28. Selezioni e... tipi strambi
Jamie
Il giorno più strano della mia vita, era sicuramente stato quello delle selezioni per il ruolo di Runningback. Credo di non aver mai provato tutte quell'emozioni messe insieme, che andavano dal disgusto, al divertimento, alla noia e allo stupore. Avevamo iniziato a guardare i candidati alle sette e mezzo, dopo che ogni studente era andato a casa propria per la fine totale delle lezioni. Gli unici rimasti alla Red Hills, naturalmente, eravamo i giocatori di football, il coach e chi sperava di essere preso al mio posto per il ruolo tanto ambito. Non mi aspettavo che si presentassero così tante persone, in realtà. La nostra squadra prevedeva che per le otto e mezza avessimo già concluso tutto, ma per quell'ora eravamo solo a metà dell'opera. Di soggetti strani – e oserei dire coraggiosi – quella sera ne avevo visti tanti. Il primo a presentarsi era stato Carlos Rivera, un messicano che aveva qualche somiglianza inquietante con Felipe Colombo. Era arrivato con una tale frenesia e determinazione, che per un momento avevo anche pensato che al primo tentativo avremmo già avuto il nostro uomo. Esatto, per un momento. Nel bel mezzo di un attacco contro Jason era andato dritto a sbattere contro il muro, causando non solo tanto scompiglio tra i componenti della squadra, preoccupati per la sua salute, ma sporcando anche di sangue la mia giacca adagiata sulla panchina. Sangue che era uscito, con mio immenso orrore, dal suo naso. Il risultato? Una verità scomoda su quanto fosse poco sportivo e il fatto che volesse entrare in squadra solo per far colpo su una cheerleader. Ovviamente questa era stata la conseguenza per un nostro "no" secco e istantaneo.
Una volta superata la delusione nello sguardo del messicano, si era presentato al nostro cospetto Brian Williams, ex giocatore di lacrosse. Quello sembrava un ottimo acquisto: era alto, bello, muscoloso e – soprattutto – sportivo. Quello che nessuno di noi aveva considerato, era il fatto che Brian giocava a lacrosse quando correva il suo anno da Freshman, fase purtroppo superata da parecchio, essendo ormai un Senior. Si era presentato con tanto di referenze, manco fossimo ad un colloquio di lavoro. Aveva avuto anche il coraggio di richiedere il vecchio Runningback come sfidante per la prova, ovvero me. Sembrava davvero perfetto, aveva un ottimo lancio e sembrava anche molto resistente alla corsa. Infatti, sembrava. Dopo più di dieci minuti a scorrazzare per il campo e a mostrare le sue doti sportive, ecco che per la troppa stanchezza si era accasciato nel pavimento. E non solo. Ovviamente, avere qualcosa di normale come il semplice accasciarsi sul terreno e gridare pausa, non era abbastanza. Si era messo in ginocchio, cercando di riprendere il controllo, e aveva vomitato. Esatto, signori, vomitato. Ad un solo, fottuto, centimetro dalle mie scarpe. Inutile dire che la nostre facce, intente a mostrare disgusto collettivo, erano prova di un esisto negativo. Dopotutto, come facevamo a giocare con un ragazzo che a dieci minuti di corsa, avrebbe vomitato per tutto il campo? Sarebbe stato non solo una scena orribile per i nostri occhi, ma anche una perdita evidente della partita. Non potevamo di certo rischiare di avere un Ron Weasley contro una gara con un college. Sì, perché in quel momento mi aveva proprio ricordato Ron Weasley alle prese con le lumache. Solo che sono sicuro che in quel momento Rupert Grint stesse vomitando caramelle gommose, non cibo andato a male.
Dopo aver mandato via tre ragazzi in cerca solo di fama e gloria, ecco che si era presentato Oliver Green. Parlava davvero tanto, adesso che ci penso. Mi aveva fatto ridere quando, con la sua allegria davvero sorprendente, aveva alluso al fatto che il suo nome fosse come quello del famoso capitano della squadra di Quidditch. Ciò, secondo le sue vedute, lo rendeva più sportivo di chiunque altro. Il che poteva anche starci, per carità. Peccato che il Quidditch non esisteva e che al nostro "facci vedere cosa sai fare", si era scusato dicendo che fosse bravo solo con le parole. In sostanza, secondo la sua logica priva di senso, noi sceglievamo il nostro giocatore in base a quanto fosse bravo ad ammaliare la gente con la sua parlantina. Secondo me, aveva confuso "selezioni" con "elezioni", altrimenti non si spiega.
