AFTER THE STORM



TRACK 16: CALM AFTER THE STORM, Common Linnets
I'm thinking
about you
here in the calm after the storm








Ginevra varca il cancello di casa mentre il sole comincia a sorgere sulla baia di Monaco. Si gira a guardare un'ultima volta Max, Jos e Vic in macchina, alza una mano a mo' di saluto, poi si fa strada lungo il vialetto con la valigia sollevata per non farla trascinare sulla brecciolina.

Prima che possa tirare fuori le chiavi dalla tasca, Dom apre la porta da dentro e la osserva con un sorrisetto malizioso mezzo nascosto dalla tazza di latte e caffè che tiene davanti alle labbra.

<<Ben tornata sorellina>> dice ridacchiando. Ha i capelli castani ancora spettinati e gli occhi gonfi, si sarà svegliato da poco, eppure la sua voglia di scherzare pare già bella attiva.

<<Non guardarmi così>> lo riprende infatti la piccola di casa, abbandonando la valigia nell'ingresso e andando verso la cucina dopo aver fulminato suo fratello con lo sguardo.

<<Così come? Come si guarda una sorella dopo che si è sbaciucchiata un pilota di Formula 1 in diretta mondiale?>> continua Dom, seguendola.

Ginevra prende un grosso respiro e si costringe a focalizzare tutta la sua attenzione nel versarsi il caffè nella tazza, cercando di non dare conto a Dom. Lo sa che se dovesse stare al gioco finirebbe male.

<<Amore>> esclama poi Carlà, entrando con irruenza in cucina e fiondandosi ad abbracciare la figlia <<Eri bellissima in televisione>>

La ragazza, leggermente in imbarazzo ma non sorpresa da quella reazione, risponde all'abbraccio dando delle pacche sulla schiena della madre. Non ha ancora avuto il coraggio di andare a cercare le riprese di quel bacio, tuttavia è sicura che una mamma normale non avrebbe vissuto con tanta gioia la vista di sua figlia con la lingua di un ragazzo in bocca. Carlà è Carlà però, probabilmente sarebbe contenta anche se Ginevra si scoprisse incinta domani e progettasse il matrimonio per la prossima settimana. L'amore è tutto nella sua vita, tutto ciò che lei ha sempre voluto, tutto ciò che le è bastato per rinunciare a chi era e donarsi totalmente alla famiglia.

<<Non commento>> sono invece le parole del pater familias, già pronto per uscire e di passaggio dalla cucina solo per afferrare al volo un biscotto <<Ci vediamo tra mezz'ora in officina>>

E così, Alberto Giotti esce di casa.

Ovviamente non gli importa che lei abbia appena affrontato un volo intercontinentale di dodici ore, o che il suo orario sia totalmente sfasato essendo partita domenica sera da Melbourne ed arrivata a Monaco di martedì mattina. No. L'importante è che torni a lavorare.

<<Voglio sapere tutto>> mormora eccitata sua madre, sottolineando le viscerali diversità tra i due genitori, quando una via di mezzo è tutto ciò che Ginevra ha sempre voluto. Come l'indifferenza di suo padre le ha sempre dato ai nervi, anche anche l'invadenza di Carlà la infastidisce, finendo per farle confabulare un "devo andare a cambiarmi" per poi lasciare frettolosamente la cucina.

Già le sembra assurdo trovarsi in quella situazione, cominciare a discutere a cuore aperto con sua madre le pare decisamente troppo.

Ad ogni modo, sfrutta davvero quel tempo per darsi una ripulita e svuotare la valigia, entrando in una maglietta profumata e un paio di jeans più comodi. Per le occhiaie date dall'insonnia c'è poco da fare, quelle poche ore che è riuscita a dormire sulla spalla di Max non sono servite a darle un aspetto più riposato. Anche perché non è stato un vero e proprio riposo, considerando che dietro le sue palpebre riviveva in loop il momento di quel bacio nel paddock e che il ragazzo in questione era stato per dodici ore accanto a lei, con le loro pelli che si sfioravano.

