37. Sfuggente vita

Maya

Bum, bum, bum.

Quella calda notte di maggio, mi svegliai nel cuore della notte. Il mio respiro era affannato, i miei palmi tremendamente sudati.

Bum, bum, bum.

Il rumore fastidioso del mio battito cardiaco risuonava nelle mie orecchie come un'incessabile melodia.

Me li tappai, strizzando gli occhi e facendo dei respiri profondi.

Non di nuovo, non ancora.

Ogni volta che un attacco di panico mi veniva all'improvviso, mi sentivo sempre più stanca, sempre più sola, sempre più pazza.

Bum, bum, bum.

Mi alzai dal letto, reggendomi ad esso e deglutendo ripetutamente. Feci un altro profondo respiro e mi diressi in cucina, intenta a prendere un bicchiere d'acqua. Mi fermai prima di scendere le scale, a causa di un giramento di testa improvviso che mi fece perdere l'equilibrio. Chiusi gli occhi e mi aggrappai alla ringhiera, mordicchiando il labbro.

Forza, Maya.

Scesi un gradino, tenendo la mano ben salda sulla ringhiera. Così - a passo di lumaca e con le gambe leggermente molli - mi diressi in cucina, il corpo percosso dai brividi di freddo, le mani tremanti e il collo sudato. Aprii il frigo e riempii il bicchiere, portandolo alla bocca con fatica. Lo portai giù in sorso, asciugandomi il labbro con il polso e osservando il telefono posato sul banco.

Avevo bisogno di una distrazione. E come se il mio cervello mi avesse detto – in quel momento assurdo di panico – di portare il telefono con me. Lo presi tra le mani e senza pensarci, andai in rubrica, cliccando sul numero di Jamie. Lo portai all'orecchio, sentendo gli squilli. Erano le cinque del mattino, non ero sicura che mi avrebbe risposto... ma volevo fare un tentativo. Avevo bisogno di sentirlo.

«Pronto?» la sua voce era assonnata, come se stesse farfugliando qualcosa.

Mi aggrappai alla cucina, facendo un profondo respiro. «Ehi, ti disturbo?» dissi, con voce tremante.

«No, stavo dormendo ma non importa. Come mai mi hai chiamato a quest'ora? Tutto bene?» chiese, con voce più sveglia rispetto alla risposta precedente.

Scossi la testa, passandomi la lingua tra le labbra per inumidirle. «No io... credo di avere un attacco di panico e... mi sta scoppiando il petto.» sussurrai con voce rotta.

Sentii un rumore sordo, ma non ci badai troppo. Ero concentrata sulla mia salute fisica e mentale, soprattutto sulla seconda. «Cristo! Vuoi... vuoi che venga lì da te? Ci metto due secondi, lo giuro.» disse velocemente, con voce preoccupata.

Scossi di nuovo la testa, mordicchiando il labbro. «No, non voglio farti uscire di casa così presto. Solo che... beh, volevo sentirti. Riesci a tranquillizzarmi.»

Rimase in silenzio per un po', per poi sospirare. «Maya, io non posso stare tranquillo sapendo che quando chiuderò, probabilmente rimarrai da sola con i tuoi demoni.»

Sorrisi leggermente, sentendo piano piano la saliva sotto la lingua. Mi stavo riprendendo, con calma. «Adesso... credo di andare da Jace e dormire con lui. Sa sempre come farmi calmare.» dissi con voce impastata.

«Hai dormito?» mi chiese, facendo un profondo respiro.

«Sì, ero... beh, stavo dormendo. Mi è venuto nel sonno. Credo a causa di un incubo, non ne ho idea.» mormorai.

Rimase in silenzio per qualche secondo, per poi schioccare la lingua sul palato. «Non ricordi il sogno?» domandò serio.

Scossi il capo, facendo un profondo respiro.

Inspira.

Espira.

Inspira.

Espira.

Era questa, la regola.

