NEXT DOOR
TRACK 23: FOR THE LAST TIME, Dean Lewis
I remember the dark brown of your eyes
and your olive skin
and the look of sin
Max fissa il soffitto, inquieto. L'abat-jour sul comodino è stato spento e la camera è all'oscuro se non per la finestra che affaccia sulla città, che vista dal letto sembra tanto un cielo stellato.
Nel silenzio, Max riesce a contare tutti i respiri di Ginevra, sdraiata al suo fianco con solo il lenzuolo a coprirla e un braccio poggiato sul petto di lui.
Un braccio, che in quel momento gli sembra pesare come un macigno.
Il pensiero della loro prima volta lo mandava fuori di testa dall'eccitazione, l'idea di dormire insieme, insieme davvero, gli sembrava qualcosa di bello, bello da morire. E Ginevra è bella da morire, anche se guardarla in quel momento quasi gli dà la nausea.
Non doveva succedere, non con lei.
Vorrebbe alzarsi dal letto, ma ha paura di svegliarla. E se si svegliasse dovrebbero interagire normalmente, e lui non crede di averne la capacità, non in quel momento. Se potesse, semplicemente scomparirebbe dalla faccia della terra.
Ma la cosa che lo fa ridere, ridere con amarezza, è che è una bugia. C'è un posto dove vorrebbe trovarsi, c'è sempre stato e sempre lo tormenterà. Per quanto si sforzi, per quanto lo voglia con tutto sè stesso, quella sera ha avuto una triste prova di dove sarebbe dovuto essere.
Ed è un posto difficile, perchè non è fisico e non ci si va semplicemente, senza conseguenze che non vorrebbe e forse neanche riuscirebbe a gestire. Perchè il suo posto non è un posto ma una persona, o meglio è quello spazzietto accanto a quella persona, il confine della sua aurea, non più lontano di dove finisce di sentirsi il suo profumo.
Max strizza gli occhi e arriccia il naso, portandosi la mano che non è incastrata dal braccio di Ginevra sulla fronte, e se potesse se la batterebbe contro. Si impone di spegnere il cervello, dimenticare quei pensieri, staccare tutto e stringersi al braccio di lei e dormire e pregare che l'indomani mattina tuto andrà come deve. Che si sveglierà i colori dell'alba che sorge sulla baia di Monte Carlo, riflettendo le sue luci calde sulla schiena nuda di Ginevra e sarà il panorama più bello al mondo. Andrà a fare il caffè e la sveglierà piano, dolce come sa essere solo lontano da occhi indiscreti, solo con lei, e lo berranno insieme e poi lei gli passerà una mano tra i capelli, lui le bacerà il collo, e poi le spalle con quei piccoli nei che a lui tanto piacciono e faranno sesso, o l'amore, o comunque si dica e lo faranno davvero e sarà straordinario esattamente come se lo immaginava.
Esattamente come sarebbe stato, se non avesse pensato a Daniel. Se non avesse rovinato tutto.
Per un momento pensa di soffocare.
Non respira bene, così prova ad aggiustarsi ma Ginevra mugugna qualcosa, facendo scivolare la mano dal petto ai fianchi. Quella carezza, sulla pelle nuda, gli dà un brivido.
Di nuovo, la valanga di pensieri lo investe e per quanto si imponga di smettere sa che sarà una lunga notte.
Passa un'altra mezzora, più o meno, prima che Max decida definitivamente di alzarsi. Lentamente e con precisione afferra il polso di Ginevra e lo fa scorrere sul suo corpo finchè le sue dita finiscono sul materasso. Poi, con uno scatto felino, salta giù dal letto.
Ginevra si muove appena.
Camminando in punta di piedi, il ragazzo recupera un paio di mutande pulite e si getta addosso una maglietta bianca, poi sfila il cellulare dalla tasca dei suoi pantaloni eleganti gettati per terra ed esce dalla stanza. Senza neanche pensarci, una volta in salone, abbassa la maniglia della porta finestra e la fa scivolare sui binari quanto basta per poter sgattaiolare sul balcone.
L'aria è fredda, ma gli fa piacere. E' quello che cercava. Del freddo che gli congelasse i pensieri, ma non è ovviamente abbastanza.
Respira a pieni polmoni, espira. E nel frattempo, un'idea folle gli attraversa la testa. Neanche un'idea, un'immagine. La raffigurazione di un pensiero stupido, qualcosa che non dovrebbe assolutamente fare.