Max era stato silenzioso sull'aereo, ma l'aveva avvisata: la sua paura del vuoto é più forte di qualsiasi bisogno di socializzazione. Non si erano neanche più baciati, nonostante lei non vedesse l'ora di riprovare quella valanga di sensazioni che Max era riuscito a darle. Tutta quell'improvvisazione era troppo per la sua estrema razionalità, baciarlo era stato come camminare nel vuoto con le vertigini. Pauroso. Eppure dannatamente eccitante. Però c'è una certa dignità da mantenere, quasi un bisogno di tirarsi indietro dopo essersi lasciati andare tanto. Ginevra non vuole giocare, non è mai stata una femme fatale, ma non vuole neanche fare la figura della stupida, sopratutto non con una persona come Max che sarà sicuramente stata sempre circondata da tipi di donne molto diversi da lei, l'ingenuo meccanico che vive oltre il confine di Monaco.

Tutte quelle congetture, purtroppo, contribuiscono a farle salire un'ansia che vorrebbe essere forte abbastanza da non sentire, ma che è innegabilmente lì. L'unico rimedio che vede per sopravvivere a quella giornata, nell'attesa di capire cosa fare della sua vita, le sembra proprio andare a lavorare.

Esce di casa in anticipo, tanto che Dom deve ancora cominciare a vestirsi. Passa da Claire per i caffè, si scambiano le solite lamentele, poi arriva in officina.

Stranamente, appena vede suo cugino tirar su la serranda, le viene voglia di gettargli le braccia al collo. Dopo aver poggiato il vassoio con i caffè lì vicino lo fa, ancor prima che lui possa dire qualcosa lei gli si spalma addosso, stringendolo come non faceva forse da quando erano piccoli.

<<Ok, con questo gesto hai ucciso ogni battuta su te e Max con la quale intendevo intrattenerci per tutta la giornata>> la sfotte Jaques, ricambiando la sua stretta e dandole quella fermezza della quale sentiva di aver bisogno.

Ginevra fa un verso in risposta.

<<Dov'è il caffè?>> interrompe il momento suo padre, gridando dal suo ufficio.

I due ragazzi si allontanano l'uno dall'altro, Jaques prende il vassoio dei caffè e lancia uno sguardo rassegnato alla cugina che, abbassando la testa, lo segue.

La schedule giornaliera è tosta, in assenza della mano di Ginevra il lavoro si è accumulato e questo lei spera che in parte possa convincere suo padre di quanto sia fondamentale il suo apporto in officina. Nonostante la manodopera sia tanta, con la loro playlist anni 80 in sottofondo e qualche risata di Jaques la giornata va avanti con più leggerezza di quanto Ginevra potesse aspettarsi.

Dopo tre giorni improbabili, in un altro continente e con gente praticamente sconosciuta, incredibilmente tornare alle abitudini non le dispiace troppo. La aiuta a focalizzare la sua attenzione su altro, qualcosa che conosce bene, qualcosa che è nelle sue corde, tra le sue mani da tempo. Il che la porta a pensare: se solo potesse mediare, lavorare in officina ma fare anche altro, forse non vivrebbe così male la sua condizione.

<<Tanto lo so, presto ci abbandonerai per seguire il tuo amore in giro per il mondo>> commenta Jaques ad un certo punto, beccandosi uno straccio in testa da Ginevra.

<<Amore è una parola grossa>> lo apostrofa lei, il tutto senza staccare gli occhi dal cofano della McLaren 570S che le hanno lasciato da mettere apposto <<Magari è stata solo l'euforia del momento>>

<<Se ti scrive sta sera è chiaro che non era solo euforia>> continua Jaques. Ginevra scuote la testa, sorridendo leggermente nel realizzare che suo cugino sta cercando di darle consigli amorosi. Certo di esperienza lui ne ha il doppio, se non il triplo di lei, e come se non bastasse è un maschio, eppure la cosa continua a farle strano su diversi livelli.