«No, io non... Jamie, tu credi che io sia pazza?» chiesi a bassa voce.

«Non lo pensare neanche. Tu sei fantastica, Maya. Questa tua stranezza, questo tuo problema... ti rende unica.» sussurrò.

«Jam... ti amo.» risposi, sorridendo leggermente e lasciando cadere una lacrima. Mi sentivo vulnerabile, debole. Ma Jamie... lui mi faceva sentire la persona più potente al mondo. Lui mi faceva sentire viva.

«Ehi, ti amo anch'io, piccola Maya. Ricordalo, sempre.» disse con dolcezza.

Chiusi gli occhi, asciugando un'altra lacrima e annuendo. «Sì, lo ricorderò sempre. Adesso ti lascio dormire, d'accordo? Ci vediamo tra poco a scuola.»

«A tra poco, amore.»

Mi asciugai il viso e mi diressi al piano di sopra, bussando nella camera di Jace. L'attacco mi era passato, ma non avevo voglia di dormire da sola. Attesi, muovendo la gamba freneticamente, fin quando non sentii un "avanti" sommesso uscire dalla bocca di mio fratello. Aprii la porta e lo guardai, mentre mi osservava con un occhio aperto e uno chiuso.

«Ehi, è successo qualcosa?» mi chiese preoccupato.

Scossi la testa, tirando su con il naso. «No, io voglio solo... dormire con te. Posso?» chiesi.

Allungò una mano verso il mio viso, passando il pollice sulla guancia sinistra. «Tesoro... hai pianto. Hai litigato con Jamie?» domandò, facendomi spazio per entrare in camera.

Sospirai, mettendomi sotto le coperte e mordicchiando il labbro. «No. Jace... se ti confido una cosa prometti di non dirlo a mamma o a papà?» domandai titubante.

Si mise al mio fianco, alzando il lenzuolo a metà busto e circondando il mio corpo con il suo possente braccio. Ero a casa mia. «Certo. Lo sai che con me sei sempre al sicuro.» sussurrò, baciandomi la fronte.

Deglutii, appoggiandomi al suo petto. «Mi è venuto un attacco di panico. È il secondo, di recente. Uno mi è venuto qualche mese fa. Ho paura che stiano tornando di nuovo.» dissi, guardandolo sul viso attraverso la luce riflessa della luna.

Jace sospirò, accarezzandomi una spalla. «Tesoro mio, lo sai che puoi superarli senza bisogno della terapia. Ti ricordi che ti cantavo sempre una canzone per tranquillizzarti dopo i tuoi attacchi?» chiese.

Annuii, sorridendo appena. «Lo ricordo. Era una canzone davvero ridicola ma la tua voce mi calmava meglio degli ansiolitici.» dissi ridendo.

Lui rise, accarezzandomi i capelli. «Sì, esatto. Com'è che faceva? The wheels on the bus go round and round...»

Scoppiai a ridere, chiudendo gli occhi. «No, per favore... è ridicola. Mi sento una bambina...» dissi divertita.

«Tu sei una bambina, amore.» rispose, baciandomi la fronte. «Ogni volta che questo bastardo ritorna, vieni da me. Giuro che non ti canterò la canzoncina, ma userò il mio corpo come spada per proteggerti da ogni male. Perché quello che ti ferisce, lo fa anche con me. Saremo forti in due, sempre.»

Sorrisi e mi appoggiai al suo petto, chiudendo gli occhi. Mio fratello era tutta la mia vita per me, ero davvero fiera di lui. Jace era la mia forza. E – quella promessa fatta nel suo letto nel cuore della notte – l'avrebbe mantenuta nel bene e nel male.

Il male...

Era lì, alle porte. E io non ne ero ancora consapevole.