Così, dopo aver visto dei casi umani e aver fatto la conoscenza di una ragazza così determinata a voler far parte della squadra per il suo amore immenso nei confronti di Alex, avevamo finalmente le carte in mano e tutto il materiale necessario per ragionare su quei pochi a cui avevamo detto: "ti faremo sapere".
Ero chino sulla scrivania, a leggere quei cinque nomi che erano incisi su quel foglio bianco, mentre il resto della squadra cercava inutilmente di ragionare con me. Jason, dal canto suo, cercava di comportarsi da capitano imparziale, ma l'unica cosa che gli veniva fuori erano solo sbuffi e lamentale sommesse sul fatto che il coach – ormai arreso in tutto e per tutto – ci aveva lasciati al lavoro sporco da soli.
«Okay, ehm... Rupert Parker?» chiese Justin, mangiucchiando la penna.
Guardai la tabella, storcendo il labbro. «Nella lista dei pro ci sono: ottimo lancio, corsa duratura e forza bruta.» spiegai, annuendo.
Dave sorrise. «Beh, questo allora va bene!» esclamò.
Scossi la testa, sospirando. «No, non va bene. La lista dei contro prevede che ha un braccio fuori uso a causa del suo tendine slegato e molta predisposizione a rompere le costole all'avversario, piuttosto che metterlo fuori gioco.» borbottai, tagliando il nome con una linea di penna nera.
Kevin annuì, arricciando il naso. «Okay, il prossimo della lista chi è?» chiese curioso.
Scorsi gli occhi tra il foglio, mordicchiando il labbro. «Il prossimo è Chris Evans... aspettate, cosa? Chris Evans? Non mi pare ci sia uno studente con questo nome.» dissi confuso.
Alex rise, scuotendo la testa e battendo la mano sulla spalla di James Foley, che lo guardò male. «No, amico, infatti. È solo Blake Morrison, il nerd che si crede Capitain America.» ammise divertito.
Aggrottai la fronte, scuotendo la testa. «Chi ha segnato 'sto scemo nella lista?» chiesi confuso, guardando i ragazzi ridere.
Jason alzò la mano. «Io! Era divertente, dai. Volevo vedere la tua faccia mentre leggevi il nome.» borbottò divertito.
Sbuffai, scuotendo di nuovo la testa e sbarrando il nome. «Assurdo. Non ci servono i supereroi, ci serve un miracolo.» sussurrai contrariato.
Justin scoppiò a ridere, alzando le spalle. «Beh, non mi dispiacerebbe avere Cap nella squadra.» ammise divertito.
Alzai un sopracciglio, facendo una smorfia. «Sì, magari quello vero. Non un elfo di un metro e cinquanta con le braccine esili come quelli di Dobby.» mormorai divertito. Sospirai, passandomi una mano sul viso. «Il prossimo è Ashton Black.» dissi, posando la penna sulla scrivania.
Dylan Freys si schiarì la voce, scuotendo la testa. «Vescica sensibile.» disse, mangiucchiando una patatina al formaggio.
Scott Styles annuì. «Già. Immagina che imbarazzo se si pisciasse sotto durante la partita, oltre che ad essere una perdita di tempo.»
Aggrottai la fronte, concentrato. «E perché nessuno l'ha segnato su i contro? Chi diavolo l'ha scritta 'sta lista?» sbuffai.
Jason ridacchiò. «Io. Ma ho dimenticato il piccolo particolare, sì. Che oddio, la sua vescica sensibile non sarebbe un vero problema. Se non fosse che per l'imbarazzo scapperebbe nel bel mezzo della partita.» mormorò.
Schioccai la lingua sul palato, sbarrando il nome con aria rassegnata. «Bene, Gwen Montgomery.»
Mark Reed allungò il capo, curioso. «Che dice la lista?» chiese.
Alzai le spalle, sospirando. «Beh, corre bene, gioca bene e potrebbe farci vincere...» dissi vago.
Jason alzò gli occhi al cielo. «Ma c'è qualcosa che non va, giusto?» chiese rassegnato.
