ABITUÈ
TRACK 3: LA CONFIDENTIAL, Tory Lanez
but sometimes I get lonely,
so let me keep it real with you
Il ticchettio insistente delle dita di Gineva sul bancone scandisce i secondi, lunghi e interminabili, che passa ad osservare la sua barista di fiducia caricare la macchina del caffè con fin troppa calma in quel freddo e già fin troppo noioso Sabato pomeriggio.
<<Claire, lo sai che ti voglio bene, ma quanto ti ci vuole per fare tre espressi?>> la riprende Ginevra, obbligandosi a fermare il fastidioso ticchettio delle sue dita poggiandoci sopra la fronte.
<<Dio Gin, sei sempre così stressata>> si lamenta la ragazza bionda dietro il bancone, quasi scocciata dalla domanda dell'altra, mentre finalmente comincia a far scendere del caffè nei bicchierini da portar via. Non prima però di essersi girata a lanciare un'occhiataccia a Ginevra. Per fortuna quest'ultima passa troppo tempo in quel posto per far sì che le occhiatacce di Claire abbiano un peso.
<<Non sono stressata, odio aspettare>> controbatte Ginevra, facendo una smorfia anche se l'altra non potrà vederla.
<<Sai cosa sono stanca di aspettare io?>> domanda Claire, chiudendo i primi due bicchierini con il tappo di plastica <<che tuo cugino mi inviti ad uscire>>
Ricarica la macchina con più forza del previsto per sottolineare la sua indignazione, ma come reazione da Ginevra riceve solo uno sbuffo rumoroso e un paio di occhi al cielo.
<<Che c'è? Non è colpa mia se Jaques è così bello>> continua la barista scrollando le spalle innocentemente <<e a proposito, potresti evitare di venire tu a prendere i caffè? Sai, mi piacerebbe vederlo più volte nella giornata>>
Claire con un sorriso lascia i tre bicchierini sul bancone e resta in attesa di una risposta, poggiandosi anche lei con i gomiti sulla lastra di marmo.
Ginevra finge di pensarci, poi le restituisce lo stesso sorriso e dice <<mi dispiace, dovrai accontentarti di me>>
La sua attenzione però passa dall'espressione indignata di Claire al telefono che comincia a squillarle - ad abbaiare - nella tasca del giubottone nero.
<<Se è Jaques ti ci lascio parlare però, così potrai spiegargli come mai ci metto sempre una vita a portare il caffè>> la prende in giro mentre cerca il telefono, beccandosi in risposta versi indistinti generati dalla bocca chiusa della bionda. Quando vede però che il nome sullo schermo non è quello di Jaques, nè quello di Dom, rimane sbigottita ad osservarlo mentre continua a suonare e vibrare tra le sue mani. Il secondo dopo alza la levetta laterale e toglie la suoneria.
Anche se muto, il telefono continua a dirle che Criss sta chiamando.
Ginevra vorrebbe che anche il suo cervello fosse altrettanto silenzioso, ma tra le tante domande le sembra scontato chiedersi se possa ancora permettersi di chiamare Criss "migliore amica" se deve persino valutare se risponderle o meno.
<<Non fare la preziosa Gin>> la stuzzica Claire, sporgendosi per leggere il nome della chiamata in arrivo.
<<Meglio che vada>> le risponde Ginevra, con la testa già altrove, lasciando i soldi sul bancone e afferrando il vassoio di plastica con i tre bicchierini incastrati <<Prima che i caffè si raffreddino e diventino più brutti di quanto già sono>> aggiunge però prima di uscire, giusto per lasciare tra loro quell'aria scherzosa che caratterizza le sue visite al bar.
Il suo sguardo resta tutto il tempo fisso sullo schermo del telefono.
Quando mette piede per strada però il nome di Criss non è più in sovrimpressione, della sua chiamata resta solo una notifica che taglia a metà il suo sfondo, una foto ad una vecchia polaroid con lei, Jaques e Dom da ragazzini.
La chiamo, pensa mentre attraversa la strada.