Quella mattina a scuola c'era un gran chiasso. Pare che un senior avesse fatto a botte con un junior, causando così scompiglio e rivalità tra i due corsi che – come sempre – cercavano un appiglio per discutere e darsele di santa ragione. Arricciai il naso, cercando di raggiungere il mio armadietto evitando di passare in mezzo alla folla. Ma la cosa sembrava alquanto impossibile, visto che la massa occupava quasi tutta la porta d'ingresso. Feci un enorme sbuffo e sospirai, notando Justin raggiungermi in lontananza.

«Buongiorno, Maya!» esclamò.

Erano passati diversi mesi da quella festa a casa di Jamie, il nostro rapporto era normale. Niente amicizia, niente abbracci, sorrisi o dialoghi lunghi e profondi. Solo saluti di circostanza, chiacchere veloci e aggiornamenti circa la condizione di suo padre. Onestamente, mi andava bene così.

Il nostro gruppo – invece – era sempre più solido. Io e Jamie eravamo una coppia stabile e anche il resto dei ragazzi sembrava esserlo. Clara e Alex avevano addirittura ufficializzato le cose, lui era andato a cena dai suoi e si era fatto amare come solo lui sapeva fare. Chloe e Archie, invece, erano più affiatati che mai. Li vedevo sempre in sintonia e il mio migliore amico sembrava un'altra persona da quando – con immensa sorpresa – era riuscito a conquistarla. Anche Jason e Hailey facevano scintille, insieme. Avevano i loro alti e bassi, ma rimanevano comunque la mia coppia preferita di tutta la comitiva.

«Oh, buongiorno.» dissi pensierosa, «cosa succede? Non riesco ad entrare a scuola.» mormorai.

Justin alzò le spalle, ridacchiando. «Pare che Luke abbia fregato la ragazza a James. Lasciali stare, due pugni in croce e si calmano in fretta.» borbottò, ruotando gli occhi.

Mordicchiai il labbro, notando Jason che si sbracciava per farsi notare. Feci un cenno con la nuca e guardai Justin, sospirando. «Bene. Io vado, ci si becca in giro.» borbottai, raggiungendo il mio amico.

Mi parai di fronte a lui, guardando la rissa di massa e aggrottando la fronte. «Voi senior siete dei grandissimi pezzi di merda!» urlò un ragazzo biondo.

Jason sbuffò, scuotendo la testa. «Sempre la stessa storia. Battaglie inutili per motivi futili e senza alcun senso. Un eterna lotta senza vincitori o vinti.» borbottò, andando verso il corridoio. Lo seguii, in silenzio, continuando a guardarmi intorno. «Cerchi qualcuno?» mi chiese.

In quegli ultimi tempi, il mio rapporto con Jason era diventato parecchio stretto. Sentivo di avere un ottimo confidente, una grande spalla su cui piangere nei momenti di sconforto e dell'enormi braccia dove affondare nei momenti di gioia. «Sì, il mio ragazzo. Dov'è?» chiesi perplessa.

Jason sospirò, appoggiandosi al mio armadietto. «Aveva da fare con il professore di scienze. Mi aveva raccontato che stamattina hai avuto un attacco, quindi ero in pensiero. Per questo sono venuto fino all'ingresso, volevo assicurarmi che tu stessi bene.» ammise, sorridendomi.

Sorrisi anche io, affondando tra le sue braccia e stringendolo con dolcezza. «Tu sei il mio gigante buono!» esclamai.

E lo era davvero. Peccato che – da lì a qualche ora – la vita mi avrebbe di nuovo colpita con la sua imprevedibilità, facendomi perdere la stima nei confronti di Jason.

Ah, maledetta, beffarda e sfuggente vita!

Crediamo di saperla vivere e poi... beh, poi ci rendiamo conto che in realtà, non abbiamo mai saputo fare niente.

Quel soleggiato pomeriggio di maggio, io e Jamie ci stavamo concedendo un momento tutto per noi. Ero sdraiata al suo fianco, appoggiata al suo petto, mentre insieme guardavamo la Casa di Carta. L'avevamo iniziata mesi fa, ma – per un motivo o per un altro – eravamo ancora a metà della seconda stagione.

