35. Tokio e Rio

Maya

Ah, Halloween!

I bambini che girano per le case chiedendoti dolcetto o scherzetto, gli adolescenti che organizzano super party nelle loro mega ville con fiumi di alcool, genitori apprensivi che si preoccupano per i figli che passano tutta la notte fuori, la città piena di decorazioni, l'allegria dei più piccoli che si diffonde per le strade...

In quell'anno l'atmosfera di Halloween si sentiva tutta, a Red Hills. Mia sorella Amy era già pronta nel suo costume di vampira, con il cestino per i dolcetti mentre attendeva Jace per andare a prendere i dolci. Si era occupato lui di portarla in giro, visto che la festa della sua confraternita iniziava dopo la mezzanotte. Io, invece, mi stavo preparando per quella a casa di Jamie, insieme ad Hailey, Archie e Chloe. Stavo provando con immensa fatica ad alzare la zip della tuta rossa intera, che porta Tokio durante le rapine in "La Casa di Carta".

Archie stava cercando di tirarla su con pazienza, facendo delle svariate smorfie. «Hai le tette! È troppo stretta.» borbottò.

Hailey – che stava comodamente occupando il mio letto – alzò un sopracciglio. Stava bene nei panni di Stoccolma, ero curiosa di vedere come Jason avrebbe portato le vesti di Denver. «Se non avesse le tette, sarebbe un problema grave.» borbottò, tenendo gli occhi sul telefono.

Chloe ridacchiò, guardandomi attraverso lo specchio. «Non metti la parrucca nera?» chiese, sistemando la sua tuta per fare in modo che aderisse meglio. Lei e Archie erano il Professore e Lisbona, avevamo praticamente fatto la banda.

Annuii, mordicchiando il labbro. «Sì, la metterò. Jamie neanche ci prova a fare i capelli di Rio, dice che non si ci vede.» ridacchiai, alzando le spalle.

«Se tu alzi ancora le spalle, la zip rimane incastrata tra le tette! Dio, perché hai scelto un costume così attillato?» disse Archie disperato.

«Ma se io muoio, oh partigiano, tu mi devi seppellir!» ci voltammo tutti verso Hailey, che alzò le spalle e fece una smorfia. «Stavo solo cantando, che volete.» sussurrò.

Archie aggrottò la fronte, perplesso. «Sì, ad ogni modo... ritirati le tette all'indietro.» disse mettendo la lingua di lato, con fare concentrato.

Boccheggiai, strizzando gli occhi. «Mi spieghi come tiro le tette all'indietro, emerito idiota? Mi stai facendo male!» esclamai, sbuffando.

«È l'unico modo per tirartela su! Vedi di non lamentarti!» esclamò, contrariato.

Assottigliai lo sguardo, guardandolo male. «Vorresti dirmi che sono grassa?» chiesi leggermente infervorata.

Hailey rise, scuotendo la testa. «Perché non c'è musichina di sottofondo in questi casi? Voglio un Beethoven personale che mi suona la quinta sinfonia.» disse divertita.

Jace affacciò il capo dalla porta, ruotando gli occhi. «State ancora lottando con la zip di Maya? Ci penso io, aspettate.» sbuffò, entrando dentro la stanza e spostando Archie. In un colpo secco, la tirò su. Mi fece l'occhiolino e mi guardò per intero, ridacchiando. «Fai attenzione, ti raccomando. Ho detto alla mamma che rimani a dormire da Jamie. All'inizio non voleva ma quando le ho spiegato che rimanete tutti, dopo la festa, ha detto di sì.»

Sorrisi. «Grazie! E papà è d'accordo?» chiesi legando i capelli in uno chignon lento per mettere la parrucca.

Jace annuì, dando un'occhiata al suo telefono. «Diciamo che ha dato a me la responsabilità. Quindi, di conseguenza, tutto quello che succederà stasera avrà ripercussioni su di me. Niente gravidanze indesiderate, per favore.» mi puntò il dito contro, uscendo dalla stanza.

