MONACO GRAND PRIX
TRACK 34: FORMIDABLE, Stromae
Tu étais formidable
J'étais fort minable
Nous étions formidable
A Daniel, correre a Monaco non è mai piaciuto più di tanto. Nonostante fosse sicuramente emozionante percorrere quelle strade a trecento chilometri orari, lì non c'è posto per le sue staccatone, o i suoi bei sorpassi puliti, e l'idea di non potersi esprimere al meglio lo infastidisce.
Nonostante ciò, ha vinto a Monaco lo scorso anno. Come? non lo sa neanche lui, visto che ha avuto un problema al motore che l'ha lasciato con molta meno potenza e solo sei marce su otto funzionanti. Eppure, ha vinto. Il che più che gasarlo gli ricorda quanto Monaco possa essere noioso.
Però l'atmosfera è pazzesca.
L'australiano passeggia per il paddock sorseggiando un integratore, con la tuta mezza abbassata e un sorriso forzato suo viso. Anche se è lì e come sempre si sforza di apparire simpatico e spiritoso davanti a tutti, nella sua testa rivive in loop le scene della scorsa notte.
Come gli è venuto di dire quelle cose a Ginevra?
Neanche ricorda le precise parole con le quali si è espresso, il che lo manda ancora di più nel panico. Aveva rovinato tutto? O lei avrebbe preso in considerazione l'idea di ricominciare come buoni amici?
Per il momento l'ago della bilancia propende sull'aver rovinato tutto visto che di Ginevra ancora non si vede l'ombra, che la gara comincerà a breve e che Max sembra sempre più uno schizoide. O meglio, i suoi sono comportamenti da persona normale, ma non sono da lui. Persino Christian, che da mesi odia Daniel come non odia neanche Toto Wolff, era andato a cercarlo quella mattina per chiedergli perchè Max fosse improvvisamente diventato Madre Teresa di Calcutta.
Daniel non si era neanche azzardato a chiedere cosa avesse fatto, meglio restare nel dubbio, né aveva risposto, fingendo che Charles lo stesse chiamando dall'interno del box Ferrari. Cosa che, tra parentesi, aveva fatto incazzare Christian ancora di più visto che il suo povero team manager non sapeva ancora quale sarebbe stata la futura scuderia di Daniel e ogni volta che lo vedeva passare davanti a quel box rosso gli prendeva un coccolone.
Comunque, Daniel aveva anche approfittato di quella finta per andare davvero da Charles a chiedergli se avesse per caso sentito Ginevra quella mattina. Il principino, dopo un'occhiata ragionata, gli aveva detto che no, non aveva sentito Ginevra, perchè avrebbe dovuto sentirla?
La cosa a Daniel puzzava parecchio, ma meglio non andare ad infierire considerando che quel poveretto di Leclerc aveva altre cose a cui pensare vista la brutta strategia in qualifica che gli è costata un sedicesimo posto in griglia.
Se fino alle dodici la sua mattina era stata tragicomica, la vena di comicità muore quando dopo la passeggiata nel paddock rientra nel suo box, butta la bustina dell'integratore e lancia uno sguardo verso Max. Il suo pilota preferito è seduto su una delle sedie accanto alla sua macchina, ma anziché osservare i meccanici lavorare come spesso gli capita di fare, fissa il vuoto. Ed è con falsità che mette su un sorriso quando Christian lo va a chiamare per dirgli che il figlio di qualche VIP vuole conoscerlo.
Max non è mai stato falso, e Daniel non capisce perchè in questo momento non può semplicemente sbottare e dare di matto come sempre. Sarebbe più vero. Daniel saprebbe gestirlo, lo fa dal primo giorno. Con questo Max però, Daniel ha persino paura ad avvicinarsi. Paura non di farsi male, ma di far male a lui, di rompere un equilibrio precario e mandare in frantumi i suoi sforzi di apparire tranquillo, normale.
È così difficile, amare qualcuno come Max.
Sembra sempre come salire i gradini di una scala malmessa, senza sapere se ad ogni nuovo passo sopravviverà o cadrà nel vuoto, e nonostante questo, essere preoccupati più per la scala che per sé stessi.