L'ingresso dell'officina è a tre isolati da dove si trova, riesce a vedere quasi distintamente il cancello, ma avrebbe comunque il tempo necessario per la solita chiamata di scuse.
Senza pensarci ulteriormente con il dito sblocca il telefono e preme sul numero in rosso di Criss.
<<Chi non muore si risente>> esclama la sua amica con il solito fare pungente. La voce è ferma e ha quella tonalità che usa quando vuole fare la stronza, ma non sembra troppo arrabbiata in realtà. Nella scala delle sue tonalità da sfuriata, quella è un codice verde.
<<Cris scusami, ho poco tempo, sto ...>> comincia il discorso Ginevra, osservando il cancello dell'officina avvicinarsi di più ad ogni passo, ma l'amica la interrompe.
<<Sto andando a lavoro, la mia famiglia ha bisogno di me, non posso deluderli, per questo lavoro come una schiava quasi dodici ore al giorno senza avere il minimo riconoscimento e poi sono troppo stanca per uscire con la mia migliore amica>> dice, in una poco divertente imitazione. Ginevra lascia che lo sguardo corra per terra, abbassando la testa e approfittando della solitudine della strada per liberarsi della solita compostezza. <<Sei pesante, petulante e p... no, non mi vengono altri aggettivi con la p>>.
E' sempre brutto vedersi sbattere la verità in faccia e sotto questo punto di vista Criss è senza freni.
<<Criss mi dispiace, vorrei avere il tempo di fare tutto ciò che facevamo prima, ma non ce la faccio>> le risponde. Subito dopo prende un bel respiro e si ricompone, spalle larghe e testa alta, continuando a camminare.
<<Ce l'ho ancora a morte con te per venerdì scorso, mi hai dato buca senza neanche avvisarmi>> si lamenta e Ginevra non ha niente da controbattere, la sua amica ha ragione su tutti i fronti.
Mentre varca il cancello dell'officina prova a risponderle, ammucchiando qualche pezzo di scusa e un po' di giustificazioni, ma le parole le muoiono in bocca.
Accanto all'entrata del garage, parcheggiata di traverso, c'è una signora macchina. Una Aston Martin DB11 grigio metallizzato e tirata a lucido. Una gioia da vedere per gli occhi e un'emozione per l'anima.
Peccato che Ginevra abbia un vago sospetto su chi possa essere il suo proprietario.
Qualcuno che a quanto pare ha una bella fissa con le Aston Martin.
<<Gin ma mi ascolti?>> sente gridare al telefono, ma non è abbastanza per farle togliere gli occhi dalle linee sinuose della macchina.
Deve essersi persa qualche pezzo della digressione di Criss su quanto lei faccia schifo come amica.
<<Sta sera, vieni al solito poso. Porta Jaq, porta Dom, chi ti pare. Devi farti perdonare per la settimana scorsa>> dice Criss con una voce autoritaria che fa sembrare il tutto più un ordine che un invito. Ormai però Ginevra è presa da altro.
<<Criss devo andare, ho un mucchio di lavoro da fare. Non credo ci sarò sta sera. Ci aggiorniamo. Ti voglio bene>> liquida velocemente la chiamata, allontanando il telefono dall'orecchio in tempo per non sentire tutte le brutte parole che sicuramente avrà cominciato a farfugliare l'altra. Mette via il telefono, allungando una mano verso la carrozzeria dell'Aston Martin con una delicatezza e un rispetto che non mostrerebbe a nessun essere umano.
<<Che meraviglia>> mormora tra sé e sé, continuando ad accarezzare la macchina finché una voce non la fa sobbalzare.
<<Non avrei mai pensato di metterci così poco a ricevere un complimento da te>>
Max, con un'aria sbarazzina e un sorrisetto furbo, la osserva a braccia incrociate pochi passi più avanti rispetto a quella che, come immaginava, è la sua macchina.
Ginevra fa una smorfia, un po' perché ha interrotto un momento magico tra lei e la macchina, un po' per la sua battutina.