Aggrottai la fronte, ridendo. «Due gemelli ti vanno bene, Jace?» chiesi, prendendo la maschera e mettendola sul viso. Non l'avrei tenuta per tutta la sera, ma adoravo l'idea di poter girare per la città con quella cosa sul viso. Presi il fucile di plastica e feci cenno ai miei amici di andare. Archie si mise il cappotto, per poi pararsi davanti a me e abbassare leggermente la zip della tuta, scoprendo un po' di più il seno.

Lo guardai contrariata, indietreggiando. «Ma che fai?» chiesi stupita.

Rise, prendendo il suo telefono. «Tokio lo porta così, ragazza. Non fin sopra al collo. Si vede la mano del fratello maggiore.» disse ridendo.

Venti minuti dopo, eravamo davanti a casa di Jamie. C'era già casino, alcuni dei nostri compagni erano fuori che ballavano come forsennati. Scorsi Alex e Clara, vestiti da Berlino e Nairobi. Stavano benissimo, adoravo il fatto che ci fossimo vestiti tutti in gruppo. Sorrisi enormemente e mi avvicinai a loro, abbracciandoli e spostandomi subito dopo, sconcertata. Un ragazzo già ubriaco era caduto a picco nella piscina, trascinando con sé anche una ragazza che – a giudicare da come lo stava baciando – avrebbe voluto portarselo al piano di sopra. Guardai la scena stupita, mentre Alex e Jason stavano già ridendo come matti. Mi guardai intorno e notai di come – con mio immenso orrore – l'alcool era praticamente dovunque. La cosa terribile che eravamo solo all'esterno della casa. Non osavo immaginare cosa ci avremmo trovato dentro.

«Vado a cercare Jamie.» dissi ad Archie, che stava già ballando come un matto con Chloe stretta a sé. Mi avviai a passi lenti verso l'interno della casa, venendo bloccata da Kevin. Era messo davanti alla porta, sorridente e raggiante. Mi piazzò un bicchiere di carta rosso tra le mani e mi fece l'occhiolino.

«Benvenuta! Che il terrore possa accompagnarti nella notte più oscura di tutti i tempi!» disse con voce grossa. «Sono stato abbastanza minaccioso?» mi sussurrò, ridendo.

Percorsi il suo corpo con lo sguardo, aggrottando la fronte e scuotendo la testa con aria confusa. «Perché non hai la maglietta?» chiesi.

Lui alzò le spalle, mettendo in mostra i suoi bicipiti con aria divertita. «Perché la carne fresca attira gli squali, bella! E – senza offesa per gli altri – ma io di carne fresca ne ho abbastanza.» disse ammiccante.

Annuii, perplessa. «Ma non dovevi venire in compagnia di Babs? Dove l'hai lasciata?»

«Babs... Babs...» disse mettendosi una mano sul mento con aria vaga. «Mollati! Ancora prima di iniziare. Quindi, mi sono offerto a Jamie per dare dei bicchieri di benvenuto.»

«Ottimo. Sai dov'è?» chiesi, allungando il capo verso l'interno.

Scosse la testa, alzando le spalle. «Negativo. Quando sei il padrone di casa, sei molto richiesto. Dovrebbe essere in giro.» borbottò.

Mi feci spazio per entrare, notando una folla di gente ammassata che ballava a ritmo di musica assordante. Il tavolo per gli alcoolici era pieno zeppo di bottiglie e qualche studente più festaiolo era già appeso al fusto di birra a testa in giù, incitato da quei soliti quattro idioti. Mordicchiai il labbro, facendo un profondo respiro. Trovare Jamie in mezzo a quella massa di gente era davvero impossibile. Inoltre, avevo un bisogno urgente del bagno. Decisi di andare di sopra, per farne uso. Corsi sulle scale e mi fermai davanti al lungo corridoio, decisamente più silenzioso del piano di sotto. Quella casa, comunque, era immensa. Sembrava di essere in un labirinto senza via di uscita. Sentii delle voci distanti, così tesi le orecchie. Se Jamie avesse visto qualcuno al piano di sopra, sarebbe certamente scoppiato un putiferio. Mi diressi a passo spedito verso le voci, rimanendo bloccata davanti alla porta quando mi accorsi che era proprio quella del mio ragazzo.

«Caroline, vuoi spiegarmi qual è il problema?» disse lui, che dal tono di voce sembrava molto scocciato.