<<Ma certamente non è neanche amore>> controbatte lei, forse troppo tagliente per il tipo di conversazione tranquilla che stavano avendo.

<<Certo che no>> dice Jacques, fingendosi serio prima di scoppiare a ridere e aggiungere un <<non ancora>>

<<Ho finito gli stracci da lanciarti, passo ai bulloni?>>




A pomeriggio inoltrato, dall'altra parte di Monaco, Max fa avanti e dietro per casa sua, con il cellulare in mano e la testa che quasi gli scoppia per i pensieri che si scontrano tra loro.

Tante cose, troppe per i suoi gusti, sono fuori dal suo controllo. Non sa neanche da dove cominciare a razionalizzare, non è bravo in questo. E' Ginevra quella razionale.

Se Daniel fosse lì...

Max si ferma, poggiando la fronte contro il vetro freddo della finestra che affaccia sul terrazzo. Oltre la ringhiera, sotto di lui, la città si prepara ad accogliere la sera. 

Se Daniel fosse lì, Max non si sentirebbe in quel modo.

Perché non mi ha detto che sarebbe rimasto in Australia?

Daniel non è una persona enigmatica, non ha segreti, non ha peli sulla lingua, allora perché lasciare il circuito, sparire, e tornare a Perth senza dire niente? Senza avvisarlo che quella sera l'appartamento accanto al suo sarebbe stato vuoto.

Max quasi già sente il peso opprimente della solitudine nonostante suo padre sia partito per raggiungere la sua compagna a Parigi solo dopo pranzo e Vic si sia fatta accompagnare da un'amica poche ore prima.

La verità è che l'assenza di Daniel pesa più di qualsiasi altra presenza. Tranne di una, forse.

Può però già tediare Ginevra con i suoi problemi, con le sue paranoie, con tutto ciò che si nasconde dietro le quinte di Max Verstappen e la sua bella vita? Non sarebbe un grande inizio.

Il ragazzo si allontana dalla finestra, indietreggiando fino a lasciarsi cadere sul divano e rimanendo a guardare il vuoto per un tempo indeterminato. In quel momento di perdizione si decide a fare una cosa stupida e imbarazzante.

Tornando in piedi attraversa il salone, accompagnato solo dal rumore delle sue infradito che schioccano sul pavimento in parquet. Si allunga ad afferrare le chiavi di casa, dopo di che esce in corridoio e va dritto verso la porta dell'appartamento di Daniel. Bussa due volte contro la lastra di legno.

Max resta in attesa, con le nocche poggiate sulla porta e il fiato corto, le orecchie aperte e pronte a catturare ogni rumore, ogni ipotetico passo, respiro, movimento di qualcuno dall'altra parte.

Il cuore gli salta in gola quando quasi senza accorgersene la punta del suo piede batte contro il legno della porta, come se potesse essere stato qualcun altro e non lui. Invece è solo lì, nel corridoio, e la porta rimane chiusa per tutta l'infinità di tempo che rimane a guardarla.

Prendendo coraggio gira su sé stesso, tornando nel suo appartamento e dicendosi che può concedersi di fare anche un'altra cosa stupida: mettere a soqquadro la sua stanza alla ricerca del regalo che Daniel gli ha fatto a Natale. Max trova il libricino nel cassetto del comodino, non si ricordava neanche di averlo tenuto per tutto quel tempo così vicino, e scoppia a ridere come la prima volta quando rilegge il titolo: "la bibbia dei miei consigli per te, quando non potrai chiedermeli".

L'ennesima prova di come Daniel lo conosca meglio di chiunque altro.

Il ragazzo scorre le pagine alla ricerca di un segno, di qualcosa che possa farlo uscire da quella sensazione di irrequietezza, di instabilità, che quasi gli fa tremare le mani. La sua grafia, il modo in cui scrive Maxie tra le pagine, fanno quasi azzerare i chilometri tra Monaco e Perth e aiutano a fargli sentire Daniel vicino, come se fosse accanto a lui a ridere delle cavolate su quel quadretto.