In quei pochi mesi erano successe tantissime cose: le nostre famiglie avevano legato parecchio, e Becky aveva imparato a camminare. Nonostante passassimo più tempo insieme rispetto ai primi mesi, stare da soli sembrava un miraggio. Tra lo studio, la famiglia e gli amici, quella volta in cui io dormivo da lui o viceversa, arrivavamo così stanchi da non avere nemmeno voglia di rimanere svegli.

In quel momento, infatti, mi sentivo in pace. Era una sensazione rara e me la stavo godendo tutta. Ci eravamo concessi un pomeriggio intero tutto per noi e – a meno che non ci fossero state emergenze particolari – avevamo intenzione di poterlo a termine senza intoppi.

Ma l'emergenza arrivò circa dieci minuti dopo, con lo squillo del mio telefono. Sospirai e allungai il braccio verso il comodino, notando il nome della mia migliore amica lampeggiare sullo schermo. Era raro che mi chiamasse, soprattutto se era a conoscenza del fatto che io Jamie avessimo deciso di staccare un po' da tutto il resto. Per quello, la sua chiamata, mi fece accigliare notevolmente. Premetti sul tastino verde e risposi, portandolo all'orecchio.

«Hailey, tesoro, dimmi!» esclamai. Sentii le labbra di Jamie baciarmi la spalla nuda, si era messo seduto dietro di me, intento a capire cosa stesse succedendo. Gli sorrisi e gli presi la mano, attendendo risposta.

Con mia somma sorpresa – dall'altra parte – sentii un lamento sommesso. Mi irrigidì, corrugando ancora di più la fronte. «Puoi... puoi venire? Ti prego, ho bisogno di te.» disse a fatica.

Diventai seria, annuendo. «Dammi dieci minuti.» risposi, riattaccando. Acchiappai la mia maglietta, passandomi una mano sul viso. Jamie prese la sua, guardandomi curioso e mordicchiando il labbro.

«Vai già via?» mi chiese, stranito.

«Stava piangendo. Ti converrebbe passare da Jas, magari è successo qualcosa.» spiegai velocemente.

Jamie sospirò, mettendo la maglia. «Andiamo, ti do uno strappo.» borbottò.

Scendemmo di sotto, notando Emila intenta a trafficare in cucina. Mi sorrise dolcemente, guardandomi con la sua solita tenerezza. «Tesoro! Resti a dormire? Non sapevo fossi qui!» mi chiese allegra.

La baciai sulla guancia, notando Becky che ci raggiungeva con i suoi passetti sconnessi. «Lala! Memi!» era il suo modo di chiamarci, Maya e Jamie evidentemente le risultava ancora troppo complicato.

Mi abbassai, baciandole la fronte. «Ciao, amore mio.» dissi con dolcezza, per poi rimettermi su. «Non lo so se dopo torno, devo andare da Hailey. Stava piangendo.» spiegai, inzuppando il dito nell'impasto crudo della torta.

Emilia mi guardò male, scuotendo la testa. «Guarda che ti fa male! È ancora crudo!» esclamò, sbuffando.

Risi, abbracciandola da dietro e stampandole un altro bacio sulla guancia. «Ma è comunque buonissimo! Ci vediamo dopo, nel caso non dovessi tornare, salutami Adam e digli che mi deve ancora una partita a scacchi.» replicai, prendendo la borsa.

«A dopo, mamma.» mormorò Jamie, acchiappando le chiavi della macchina.

Arrivammo a casa di Hailey in quindici minuti esatti. Mi voltai verso il ragazzo e lo baciai velocemente sulle labbra, sorridendo appena. «Ti chiamo appena ho finito.» dissi, accarezzandogli la guancia.

Annuii, dandomi un altro bacio. «Speriamo nulla di grave. Io vado da Jas, così se è successo qualcosa tra di loro cercheremo di risolverla.»

