33. Un milkshake nel cuore della notte
Maya
L'emozioni sono tutto quello che abbiamo per esprimere noi stessi, per mostrare quella parte che risiede dentro di noi, celata e nascosta agli occhi di tutti. Ce ne sono di diverse: la gioia, la tristezza, il disgusto, la felicità, la rabbia...
Ecco, vorrei proprio soffermarmi su quest'ultima parola, perché è quella che ci aveva accompagnati durante quel lunedì che sembrava essere come tutti gli altri.
Credo che la rabbia sia una degli stati d'animo peggiori. Quando si è arrabbiati, tutto intorno a noi si muta, diventa un problema, un fastidio. Comici a pensare cose cattive, a compiere azioni negative e a farti dettare da quest'emozione che – anziché essere positiva – ti porta a fare delle cose che non credevi capace di attuare. È capitato a tutti noi, di provare questa sensazione. È terribile, a mio parere. Senti lo stomaco che comincia a bruciarti in modo disumano, poi quel fuoco sale sempre di più, fino al cervello, portandoti a dire delle cose che non pensi, troncando delle relazioni importanti e che – magari – eri disposto a far durare nel tempo.
Quella mattina, nell'aula vuota di biologia, io e Jamie di rabbia ne avevamo provata tanta. Ci eravamo urlati contro, avevamo lasciato che il lato peggiore di noi si mostrasse in tutto il suo splendore, portandoci così ad una lite furiosa e ingiustificata. Da lì, erano nati altri sentimenti, altre sensazioni, emozioni o modi di essere. Perché poi, da una conversazione piena di rabbia e risentimento, nasce sempre l'orgoglio.
E – per quanto odiassi ammetterlo – io e lui non avevamo scampato neanche quella piaga. Io avevo deciso di tornare a casa, mi ero seduta sul divano con Jace, avevo finito di svuotare le mie ghiandole lacrimali, e mi ero lasciata cullare dai saggi consigli di mio fratello maggiore.
Jace per me era un pilastro, nel vero senso del termine. Oltre ad essere il più intelligente della famiglia, era anche il più saggio. Mi era capitato spesso di parlare con lui, di lasciarmi coccolare dalle sue dolcissime braccia e di ascoltare la sua calda voce che mi metteva in pace con me stessa. Sapevo di avere – comunque fossero andate le cose – il mio porto sicuro. Nonostante il rapporto d'amore e odio che ci fosse tra noi, Jace per me era casa, era famiglia.
In quell'occasione, mi aveva ascoltata con pazienza e mi aveva sussurrato le sue solite parole d'incoraggiamento, che subito mi fecero sentire meglio e pronta per cessare il mio pianto disperato. Verso l'ora di pranzo – approfittando dell'assenza di mamma, papà e Amy – ci eravamo concessi del cibo thailandese d'asporto, consumato davanti a HMIYM, una delle nostre serie preferite. Mi ero goduta quel momento di pace, immergendomi tra le avventure di Ted, Barney, Robin, Marshall e Lily, con la dolce e gradita compagnia di Jace.
Dopo aver divorato la bellezza di cinque puntate, Jace era corso di sopra a studiare in vista del prossimo esame, mentre io avevo deciso di rintanarmi in camera mia per sistemare – per l'ennesima volta – la disposizione degli oggetti che la occupavano in ogni angolo. Quella mia voglia di cambiamento improvvisa, mi aveva permesso di non rimanere con il pensiero fisso su Jamie per tutto il giorno. Certo, non nego che qualche volta avevo dato una sbirciatina al suo contatto WhatsApp per controllare l'ultimo accesso, ma una volta che mi ero immersa nel re-styling della mia stanza, avevo messo in stand-by i pensieri. Mi ero presa a disposizione tutto il pomeriggio, considerando che non avevo compiti per il giorno seguente. Non mi ero fermata un attimo, avevo spostato tutti gli oggetti di Harry Potter infondo all'angolo di destra, decidendo così di dedicare uno spazio solo ed esclusivamente alla saga del famoso maghetto. Avevo cambiato la disposizione dei poster, spostandoli nella parete di fronte al letto, mentre le foto con gli amici e la famiglia, le avevo messe sotto le lucine gialle. Avevo riordinato la libreria, sistemando i libri per genere, autore e grandezza... insomma, tutto quel manicomio mi aveva portata a finire la mia opera verso l'ora di cena, rendendomi così affamata e stanca.