Neanche quello è abbastanza però.

L'ultimo consiglio fa sorridere Max quasi con amarezza.

33. Tutto ciò è comunque inutile, e non perchè tu non ascolti mai i miei consigli ma perchè non ci sarà mai un momento, o un posto, o un motivo valido per cui non sarò lì pronto ad ascoltarti.

E a dirti che sei un idiota.

<<Anche tu sei un idiota>> mormora Max, lanciando "la bibbia dei consigli" sul materasso e rimanendo a guardarla ancora più confuso per qualche minuto, prima di passare alla terza cosa stupida di quel pomeriggio.

Scrivere a Daniel.

Prepara il messaggio, fissando la chat aperta per un po', poi lo cancella e lo riscrive.

@max: credo sia ora di tornare a casa. Qui.

Non preme mai invio però, non lo cancella neanche. Semplicemente cambia chat, velocemente, come se potesse pentirsi di non assecondare l'istinto.

Apre la conversazione con Ginevra e il cuore comincia a pompargli forte nel petto, anche se non sa dirsi se per il messaggio non inviato o per quello che sta per inoltrare.

@max: Sono a casa da solo. Ti va di venire qui?

@max:Domani ti accompagno a lavoro in orario.

@max: Prometto che farò il bravo, voglio solo stare un po' con te.

Nel silenzio dell'enorme appartamento, con il buio ormai arrivato fuori dalle finestre e un senso di vuoto misto ad adrenalina nello stomaco, Max attende una risposta, aggrappandosi all'idea di Ginevra per non farsi prendere dall'ansia della solitudine.

@ginevragiotti: Non posso Max.

@ginevragiotti: Come lo spiego ai miei?

Il ragazzo osserva i due messaggi arrivati in anteprima sullo schermo, pensando velocemente a qualcosa da inventarsi, da aggiungere, per poi rendersi conto che forse non serve.

@max: Per favore?

Forse deve solo mostrarsi per quello che è.

@ginevragiotti: vengo dopo cena.

Ogni domanda, ogni dubbio che affollava la fantasia dei due ragazzi riguardo il momento in cui si sarebbero rivisti, ogni incertezza, ogni paura, viene spazzata quando Max apre la porta di casa e trova Ginevra nel corridoio, intenta a sorridere con fare leggermente imbarazzato.

E tutto sembra naturale.

<<Avrei portato film e popcorn, ma ormai i lettori dvd non vanno più di moda e tu sicuramente non puoi mangiare dei popcorn>> scherza Ginevra, passando l'ingresso quando Max le fa segno di entrare.

Il ragazzo ride leggermente, un suono che mette subito Ginevra a proprio agio.

E' solo Max. Faccia da scemo.

Anche se si sono baciati, anche se c'è qualcosa nell'aria, sono sempre loro e le loro battutine, le risposte pronte di Max, le sue risate, i sorrisi di Ginevra, e questo li fa sentire bene.

<<Giusto, i famosi film anni cinquanta ai quali volevi iniziarmi>> risponde Max, aiutando lei a togliersi la giacca. Mentre glie la sfila con le dita le sfiora leggermente il collo, sentendola rabbrividire. Si lascia sfuggire un sorrisino malizioso che cancella dal viso prima che Ginevra possa girarsi a guardarlo.

<<Pensavo più a qualcosa anni ottanta, che so, Mad Max?>> se la ride Ginevra, lanciandogli un'occhiata divertita e leggermente civettuola mentre lo segue per il grande salone illuminato fino al divano di pelle. Anche lei prova a toccarlo, allungando una mano verso la sua quando sono vicine abbastanza. Se Ginevra però fa solo in modo che si sfiorino, lui invece pensa ad afferrare quelle stesse dita con le sue, trascinandola con sé davanti ai cuscini scuri.