In quel momento però Daniel può stare solo fermo a guardare, sperando in Ginevra, e in alternativa nel passare del tempo. Sperare che tutto tornerà al proprio posto, anche a costo di rinunciare a quella parvenza di felicità vissuta in quei momenti rubati al mondo.
<<Dan, vieni, abbiamo pronte le modifiche che ci hai chiesto>> lo richiama ad un certo punto Mike, uno dei suoi meccanici, piegato davanti alla ruota anteriore della RedBull numero 3. Daniel scuote la testa, tornando in sè e ringraziando di avere finalmente qualcosa da fare nonostante persino quell'aspetto della sua vita sia diventato frustrante.
Dan sta in quel box e si chiede come farà a lasciarlo, a cambiare casacca, a cambiare team, a cambiare compagno di squadra. D'altro canto, lì lato non vede futuro e l'idea di un mondo dove lui non guida con il piacere di guidare e la serenità necessaria lo distrugge.
L'anno prossimo saprà se la scelta è stata giusta, o se dovrà pentirsene per sempre.
Daniel rimane impegnato con il gruppo di meccanici fino all'ultimo momento, e rivede Max solo dopo che le macchine sono sistemate in griglia di partenza. Fiducioso gli si avvicina, ed anche se ogni volta che si ritrova davanti a quegli occhioni blu vorrebbe allungarsi e baciarlo, si limita a sorridergli. Sorridergli davvero.
<<Buna gara Maxie>> mormora, allungando la mano con la quale non tiene il casco per dargli un buffetto sul collo.
Anche Max gli sorride, ma gli manca quella scintilla di sempre e a Daniel si spezza un po' di più il cuore.
<<Anche a te>> risponde il più piccolo, facendo un occhiolino e andando a posizionarsi vicino alla sua macchina, sulla seconda casella.
Daniel parte in seconda fila, ed ha Sebastian Vettel accanto.
Una volta dentro la macchina alza gli occhi al cielo, per quanto il casco e l'imbracatura glie lo permettono, e osserva la gente sugli spalti, i palazzi della città alle loro spalle, immagina il mare oltre le barriere, poi alza di poco la visiera e tira un grosso respiro. Ogni Gran Premio ha un proprio odore, fatto del modo in cui la benzina si conforma alle particelle della città, e quello di Monaco è speciale.
Monaco è speciale.
Monaco gli permette di essere Daniel l'australiano, con la sua famiglia australiana e il suo accento strano e la collezione di jeep di suo padre, ma anche Daniel il monegasco, con le belle macchine e Max come famiglia.
Monaco sarà per sempre il loro posto.
E lo rende triste non potersi godere appieno l'atmosfera, al suo fianco, come hanno sempre fatto. Ma dovrà pensarci dopo, perchè sta per cominciare il giro di formazione.
Qualche minuto dopo, lights out and away we go.
Ginevra stringe contro il petto il pass, mentre cammina aventi e indietro a pochi metri dall'entrata del paddock. Il rumore delle macchine che corrono per la città le impedisce persino di pensare, il che da un lato potrebbe essere meglio.
Se fosse razionale brucerebbe quel pass, darebbe le spalle al circuito e si prometterebbe di non avvicinarsi mai più ad un pilota. Invece una parte di lei è disposta a mettere tutto da parte, entrare nel paddock e fiondarsi nel box RedBull. Non solo è disposta, una parte di lei vuole rivedere Max. Anche solo per dargli del coglione, Ginevra sente l'irrefrenabile bisogno di stare davanti ai suoi occhi e guardarlo anche solo per un'ultima volta.
Forse potrebbero davvero essere amici, come ha detto Dan. Se nessuno può fare a meno dell'altro allora non dovrebbero scegliere.
Ma potrebbe mai funzionare una cosa del genere? Esiste qualcuno che ce l'ha fatta? E' anche solo lontanamente sopportabile l'idea di essere solo amico della persona che ami, e che ti ama, ma che contemporaneamente ama un altro che lo ama a sua volta? Fa venire il mal di testa anche solo a pensarci.