Annuii, grattandomi il capo. «Zero spirito di squadra. È, onestamente, non è quello che ci serve, al momento.» ammisi, facendo spallucce.
Kevin sbuffò, giocherellando con la penna. «Okay, speriamo che con l'ultimo concluderemo qualcosa. Chi è?» chiese speranzoso.
Battei la penna sul nome, mordicchiando il labbro. «Archie Moon.» dissi serio.
Justin sorrise. «A me è piaciuto molto come ha giocato.» ammise sincero.
Jason storse il labbro. «Beh, sì... è un ottimo attaccante, riceve bene, corre altrettanto bene e ha un gran spirito di squadra.» annuì convinto.
Guardai i ragazzi, ad uno ad uno. «Quindi siamo tutti d'accordo? Credo che con una settimana di allenamento assestato, possa riuscire a mettersi in pari con la squadra.» borbottai. I ragazzi annuirono, così gettai un sospiro di sollievo.
«Sì, ma so che è vostro amico. Non potete farglielo presente fino a domani, quando ci sarà l'annuncio ufficiale del coach.» spiegò Justin, puntandoci il dito contro.
Jason alzò le mani in segno di resa, prendendo la sua giacca. «Per carità! Rispettiamo le regole!» disse indignato, salutando tutti con un cenno del capo. Uscimmo fuori dal campo, così Jason prese il telefono e ridacchiò. «Okay, avviso Arch. Dobbiamo festeggiare.» borbottò entusiasta. Ah, le regole! Queste sconosciute.
La reazione di Archie era stata più o meno la mia quando mi dicevano qualcosa d'incredibile. La sua bocca aveva assunto una perfetta forma a "o", i suoi occhi si erano spalancati e aveva la fronte così corrugata che a momenti temevo rimanesse rugosa e rigida. Boccheggiò, per poi annuire freneticamente. «Bene! ehm... perché io? Insomma, si è presentata tanta gente e... sì beh, andavano bene, no?» chiese perplesso.
Annuii, con espressione divertita. «Oh, certo! Avevamo Dobby, Oliver Baston, Capitain America e Ron Weasley che vomitava lumache.» dissi convinto.
Aggrottò la fronte, per poi aprire la bocca per parlare e richiuderla subito dopo. «Ehm... cosa?» borbottò confuso.
Scossi la testa, tirando una boccata di fumo. «Ah, lascia stare. Congratulazioni!» esclamai, ridacchiando.
Alex rise, bevendo una sorsata di Coca-Cola ghiacciata. «Oh, e non dimentichiamo il Rompi Costole, il Sanguinario Carlos e Mister Piscio.» disse, scuotendo la testa.
Archie spalancò la bocca. «Il Sanguinario Carlos? Era un tipo pericoloso?» chiese spaventato.
Jason scosse la testa, facendo una smorfia. «Nah, macché! Ha solo battuto il naso sul muro e sporcato la giacca di Jamie.» alzò le spalle.
Archie fece una smorfia di disgusto. «Oh, questo sì che fa schifo!»
Alzai la giacca schizzata di sangue, annuendo. «Oh già, fa proprio schifo.» borbottai, svoltando verso casa mia.
Archie rise, guardandosi intorno. «Bene! Sono contento di essere in squadra con voi! Come avete intenzione di festeggiare?» chiese entusiasta.
Jason accese una sigaretta. «Per cominciare, andremo a cena da Jamie. Poi ci facciamo due birre in un pub e infine, dormiremo tutti dal grande e nuovo di zecca Kicker!» disse, dandomi una pacca sulla spalla che mi fece sterzare un pochino.
Gli lanciai un'occhiata torva, per poi rimettere lo sguardo sulla strada. «Sì, ma placati. Stavamo rischiando di andare fuori strada.» borbottai.
Archie storse il labbro, perplesso. «Ma non ti uccide tua madre se porti tutta questa gente in casa senza preavviso?» chiese.
Alex rise. «Naaah! La madre di Jamie è Argentina, bello. Più siamo, meglio è.» disse divertito.