«Che c'è Jamie... non ti piace rimanere da solo con me?» sussurrò la ragazza con fare provocante. Strinsi i pugni e feci un profondo respiro, trattenendo tutta la mia voglia di entrare e spaccarle il naso.

«Onestamente, no. Mi hai condotto qui con inganno, dicendo che un ragazzo stava smantellando la camera da letto dei miei genitori. Esattamente, perché l'hai fatto?» chiese lui.

«Per ricordarti cos'è successo in questo letto all'inizio dell'anno, Jam. Io non l'ho dimenticato, e tu?» chiese lei con voce sensuale. Chiusi gli occhi, facendo un profondo respiro e mordicchiando il labbro.

«Caroline, stammi bene a sentire. Io sono fidanzato e ne sono anche innamorato. La vuoi finire con questi giochetti da stronza? Lasciami in pace.» ringhiò.

Sentii la risata divertita di Caroline, che durò per trenta secondi buoni. «Innamorato di lei? Avanti, Jamie... ma l'hai vista? Sempre nel suo mondo, vestita con quattro stracci... non ti rendi conto della differenza sociale che avete? Non lo vedi? Che cosa dirai al gala quando i giornalisti vi scatteranno delle foto? Avresti davvero il coraggio di presentarti con una del genere? Jamie, quella ragazza in confronto alla maggior parte di noi studenti, non è nessuno. Faresti la figura dello scemo a presentarti in pubblico con gente del genere. Se ci fossi io, al suo posto, ti farei apparire come un divo di Hollywood. Lei non ha tutte le mie ricchezze. Lei non è alla tua altezza.»

Sentii gli occhi pizzicarmi in modo tremendo. Mi aveva smontata, mi sentivo talmente umiliata che non avevo neanche il coraggio di entrare e dirgliene quattro. Aveva assolutamente ragione, io non ero alla sua altezza.

Indietreggiai e corsi di sotto, con le lacrime agli occhi. Archie mi notò quasi subito e mi venne incontro, perplesso. «Maya, che succede?» mi chiese preoccupato.

Scossi la testa e lo scansai, uscendo in giardino. Mi sentivo un gatto in mezzo alle tigri. Così piccola, indifesa. Loro erano della mia stessa specie, ma molto più grandi. Non c'entravo nulla con tutto quello che mi circondava, ero come una povera mendicante di fronte a delle persone di corte. Ero niente. Andai a passo spedito verso il retro, sedendomi sull'erba umida e portando il capo verso le ginocchia. Jamie era un principe, così elegante, bello, ricco. Io... beh, io ero solo Maya. Solo e semplicemente Maya.

Rimasi in quella posizione per qualche minuto, non mi spostai nemmeno quando sentii qualcuno sedersi al mio fianco. «Ehi, hai perso il tuo Rio?» chiese una voce profonda e maschile che conoscevo molto bene. Era lui, era Justin.

Alzai leggermente lo sguardo arrossato, tirando su con il naso e osservandolo con espressione triste. Era vestito da clown, lo trovavo molto inquietante, soprattutto perché quelle lenti color ghiaccio rendevano il suo sguardo molto tetro. «Ottima scelta, il costume. Non credevo saresti venuto.» ammisi con voce tremante.

Il ragazzo ridacchiò, alzando le spalle e bevendo un sorso di birra direttamente dalla bottiglia. «Già, neanche io. Il tuo ragazzo mi ha letteralmente trascinato fino a qui, lasciando tutti gli invitati in casa. Devo dire che, in vesti d'amico, non è poi così male.» ammise.

Sorrisi leggermente, annuendo e appoggiando il capo sul ginocchio. «Sì, Jamie è molto determinato quando vuole esserlo.» sussurrai.

Il ragazzo annuì, sospirando. «Ma tu invece? Perché sei qui a gettare una valle di lacrime? Hai litigato con lui?» mi chiese curioso.

Scossi la testa, mettendo il busto rigido e tirando su con il naso. «No, non proprio. Dio... è così strano parlarne con te.» ammisi a bassa voce.