<<Verstappen non molla, insegue Hamilton ormai da più di venti giri e ad ogni giro toglie un decimo. Ma non sarà facile per lui, Hamilton sta guidando con estrema perfezione e se le sue uniche chance sono sperare che Hamilton sbagli, beh...>>
Le parole del commentatore sugli spalti vicini sono l'unica cosa più forte del motore, e del cuore pulsante di Ginevra che le rimbomba nelle orecchie.
Me ne vado, si dice. Lei starà meglio senza di loro, un giorno. Troverà qualcosa di più forte di ciò che le ha dato Max, qualcosa di più eccitante di quel mondo, delle macchine, dei trecento chilometri orari, anche qualcuno da amare più di quanto ami l'idea di poter perdonare tutto e tornare tra le braccia del suo olandese. E' così che funziona. La vita va avanti, e magari ci saranno strade migliori, futuri più adatti, più felici. Non che ci voglia tanto per essere più felice di quanto lo sia Ginevra in quel momento, ed è giusto ricordare che se si sente così è colpa di Max.
Lui l'ha resa la persona più felice al mondo, e l'attimo dopo le ha tolto tutto.
Ginevra si infila il pass nella tasca del giubbotto e si lascia l'entrata del paddock alle spalle, camminando per allontanarsi da lì anche senza una meta. Non le importa andare da qualche parte, vuole solo camminare abbastanza da non sentire più il rumore delle auto, o le grida del commentatore.
<<E Verstappen ci prova! Non chiude il sorpasso ma si è fatto vedere, Hamilton sa che è lì, e che ci riproverà. Alle loro spalle, la lotta per il terzo posto tra un Vettel finalmente in forma e un Daniel Ricciardo forse alla ricerca di un riscatto dopo l'ordine di scuderia della scorsa gara. Che peccato che Leclerc sia fuori da questo spettacolo>>
La ragazza resta in ascolto, rallentando il passo.
E se Max vincesse?
Ginevra vorrebbe vederlo vincere. Non dovrebbe, ma vorrebbe tanto.
Mentalmente si manda a quel paese, ma subito dopo torna sui suoi passi, imbarazzata, fino a raggiungere nuovamente l'entrata del paddock. Potrebbe entrare, trovare uno schermo dove vedere la gara e rimandare ancora per un po' la decisione. Nessuno potrebbe dirle niente.
Istintivamente mostra il pass ai ragazzi all'entrata, che la guardano ridacchiando.
<<E' la scelta giusta>> le dice uno dei due, che l'ha osservata fare avanti e dietro per tutto il tempo. Ginevra sbuffa, sarcastica.
<<Certo, fosse così facile>> risponde, riprendendosi il pass e mettendoselo al collo.
<<Vuoi che ti accompagni al box?>> domanda l'altro, più gentile e meno invadente. Ginevra scuote la testa. Non ha intenzione di fiondarsi lì, non subito almeno.
Cammina per il paddock a testa bassa, senza una meta precisa. Potrebbe affacciarsi in Ferrari, Charles è uscito al decimo giro e magari gli farebbe piacere un po' di supporto. Charles però non c'entra con quello che sta facendo lì, ed è forse meglio lasciarlo fuori.
Finisce a fermarsi a pochi passi dal box della RedBull in realtà, dove ha la vista chiara su uno dei teleschermi. Si poggia con la schiena conto il muro e incrocia le braccia sul petto dopo essersi sistemata gli occhiali da sole sul viso. Ha ancora sei giri per capire se andare via da là o rimanere, nel mentre sente un buco nello stomaco vedendo Max dare tutto per prendersi quella prima posizione. Lei crede in lui, e questo niente potrà mai cambiarlo.
Alla fine Max non la vince la gara, non solo, si becca anche cinque secondi di penalità che comunque non riescono a scalzarlo dal secondo gradino del podio. Daniel invece non ce la fa a conquistare il suo posto tra i primi tre, rispettando così le stesse posizioni della partenza.
