuoi>>taglió corto. <<C'è Irene di lá che ti aspetta. Sta diventando impaziente>>concluse, acido ed esageratamente offeso.
<<Di te>> mugugnó il detective, prima che l'altro potesse andarsene, rivolgendosi allo smile sul muro.
<<Come?>>
<<Sonoinnamoratodite>>ripetè, continuando a studiare la parete come se non avesse mai visto nulla di più affascinante, e così velocemente e a bassa voce che John non era certo lo avesse detto sul serio.
<<Sono innamorato di te>>disse per l'ennesima volta, questa volta con tono chiaro e limpido, ad alta voce, con gli occhi azzurri puntati contro il volto del dottore, sconcertato.
<<Non credo di aver capito bene>>buttó fuori lui, in un sussurro.
Sherlock aveva improvvisamente voglia di vomitare. A quanto pare essere innamorati faceva veramente schifo.
<<Hai capito benissimo. Non serve mettere su quell'espressione sbigottita, John, è chiaro che hai fatto tutto questo teatrino solo perché volevi che lo ammettessi. Ora l'ho detto. Contento?>>
<<Ma io non...>>John sembrava a corto di parole. <<Non ne sapevo niente. Non stavo cercando di metterti in una posizione scomoda...davvero, non ...>>
<<Sembri sincero>>lo interruppe Sherlock, la fronte corrucciata mentre lo scrutava. <<Lo avrai fatto inconsciamente, allora. Comunque, Molly ti sta aspettando.>>
<<Sei innamorato di me>>ripetè John, come in trance, incredulo.
<<Pensavo lo avessimo messo in chiaro>>rispose Sherlock, esasperato, alzandosi di scatto e afferrando il violino con un gesto seccato. Mosse l'archetto, tentando di riprodurre una melodia di Bach che aveva suonato talmente tante volte da non dover neanche concentrarsi, ma si ritrovò a sbagliare dopo appena due note e il violino emise un verso stridulo. Lo mise giú.
<<Ho la nausea>>mormorò, con la voce strozzata, proprio mentre John, con un filo di voce, ripeteva : <<sei innamorato di me.>>
<<Smettila di ripeterlo>>urlò Sherlock all'improvviso, portandosi le mani alle tempie e voltandosi verso di lui, affannato e con gli occhi lucidi.
John gli fu davanti in un attimo.
<<Sherlock>>lo chiamò, preoccupato. Gli prese le mani e le allontanò dalla testa, stringendole fra le sue. <<Sherlock, va tutto bene, tutto bene. Respira, tranquillo, respira.>> Nonostante le sue parole, il detective mantenne gli occhi serrati, il respiro irregolare e il battito accelerato. Per la prima volta dopo Sherrinford, sembrava completamente fuori di sé.
<<Va tutto bene>>ritentò il dottore, con lentezza, a bassa voce. <<Inspira ed espira, avanti. È solo ansia, Sherlock, va tutto bene. Apri gli occhi, guardami.>> Lui fece come gli diceva, aprí gli occhi e John li trovò lucidi. <<Bene cosí, ora respira.>> Inspirò ed espirò, e il detective lo imitò, tentando di regolarizzare il proprio respiro.
Ci mise un minuto intero prima di riuscire più o meno a calmarsi, sebbene John avvertisse ancora un leggero tremito nelle sue mani.
<<Hey, Sherlock, va tutto bene>>tentò di rassicurarlo, abbracciandolo.
Lui non gli strinse le braccia intorno al corpo, ma gli si abbandonò letteralmente addosso, posando la testa sulla sua spalla.
<<Mi dispiace>>mormorò dopo un po', ritirandosi su e lisciandosi la giacca con le mani. <<Non so cosa mi sia preso.>>
<<Solo un attacco d'ansia>>minimizzò John, passandosi una mano tra i capelli, un gesto nervoso e involontario.
<<Sherlock! Sbrigati!>>
La voce di Irene, maliziosa, impaziente e anche un po' scocciata li interruppe.
<<Arrivo>>rispose Sherlock, incerto, continuando a guardare John.
