EXTRA || SPAGNA 2016
Daniel Ricciardo è sempre stato un ritardatario, ma quel giorno sta facendo decisamente del suo meglio. Christian lo voleva alle otto e mezza in pista per un briefing prima delle prove libere, sono le nove però e Daniel sta ancora correndo per il paddock del circuito spagnolo per cercare di arrivare nel box prima di superare il livello massimo di sopportazione del suo Team Principal. E di Helmut Marko, che è arrivato con largo anticipo rispetto al solito per il grande evento di quel gran premio.
Il suo pupillo, Max luce dei suoi occhi Verstappen, avrebbe corso il suo primo weekend sulla monoposto del suo top team.
Christian teneva particolarmente a quel briefing anche perchè sarebbe stato il momento in cui il nuovo team RedBull Racing si sarebbe ufficialmente consolidato e forse, forse, Daniel stava facendo particolarmente tardi proprio per quello.
Deve ancora decidere come sentirsi a riguardo. Insomma, il suo compagno di squadra è stato spazzato via come un granello di polvere dopo quattro stupide gare da mediocre. Cacciato senza ritegno per fare spazio alla nuova generazione di campioni.
Questo cosa faceva di lui? Cosa rendeva la sua posizione più salda di quella di Daniil? Avrebbero fatto anche a lui una stupida chiamata, un giorno qualsiasi nel pieno della stagione, per dirgli che non c'era più posto per lui? Che doveva retrocedere in Toro Rosso? Non l'avrebbe sopportato. Daniel amava la RedBull, i suoi meccanici, la sua bella macchina, persino Christian Horner, e non voleva assolutamente perderli. Non voleva perdere neanche il suo compagno di squadra però, invece il fuori di testa del Paddock probabilmente in quel momento aveva già le chiappe sulla vecchia macchina di Kvyat.
L'australiano è arrabbiato, ecco cosa.
Non è un'emozione che gli appartiene quindi non sa bene come esprimerla, ma è ovunque. Nel suo eccessivo ritardo, nella maglia termica nera che indossa al posto di quella sua solita bianca, nella piega rigida di quelle labbra famose per regalare i sorrisi più belli del circus.
Gli sarebbe passata, anche presto probabilmente. La sua corsa verso il box, però, è così. Piena di brutti pensieri, incertezze e rabbia sotto il sole alto nel cielo spagnolo.
Quando entra nel box Christian quasi non gli getta le mani al collo. E' così in ritardo che non riesce neanche a beccare il suo compagno di squadra, la cui macchina esce in pit lane per l'inizio delle prove libere.
<<Muoviti entra in macchina, ti spiego via radio i programmi>> borbotta Christian, afferrando la spalla di Daniel e tirandolo fin quasi a farlo entrare nell'abitacolo della monoposto. Gli lancia persino il casco, che grazie ai riflessi pronti l'australiano riesce ad afferrare al volo.
Il lavoro durante le prove per fortuna è leggero perchè la testa di Daniel, in realtà, è tutt'altro che focalizzata sulla pista. Trova più volte la macchina di Max negli specchietti, sorprendendosi ogni volta di vedere quel trentatré sul muso. Così simile al proprio numero, così diverso da quello del vecchio compagno.
Probabilmente il fatto che sia Max ad aver sostituito Daniil contribuisce a renderlo arrabbiato, e nervoso. Chiaramente Daniel lo conosce, anche se mai da soli si sono trovati diverse volte a parlare nel paddock, o agli eventi Red Bull. Combinazione ogni volta qualcosa faceva sbottare Max, che di conseguenza girava sui tacchi e spariva dalla circolazione. Questo non aveva certo contribuito a dare una bella impressione del giovane olandese. O belga. O di qualunque nazione fosse il biondino scontroso.
Daniel era amico di tutti nel paddock.
Max invece era un'incognita per lui.
Lo rendeva persino nervoso. Come non esserlo, visto che era forse l'unica persona al mondo a non ridere alle sue battute. Non solo. Aveva anche paura che da un momento all'altro potesse dargli una testata, o un pugno, o cominciare a spaccare cose. Quegli occhi azzurri, tanto chiari quanto instabili, davano l'impressione di essere succubi costantemente del caos che si sprigionava perennemente in quella testolina. Incorniciati da un'espressione da stronzetto, ti guardavano e non riuscivi mai a capire se stesse progettando come farti male o magari quello fosse il suo modo di reagire alle battute. Gran bel modo di merda.
Ed era diventato il suo compagno di squadra.