A Ginevra hanno sempre detto che il Gran Premio di Monaco è più storico che emozionante, e considerando che non c'è stato neanche uno scambio di posti tra le prime file probabilmente dovrebbe dar ragione a quelle voci, eppure la speranza era così accesa dentro di lei da renderla quasi la gara più bella che avesse mai visto.
Il paddock si riempie improvvisamente di gente, e la ragazza sa benissimo che dovrebbe andar via se non è disposta a parlare con Max, ma il tempo passato a guardare la gara non l'ha aiutata a schiarirsi le idee e non riesce davvero a scollarsi dallo schermo che segue i movimenti e le interviste dei primi tre classificati.
Quando Max sale sul podio, Ginevra finalmente comprende quello che hanno provato a dirle Charles e Daniel negli ultimi giorni. Capisce la loro preoccupazione, biasima persino Daniel per essere andata da lei a dirle quelle cose la scorsa notte. Il suo bel pilota olandese, dal secondo gradino, si guarda attorno e sembra totalmente assente. Spento, persino le sue interviste sono state sobrie, mentre Ginevra si sarebbe aspettata entusiasmo per il secondo posto o, ancora più da lui, rabbia per quella penalità di cinque secondi.
E invece niente.
Quel vuoto fa ancora più paura dei suoi scatti di rabbia, quei suoi momenti che ha solo raccontato a Ginevra e dai quali ha sempre cercato di tenerla fuori per paura che si spaventasse, ma che lei preferirebbe mille volte rispetto a questa scena. E lei in fondo sa, dal primo momento in cui ha incrociato quello sguardo di Max sullo schermo, di dover rimanere. Di voler rimanere.
Ora non sa come fare però, non sa cosa dirgli, come comportarsi, non sa neanche se è il caso di entrare nel box o meno, non sa come reagirà lui, se riserverà quello sguardo anche a lei, e se lei riuscirà a sopportarlo.
Ginevra ha tante cose da rinfacciargli, tante urla che vorrebbe far uscire per poter finalmente ricominciare a vivere, ma decide di trattenerle ancora per un po', solo un po'.
Lo aspetta di fronte all'uscita dei box, con una mano a tormentarsi il labbro inferiore e l'altra nella tasca del pantalone, cercando di nascondere il loro tremolio. Si sente satura di emozioni, in procinto di svenire. Fuma una sigaretta, ma non è d'aiuto, le fa solo venire un giramento di testa. Eppure si sente viva, viva come non lo era da giorni, viva solo come Max ha sempre saputo farla sentire.
Si può provare qualcosa più forte di questo? Più dell'attesa, dell'aspettativa, del ritrovarsi?
Ginevra si dice che no, non riuscirà mai a provare tante sensazioni pesanti e diverse come in quel momento.
Però poi Max esce dal box, e non c'è più l'attesa a dividerli ma solo uno stupido spazio d'aria e un muro fatto da un lato di rimorsi e dall'altro di rabbia che però si infrange non appena lui alza gli occhi da terra e la vede.
Quella scarica di elettricità, quanto le era mancata e quanto la fa sentire stupida aver pensato che l'attesa potesse essere più forte di quello, più degli occhi di Max che incontrano i suoi, più del suo corpo che reagisce alla presenza di lui.
Ginevra fa un passo verso Max e si blocca, totalmente nel panico, ma è quello che basta a quest'ultimo per capire che lei è davvero lì per lui. Cammina verso Ginevra, prima lentamente, poi come se avesse paura che potesse sfuggirle da un momento all'altro. Lei resta a guardarlo, catturando tutta l'aria possibile prima che finisca una volta che lui le sarà davanti.
Max non rallenta neanche quando è ormai a pochi passi da lei, anzi la investe con forza prima di stringerla nella morsa delle sue braccia, facendola sbattere contro il suo petto e trattenendola lì, impedendole di scappare. Anche se scappare, è l'ultima cosa che Ginevra vorrebbe fare in quel momento.
Allarga anche lei le braccia per stringerle attorno alla schiena di lui, ancora fasciata dalla tuta ruvida. Le era mancato quell'odore, le era mancata quella sensazione, le era mancato Max più di quanto si sarebbe mai potuta aspettare.