Ero scesa in salotto e avevo consumato la carne al barbecue e l'insalata con la mia famiglia, ascoltando come erano andate le loro giornate a lavoro o – nel caso di Amy – a scuola. Papà aveva avuto una piccola promozione, ciò implicava l'aumento di qualche dollaro nello stipendio, cosa che fece rincuorare la mamma in pensiero per il prossimo mutuo in arrivo. In quel periodo, arrivare a fine mese sembrava un'ardua impresa. Non bastava neanche lo stipendio che Jace portava a casa, e la mamma – nonostante facesse gli straordinari – non riusciva a far aumentare i guadagni, avendo così ancora un stipendio mediamente basso. Li ascoltai interessata, scartando i piselli dalla carne e rigirando la forchetta sul piatto. Se c'era una cosa da trovare nell'immediato, quella era sicuramente una soluzione per tenere su la baracca. Più Amy continuava con la scuola, più il materiale d'acquistare aumentava, per non parlare degli studi di Jace che avevano un costo elevato, nonostante la sua fosse un'università pubblica.
«Stavo pensando...» dissi, attirando l'attenzione su di me, «Darleene non ha camerieri e ultimamente diceva che le serviva una mano per servire i tavoli e lavorare al bancone. Potrei chiederle se mi prende, magari uno stipendio fisso in più sarebbe comodo.» chiesi assorta.
Mio padre bevve un sorso di vino, guardandomi con sguardo attento. «E come farai con la scuola?» chiese.
Alzai le spalle, tagliando un pezzo di carne. «Potrei lavorare nel pomeriggio, e fare i turni di mattina il sabato e la domenica.»
Mia madre sorrise, scuotendo la testa. «Tesoro, non devi farlo. Ce la caveremo.» disse.
Scossi la testa. «Lo faccio anche per me, mamma. Voglio rendermi utile e imparare a muovermi nel mondo del lavoro.» dissi sincera.
Lei storse il labbro, perplessa. «Ma ciò ti toglierebbe del tempo prezioso per lo studio, tesoro. L'anno da Senior incombe, devi metterti sotto.» mormorò.
Sorrisi, bevendo un sorso di soda. «Beh, sono in pari con tutte le materie. Tranne in chimica, ma quello non è un problema, Jamie potrebbe darmi una mano.» alzai le spalle.
«Non lo so, tesoro. Tu ne sei sicura?» mi chiese incerta.
Annuii, facendo un profondo respiro. «Sì, mamma! Ci servirebbe davvero, lo sai. Inoltre, posso benissimo cavarmela tra scuola e lavoro.» feci l'occhiolino.
Mio padre si schiarì la voce, arrotolando le maniche della sua camicia alla boscaiolo. Guardò mia madre e fece spallucce, appoggiando poi una mano sulla mia. «Bene, tesoro. Se è quello che vuoi, noi non ti fermeremo. Hai sedici anni, sei molto matura per la tua età e siamo sicuri che questa tua nuova esperienza possa aiutarti a crescere ancora di più. Ma... questo deve assicurarci che il tuo rendimento scolastico rimanga eccellente.» mi sorrise.
Sorrisi anche io, annuendo. «È una promessa!» dissi, incrociando due dita e baciandole.
Dopo cena, mi ero concessa una bella chiacchierata al telefono con Archie e Hailey. Mi avevano chiesto se Jamie si fosse fatto sentire e alla mia risposta negativa, la mia migliore amica era partita con una serie d'insulti personalizzati tutti per lui. Mi aveva raccontato che a scuola sembrava un cadavere, era stato sovrappensiero per tutto il giorno e il professore di scienze gli aveva messo una F per la sua disattenzione. Durante la mensa, invece, si era seduto solo con Jason e Alex, evitando di prendere posto con i miei amici, Chloe e Clara. Il fatto che lui avesse passato la giornata leggermente giù di corda, mi aveva leggermente messa di cattivo umore. Non mi piaceva che lui stesse male per me, ma al tempo stesso questo dimostrava quanto ci tenesse o – che almeno – non se ne fregasse della nostra relazione.