<<Lo sappiamo che sono solo prove>> gli comunicano in radio, preannunciando una critica <<Ma potresti mostrare un po' più di interesse. Max ci dà più soddisfazioni di te, ed è il suo primo giorno>>
Chiaramente, Max doveva anche essere un astro nascente. La nuova promessa della Formula Uno. Quel nome che la gente avrebbe associato alla parola leggenda per decenni.
Dannato Max Verstappen.
Le prove libere, nonostante Daniel fosse più assente che altro, non vanno così male come si aspettava. Alla fine riesce a darsi una regolata, spinto anche dalla competizione e dalla necessità di salvarsi il culo. O meglio, quello che c'è sotto il suo sedere. La sua bella monoposto.
Tornato nel box decide addirittura di fare il simpatico, di andare a dare il benvenuto che avrebbe dovuto dare quella mattina durante il briefing alla sua nuova, giovane spalla. Di Max però riesce solo a cogliere uno sguardo veloce mentre si toglie il casco, un cenno frettoloso e il ragazzino abbandona il box senza una parola.
Daniel rimane decisamente senza parole.
Così decide di ripagarlo allo stesso modo, iniziando una guerra fredda che magari per il diciottenne dall'altro lato del box poteva essere cosa abbastanza comune, ma per lui no. Non è abituato a questo, quindi lo odia.
Rivuole Daniil. Rivuole qualcuno che rida alle sue battute e non lo faccia sentire minacciato e con il quale confrontarsi, non un fantasma.
L'australiano si trattiene fino a tardi nel box quel pomeriggio, rimanendo a fare compagnia ai meccanici con un po' di musica country in sottofondo e qualche battuta con le persone che lo seguono da anni in giro per il mondo. Sono la sua piccola famiglia portatile. Chiudono la serranda insieme e si danno appuntamento al ristorante dell'albergo nel giro di un'oretta, poi i ragazzi prendono una strada e Daniel entra nell'Hospitality per recuperare le sue cose.
Le grida le sente sin dal piano terra.
Fa un salto su sè stesso, chiedendosi chi mai potesse avere il coraggio e la forza di urlare così forte. Lui probabilmente non ne sarebbe neanche capace.
Sale le scale con il cuore in gola cercando di distinguere qualche parola ma si ferma a metà, rendendosi conto che due persone sono proprio alla fine della scalinata e non vorrebbe mai interromperle. Non che queste si accorgano di lui, troppo prese dal bisticciare.
Una di queste è Max.
L'altra suo padre.
Daniel aveva sentito storie su di lui, tutti le avevano sentite. Che tipo di persona fosse, come si comportasse con suo figlio. Non ci aveva mai creduto troppo, anzi aveva persino pensato che non dovesse essere facile convivere con qualcuno come Max, che magari era stato lui a tirar fuori il peggio di suo padre.
Quella che aveva davanti agli occhi però era una scena che difficilmente avrebbe dimenticato.
Il ragazzino soccombe totalmente sotto il vocione del padre, la sua presenza incombente. Daniel non conosce le parole che usa, un misto di inglese e una lingua che non comprende, eppure il senso gli appare chiaro.
Sopratutto quando Max risponde con disperazione "ho fatto del mio meglio. Faccio sempre del mio meglio".
<<Forse il tuo meglio non è abbastanza>> risponde Jos, perentorio <<O vinci domenica, o sei un perdente>>
Max, quel pomeriggio, aveva chiuso le prove libere terzo. Al suo primo giorno sulla nuova monoposto.
Quello era non fare abbastanza?
Daniel non sa cosa lo rende più allibito di quella scena, fatto sta che non riesce a staccare gli occhi da lì. Lui, che a quella violenza verbale non è abituato, quasi sente il proprio cuore spezzarsi. Non immagina come stia messo quello di Max, se è stato cresciuto così.
Tutta la rabbia che l'australiano aveva provato durante la giornata, e i giorni precedenti, e forse in tutta la sua vita, sommata, non avrebbe raggiunto la cattiveria che Jos Verstappen metteva nelle sue parole.
Quando lascia andare quella briciola di rabbia che possiede, troppo disturbato dall'eccesso davanti ai suoi occhi, vede finalmente il suo nuovo compagno di squadra per quello che è: un ragazzino.
Più gracile del resto dei piloti, di soli diciotto anni, con grossi problemi comportamentali e cresciuto assetato di successo.
Non è stato Max a fare fuori Daniil, è stato Helmut Marko. La stessa persona che ha reso Max il più giovane pilota in griglia in una delle scuderie più forti del mondo. Questo porta tanta pressione.
Il suo compagno di squadra magari un po' stronzo lo è, ma Daniel si rende conto di non aver davvero provato a capirlo.
Forse può fare qualcosa per lui però. Forse può ancora salvarlo.