Per questo lo stringe, ogni momento un po' di più, e lui fa lo stesso, piegando il collo fino a far scivolare la fronte sulla spalla di Ginevra. Annusa i suoi capelli, sente il corpo di lei sotto il palmo della mano, non è un sogno, e questa consapevolezza basta a farlo scoppiare.
Ginevra si accorge che Max sta piangendo quando un singhiozzo lo scuote. Non ci crede però, finché lui non strofina il viso sulla sua spalla e qualcosa le bagna il collo.
<<Ei>> mormora allora lei stringendo, se possibile, ancora di più la presa. Un altro singhiozzo silenzioso lo scuote <<Max, ei>>
<<Sono una persona cattiva>> sussurra allora Max, vicino al suo orecchio, con la voce rotta <<Ma mi sei mancata così tanto>>
In quel momento, le stupide toppe che Ginevra aveva con cura riposto sul suo cuore cedono definitivamente e lasciano che si frantumi nuovamente in mille, diecimila pezzi.
Lui non poteva dirle quelle cose, lui non poteva farla sentire così, eppure anche lui le era dannatamene mancato.
<<Sono arrabbiata>> risponde lei, sincera, ma con un tono così dolce che chiunque avrebbe potuto scambiare quelle parole con un ti amo <<Ma mi sei mancato anche tu>>
Max non risponde, rimanendo aggrappato a lei mentre cerca di calmarsi. In quel momento sente qualsiasi cosa e qualsiasi cosa lo ferisce, ma lo rende anche felice.
È quasi completo.
Manca solo l'altra parte di sè, che lui non vede, ma che Ginevra intercetta quando sposta il viso dal petto alla spalla di Max. A pochi passi da loro infatti, Daniel li osserva con un sorriso amaro sul viso. Ma è pur sempre un sorriso di Daniel, quindi sincero e bellissimo.
Ginevra si sorprende della naturalezza con la quale stacca una mano dalla schiena imponente di Max e fa segno a Daniel di avvicinarsi, rispondendo al suo sorriso. Il ragazzo australiano rimane spiazzato a sua volta, ma dopo qualche attimo di incertezza comincia a camminare verso di loro.
Max è ancora di spalle, così quando un'altra mano gli scompiglia i capelli sulla nuca quasi si spaventa, alzando il viso dall'incavo del collo di Ginevra senza però mollarla di un millimetro.
<<Vuoi dovete fare sempre cose plateali nel paddock, eh>> li riprende Daniel, sfilandosi subito dopo il cappellino con la visiera per infilarlo sulla testa di Max, aiutandolo a coprirsi il viso. Deve essersi accorto anche lui delle lacrime.
<<'Fanculo tutti>> è la gentile risposta di Max, cosa che inevitabilmente fa sospirare gli altri due ragazzi.
<<Sei tornato, Maxie>> attesta Daniel, facendo un occhiolino a Ginevra che Max non coglie, troppo intento ad asciugarsi le lacrime senza dare nell'occhio. <<Ora mi dileguo, ma ti ricordo prima che venga Christian a dirtelo che devi andare a fare le interviste>>
<<Dan, aspetta>> lo richiama Ginevra, allungando una mano per afferrargli un lembo della tuta e trattenerlo. L'altro braccio lo tiene ancora attorno a Max, quasi avendo paura a lasciarlo. <<Credo che dovremmo parlare, noi tre>>
Daniel ricambia il suo sguardo e annuisce, risoluto, mentre il pilota olandese guarda prima il suo compagno di squadra, poi Ginevra e vive versa, sospettoso.
<<Appena finiamo qui ci andiamo a bere una cosa>> propone Max, la cui voce è rimasta un po' roca <<Così potrò dimenticare quanto sono sembrato un bambino in questo momento e sopratutto capire come mai voi due vi parlate, ma non parlavate con me>>
<<Lunga storia>> risponde Dan e Gin, contemporaneamente, mormora un <<Ma tu sei un bambino>>
Daniel si dilegua con un sorriso, mente Max si prende un attimo in più per rimanere attaccato a quella scena che sembra ancora più un onirica che realtà.