Justin rise, accarezzandomi una spalla. «Beh, vedila da un punto diversa diverso! C'è stato un cambiamento, una consapevolezza da parte mia che mi ha permesso di mettere fine a quell'assurda storia.» Aprii la bocca per rispondere, ma venni interrotta da due ragazzi che si erano imboscati nel retro per baciarsi. Aggrottai la fronte, notando di come i tipi in questione ci mettessero fin troppa foga. Justin ruotò gli occhi, sbuffando. «Noah, Augustus... vi dispiace? Stiamo parlando.» disse serio.

I due si staccarono dal bacio e ci guardarono imbarazzati. Li osservai con attenzione: ero sicura non frequentassero il mio stesso liceo, perché non li avevo mai visti. Avevano entrambi i capelli scuri come la pece, solo che uno di loro aveva due profondi occhi verdi. Ed era stato lui, a sorridermi. Alzai un sopracciglio e strinsi di più le ginocchia al petto, confusa.

«Maya Ross! Sei un mito nella nostra scuola, perché sei riuscita a legare il cuore dell'irraggiungibile Jamie Reyes. Un sogno per noi gay.» disse ridacchiando.

Guardai sottecchi Justin, che stava scuotendo la testa e stava trattenendo a fatica una risata. «Loro sono Noah Walker e Augustus Jefferson, frequentano il corso di psicologia con me.» spiegò divertito.

Annuii, abbozzando un lieve sorriso. Ecco, mi era tutto più chiaro. Era logico sapessero il mio nome, erano i miei compagni di scuola. «Scusatemi, la vostra presenza alla Red Hills mi è sfuggita.» ammisi a bassa voce.

Noah rise, puntando i suoi occhi verdi sui miei. «Ah, non preoccuparti. Siamo un sacco di studenti! In ogni caso, vi lasciamo parlare. Chiedo a Jam se ci presta camera sua.» disse dileguandosi. Ridacchiai, pensando alla faccia di Jamie causata dalla richiesta dei due ragazzi. Sicuramente, non era molto felice di prestare la sua stanza per la consumazione di un rapporto. Sospirai lievemente e riportai il mio sguardo su Justin, che aveva una sigaretta tesa verso di me.

«Prima che i tuoi compagni ci interrompessero, volevo dirti che mi dispiace molto per tutto il male che ti ho causato.» sussurrai.

Mi sorrise, scuotendo la testa. «Non mi hai fatto alcun male. Sono io a doverti chiedere scusa. Ti ho sopraffatta con la mia gelosia insensata, ti ho allontanata da me e ti ho ferita. Sono contento che tu adesso sei riuscita a trovare la pace in Jamie, Maya. Perché tu – più di tutti – lo meritavi.»

Lo guardai negli occhi, che ricominciarono ad inumidirsi a causa della mia tristezza assoluta. «Ho sentito Caroline parlare di me e di lui, con Jamie. Diceva quanto io fossi diversa, quanto io fossi... inferiore. Siamo troppo diversi, Justin. Non è così?» chiesi.

Justin contrasse la mascella, tornando serio. «Cosa diceva?» chiese.

Tirai su con il naso, lasciando cadere un'altra lacrima. «La verità: che io sono solo una povera figlia di un operaio e lui è un Reyes. Il mio cognome con il suo, sono così differenti... così... distanti.» sussurrai.

Justin sospirò, guardandomi e scuotendo la testa. «Caroline parla per rabbia, Maya. Solo per rabbia.» sussurrò.

Lo guardai, sorridendo tristemente. «L'hai detto anche tu, Justin. A mensa. Magari tutta la scuola pensa io che sto per lui per tornaconto, quando in realtà non è così. Non voglio essere fonte d'imbarazzo per Jamie davanti ai media.» ammisi.

Justin scosse la testa, di nuovo, per poi abbracciarmi e baciarmi la fronte. A quel contatto, mi sentii molto strana. Non ero più abituata alla sua presenza e non mi aspettavo di certo che questa sarebbe tornata così in fretta. «Maya, ascoltami. Quello che ho detto io, sono state parole dettate dalla rabbia, dalla sconfitta. Ero cieco perché ti avevo persa e il mio obbiettivo era farti provare il mio stesso dolore. Ecco, questo è quello che sta facendo Caroline con Jamie. Gli sta mostrando quello che secondo lei ti mette in cattiva luce, per fare in modo che lui decida di lasciarti andare. Ma se la cosa può consolarti, tesoro, lui ti ama davvero. E sicuramente, non starà dietro alle manie di Caroline.» spiegò dolcemente.