Decide di aspettarlo fuori dall'Hospitality, facendo avanti e dietro per il paddock mentre i lampioni si accendono e il cielo si fa sempre più scuro, preannunciando una notte senza a stelle.
Jos Verstappen esce da solo dopo qualche minuto. Guarda Daniel e gli fa un cenno che ricorda tanto quello che suo figlio gli aveva lanciato solo poche ore prima nel box. Daniel risponde con un sorriso, lo stesso con il quale accoglie Max non appena oltrepassa le porte di vetro dell'Hospitality RedBull.
Il ragazzino biondo aggrotta le sopracciglia, guardandosi intorno per capire se fosse effettivamente rivolto a lui.
<<Ei>> si decide quindi ad esclamare Daniel per fargli capire che si, sta parlando con il suo compagno di squadra. L'espressione di Max è glaciale, ma non triste, nè provata. Daniel non potrebbe mai immaginare quello che è successo se non avesse assistito.
Gli occhi blu del ragazzino, illuminati dalla luce fredda dei lampioni che li rendono quasi trasparenti, incontrano i suoi.
<<Max. Maxie>> gli viene spontaneo, cercando di recuperare la sua solita confidenza nel fare amicizia con tutti. Rimane nervoso, anche se dopo ciò che ha visto almeno è consapevole che se Max non ride alle sue battute non è perché non facciano ridere, o perché lo odia, ma perché non ha proprio un cuore. <<Posso chiamarti Maxie?>>
<<Cosa?>> domanda Max, la voce di un'ottava sopra <<No!>>
<<Ok, Maxie>> dice Daniel, lasciandosi scappare una risata davanti all'improvviso imbarazzo del suo nuovo compagno di squadra. Non pensava sarebbe bastato così poco e destabilizzarlo. Magari è più abituato alle grida che ai nomignoli. Cosi l'australiano decide di spiazzarlo ancora di più <<Sei stato grande oggi>>
Non era ciò che Daniel avrebbe voluto, ma ciò che Max probabilmente aveva bisogno di sentire. Qualcosa di bello.
È la prima volta che parlano da soli, non che Max dica effettivamente qualcosa, ma Daniel che è abituato ad essere sempre positivo vede nell'assenza improvvisa dello sguardo da stronzo una grande conquista per quella giornata.
<<Hai per caso sentito...>> domanda l'olandese, portandosi una mano sulla nuca e cominciando a guardarsi intorno.
Daniel deve mordersi le labbra per non ridere, al tempo stesso scuote la testa.
<<Cosa avrei dovuto sentire?>> chiede, decidendo che è meglio che non sappia.
<<Niente, niente>> si affretta a dire l'olandese.
È proprio un ragazzino, non riesce a fare a meno di pensare Daniel.
Un combina guai, con la faccia d'angelo e gli occhi vispi.
Uno che forse non è così male come aveva sempre pensato.
<<A domani, Maxie>> gli dice, allungando una mano fino alla sua spalla e stringendo tra le dita la stessa t-shirt che anche lui indossa.
Gli regala uno dei suoi famosi sorrisi, al quale lui non risponde.
Forse per quello è un po' troppo presto, eppure qualcosa gli dice che lavorandoci potrebbe addirittura arrivare a farlo ridere alle sue battute.
I miglioramenti Daniel li vede già l'indomani mattina, quando Max cerca il suo sguardo all'interno del box mentre si infila il casco, prima che inizino le qualifiche.
Non si parlano da quell'imbarazzante discorso di ieri sera, ma forse non serve. Sono gli occhi di Max a parlare per lui.
Daniel continuando a guardarlo alza un pollice di incoraggiamento, di conforto. Accenna persino un mezzo sorriso che non crede si veda da sotto il casco, ma ci prova comunque.
Max incredibilmente fa lo stesso.
Il pollice, non il sorriso.
Per quello ci sono voluti un paio di weekend.
Certamente nessuno dei due avrebbe immaginato che quella del pollice sarebbe diventata la loro più longeva tradizione, né la metà delle altre cose che gli sono poi capitate. Eppure in qualche modo Daniel l'aveva capito, in quel primo sguardo di sincero imbarazzo sotto i lampioni del paddock, che sarebbero stati qualcosa.
Qualcosa di grosso.
Qualcosa di bello.
Come la vittoria di Max del giorno dopo.
**
<<Credi che abbia ancora l'espressione da stronzo?>> domanda Max, con lo sguardo fisso sul soffitto.
Gioca distrattamente con la mano di Daniel che penzola sul suo petto, mente il braccio dell'australiano è poggiato sotto la sua testa e probabilmente è vicino alla cancrena.