Si allontana da Ginevra così da poterla guardare meglio, mentre con le mani le accarezza la schiena fino a farle risalire sulla nuca, tra i capelli. Tiene il suo viso così, tra i suoi palmi, rimanendo in contemplazione e lei ricambia il suo sguardo con una tale intensità che quando lo distoglie sente un giramento di testa.
<<Per favore, non andare via>> mormora lui, a cuore aperto.
Ancora, se Ginevra fosse stata un'altra persona, sarebbe dovuta andar via.
Ma Ginevra Giotti è Ginevra Giotti.
E Ginevra Giotti ama Max Verstappen.
<<Probabilmente non lo farò>> gli risponde, accennando un sorriso divertito. Max scuote la testa, sorridendo a sua volta.
<<Allora probabilmente non ti toglierò gli occhi di dosso. Per assicurarmi che tu non sparisca>> le dice, prima di allungarsi per lasciarle un innocente bacio sulla guancia e raggiungere la zona stampa.
Max non le toglie davvero gli occhi di dosso per tutto il tempo delle interviste, non che lei riesca poi a farne tanto a meno. Ogni tanto Ginevra si azzarda a distogliere lo sguardo mentre passeggia nel paddock, poi si rigira e Max è lì a guardarla, e lei ride.
Le interviste prendono tanto tempo, e altrettanto ce ne vuole ai ragazzi per cambiarsi e presenziare ad un breve briefing. Quando Christian dichiara ufficialmente finito il weekend di Monaco, un capitolo chiuso con una certa soddisfazione, Max quasi si mette a correre per tornare dove ha lasciato Ginevra.
Poi si focalizza un attimo sui passi alle sue spalle, su Daniel.
<<Hai parlato tu con Gin>> afferma non appena finisce la scalinata dell'hospitality, mettendo in ordine qualche pezzo del puzzle.
<<Non importa>> risponde il più grande, raggiungendolo e poggiandogli una mano sulla spalla.
Per Max, quella è la conferma. È stata opera di Daniel. Ancora una volta, Daniel si è sacrificato per lui.
Noi tre, aveva detto Ginevra, parlando dei piani per quella sera.
E quel noi tre, suonava dannatamente bene.
Quando raggiungono Ginevra comincia una discussione su dove andare, considerando che la città è in festa e che sia Max che Daniel sono sulle liste dei più importanti eventi della città.
Max non si capacita di come siano arrivati a decidere, tra tanti posti, di andare a Chez Edgar, ma vista già la situazione paradossale si risparmia almeno di fare storie sul posto - anche se continua ad odiare Chez Edgar-.
Il locale sotto casa di Max e Daniel è a pochi isolati dall'uscita del paddock, che nel frattempo si è quasi totalmente svuotato.
<<Avrei potuto vincere>> continua a ripetere Max lungo il tragitto, mentre cammina con Ginevra al fianco e Daniel qualche centimetro più avanti che scuote la testa. In realtà il solo fatto di essere lì, con loro due, rende quel mancato primo posto quasi insignificante.
<<Lo so>> dice Daniel per l'ennesima volta, cercando di placarlo <<E io avrei potuto passare Vettel, ma è Monaco. Lo sai che finisce sempre così>>
Ginevra, che fino a pochi mesi prima non sapeva che Max fosse un pilota nè capiva qualcosa di formula uno, pensa che nessuna discussione le è mai parsa più piacevole di quella. In realtà, neanche nessuna passeggiata sarebbe mai stata paragonabile a quella. Paradossalmente, si rende anche conto forse per la prima volta che nessuno strano incontro di accenti - uno australiano, uno olandese e uno francese - le sarebbe suonato meglio di quello.
Pensa anche che quelle considerazioni sono davvero stupide, visto che avrebbe dovuto odiarli. Che ci può fare però ? Le sensazioni hanno da tempo preso il sopravvento.