Storsi il labbro, facendo un profondo respiro. «Sono così confusa... mi sento umiliata nel profondo, anche se nessuno ha sentito quella loro conversazione.» ammisi.

Justin annuì. «Posso capirlo, tesoro. Ma adesso tu ti alzi, cerchi Jamie, ti vivi la serata e – dopo che tutti saranno andati via – ne parlerete con calma.» mi disse con dolcezza.

Annuii, alzandomi e passandomi una mano sul viso. «Grazie, Just, davvero.»

Mi fece l'occhiolino, alzandosi anche lui. «Di nulla! Mi era mancato parlare così con te.» ammise.

Sorrisi debolmente, guardandolo. «Sai? Anche a me, sì.» dissi, cominciando a camminare verso l'interno della casa. Justin mi seguii, scansandosi più volte a causa degli studenti ubriachi marci che ballavano in modo sconnesso. Andai verso Alex, che stava ballando totalmente a caso sulle note di "One last time" di Ariana Grande. Si fermò, non appena mi vide avanzare verso di lui in compagnia di Justin. Si era letteralmente rabbuiato, come se avesse visto un fantasma. Anche Clara – molto confusa per la sua reazione – aveva smesso di ballare. Il ragazzo si avvicinò di scatto, seguito dalla ragazza che – invece – mi stava sorridendo.

«Che succede? Perché hai pianto?» mi chiese serio, lanciando una brutta occhiata a Justin.

Scossi la testa, sorridendo leggermente. «Magari ne parliamo dopo. Sai dove si è cacciato Jamie?» chiesi.

Il ragazzo – che sembrava avere l'attenzione solo ed esclusivamente su Justin – annuì leggermente, stringendo i pugni. «In cucina.» rispose secco.

Gli presi la mano, guardandolo negli occhi. «Al... va tutto bene. Lui non... non c'entra nulla. Mi ha solo aiutata! Ti fidi di me?» gli dissi all'orecchio, a causa della musica.

Il ragazzo sospirò, annuendo. «D'accordo. Ma dopo mi racconti tutto, okay?»

Annuii. «Promesso.» dissi sorridendo appena.

Justin mi appoggiò una mano sulla spalla, sostenendo lo sguardo di Alex. «Ti accompagno, così se incontriamo Caroline nel tragitto, farò volentieri due chiacchere con lei.» borbottò, facendomi cenno di andare.

Mi diressi in cucina, facendomi spazio tra la folla e cercando – con immensa fatica – di raggiungere la stanza. Mi fermai di scatto quando un ragazzo mi venne letteralmente addosso, a causa del suo passo sconnesso per via dell'alcool. Puzzava tantissimo, infatti. Per un attimo dovetti arricciare il naso per evitare al terribile odore di arrivare oltre le mie narici. Il tipo, comunque, si stava reggendo a me e rideva in modo sconnesso, senza alcuna ragione.

«Ti va di accompagnarmi a casa? Ho voglia di dormire e sono ubriaco marcio.» disse con voce strascicata.

Guardai confusa verso Justin, che ruotò gli occhi. «Questo chi diavolo è? Non è a scuola con noi!» esclamò.

Alzai le spalle, reggendolo a fatica per evitare di farlo cadere con la faccia sulla pavimento. «Non lo so, Just. Ma ha bisogno di aiuto! Potresti accompagnarlo in giardino per fargli prendere un po' d'aria?» chiesi preoccupata, guardando il volto decisamente rosso del ragazzo.

Justin aggrottò la fronte, sbuffando. «Beh... occuparmi anche di uno sconosciuto! Non poteva andare peggio.» sussurrò.

Risi, facendo in modo che si appoggiasse a lui. «Prendi il suo telefono e chiama qualcuno che possa venire a prenderlo. Mi fido di te, non lasciarlo da solo o rischia il coma etilico.»

Justin mordicchiò il labbro, sbuffando. «Se mi vomita addosso, giuro che urlo. Andiamo, amico. Reggiti a me.» disse, portandolo verso il giardino. Sospirai e continuai a camminare verso la cucina, con aria assorta. Una volta arrivata, sentii qualcuno fiondarsi letteralmente su di me, così spalancai gli occhi per la paura. Mi erano già capitate cose troppo strane, a quella dannata festa.