E al tempo stesso, se non la facesse, cosa risolverebbe? L'unica cosa che sa, è che perderebbe il senno.
Si troverebbe sempre a quel punto, solo sulla terrazza della sua grande casa, con una ragazza nel letto e la testa all'appartamento dall'altra parte del corridoio.
Non sa precisamente quando o cosa lo convince, ma ad un certo punto si ritrova a rientrare in casa e attraversare il salone fino ad aprire la porta d'ingresso. Quando si ferma per mettere la testa nel corridoio, controllando l'eventuale presenza di qualcuno, si rende conto di avere il fiato corto.
E il cuore che batte come un tamburo nel petto.
Arrivato davanti alla porta di Daniel alza una mano e fa per poggiarla sul legno, poi fa un passo in dietro, gira su sé stesso. Cosa stai facendo? si chiede, stringendo i pugni. Si rigira e bussa. Sono movimenti scomposti, disordinati, senza un filo logico.
Max Verstappen, all'una e mezza di notte, in mutande e tshirt e con l'aria di chi ha appena commesso un crimine, attende speranzoso che Daniel Ricciardo gli apra la porta. Perchè? Perchè è completamente fuori di testa. Perchè se non gli aprisse, Max probabilmente andrebbe totalmente in crisi.
E invece la porta si apre.
<<Max>> esclama Daniel, sorpreso. Il salone alle sue spalle è illuminato da una luce calda e lui, in contro luce, ha un'espressione indecifrabile. Indossa ancora i pantaloni dello smoking, mentre la camicia è sbottonata e lascia intravedere la pelle abbronzata del petto <<E successo qualcosa?>> domanda poi, catturando evidentemente l'espressione sconvolta di Max.
Max scrolla le spalle, mentre tutte le parole che aveva anche solo lontanamente immaginato gli muoiono in bocca. Cosa ci fa lì? Non lo sa più neanche lui.
Daniel si fa da parte, facendo segno all'altro di entrare e Max fa solo due passi avanti, quanto basta per essere dentro casa ma vicino alla porta abbastanza da potersi volatilizzare in pochi istanti.
<<Max>> lo richiama il più grande, allungando una mano per poggiarla sulla sua spalla. Il ragazzo però si scosta, come se scottasse. Contemporaneamente, vorrebbe strapparsi gli occhi dalle palpebre perchè si è azzardato ad abbassare lo sguardo sul pezzo di pelle lasciato scoperto dalla camicia.
<<C'è Ginevra di là>> dice, di scatto. Daniel aggrotta le sopracciglia. <<Abbiamo scopato>>
<<Io...>> cerca di rispondere Daniel, restando però con la bocca asciutta <<Sono contento>> riesce ad arrangiare poco dopo.
Max gli scoppia a ridere in faccia, quasi con fare cattivo, cominciando a stringere i pugni.
<<O almeno ci abbiamo provato. In realtà è andata malissimo>> aggiunge il più piccolo, sempre con quel tono da schiaffi <<Ad un certo punto...>> non riuscendo a continuare, lascia la frase a metà e resta a guardare il suo compagno di squadra mentre quest'ultimo cerca come sempre di capire come gestirlo.
Eppure sta volta, sta volta anche Daniel sa che c'è qualcosa di diverso.
<<Ad un certo punto... cosa?>> domanda, rimanendo fermo e impalato ad osservare Max.
<<Il mio... insomma, io non...ad un certo punto... via. non c'è stata più storia. Non ne ha voluto più sapere.>> arrangia l'altro, non volendo esattamente essere esplicito senza un vero motivo. Nel frattempo, anche solo quegli spezzoni innocenti l'hanno mandato nel pallone, facendogli perdere quell'ultimo briciolo di dignità che lo faceva ridere fino a pochi secondi prima. Pensa a quale sarebbe la cosa successiva da confessargli e si morde la lingua. Non farlo. Non farlo. <<E' che ho pensato a te>>
Non sa neanche perchè glie l'ha detto, ma tirando fuori quella frase è come se avesse fatto fuoriuscire un fiume in piena di emozioni accuratamente stipate negli anni. Max, in piedi vicino alla porta, guarda Daniel, che dovrebbe essere quello grande dei due e invece sembra improvvisamente così indifeso, con le spalle ricurve e le labbra leggermente aperte. Così piccolo. Ed anche se Daniel è lì davanti a lui, la mente di Max è altrove. Sta scavando, cerca nei ricordi, nella loro collezione di momenti insieme, una stupida e semplice risposta alle tante domande che improvvisamente gli si affollano nella testa.