Daniel entra per primo nel locale e tiene la porta aperta per gli altri, mentre con l'altra mano cerca di attirare l'attenzione di una cameriera.
<<Fantastico, c'è una serata karaoke>> nota Max, leggendo il manifesto appeso ad una delle colonne di mattoni al centro del locale. Si sorprende anche di essere riuscito a distinguere le parole vista la luce bassa del posto.
<<Non ti lamentare, magari sarà divertente>> lo riprende Ginevra, non troppo convinta di quell'affermazione ma con la voglia di contraddire Max. Quest'ultimo la guarda di traverso e scrolla le spalle, i suoi occhi chiari riflettono le lucine che corrono tutt'intorno le pareti del pub.
Daniel riesce a procurare loro un tavolo, questa volta purtroppo non nella saletta appartata di quando Victoria gli aveva teso l'imboscata ma anzi a poca distanza dall'improvvisato schermo sul quale vengono proiettati i testi del karaoke.
Si siedono attorno al tavolo di legno e senza neanche aprire i menu Max ordina alla cameriera vicina una bottiglia di vino rosso. Buono. Forte.
<<E prima di cominciare a parlare di cose serie la finiamo, grazie>> specifica poi, guardando gli altri ragazzi attorno al tavolo per qualche istante.
<<Anche dopo la seconda>> aggiunge Daniel, sorridendo con un leggero imbarazzo che Ginevra trova molto tenero. Le piace come nonostante sia più grande di loro - di quanto, sei? sette anni? - sia in realtà quello quasi più innocente.
La ragazza ride, sorpresa di ritrovare il suo stesso impaccio anche negli altri due.
Nessuno sa cosa dire, come dirlo, nè cosa fare. Sopratutto, aleggia la paura che qualsiasi parola sia quella sbagliata, che tutto possa rovinare quella strana e delicata intesa che si è creata.
La bottiglia arriva e prima ancora che la stappino un tale comincia a cantare una canzoncina pop, risultando neanche troppo male. Mentre sorseggiano i primi calici, Daniel commenta come sia in realtà rimasto deluso dalla prestazione della Ferrari visto che è riuscito a mettere pressione a Vettel per tutta la gara.
<<Almeno Vettel era a podio, Leclerc non so neanche che fine abbia fatto>> dice Max, riempiendo già per la seconda volta il suo calice e tenendo la bottiglia alzata per incitare Ginevra a finire il suo.
<<Mi sa che la rimonta gli ha dato qualche problema>> risponde Daniel, contemporaneamente applaudendo al cantante che se ne esce con un acuto da professionista.
<<Si è toccato con Hulkemberg>> puntualizza Ginevra, che ha appreso l'informazione dal commentatore mentre si domandava ancora se entrare o meno nel paddock.
<<Ma che peccato, indovina ora chi continua ad essere il giovane migliore in pista>> dice Max, sarcastico e puntando subito dopo il dito contro il proprio petto.
<<Ma sta' zitto>> lo sfotte Daniel, dandogli uno schiaffo sulla spalla.
<<Charles ci tiene a te, e sappi che sono arrabbiata anche per come hai trattato lui in Spagna>> lo riprende la ragazza, mordendosi la lingua non appena Max la fulmina con lo sguardo.
<<Come fai a sapere che Leclerc tiene a me?>> domanda l'olandese, alzando un sopracciglio.
Daniel, annusando aria di tempesta, fa un altro giro di vino nei calici.
<<È stato molto carino con me, abbiamo parlato, mi è stato vicino>> Ginevra decide di andare in fondo, nonostante lo sguardo di Max si faccia sempre più severo.
<<Ti è stato vicino in che senso?>> sibila allora, approfittando del silenzio improvviso e sporgendosi verso di lei. Poggia i palmi aperti sul tavolo e tiene gli occhi spalancati, dicendosi anche che sarebbe meglio non arrabbiarsi ma senza riuscire davvero a trattenersi al pensiero di come il principino sia stato vicino a Ginevra.
<<Non penso tu possa essere nella posizione di fare storie>> controbatte Ginevra, imitando la sua posizione tesa fino ad arrivare ad un palmo dal naso di lui e affilando lo sguardo.