«Maya! Dio, amore mio! Ti ho cercata per tutta la casa, ma dove ti eri cacciata?» quando mi accorsi che era Jamie, sorrisi sollevata e lo abbracciai stretta, chiudendo gli occhi.

«Mi dispiace, ero... beh sì insomma, questa casa è immensa e...» Jamie mi prese il viso tra le mani, guardandomi negli occhi.

«Amore, perché hai pianto?» mi chiese preoccupato.

Scossi la testa, mettendo le mie braccia intorno al suo collo. «Ne parliamo do...» venni interrotta da un rumore assordante, come se un corpo fosse caduto di peso sul pavimento. Jamie ruotò gli occhi, facendo un profondo respiro.

«E adesso che diamine succede?» disse esasperato, prendendomi per mano e andando verso la fonte di quel casino madornale. C'era una folla ammassata davanti a due ragazzi, che se le stavano dando di santa ragione. Jamie fece un cenno al Dj, che staccò la musica di colpo facendo lamentare il resto dei ragazzi che – invece – stavano ballando. Allungai il collo per vedere meglio i due protagonisti della rissa: uno era sicuramente Mike, ed era in netto vantaggio contro l'altro che era... Archie. Spalancai gli occhi e mi inoltrai nella folla, seguita da Jamie che cercava di fermarmi senza successo. Presi il fucile in plastica che avevo lasciato sopra il tavolino in vetro, insieme alla maschera. Lo agguantai e – senza pensare minimamente a cosa stessi facendo – colpii il collo di Mike, che si voltò di scatto con aria minacciosa.

«Ahia! Ma che problemi hai?» urlò contrariato.

Lo guardai male, mettendo le mani sui fianchi. «Sedetevi! Entrambi! E finitela immediatamente!» urlai con tono autoritario. I due ragazzi, con mia immensa sorpresa, fecero come gli avevo ordinato.

«Wow, sembra quasi mia madre...» sussurrò Jason stupito. Ignorai il suo commento e guardai Archie e Mike: avevano entrambi il viso insanguinato. Sospirai e porsi una mano al mio migliore amico, rassegnata.

«Vieni, curiamo queste ferite. Madeline, al piano di sopra, a destra, c'è un altro bagno. Occupati di Mike.» dissi seria.

Chloe mordicchiò il labbro, guardandomi con aria preoccupata. «Serve una mano?» chiese a bassa voce.

Scossi la testa. «No, sono sedici anni che mi prendo cura di lui.» borbottai. «Beh? Rimettete la musica, non è successo niente!» esclamai, per poi dare un bacio veloce a Jamie. «arrivo, tesoro.» aggiunsi, portando Archie al piano di sopra.

Lo feci sedere sul lavandino e frugai i cassetti. C'erano molti prodotti di Emilia, ma zero kit del pronto soccorso. Aprii uno sportello in alto e lo trovai, tirando un sospiro di sollievo. Presi una garza a la inzuppai con il disinfettante, tamponandolo poi nelle labbra del mio amico, che faceva una smorfia di dolore.

«Si può sapere che ti prende? Non hai mai fatto a botte con nessuno!» esclamai.

Archie contrasse i muscoli a causa dell'impatto del medicinale, per poi allargare le narici e fare un profondo respiro. «Ha fatto dei commenti poco carini su Hailey! Sessista a non finire. L'ha mercificata, oggettificata!» ringhiò.

Storsi il labbro, sorridendo poi leggermente. «E, ovviamente, il tuo istinto fraterno ti ha fatto svalvolare il cervello. Devi lasciarlo perdere, Mike è un testa di cazzo.» dissi, mettendo un cerotto nel punto ferito, «e non dire a Jason quello che hai sentito. Un'altra rissa è quella cosa di cui non abbiamo bisogno.» replicai.

Annuì, sospirando. «Va bene, ma sappi che la prossima volta lo uccido!» ringhiò, scendendo dal lavandino e andando di sotto.