«Certo! A dopo.» risposi, prendendo la borsa e uscendo dalla macchina. Percorsi il giardino e suonai alla porta, venendo accolta da una Hailey completamente devastata. Probabilmente era da sola in casa, perché altrimenti non sarebbe mai stata lì in presenza dei suoi genitori, si sarebbe rinchiusa in camera. Entrai e chiusi la porta, mentre lei si fiondò tra le mie braccia e cominciò a singhiozzare, stringendomi con forza. Rimasi pietrificata all'ingresso, senza muovere un muscolo. Vedere la mia migliore amica ridotta in quelle condizioni mi faceva sentire impotente. Le accarezzai la schiena e sospirai, scuotendo la testa.

«Ehi, facciamo così. Ti bevi un bel bicchierone di acqua fresca e poi con calma mi spieghi ogni cosa, d'accordo?»

La ragazza annuì, andando verso la cucina. Le preparai il bicchiere con l'acqua, che lei tracannò in un sorso solo. «Io e Jason ci siamo mollati.» raccontò di colpo, dopo essersi calmata un pochino.

Spalancai gli occhi, incredula da quanto udito. «Come? E perché? Andava tutto bene, no?» chiesi sorpresa.

Hailey chiuse gli occhi, lasciando cadere una lacrima. «Lo credevo anche io, ma mi sono resa conto che i maschi sono solo dei bastardi. Da oggi in poi, punto solo sulle ragazze.» rispose con voce tremante. Era rabbia, era fuoco. Sembrava delusa e ferita nel profondo. In tutti quegli anni di amicizia non l'avevo mai vista in quel modo.

Mordicchiai il labbro, guardandola con aria dispiaciuta. «Cosa è successo? Ti va di parlarne?» chiesi.

Lei annuì, facendo un profondo respiro per cercare di calmare i tremolii involontari del suo corpo. «Mi ha tradita.» rispose di getto.

Rimasi con il bicchiere dall'acqua a mezz'aria e spalancai la bocca, in una perfetta forma di stupore. «Quando l'ha fatto?»

Hailey si passò una mano sul viso, tirando su con il naso. «Stavamo giocando ad essere completamente sinceri l'una con l'altro, per ventiquattro ore. Lui mi ha confessato di essere andato a letto con Cindy, prima della festa di Justin, quella fatta ad inizio anno.» spiegò affranta.

Mi irrigidii, chiudendo gli occhi e stringendo i pugni. «Quella festa in cui Just ha baciato la tipa davanti ai miei occhi?» chiesi, per avere maggiori conferme.

La ragazza fece un cenno positivo con la testa. «Sì. ha avuto il coraggio di giustificarsi dicendo che non stavamo ancora insieme e che lui era in crisi. Ma io ho deciso di lasciarlo lo stesso. Non lo so, mi sento male ad averlo fatto... secondo te ho sbagliato?» sussurrò incerta.

Scossi la testa, stringendo le labbra in una linea dura. «Assolutamente no! Queste sono giustificazioni insensate che vengono usate solo per pararsi il culo. Non importa se niente era ufficiale, doveva portarti rispetto a prescindere! E in quei momenti che si vede quanto una persona tiene a te!» risposi nervosa. Mi sentivo un fuoco, se avessi avuto Jason davanti a me l'avrei preso a pugni fino a farlo stare male. Aveva toccato una cosa che non doveva nemmeno sfiorare: la mia migliore amica.

«Ma adesso io non so cosa fare, Maya! Credevo che lasciandolo mi sarei sentita meglio, invece sto anche peggio. Sono distrutta.» disse, piangendo di nuovo.

Sospirai, abbracciandola e facendola sfogare per bene, rimanendo in silenzio. «Ascolta, io adesso devo fare una commissione importante per mia madre. Tu mettiti a letto e dormi un po', d'accordo? Aspetto con te che prendi sonno e poi vado via.» sussurrai.