<<Mmm, guardami>> domanda Daniel, spalancando le palpebre ed fingendo di esaminare con perizia l'occhiata che Max gli rivolge <<Decisamente. Sguardo da stronzo>>
Ridacchia mentre l'olandese arriccia il naso, poi gli lascia un bacio proprio lì su.
<<Non ho detto che non mi piaccia quello sguardo>> puntualizza.
<<Perché mi hai raccontato questa storia?>> domanda allora Max, tornando a fissare il soffitto del salone di casa di Daniel con quell'aria pensierosa che non riesce proprio a scacciare.
<<Perché sei triste>> risponde subito Daniel in un sussurro <<E può piacermi lo sguardo da stronzo, ma odio vederti triste>>
Centrato.
Max si rigira sul divano fino a ritrovarsi faccia a faccia con Daniel, i loro nasi si sfiorano leggermente e così le loro labbra.
È vero. Max si sente triste. Non solo, crede che quello sia proprio un giorno no, e lui è il re dei giorni no, per quanto non sappia proprio gestirli.
<<La farà felice>> continua Daniel, spostando una mano per portarla sul viso di Max e lasciargli una piccola carezza. Dopo di che porta un dito sull'angolo del labbro e lo tira verso l'alto <<È un bravo ragazzo>>
Max non aveva detto a Daniel perché si sentiva triste quel giorno, ma Daniel sembrava sempre precederlo, un passo avanti alle sue emozioni.
Sapeva che Gin e Charles avevano cominciato a frequentarsi, ma il monegasco aveva appena pubblicato una foto di lei e il suo cuore un po' si era stretto in una morsa non appena l'aveva vista.
Non riusciva a non essere geloso di lei, anche se non si capacitava del perché.
Infondo, lui era felice. Perché lei non avrebbe dovuto?
Perché avrebbe dovuto essere con loro.
<<Vedo i tuoi neuroni funzionare con un ritmo spropositato>> commenta Daniel, che non smette per un attimo di guardare il viso di Max.
<<Ti amo, lo sai?>> è l'unica cosa che viene da dire al biondo, o comunque l'unica che vorrebbe dire.
Max ha tanti difetti, ma Daniel non glie li fa pesare mai. Non si aspetta che lui si spieghi, che lo faccia entrare nella sua testa quando non vuole, anche se poi ce la fa senza che neanche Max dica a.
In quel momento ad esempio non vuole esprimersi. Però lo ama.
Ed è divertito da quella storia del loro primo giorno da compagno di squadra.
<<Lo so, Maxie>> risponde Daniel, passando una mano tra i suoi capelli che con l'arrivo dell'estate hanno preso una tonalità più chiara e che gli piace particolarmente.
Si allunga a lasciargli un bacio, lungo, profondo, che li fa finire con le gambe attorcigliate e la pelle stretta tra le mani.
<<Grazie comunque, per quel giorno>> mormora Max con il fiato corto, quando decide di staccarsi <<Per aver deciso di salvarmi>>
Nonostante la serietà nell'espressione di Max, Daniel si spalanca in un'espressione divertita.
<<Oh, non c'è di che, alla fine ho avuto il mio torna conto>> afferma, sollevando un paio di volte le sopracciglia.
Max lo guarda con fare interrogativo, tenendo una mano ferma ferma sul petto di lui e sentendo il cuore rimbombargli nelle orecchie.
<<E sarebbe?>> domanda incuriosito.
<<Tante cose>> comincia Daniel, vago, continuando a ridacchiare <<Tra le mie preferite, sicuramente, il dramma costante che mi riservi, il sesso ad orari improbabili e la pizza che stai per scendere a comprarmi. Antonio non fa le consegne questa settimana>>
Neanche Max riesce a trattenersi a quel punto, scoppiando a ridere prima di tirarsi su con un colpo di bacino e sovrastare Daniel con il proprio corpo.
<<A proposito di sesso>> mormora, mentre il viso scende sulla pelle abbronzata del collo di Daniel per lasciarci un bacio.
<<Si, certo, dopo la pizza>> protesta Daniel, afferrando il ragazzo dalle spalle e provando di scacciarlo.
Max non era più il ragazzo gracilino del suo racconto però e spostarlo era un'impresa, come provare a non lasciarsi convincere.
<<Prima e dopo>> propone Max, senza mezzi termini.
Daniel si ribella per un po', ma se c'è una cosa che ha imparato sin da quel primo giorno da compagni di squadra, da quasi amici, è che Max non è un perdente.
Max, di solito, vince.
E Daniel, contro di lui, è felice di perdere qualche battaglia.
🌸🌸
Per voi.
E un po' per me.
vvb
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