Alla fine, dopo quei piccoli e – aggiungerei – indesiderati inconvenienti, la festa era stata fantastica. Ero riuscita a godermela, mi ero divertita un sacco e avevamo un sacco di foto che – il giorno dopo – avrei stampato per appenderle alla mia stanza.

Il brutto era arrivato dopo, quando tutti noi della comitiva – essendo rimasti a casa di Jamie per dormire – eravamo alle prese con le pulizie di tutta la casa. Avevamo quindi concluso all'alba, per cui stanchi e assonnati, eravamo andati ognuno nelle proprie camere per poter finalmente dormire. Jamie era sdraiato sul letto, che continuava a sbadigliare con stanchezza e mi fissava con aria assorta. Io, invece, stavo usufruendo del suo specchio per struccarmi in tutta serenità. Avevo già tolto la parrucca e lasciato che i miei lunghi capelli fossero sciolti e liberi.

«Menomale che tua madre ha lo struccante! Come ho potuto dimenticarlo a casa?» dissi, sbuffando.

«Perché prima piangevi?» mi chiese curioso, osservandomi mentre trafficavo con i dischetti.

Lo guardai attraverso lo specchio, assumendo un'espressione seria. «Ho sentito parte della tua conversazione con Caroline. Quella avvenuta nella camera dei tuoi.» spiegai, andando verso il bagno collegato alla camera per lavare il viso e posare tutto. Jamie mi raggiunse, appoggiandosi allo stipite della porta.

«Ne abbiamo già parlato, amore...» disse, mentre mi osservava fare avanti e indietro per la camera.

Annuii, sbadigliando. «Lo so, ma mi sono sentita umiliata. Per fortuna Justin mi ha rassicurata e mi ha aperto gli occhi. Ero tentata di andarmene. Mi aiuti con la zip?» chiesi.

Il ragazzo si avvicinò, mordicchiando il labbro. «Justin?» chiese, tirando giù la cerniera e rimanendo ad osservare il mio corpo in intimo.

Lo guardai, sorridendo appena. «Justin. E posso assicurarti che non ci ha provato con me, lo giuro. Anzi, mi è stato molto utile e mi ha aiutata!» esclamai.

Ridacchiò, annuendo. «Stranamente mi fido di lui.» disse, accarezzandomi poi la guancia con dolcezza. «Dio, aspettavo questo momento da tanto. Io e te soli, senza nessuno che venga a disturbarci inutilmente.» sussurrò, accarezzandomi il labbro inferiore con il pollice.

Lo morsi d'istinto, guardandolo negli occhi. «Sei mancato tanto anche a me, amore mio.» ammisi a bassa voce.

Si avvicinò lentamente a me, facendo unire le nostre labbra in un bacio davvero dolce. Durante la serata, i pochi baci che ci eravamo dati erano stati sfuggenti. In troppi lo chiamavano e lui aveva la responsabilità di controllare che nessuno rompesse niente. Ogni bacio dato, era utile a farmi sentire ancora di più la mancanza delle sue labbra. E in quel momento, che le nostre lingue si intrecciavano in una danza piacevole e dolce, mi sentivo decisamente in paradiso. Indietreggiamo verso il letto, cadendoci sopra. Da quel preciso istante, tutto intorno a noi si fece più caldo, più intenso e più passionale. Percorsi le spalle nude di Jamie con le labbra fino al petto, mentre lui si godeva quel mio gesto ad occhi chiusi e con profondi respiri. Lasciammo ancora una volta che il fuoco si accendesse in noi, per poi addormentarci nudi, stretti l'uno con l'altra in un dolce e amorevole abbraccio.

Io e Jamie eravamo tutto questo: passione, amore, fuoco. E io bruciavo ogni giorno per lui. E l'avrei fatto sempre, anche quando quella fiamma – con immenso dolore – si sarebbe inevitabilmente affievolita come una candela scossa da un leggero vento. 

-Spazio Autrice

Salve! Come state? Vi avevo detto che ci sarebbe stata una scena familiare, giusto? Vediamo se riuscite ad indovinare. Vi do un piccolo indizio: una scena simile si trova al capitolo otto!
E niente, ci troviamo quasi alla fine. Mancano gli ultimi quattro capitoli. Aspettatevi di tutto!
Alla prossima e baci stellari! ❤

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