Lei sorrise, salendo in camera e tenendomi per mano. «Grazie, Maya. Non so cosa farei senza di te.» disse tristemente.

Hailey si era addormentata dopo mezz'ora circa, mentre mi raccontava di quanto fosse triste e di quanto si sentisse sola, dopo aver scoperto il casino combinato da Jason. Sgattaiolai dal letto e infilai le scarpe, senza fare rumore. Se lei si era limitata solo a lasciarlo, io di certo non avrei fatto solo quello. Toccava a me, urlargli contro per lo schifo che aveva fatto. Avevo detto alla mia migliore amica che dovevo fare una commissione con mia madre, perché di certo non mi avrebbe permesso di andare da lui. Ma nessuno poteva ferire chi amavo e uscirne illeso, per nessuna ragione al mondo. Ero pronta a reagire al suo posto, avere per lei la forza che le mancava a causa del suo dolore.

Feci quattro passi a piedi fino a casa sua. Fortunatamente non distava molto dall'abitazione di Hailey, così ne approfittai per andare senza il bisogno di chiamare Jamie. Mi fermai davanti alla porta di casa sua e bussai, venendo accolta dal mio fidanzato.

«Immaginavo saresti venuta. È tutto tuo, ma ti prego, non... inveire. È distrutto.» mormorò.

Assottigliai lo sguardo, intenta a voler portare a termine la mia idea iniziale. «Avrebbe dovuto pensarci prima, Jamie.» ringhiai.

Jamie si passò una mano sul viso, annuendo. «Sì, lo so. Ma è il mio migliore amico e...»

«A Hailey non ci pensi? È lei l'unica vittima di tutta la questione!» esclamai, rimanendo davanti alla porta.

Jamie alzò le spalle, facendo un respiro sconsolato. «Ma sì, fai come ti pare. Tanto non mi daresti retta comunque...» borbottò, facendomi passare.

Mi diressi a passo spedito in salone, trovandolo seduto sul divano in pelle che osservava davanti a sé con sguardo vacuo. Non appena mi notò, si alzò di scatto e fece un lieve sorriso sollevato. «Maya! Sei stata da lei, come...» non finì la frase, perché alzai il braccio e gli mollai un ceffone al centro della guancia sinistra, guardandolo con rabbia.

«Sei stato un stronzo. Fammi il favore, Jason. Esci dalla sua vita, non cercarla più, non parlarle più.» ringhiai.

La cosa che mi sorprese era che il ragazzo non si infuriò per la mia reazione, rimase immobile e abbassò lo sguardo, tirando su con il naso. «Mi dispiace. Io... ho fatto un casino madornale, me lo merito.» disse con voce tremante.

Chiusi gli occhi, sentendo un pugno al centro dello stomaco. Per quanto avesse sbagliato, era pur sempre un mio caro amico. Vederlo star male mi rendeva triste, ma non potevo chiudere un occhio. «Io mi chiedo, perché? Che necessità avevi, Jason?» chiesi nervosa.

Jason alzò lo sguardo rotto dal pianto, leccandosi le labbra per asciugare le lacrime copiose che le bagnavano. «Nessuna, e ne sto pagando le conseguenze.»

Scossi la testa, sospirando. «Dovevi solo parlarne con lei. Come hai potuto rimanere con il segreto per tutti questi mesi? Come hai fatto a dormirci la notte sapendo che l'avevi tradita?» chiesi delusa.

Jason si passò una mano sul viso, scuotendo la testa ripetutamente. «Lo so che ho sbagliato. Mi sento una merda anch'io e non pretendo né il perdono da lei, né la comprensione da te. Voglio solo che... Hailey stia bene. Voglio solo vederla felice.» ammise a bassa voce.

Annuii freddamente, deglutendo. «Bene. Allora stalle alla larga.» risposi, uscendo da casa.