<<Non ho ancora capito cosa ci fa di lá e come ho fatto a non accorgermi che fosse entrata.>>
<<Io ho solo aperto la porta>>si giustificò Sherlock. <<Ti lamenti sempre che devi farlo tu.>>
<<Ti prego, mandala via>> lo supplicò. <<È imbarazzante>>soggiunse, riportando la mano tra i capelli. Poi notò la mano del consulente investigativo muoversi freneticamente nella tasca e spalancò gli occhi, basito. <<Ci stai messaggiando?!>>
<<No.>> Sherlock tirò fuori il telefono e continuó a scrivere velocemente. <<Sto prendendo appunti.>> Notando che John sembrava confuso, tentò di essere più chiaro : <<mi è venuto in mente che la maggiorparte della gente non ha idea di come distinguere i vari tipi di carta, e può essere veramente importante, dovrei aggiornare il sito.>>
<<E ti è venuto in mente ora?>>
Si strinse nelle spalle, continuando a scrivere. <<Sí.>>
<<Sei incredibile>>osservò John.
Sherlock sollevò un angolo della bocca, accennando un sorriso. <<Non suonava molto come un complimento.>>
John non riusciva a capire se volesse solo cambiare argomento o se avesse già completamente rimosso ciò che era successo giusto qualche attimo prima.
<<Aspetta>>lo studiò, gli occhi ridotti a due fessure. <<C'è già questa cosa sul tuo sito.>>
<<Pensavo non leggessi il mio sito.>>
John scrollò le spalle. <<Gli do un'occhiata di tanto in tanto.>>
Allungò una mano e sfilò il telefono dalle dita affusolate di Sherlock.
<<Gli effetti dell'innamoramento sul soggetto interessato e la relativa reazione>>lesse ad alta voce. <<Sul serio? Stai prendendo appunti su questo?>>
<<Lo hai detto tu che non è il mio campo>>obiettò Sherlock, recuperando il telefono.
<<Vero>>ammise John. <<Ma questo non significa che devi prendere appunti. Non deve essere così...razionale.>>
<<Okay>>annuí Sherlock. <<Però prima : credi sia molto diverso se l'amico di cui sei innamorato è solo un amico o se è un coinquilino?>>
<<Sherlock! Lascia quel cellulare.>>
Lui lo mise giú, sbuffando, ma prima che John potesse aggiungere qualunque altra cosa si affrettò a mettere in chiaro : <<so che mi vedi solo come un amico e che non sei gay, quindi per favore, mettiamoci questa storia alle spalle. Tra l'altro senza la tua poltrona...>>
<<Vedi meglio la cucina>>concluse il dottore. <<Ma mi dispiace informarti, che non ho nessuna intenzione di trasferirmi. Quando si parla di queste cose le tue deduzioni sono davvero pessime.>> Sembrava quasi compiaciuto, prima di sporgersi verso Sherlock e posare le proprie labbra sulle sue. Il detective rimase immobile, gli occhi spalancati, per quella che sembró un'eternitá. Poi mosse le labbra, lentamente, prendendo il volto di John tra le mani e ricambiò il bacio.
<<Non baci poi così male, per essere senza esperienza>>mormorò John, con un sorriso.
Sherlock scrollò le spalle. <<Mi è capitato di baciare gente per lavoro.>>
Avevano appena ripreso a baciarsi, quando qualcuno si schiarí la voce, accompagnata dallo schiocco di un frustino.
<<A meno che non vogliate fare una cosa a tre>>esordí Irene, in piedi sulla soglia <<credo sia il caso che io me ne vada.>>
Sherlock spostò lo sguardo dal coinquilino alla donna, confuso.
Poi comprese improvvisamente la proposta e si affrettò ad aprire la porta, in un muto invito a uscire che fu subito accolto da Irene, sebbene sembrasse delusa.
Sherlock tornò verso la poltrona, abbandonandocisi sopra con un sospiro. John si avvicinò, incerto. Sherlock lo prese per un polso e lo tirò verso di lui. A quanto pare, pur intimidito, le sue "manie da mitomane", come le definiva Greg, lo portavano comunque a fare il primo passo. John per poco non gli cadde addosso, e lo avrebbe baciato di nuovo, se non avesse notato una cosa.
<<Stai ancora prendendo appunti con il telefono dietro la schiena!>>
Fece per toglierglielo di mano, ma perse l'equilibrio e questa volta gli cadde davvero addosso.
Sherlock abbandonò il telefono e lo baciò di nuovo, mordicchiandogli il labbro inferiore.
<<Ti amo>>mormorò tra un bacio e l'altro.
<<Anche io>>rispose John, in un sussurro, passandogli le mani tra i ricci.
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