Arrivammo a casa mia cinque minuti dopo, cercai le chiavi dentro la tasca, senza successo. Borbottai qualcosa, mentre Alex sospirò pesantemente e premette il dito sul campanello, suonando. Giusto, in effetti avremmo fatto prima. Mia madre ci accolse con un sorriso, per poi guardarci con estrema sorpresa. «Oh, ma quanta gente! Come mai tutti qui?» disse, facendoci passare. «Adam! Abbiamo ospiti! Faccio bene quando cucino un po' troppo, vedi?» urlò dal corridoio, facendo ridacchiare Archie.
«Io credo di adorarla già.» sussurrò al mio orecchio.
Annuii, ruotando gli occhi. «Ah, aspetta di sentirla sbraitare in spagnolo. È tipo un miscuglio tra Satana e Enrique Iglesias.» borbottai, facendolo ridere di gusto. Ci fermammo in cucina, notando che mia madre stava già sistemando i piatti e mio padre la guardava con espressione confusa.
«Cosa sei, un robot?» chiese accigliato, facendo una smorfia.
Lei lo guardò male, facendo la linguaccia mentre Becky la guardava e cercava d'imitarla. «Come mai tutti qui, ragazzi? Si festeggia qualcosa?» disse, sedendosi finalmente a tavola e facendoci cenno di prendere posto.
Annuii, stiracchiandomi. «Archie è il nuovo Runningback!» esclamai contento.
Archie sorrise imbarazzato, schiarendosi la voce, mentre mia madre fece un sorriso enorme. «È fantastico! Ci vuole doppia porzione per Archie, allora.» disse contenta.
Archie scosse la testa, sorridendo con estremo imbarazzo. «Oh, no, grazie. Sono... apposto. È già tanto così.» ammise a bassa voce.
Mio padre lo guardò serio, per poi sorridere leggermente. «Congratulazioni, Archie. Il football farà sicuramente curriculum per la domanda del college. Ma, se volessi goderti la tua gloria da giocatore, ti converrebbe accettare un altro po' di questa carne, altrimenti mia moglie ti uccide.» ridacchiò, facendogli l'occhiolino.
Mia madre balzò in piedi, riempiendogli ancora il piatto. «Non è mai troppo poco! Guardati, tra poco non ti reggi neanche in piedi! Ma cosa mangiano questi giovani di oggi, aria?» disse indignata.
Ruotai gli occhi, guardando sottecchi verso Alex e Jason che ridacchiavano. «Ci risiamo, babe.» sussurrai ad Archie, dandogli una gomitata.
Il pub aveva un odore tremendo di stantio. Arricciai il naso, per via del fetore tremendo, per poi strizzare le palpebre e permettere alla mia vista di abituarmi a vedere meglio al buio. Mi guardai intorno, sconcertato. Sembrava di essere in una taverna stile ottocentesca. Mi sentivo in un tana di Hobbit, in sostanza. Il posto era illuminato da delle misere lampade ad olio, i tavoli in vetro erano pieni di boccali di birra, che venivano tracannati da uomini molto grossi o donne piuttosto ubriache. Il bancone era di legno liscio, sporco di birra e pieno di mozziconi di sigaretta spente in un posacenere nero. C'era una musica stile irlandese, con tanto di gente che ballava in un tavolo in fondo. Il pavimento era cosparso di bucce di noccioline, che venivano mangiate e gettate a terra dai clienti. Arricciai il naso, perplesso. «Jas, ma dove ci hai portati? Al Paiolo Magico?» chiesi, notando lo sguardo di una ragazza, pressoché di vent'anni, che mi bruciava addosso.
Jason rise, scuotendo la testa. «Ma no! È un pub irish style, ispirato anche agli anni ottocenteschi. È figo, e inoltre non è pieno di ragazze che potrebbero farci mollare con le nostre.» disse avanzando verso il bancone.
Alex camminò con sguardo attento, cercando di captare ogni singolo movimento. «Sarebbe perfetto per Shrek o Frodo. Ma di certo non per un gruppo di quattro adolescenti.» borbottò, sorridendo spaventato ad un omone che lo fissava curioso.
Jason ruotò gli occhi, sbuffando. «Vi fidate di me? Hanno la birra più buona della città!» esclamò, andando allegro verso il bancone.
Archie ridacchiò, arricciando il naso. «Lo spero, almeno questa puzza avrà un senso.» sussurrò.
