DARK TIMES




TRACK 20: DARK TIMES, The Weekend
in my dark times
baby
this is all I could be









L'aeroporto di Nizza è immerso in una staticità a tratti terrificante, uno di quei silenzi quasi finti, dove il battito del tuo cuore sembra un rumore esterno. Sono le due di notte e Ginevra, in totale solitudine, si porta la sigaretta alle labbra e prende una boccata di fumo. Il parcheggio esterno è illuminato da alti pali che emettono una luce bianca, quasi accecante, e la scritta NICE sopra la sua testa ha la I fulminata.

La ragazza, poggiata con la schiena sulla portiera della sua Mercedes Classe A, pensa al fatto che quella notte dormirà a mala pena due ore prima di andare a lavoro, seppure, ma sopratutto si rende conto di come non le importi. Di come sia molto più importante, per lei, essere lì in quel momento, ad aspettare l'arrivo di Max.

In testa le risuonano le parole di Daniel dello scorso sabato.

<<Non sempre le cose andranno bene e quando andranno male tu dovrai esserci per lui>> le aveva detto e Ginevra voleva esserci. Doveva esserci.

Considerando che Max aveva continuato a non risponderle si era fatta coraggio e aveva scritto a Daniel ed era stato proprio lui, ore dopo, ad informarla del loro orario d'arrivo a Nizza. Non sapeva neanche se Max fosse a conoscenza del fatto che lei era lì, ad aspettarli. Se avrebbe gradito la sua presenza. Eppure, in qualche modo, sentiva che quella era la scelta giusta.

Pochi minuti prima un aereo era atterrato sulla pista e, non essendoci voli in arrivo o in partenza previsti nell'arco di almeno altre tre ore, doveva essere il jet della Red Bull. Non si sorprende infatti quando, qualche attimo dopo essersi allungata verso il posacenere più vicino per buttare la sigaretta ormai giunta al filtro, le porte del terminal tre si aprono e ne escono tre figure.

Christian Horner avanti a tutti e dietro, spalla contro spalla, Max e Daniel. Un volo aereo, dopo la disastrosa gara di quel pomeriggio, era l'ultima cosa che Max avrebbe voluto affrontare, Ginevra lo sa. Quando entra nel raggio di luce bianca dei lampioni la ragazza riesce a catturare l'espressione contrariata che ha stampata sul viso. Le labbra imbronciate, la forte aggrottata, gli occhi socchiusi che tendono all'ingiù. Ginevra vorrebbe correre ad abbracciarlo, al tempo stesso però resta imbambolata ad osservare il modo in cui Daniel veglia su di lui, tenendogli gli occhi addosso, sfiorando il suo braccio con il proprio, come a voler sottolineare la propria presenza.

Mentre li fissa Daniel, come percependo il suo sguardo, gira il volto e la trova lì, poco distante, con il braccio ancora allungato verso il posacenere dove ha spento la sigaretta. Il ragazzo riccio sorride, ma non è il suo solito sorriso. Gli occhi non lo assecondano, anche i suoi sono stanchi.

Eppure, anche il peggior sorriso di Daniel Ricciardo, rimane qualcosa di indescrivibilmente bello e caloroso.

Christian fa per andare verso la stazione dei taxi e Max lo segue finché Daniel non gli afferra la spalla con la mano e attira la sua attenzione. Quando Max lo guarda, interrogativo, il compagno di squadra fa segno con il volto nella direzione della ragazza.

Ginevra comincia a muoversi verso di loro ancor prima che Max riesca a metterla a fuoco. Quando però lui la riconosce lascia cadere il borsone per terra e le va incontro, quasi correndo, finché aprendo le braccia non riesce ad afferrarla e a farla scontrare contro il suo petto, stringendola con una forza che non sembrava poter avere, non in quello stato.

Lei lo stringe a sua volta, tenendo una mano aperta sulla sua schiena, coperta da una felpa pesante della squadra, e infilando l'altra tra i suoi capelli, sulla nuca. Lui si lascia andare, piegando la testa fino ad incastrarla tra la sua spalla e il suo collo.

<<Scusa se non ho risposto>> mormora Max, le labbra che le accarezzano i capelli. <<Io...>>

<<Non fa niente>> risponde Ginevra, stringendolo un po' di più <<Vi porto a casa, sarete esausti>>

Max respira forte, immergendosi nel  profumo di Ginevra e sperando di trattenere un po' del suo calore anche quando la lascia andare, sorridendo leggermente.

<<E' stata una giornata dura>> ammette Max prima di girarsi per far segno a Daniel di avvicinarsi.