Il resto della chiamata, parlammo di tutte le vicende che accaddero a scuola in mia assenza. Pare che Mark avesse finalmente chiesto di uscire a Betty, ma lei gli aveva dato un bel due di picche nel bel mezzo della mensa, mettendolo in imbarazzo. Era una cosa che avevamo trovato molto divertente, considerando che Mark aveva la fama del "bello e dannato".
Così, dopo una miriade di risate e tanto di quel gossip da poter scrivere un articolo di Vogue, avevamo chiuso quell'interminabile telefonata durata quattro ore. Essendo che, si era fatta già mezzanotte e domani avrei avuto scuola, decisi di spegnere le luci e infilarmi sotto le coperte, pronta per dormire. Mi accoccolai sotto il piumone, con il mio comodissimo pigiama di flanella rosa, con disegnate le sue fantastiche nuvolette bianche. Chiusi gli occhi e schiacciai il capo sul cuscino, sentendo il telefono suonare a causa di un messaggio. Aggrottai la fronte e allungai una mano verso il comodino, notando che mi aveva scritto Jamie. Mi misi seduta sul letto, con il cuore che cominciava a battere all'impazzata, e aprii il messaggio.
"Possiamo parlare?" mi aveva scritto. Nessuna emoticon, nessun cenno che fosse tranquillo. Quel messaggio era di una freddezza micidiale. Sospirai e morsi il labbro, aprendo la tastiera.
"Non credi sia troppo tardi per parlare?" risposi, osservandolo per un po' e poi premendo il fatidico invio.
"In che senso? Vorresti dirmi che ho aspettato troppo? Che non ti interessa più risolvere la questione?"
Aggrottai la fronte, scuotendo la testa. "Intendo dire che è mezzanotte. Non mi piace parlare in chat, non in questi casi."
"E che ti ha detto che dobbiamo farlo in chat? Ti vengo a prendere tra due minuti, andiamo al Vanilla."
Visualizzai il messaggio e sospirai, prendendo il cuscino e stringendolo tra le braccia. Due minuti. Come cavolo avrei fatto a sistemarmi in due minuti? Ero indecente! Balzai in piedi e presi una felpa, indossandola velocemente e abbinandoci un paio di leggins neri. Di certo, a mezzanotte passata, non avevo poi molta voglia di trovare o abbinare l'outfit perfetto per un milkshake al Diner. Legai i capelli in uno chignon disordinato e misi gli occhiali da riposo, giusto perché i miei occhi bruciavano così tanto che faticavo anche a tenerli aperti. Non li usavo spesso, solo quando sentivo la mia vista che chiedeva pietà, tipo in quel momento. Scesi di sotto, notando che Jamie mi aveva scritto di uscire. Andai verso la porta, cercando di non fare rumore, sistemando meglio la felpa per evitare di sentire freddo.
«Dove stai andando?» sobbalzai. Mio fratello era in salotto, in compagnia di Paul, il suo migliore amico. Quel ragazzo era stato via per quattro anni, era andato in Belgio dai suoi zii ed era tornato da una settimana circa.
«Jace! Mi hai fatto prendere un colpo, maledetto!» dissi a denti stretti, mettendomi una mano sul petto.
Paul mi sorrise, scrutandomi con curiosità. I suoi capelli neri erano leggermente più lunghi, sul volto aveva un piccolo accenno di barba e i suoi occhi azzurri e dolci erano come li ricordavo. Era stata la mia primissima cotta: avevo sei anni quando Jace lo portò per la prima volta in casa, mi ero subito innamorata di lui e la cosa durò fino ai dodici. Inutile dire che Paul non mi aveva filata di striscio, per lui ero la sorella minore del suo migliore amico, e un po' ero anche la sua. «Quanto sei cresciuta, piccola Gremlins!» mi disse, allargando le braccia.
Gli rivolsi un sorriso enorme, tuffandomi su di lui ed espirando quell'intenso profumo di pino, una fragranza che era solito usare nonostante gli anni passati. «Non hai ancora smesso di chiamarmi Gremlins, eh?» ridacchiai, affondando il capo sulla sua spalla.