E così, si era spezzata la nostra amicizia. Tutti quei mesi passati a ridere, a scherzare e a condividere i sogni, erano volati via come un lontano ricordo a causa di uno stupido e fatale errore. Ma non era ancora finita lì, perché Jason sarebbe tornato nella vita di entrambe. In circostanze diverse e per motivi altrettanto differenti, ma l'avrebbe fatto. In vite distrutte, segnati dagli eventi che le avrebbero sopraffatte. In vite spezzate, fragili, finite. E avrebbe dimostrato ancora una volta di essere completamente pentito per il dolore causato. Sarebbe bastato? Forse sì, o forse no. Ma se ci fosse stata una cosa che ci avrebbe legati di nuovo, quello sarebbe stato sicuramente il dolore. Anime sole, cuori infranti e promesse sfumate. Da lì a qualche mese, tutti noi saremmo diventati questo. Distanti, terribilmente divisi. Sfortuna? No. Bugie, paure, silenzi. Tutto questo, ci avrebbe portato solo ad una cosa: al dolore. Quello vero, bastardo e distruttivo.

La nostra distruzione stava piano piano cominciando a devastare le nostre misere esistenze.

Jamie mi raggiunse, bloccandomi dal braccio. «Aspetta, amore!» esclamò.

Mi voltai, guardandolo e stringendomi nelle spalle a causa di un venticello leggero. «Non resti con Jason?»

Scosse la testa, sospirando. «No, ha bisogno di dormire. Andiamo da me, ti riaccompagno dopo.» sorrise, raggiungendo la sua auto.

Durante il tragitto, rimasi in silenzio ad osservare la strada. Nonostante prima il tempo fosse piacevole, una leggera pioggia aveva oscurato l'azzurro sereno di poco prima. Arrivammo a destinazione e scesi dalla macchina, sentendo una brutta sensazione che mi attanagliava le viscere. Non mi piaceva sentirmi in quel modo ed ero sicura al cento per cento che non fosse a causa di tutta la situazione con Jason.

Jamie aprì con le chiavi, gettandole sul mobile sistemato nel corridoio. «Mamma, sono a casa!» urlò, non ricevendo alcuna risposta, «non puoi capire il casino che è successo! Mamma?» chiese confuso, andando verso la cucina in mia compagnia.

La trovammo con i gomiti appoggiati sul tavolo, le testa tra le mani e il volto basso, mentre il telefono era adagiato al suo fianco. «Emilia! Che succede?» chiesi preoccupata.

Alzò lo sguardo inondato di lacrime, correndo verso il figlio e abbracciandolo con disperazione. «Mi hanno chiamato dall'ospedale di Cordóba. Nonna Luz ha avuto un infarto.»

Sentii le braccia cadermi dal corpo. Non ci potevo credere. Guardai Jamie che rimase di sasso, lo sguardo vuoto e il volto pallido. Sembrava che stesse per crollare da un momento all'altro.

Maledetta, beffarda e sfuggente vita.

Mentre le nostre esistenze si stavano piano piano distruggendo, quella di Luz probabilmente era nel grave rischio di spezzarsi.

Tutti ci stava scivolando come olio tra le dita e fermarlo sembrava quasi impossibile.

Ci stavamo addentrando in uno degli abissi più profondi e bui. E il rischio di soffocare era davvero molto alto.

-Spazio Autrice

Hola! Come state? Bene, facciamo un breve punto della situazione: Hailey è venuta a conoscenza del tradimento che gli ha fatto Jason nell'ottavo capitolo, spezzando non solo il loro rapporto, ma anche quello fra Jason e Maya. Nel frattempo, Luz si è ammalata. Nel prossimo capitolo parleremo meglio delle sue condizioni e leggeremo anche ciò che esse porteranno nella vita di Jamie. Ci vediamo con il prossimo che è il penultimo! Baci stellari ❤
Questo capitolo lo dedico a OneAlterEgo che lo aspettava con ansia. Posso assicurarti che nel sequel Jason soffrirà parecchio ahah

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