<<Ciao Gin, contento di vederti>> la saluta il più grande, avvicinandosi anche lui per darle un abbraccio veloce, espansivo come sempre.

<<Fate i bravi fino alla prossima gara, vi prego>> grida poi Christian, ormai in procinto di entrare in un taxi.

<<Contaci>> risponde Daniel per entrambi, seguendo Ginevra fino alla macchina.

Max scivola frettolosamente sul sedile anteriore della Mercedes, stringendosi nella felpa, mentre Ginevra aspetta che Daniel sistemi i bagagli di entrambi nel cofano prima di prendere posto davanti al volante. Daniel si siede dietro, al centro.

<<Traditrice, guidi una Mercedes>> esclama quest'ultimo, sistemandosi con la testa tra i due sedili e i gomiti poggiati uno su quello di Ginevra e l'altro su quello di Max.

<<Beh, se un giorno vorrete regalarmi una Aston Martin non mi rifiuterò certo di guidarla>> risponde lei, inserendo la prima e facendosi strada nel parcheggio ora ufficialmente desolato.

<<Hai sentito Max, la ragazzina qui fa grandi richieste>>

Max però non risponde alla provocazione di Daniel, rimanendo a fissare la strada in silenzio. Nessuno fiata più da quel momento in poi, la radio in sottofondo riempie l'abitacolo, passando canzoni leggere che ogni tanto Daniel canticchia sottovoce. Ginevra pensa persino che Max si sia addormentato e quasi si spaventa quando lui fa scivolare la sua mano sopra quella di lei, sul cambio.

La lascia lì per tutti i quindici minuti di viaggio che separano l'aeroporto di Nizza dal centro di Monaco e quello a lei basta. Conosce Max da poco e per quanto l'abbia visto con la risposta sempre pronta e un bel sorriso sulle labbra, pronto a scherzare su qualsiasi cosa, sa che la sua vita è fatta anche di momenti come quello. Ed è felice di esserci, di scoprire quel lato di Max che aveva solo potuto immaginare. E' felice che lui le stringa la mano.

Daniel è il primo a lasciare la macchina non appena Ginevra accosta davanti all'ingresso del loro palazzo. Si sporge leggermente verso di lei e mormora un <<Grazie mille Gin, ci vediamo presto>> prima di scendere e cominciare a tirare fuori i bagagli dal cofano.

Max gira lentamente il viso verso di lei, rimanendo poggiato contro il sedile di pelle, e i suoi occhi chiari dall'espressione indefinita la osservano per un'infinità di tempo prima che si decida a parlare. Ginevra si lascia trascinare da quegli occhi, quasi come potesse entrare in lui attraverso di essi. Diventare un tutt'uno con quelle piccole gemme. Un tutt'uno con Max.
In quel frangente quasi le viene da piangere tanto è forte ciò che sente dentro petto.

<<Gin mi dispiace che tu mi abbia visto in questo stato... è che reagisco male quando mando le gare a puttane, giuro che domani sarà tutto come prima, sarò il Max di sempre e...>> prima che il ragazzo possa finire di parlare, Ginevra si sporge verso di lui fino a poggiare le labbra sulle lue, leggera.

<<Max>> mormora, come una carezza sulla sua bocca. A lui piace come pronuncia il suo nome, ha un tono tutto suo, un accento particolare che lui riconduce solo a lei. Quel bacio, quel mormorio, è come un balsamo che spalma per curare le ferite di quella brutta giornata. <<è tutto ok>>

Max annuisce. È tutto ok.

Con la stessa delicatezza questa volta è lui a sporgersi verso di lei, a baciarla, ma il suo tocco è sfuggente e come si è avvicinato così esce dalla macchina, silenzioso.

Alza una mano a mo' di saluto oltre il parabrezza, accompagnata da un sorriso quasi timido, poco da lui, e mentre Ginevra fa inversione sulla strada deserta di una Monte Carlo ormai addormentata, Max raggiunge Daniel e insieme salgono a casa.

Nessuno dei due dice niente, ma una volta nel corridoio Max non continua verso il suo appartamento, fermandosi davanti alla porta più vicina all'ascensore sul lato opposto al suo. Daniel apre la porta senza commentare e Max lo segue all'interno.

La vetrata di Daniel non affaccia sul porto, come quella di Max, ma sulla scogliera e sulle colline più in fondo, dove ora è tutto buio.
Ci sono due divani in salone. Senza cambiarsi, si gettano uno su uno e l'altro sull'altro, ed è lì che si addormentano poco dopo.

O meglio, che Daniel si addormenta, mentre Max fissa il vuoto in dormiveglia, odiando la sua tipica insonnia e sperando di porre fine a quella giornata il prima possibile.