E vorrebbe urlare, forse persino piangere.
Sopratutto quando Daniel prova nuovamente a toccarlo e lui decide di non scostarsi. Il riccio fa un passo in avanti, un passo lungo, tanto che il suo addome seminudo è davvero vicino a quello di Max, la mano sulla sua spalla, alla base del collo.
<<Cosa stai dicendo Max?>> mormora Daniel, il viso a pochi centimetri da quello dell'altro. Occhi negli occhi. <<Parlami>> aggiunge poi.
Ma Max fa qualcosa di meglio che parlare.
Anche perchè parole non ne avrebbe.
Max lo bacia.
Con uno slancio le sue labbra si scontrano contro quelle di Daniel, quasi con violenza, e con altrettanta forza gli porta una mano dietro la nuca, impedendogli di muoversi. Sarà stata una mossa egoista. Sarà stato maleducato. Ma per la sensazione di avere i suoi capelli tra le dita e la sua bocca su quella di lui, avrebbe sacrificato qualsiasi cosa.
Daniel resta impuntato, senza avere idea di cosa fare, come comportarsi, di cosa è giusto e cosa è sbagliato. Però ad un certo punto lo fa, apre le labbra e con la lingua va a cercare quella del compagno di squadra. Ed è strano. Strano bello. Quasi gli viene da ridere, pensando agli anni passati insieme, ai livelli di confidenza raggiunti e a quanto sia impacciato invece quel bacio.
Max non riesce a restar fermo, stringe i ricci di Daniel le dita e lo bacia con impeto, con furia, avvicinandosi fino a far scontrare i loro bacini. Sente il respiro di Dan, forte, sul suo viso, quasi un mugugno. Si era sempre chiesto cosa si provasse, a sentire l'eccitazione altrui. Forse avrebbe preferito non avere la risposta.
<<Max>> cerca di chiamarlo Daniel, allontanandosi leggermente e senza subire il minimo effetto visto che l'altro gli si fionda nuovamente contro <<Non possiamo>> ci riprova, con la voce affannata <<C'è Ginevra di là>>.
E come un pugno, finita la scarica di adrenalina che l'aveva spinto a lanciarsi, a scacciare ogni freno inibitorio, la cruda realtà della situazione lo colpisce in pieno viso.
Il ragazzino, con il cuore che gli batte a trecento chilometri orari, lascia scivolare la testa lungo il viso di Daniel, con la barba leggermente spinosa e il suo buon profumo al sandalo. Poggia la fronte sulla sua spalla, si aggrappa con le mani alla sua schiena e comincia a piangere.
<<Non perchè non voglia>> precisa Daniel fingendo sicurezza mente in realtà, dentro, è in mille pezzi. E la voce gli trema. <<Ma perchè non è giusto>>
Anche le mani di Daniel cercano la schiena di Max, ma si infilano da sotto la maglietta e dopo averlo accarezzato lo trattiene contro di sè. La testa gli gira, vorrebbe crollare, vorrebbe che le sue lacrime si mischiassero a quelle di Max, ma sa di dover prendere in mano la situazione. Sa, che se non lo farà lui, Max sarà perso.
Lo lascia piangere sulla sua spalla, in un modo forse masochista quasi gli piace quella scena. <<Lo so>> mormora ogni tanto, <<lo so>>, cercando di consolarlo.
Ma Daniel, che un po' l'ha sempre saputo, ciò che non sa è cosa fare l'attimo dopo, e quello dopo ancora.
Cosa fare dopo che lui e il suo migliore amico, quasi fratello, quasi convivente nonché compagno di squadra si sono baciati. Dopo che ha sentito la sua eccitazione. Dopo che è successo quello che Daniel sperava succedesse dalla prima volta che quel ragazzino con gli occhi chiari è entrato nel box della RedBull.
E non sa neanche se dopo aver scoperto che sapore ha il sorrisino arrogante di Max, potrà mai andare avanti.
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Ciaoooo
Ahhhhhh
Pubblico senza rileggere che se no lo cancellooooooooo
Vvb
Sclero
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