Mi accarezzò i capelli, baciandomi la fronte. «Beh, la statura rimane sempre quella, no?» disse dolcemente, staccandosi dall'abbraccio. «Sei così... diversa! Ti ho lasciata che avevi più o meno l'età di Amy!» commentò sorpreso, squadrandomi da capo a piedi.
Annuii, ridacchiando. «Avevo dodici anni!» risposi contenta.
Jace si schiarì la voce, guardandomi. «Resta il fatto che non hai ancora detto dove diamine stai andando a quest'ora.» borbottò serio.
Ruotai gli occhi, sbuffando. «Jamie è venuto per parlare. Prendiamo una cosa al Vanilla e poi rientro, tranquillo.» mormorai.
Paul aggrottò la fronte, schiarendosi la voce. «E chi cavolo è Jamie?» chiese.
«Il suo ragazzo.» rispose Jace, alzando le spalle.
Paul sorrise ammiccante, per poi rivolgermi uno sguardo dolce. «Bene, se stai uscendo, andiamo. Io devo tornare a casa, prima che la nonna mi mette al posto dello stufato di domani.» ridacchiò, dando una pacca sulla spalla a mio fratello come saluto. Paul non aveva più i genitori. Sua madre era morta a causa di un cancro ai polmoni, mentre il padre – dopo essere caduto in depressione per la morte della moglie – decise di darsi all'alcolismo e abbandonare i suoi cinque figli. Così Paul, Evan, Jessie, Brandon e Clay vennero affidati alla nonna, che si prese di cura di loro fin dal primo istante. Il migliore amico di mio fratello era il quarto per ordine di nascita: prima di lui c'era Evan che aveva trentacinque anni, poi Brandon che ne aveva trenta, Clay ventotto, Paul ventidue e – infine – Jessie diciotto.
Annuii e presi la mia borsa, uscendo fuori di casa. Notai che Jamie era già parcheggiato nel vialetto, così feci un profondo respiro e guardai verso Paul, che aveva già le braccia aperte. «Abbraccio della buonanotte, Gremlins?» mi chiese, ridacchiando.
Ruotai gli occhi, affondando tra le sue braccia. «Quando la smetterai di chiamarmi in questo modo, Paul?» borbottai, stampandogli un lungo bacio sulla guancia. «Quando ci rivedremo?» chiesi.
Il ragazzo alzò le spalle, sospirando. «Non ne ho idea. Domani il college di Jessie chiuderà per una settimana, quindi la mia potente sorellina tornerà a casa. Passerò del tempo con lei.» ammise sorridendo.
Sorrisi anche io, guardandolo con dolcezza. «Oh, allora domani passo! Non vedo Jessie da tanto tempo. Quanto mi piacerebbe riabbracciarla!» ammisi.
Annuì, baciandomi la fronte. «Ci vediamo, piccola Gremlins. Fai sesso sicuro!» urlò, andando verso la macchina. Scossi la testa, ridendo. Adoravo Paul, ma devo ammettere che era davvero un coglione, a volte. Andai verso la macchina di Jamie, salendo e schiarendomi la voce. Il ragazzo si stava fumando una sigaretta, in silenzio. Mi guardò e mi fece un cenno, prima di accendere il motore.
«Chi era quello?» chiese, facendo una smorfia.
«Oh, Paul. È il migliore amico di Jace, fin dai tempi delle scuole elementari.» spiegai.
Lui annuì, guidando in assoluto silenzio fino al Vanilla. Una volta essersi fermato, scese dall'auto e aspettò che io lo raggiungessi, prima di entrare e prendere posto al tavolo in fondo.
Il locale era deserto, gli unici clienti eravamo noi due. C'era una musica anni Sessanta di sottofondo e un immenso profumo di vaniglia che inondava le pareti tappezzate da quadri di vecchi cantanti famosi. Darleene ci raggiunse, prendendo il taccuino e asciugando le sue mani nel grembiule giallo, sporco di cioccolato. La guardai curiosa, appoggiando le mani sul mento. «Come mai stasera c'è poca gente, Darl?» chiesi, guardandomi intorno.