Max non è l'unico a dormire male quella notte. Ginevra si rigira nel letto più o meno fino alle quattro, dopo di che cade in un sonno profondo, agitato, tanto da svegliarsi sudata e con il fiatone con la sveglia che suona ad intermittenza già da un quarto d'ora abbondante.
È più che in ritardo: è spacciata.

Si muove per la casa come una gazzella, saltando da una parte all'altra ora per provare a darsi una sciacquata, ora per vestirsi, ora per ingurgitare qualcosa che possa aiutarla a non svenire durante tutta la giornata. Non si pettina neanche i capelli, legandoli in una crocchia disordinata sulla testa mentre cammina verso l'officina, e non va neanche al bar dove lavora Claire, consapevole del tempo che lei le farebbe perdere per preparare due stupidi caffè, preferendo un locale più vicino a casa che all'officina.

Quando arriva a lavoro, in ritardo solo di pochi minuti, si rende conto di come anche se non è passata da Claire quella mattina, è stata Claire ad andare da lei. La ragazza, con una treccia bionda e la pelle chiara, il camice tenuto sul braccio, ride con Jaques davanti, poggiato contro il muro.

<<Oggi mi hai tradito>> esclama lei quando la vede arrivare, senza battere ciglio e riferendosi al vassoio con i tre caffè. Lui, invece, si irrigidisce leggermente.

E subito è tutto chiaro per Ginevra.

Se c'è una cosa che i ragazzi della sua famiglia proprio non sono capaci a fare è mantenere segreti.

<<Magari oggi che non ci sei tu a farlo sarebbe stato un buon caffè>> la sfotte Ginevra, affiancandoli. Claire le fa il verso e dopo aver lanciato un'occhiata ad entrambi gira su sé stessa e va via muovendo i fianchi con foga <<buon lavoro a voi>> grida varcando il cancello.

<<E così... Claire>> mormora Ginevra, scrutando il cugino con un sopracciglio alzato e un sorrisetto divertito. Sorrisetto che si estende ancora di più quando lui comincia ad agitarsi.

<<Cosa intendi?>> domanda lui, staccandosi dal muro e dandole le spalle per andare ad alzare la serranda mezza abbassata, come tutte le mattine.

<<La ragazza con cui sei uscito l'altra sera, quella che poi non hai portato al Jimmi'z>> continua Ginevra, intenzionata a non dargli pace finché non avesse ottenuto una confessione <<E' Claire!>>

<<Ma che dici...>> farfuglia Jaques, fingendo di ridere.

<<Guarda io approverei, così finalmente smetterebbe di assillarmi su quanto tu sia bello, e simpatico, e meravigliosamente perfetto per lei, e sopratutto andresti tu a prendere il caffè la mattina>>

Ginevra segue il cugino all'interno dell'officina e si para davanti a lui, bloccandogli la strada e costringendolo a ricambiare il suo sguardo indagatore. Jaques fa per rispondere, leggermente rosso in viso, ma qualsiasi cosa fosse in procinto di uscire dalla sua bocca viene interrotta dal tuonare di Alberto Giotti dall'interno del suo ufficio che li richiama all'ordine.

Sua figlia alza gli occhi al cielo, venendo trascinata da Jaques fino alla porta e poi spinta all'interno dello studio con poca grazia mentre quest'ultimo ridacchia. Salvato in corner.

La prima cosa che Ginevra nota è che suo padre non ha i soliti Persol in testa a bloccare il ciuffo di capelli brizzolati che, appunto, ora gli ricadono sulla fronte. La scrivania è un caos, niente a che vedere con la metodica suddivisione dei documenti che la caratterizza da sempre. Come se non bastasse, Alberto Giotti ha un aspetto decisamente poco sano. Ginevra si sorprende di vederlo così, non che il giorno prima gli avesse prestato particolari attenzioni presa com'era dalla gara di Max in tv, ma se fosse stato male se ne sarebbe accorta.

I due ragazzi fiutano brutte notizie nell'aria ancor prima che il capo possa alzare gli occhi dalle pratiche che trattiene tra le mani, seduto dietro la scrivania. Quando lo fa, quelle iridi scure trafiggono Ginevra.

Una tempesta sta per abbattersi su tutti loro.

<<Probabilmente l'Officina Giotti chiuderà i battenti nel giro di pochi mesi>> annuncia infatti Alberto, prendendo un grosso respiro prima di aggiungere: <<stiamo fallendo>>.

E Ginevra si sente come se fosse appena stata colpita da un fulmine. Trafitta nel petto e abbandonata lì, senza avere idea di cosa dire, cosa fare, ma neanche di cosa pensare.

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