Max si lascia andare sul divano, poi guarda in su, verso Ginevra, con una scintilla negli occhi che lei riconosce e che la accende. Lui la tira leggermente verso di sé con la mano che ancora trattiene la sua, ma è Ginevra a decidere di lasciarsi andare, poggiando un ginocchio alla volta sul divano, al lato dei fianchi di Max, e sedendosi lentamente su di lui.

Il ragazzo prende un respiro profondo, poi sorride e lascia che le sue mani vadano a stringersi sulla vita di lei, lì dove finisce il bordo dei jeans e comincia la pelle, coperta solo da una felpa corta. Ginevra incurva la schiena finendo con la fronte contro quella di Max, i loro nasi schiacciati l'uno contro l'altro, i loro occhi tanto vicini da poter studiare a vicenda ogni sfaccettatura di quelle iridi chiare.

E così, Max può accontentare la sua voglia di particolari, osservando quel blu tanto intensamente da convincersi di non poterlo mai dimenticare, e quelle labbra, appena prima di allungarsi per baciarle, con le loro curve e le loro pieghe, leggermente dischiuse, quasi ad invitarlo a farsi avanti.

Lui non esita, lei non si tira indietro.

Anzi, mentirebbe a se stessa se non ammettesse che è ciò che aspettava da quando Max l'ha lasciata nel box per andare a prendersi il trofeo sul podio, da quando per la prima volta le labbra di lui si sono incastrate tra quelle di lei.

Ginevra porta le mani sul petto di Max, stringendo per un attimo le dita attorno alla sua maglietta, poi le lascia salire fino a dietro la sua nuca, sentendo i capelli corti sotto le dita. Lui le infila le mani da sotto la felpa, sotto la schiena, e la tiene stretta contro di sé. Lei scopre di adorare il modo in cui le mani callose di lui si schiacciano sulla sua pelle.

Continuano a baciarsi, lei gli morde leggermente il labbro inferiore, lì dove lui ha un piccolo neo, lui ride contro la sua bocca, poi con un colpo di bacino la fa cadere al suo fianco, con la schiena sui cuscini, e le si mette sopra, allungando una mano per toglierle i capelli dal viso.

<<Non avrei mai pensato che sarebbe stato così facile>> si lascia sfuggire Max, lasciando le dita sul suo volto per farle una carezza. Ginevra gli afferra le spalle con le mani e fa per allontanarlo, spalancando la bocca sorpresa.

<<Stai dicendo che sono una facile?>> domanda colpita, non sapendo davvero come prendere il commento di Max. Il fatto di essere lì, di essersi lasciata andare con lui, la fa sentire forte, come se avesse finalmente preso in mano la sua vita, ma la mette anche nella posizione di poter essere ferita da lui. E Ginevra Giotti non ha la minima intenzione di perdere dignità con Max, per questo torna sulla difensiva.

<<No, che è facile stare con te>> la sorprende invece lui, esponendosi forse più di quanto lei avrebbe mai pensato di fare. Sorride sincero, il viso rilassato, gli occhi aperti e ancorati in quelli di lei <<E ti ringrazio per essere qui>>

Ginevra non risponde, vorrebbe dire qualcosa di simpatico ma in quel momento non le viene niente, così semplicemente si sporge per dargli un bacio. C'è sempre tempo per fare i simpatici.

Subito dopo Max si alza e va a prendere i telecomandi, accende la tv, spegne le luci. Ginevra aggiusta i cuscini sotto la sua testa e si sistema con il viso verso la schermata, poi lui si sdraia dietro di lei con nonchalance, poggiandole sul fianco un braccio e lasciandole in mano i telecomandi e la possibilità di scelta.

<<Mi va bene qualsiasi cosa>> le dice, mettendosi comodo e godendo della familiarità del momento <<Tranne Mad Max>>

Si addormentano entrambi, incastrati e abbracciati, prima ancora di poter persino decidere che film vedere.

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