<<Shhh>> li riprende Daniel, afferrando le braccia di entrambi <<La canzone>>
Ginevra decide di lasciar perdere, spostando l'attenzione su Daniel che guarda in alto per concentrarsi e catturare le note iniziali dell'imminente performance.
<<È Mina>> attesta Ginevra, guadagnandosi un'occhiata compiaciuta dell'australiano.
<<Io amo questa canzone>> si fomenta Daniel, sbattendo un pugno sul tavolo e forse gridando un po' troppo. Accompagna il tutto buttando giù un bel sorso di vino.
<<Conosco ogni parola di questa canzone>> dice la ragazza, facendogli un occhiolino. È italiana. È vintage. Come poteva non conoscerla? <<Mia nonna la adora>>
Nel frattempo, una donna comincia a cantare.
<<Anche mia nonna>> risponde l'altro, con un sorrisone <<Sono state le prime parole in italiano che ho imparato>>
<<Io non ho mai sentito questa canzone>> annuncia invece Max, facendo spallucce e abbandonando la sua posa allungata verso Ginevra per spallarsi sulla sedia <<E non capisco neanche una parola di italiano>>
<<Lo sai Gin, io sono mezzo italiano>> dice Daniel, per poi rivolgersi a Max <<E tu, vergognati!>>
<<Lo sai cosa blatera sempre mio nonno sugli italiani? con l'amore e con le macchine, siamo i migliori>> dice lei, che mai si sarebbe immaginata di arrivare a citare Nonno Domenico.
<<E ha dannatamente ragione>> risponde l'altro, scostando improvvisamente la sedia e alzandosi in piedi. Allunga una mano verso la ragazza, mentre le ultime note della strofa stanno per sfociare nel famosissimo ritornello.
Ginevra, senza pensarci due volte, afferra le mani di Daniel e si lascia tirare su, finendo tra le sue braccia nell'esatto momento in cui la voce di lui si apre in un poco intonato <<se telefonando io, potessi dirti addio, ti chiamerei>>
Ginevra ride, ride della voce convinta ma stonata di Daniel, ride della situazione, ride delle sue braccia che la stringono e la fanno ondeggiare.
Dalle loro spalle arriva un applauso, e qualcosa le dice che non è per la poveretta che canta davvero ma per l'australiano che canta in un più che discreto italiano.
<<Se io rivedendoti fossi certa che non soffri, ti rivedrei>>
Canta anche Ginevra con lui, in modo altrettanto buffo, ma sentendosi così improvvisamente spensierata da non volersi perdere niente di quell'attimo. Sopratutto quando Daniel le toglie un braccio di torno per indicare Max e fargli segno di raggiungerli.
Il ragazzo li guarda imbarazzato ma con un sorrisone che Ginevra non gli aveva mai visto.
<<Se guardandoti negli occhi sapessi dirti basta, ti guarderei>>
Daniel deve insistere, ma contro ogni aspettativa Max si alza dalla sua sedia e cammina verso di loro, poi allarga le braccia e con uno circonda la schiena di Ginevra, con l'altro le spalle di Daniel.
<<Ma non so spiegarti che il nostro amore appena nato, è già finito>>
Max non riesce a catturare la vena di tristezza della canzone, Ginevra e Daniel sì, e comunque non riescono a sentirla davvero loro. Se anche dovesse esserci della tristezza, in quel momento, sarebbe tanto dolce da volerci naufragare.
Ondeggiano per tutta la strofa dopo, e cantano il ritornello successivo, senza pensare a chi li circonda, o a cosa succede tra loro, a quelle sensazioni che trattengono nel cerchio che creano le loro braccia.
Non ci sono regole in quel momento, nè parole adatte, nè logica morale. Solo tre persone, che forse dovrebbero odiarsi, e che invece ondeggiano sulle note di una delle canzoni più belle del mondo.
Ci saranno altri momenti per parlare, per capire, per definire, per ragionare. Ma quel momento è altro.
Quel momento, come direbbe Daniel, è qualcosa di bello.
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