Ci sedemmo negli sgabelli in legno davanti al bancone, cercai di non appoggiare le mani a causa della birra che ricopriva tutto il mobile e spostai lo sguardo su un gruppo di ragazze che ci indicava e ridacchiava. «Anti-corna, dici? Beh, qui sembra che vogliano mangiarti con gli occhi.» sussurrai.
Jason mi intimò a stare zitto, per poi sorridere al barista. «Amico, quattro boccali di birra rigorosamente bionda.» disse, mentre l'uomo si avvicinò a noi. Rimasi ad osservarlo: aveva una muscolatura evidente, una chioma riccia e rossa, simile alla barba e gli occhi piccoli e verdi. Aveva talmente tanta peluria sul viso che le sue labbra erano quasi invisibili. Incrociò le possenti braccia e alzò il sopracciglio sinistro, assumendo la tipica espressione di volesse chiederci i documenti. Poi, scoppiò a ridere, scuotendo la testa. «Quando ricorderai che il mio nome è Berach?» disse, voltandosi per sistemare i boccali di birra. Ruotai gli occhi, sbuffando. Ma dov'eravamo finiti, a Cork? Ci passò i boccali di birra, facendoci l'occhiolino. Lo alzammo in contemporanea, sbattendo i bicchieri l'uno con l'altro.
«Ad Archie e la sua nuova avventura!» dicemmo all'unisono. Portai il bicchiere alla bocca e chiusi gli occhi. Aveva un gusto spettacolare, era la bevanda più buona che avessi mai assaggiato. La tracannai in un sorso e poggiai il boccale sul bancone, sorridendo. «Berach! Un altro giro, offro io!» esclamai, ottenendo l'urlo di approvazione dei miei amici.
Cinque boccali più tardi, il posto in cui eravamo cominciava a piacermi. Archie rideva senza sosta, riprendendo Jason che ballava Ceili dance, sul tavolo in fondo, insieme ad una signora sui quarant'anni. Alex, invece, girava in tondo per la stanza a ritmo di musica, battendo i piedi a tempo e urlando parole invitate per il motivetto con sola base. Io, dal canto mio, ridevo senza alcun motivo e mi reggevo al braccio di Archie, che continuava a reggere a fatica il telefono e rideva come un matto. Non so nemmeno che ore fossero, in realtà. Non ne avevo la più pallida idea e poco m'importava. Strizzai gli occhi, notando che mia madre mi stava chiamando al telefono. Mi allontanai un po', barcollando e uscendo fuori dal locale, tirando su con il naso a causa del freddo improvviso.
«Mamita!» esclamai, ridendo.
«Mamita? Mamita un corno, Jamie! Sono le tre, quando hai intenzione di tornare che domani hai la scuola?» urlò.
Spalancai gli occhi, per poi fare una smorfia e ridere di nuovo. «Le tre? Ops, è tardi. O forse non lo è. Tu che dici? Nah, la notte è ancora giovane!» pronunciai con voce strascicata.
«Ancora giovane? Se vengo lì, ti prendo dai capelli! Torna immediatamente.»
«Queire salir, fumar, beber...» canticchiai HP di Maluma, ridendo.
Fece un profondo respiro, rimanendo in silenzio per un po'. «Okay, tu sei ubriaco! Non puoi guidare così! Dove ti trovi? Passa a prenderti papà.»
«Sono... all'irish pub. Sapevi che gli Irlandesi fanno una birra meravigliosa? È subito fiestaaaaa!» dissi divertito. Mia madre non rispose, anzi, mi chiuse direttamente il telefono in faccia. Feci una smorfia contrariata, per poi fare spallucce. «Questo è maleducato, mamma.» dissi, ridendo e tornando dentro.
Non ricordo molto di cosa successe dopo. L'unica cosa di cui sono sicuro è che, il giorno dopo, ci eravamo svegliati tutti intontiti e con ancora il profumo di birra nelle narici. Era stata una delle serate più belle della mia vita. Peccato che, tornando a scuola, mi accorsi di un fatale errore: Non avevo scritto a Maya per tutta la sera.
-Spazio Autrice
Boh, credo che questo sia uno dei capitoli più disagiati che io abbia mai scritto ahah spero che sia riuscita comunque a strapparvi un sorriso, perché io mi sono divertita un mondo. Alla prossima, gioie! Baci stellari. ❤
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