La donna mi rivolse un sorriso benevolo, accarezzandomi la spalla. «Amore, la sera in settimana è sempre così. Solo nel weekend c'è confusione. Teniamo aperti per quei due o tre che più tardi verranno a consumare fino a domattina.» spiegò, sorridendo poi a Jamie. «Come stai, caro? Oggi pomeriggio è passata tua madre, Becky si sta facendo sempre più bella!» esclamò contenta.
Jamie sorrise. «Grazie, Darl. Io sto bene, tu?» chiese, aggrottando la fronte.
«Tutto bene! Cosa vi porto, piccioncini del mio cuore?» chiese sorridente.
«Sono due milkshake alla fragola e una ciambella al cioccolato per me. Tu vuoi qualcosa da mangiare?» chiese Jamie, puntando lo sguardo su di me.
Scossi la testa, sorridendo. «No, va bene solo il milkshake.» sussurrai. La donna appuntò tutto e ci sorrise, dileguandosi per preparare le nostre ordinazioni. Jamie mi guardò, schiarendosi la voce e mettendo le mani sul mento.
«Ho risolto con Justin.» annunciò di colpo, guardandomi negli occhi.
«Bene.» risposi seria, sostenendo il suo sguardo.
Jamie sospirò, mordicchiando il labbro. «Senti, Maya... mi dispiace davvero tanto per quella scenata. Voglio dire, ho esagerato e avrei dovuto farti parlare, prima di sparare sentenze.» borbottò.
Annuii, seria. «Sì, avresti dovuto.» risposi.
Lui sospirò, appoggiando la schiena sulla panca in pelle rossa. «Sei ancora arrabbiata, vero?» mi chiese a bassa voce.
Scossi la testa, sorridendo a Darleene che ci aveva portato le nostre ordinazioni. «Arrabbiata non è il termine corretto, no. Sono delusa, Jamie. Amareggiata. Perché sei sparito per tutto il giorno?» chiesi seria.
Jamie abbassò lo sguardo, mordicchiando il labbro. «Archie mi aveva consigliato di lasciarti un po' di spazio. Avevo paura di fare qualche cazzata, Maya. Temevo di perderti.» sussurrò.
Chiusi gli occhi, facendo un profondo respiro. «Tutto questo spazio, Jamie? Credevo non volessi più risolvere, parlarmi.» ammisi.
Il ragazzo scosse la testa, alzando per un secondo lo sguardo. «Non c'è stato un momento in cui io non abbia pensato a te, lo giuro.» ammise.
Annuii, bevendo un sorso di bevanda e deglutendo. «Io ti credo, Jam.» sussurrai.
Il ragazzo mi guardò con aria incerta, storcendo il labbro più volte. «Lo pensi sul serio? Cioè, credi davvero che io non mi fidi di te?» sussurrò.
Feci un profondo respiro, annuendo. «Beh, sì. In quel momento l'ho pensato, lo ammetto.» dissi seria. Jamie abbassò di nuovo il capo, senza rispondere. Mordicchiai il labbro e gli presi la mano, sorridendo leggermente. «Jam, è tutto apposto, davvero. Adesso è passata.»
«L'idea che ti sia stata male per me, non mi rende di certo felice.» ammise a bassa voce.
«L'amore è anche questo, Jam. Soffrire e ritrovare la pace nell'altra persona. È tutto okay.» dissi dolcemente.
Mi guardò, sorridendo appena. «Sono... perdonato?» chiese incerto.
Annuii. «Certo che lo sei.» sussurrai.
Jamie tirò un sospiro di sollievo, alzandosi e venendo verso di me. Piegò le ginocchia alla mia altezza e prese il mio viso tra le mani, dandomi un bacio casto. «Mi sei mancata così tanto.» ammise, ad un centimetro da me.
Sorrisi, guardando i suoi occhi verdi. «Anche tu.» dissi, baciandolo di nuovo.
Ah, la mancanza.
Un sentimento molto, molto brutto. Un vuoto incolmabile, un dolore incurabile.
Maledetta, dolorosa mancanza.
Da lì a poco, ti avrei maledetto così tante volte. Da lì a qualche mese, saresti diventata la mia indesiderata migliore amica.
-Spazio autrice
Pare che abbiano risolto! Ci stava, dopo quella sfuriata. E niente, ci leggiamo al prossimo capitolo. Spero vi sia piaciuto e baci stellari! ❤
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