<<Finché non diventerai un pezzo di carrozzeria anche tu puoi scordarti di ricevere complimenti da me>> risponde, indicando con il dito della mano libera prima lui, poi sé stessa. Gli sfila accanto subito dopo per andare a lasciare il caffè a Jaques e Dom, uno mezzo sdraiato sul cofano di una Cadillac e l'altro seduto per terra con una mano allungata verso di lei in attesa del bicchierino.
<<Stavo per dirti che sei carina senza macchie di grasso in faccia>> dice Max però prima che li raggiunga, obbligandola a stoppare la sua camminata per guardarsi indietro.
Ginevra trova ammirabile la nonchalance con la quale si pone, come se non si fossero conosciuti solo la settimana scorsa, in un modo anche burrascoso, e accanto a loro non ci fossero il fratello e il cugino di lei. No, lui sta lì con il suo sorrisino e il portamento fiero, la schiena dritta, a farle complimenti fingendo di non farli - subdolo, pensa Ginevra - senza battere ciglio.
<<Dovresti dirmi che sono carina sopratutto se ho il grasso in faccia>> controbatte lei, con fare permaloso.
<<Lascia stare Max, lei è un caso perso peggio della tua macchina>> corre in suo aiuto Dom prima di buttare giù l'espresso in un solo sorso. Max si passa una mano dietro la nuca, accarezzandosi i capelli.
<<Spero che almeno ci siano buone notizie sulla macchina allora>> mormora, cercando lo sguardo di lei. Ginevra scrolla le spalle in maniera sbrigativa.
<<Prendi uno sgabello e vai vicino alla macchina, arrivo tra un attimo>> è il suo ordine, accompagnato da un cenno verso il lato estremo del garage dove si trova la DB5, purtroppo lontano da dove stanno lavorando ora Jaques e Dom.
Ginevra beve il caffè, ormai freddo, e sparisce nello spogliatoio il tempo di infilarsi la solita tuta da sopra i vestiti. Finché le mani sono pulite ne approfitta per legare i capelli in uno chignon disordinato e prima di riaprire la porta lancia uno sguardo al piccolo specchio sulla parete.
Sei carina, pensa, ripetendo le parole di Max.
Ginevra sa di esserlo. È solo che era un po' che qualcuno non glie lo diceva.
<<Tocca a te oggi>> le ricorda Jaques, alzando la testa da dietro il cofano della Cadillac non appena la sente tornare nel garage.
Ovviamente Max non l'ha ascoltata ed è rimasto a chiacchierare con Dom. Ginevra decide di non riprenderlo e va invece a lasciare il telefono vicino alla cassa sulla mensola, facendo partire la sua solita playlist.
<<Stai diventando scontata Gin>> commenta Jaques dopo le prime note della canzone di Phil Collins che sa essere tra le preferite di sua cugina. Ginevra, in risposta, alza una mano per mostrare il dito medio al ragazzo.
<<Gin ha un'ossessione per gli anni '80>> decide invece di spiegare suo fratello a Max, facendo ridacchiare quest'ultimo.
<<Lo terrò a mente>> risponde lui, poggiando una mano sulla spalla di Dom.
Inevitabilmente, Ginevra porta gli occhi al cielo.
<<Seguimi prima che cambi idea>> intima al nuovo abituè dell'Officina Giotti, cominciando a camminare verso la sua Auto Martin d'epoca senza controllare se la stia seguendo o meno.
<<Ho fatto un check up>> comincia a spiegare lei mentre passano accanto ad un parco macchine di tutto rispetto - metà delle quali sono consegne che dovrebbero finire entro quella sera, il che è abbastanza preoccupante - fino ad arrivare davanti al muso vintage del gioiellino in questione <<e penso che dovresti sederti>> aggiunge cercando lo sguardo di Max, che ora le è accanto, con la coda dell'occhio.
Lui scuote la testa
<<Posso farcela Gin, spara>> risponde.
Il fatto che l'abbia chiamata Gin la disturba leggermente. Non sa precisamente in che modo.
Quando poi si ferma, Max va a poggiarsi sul fianco della Jaguar adiacente e incrocia le braccia, preparandosi alle brutte notizie con la fronte già corrucciata.
<<Ok, partiamo dal peggio. Il sistema di raffreddamento è completamente fuori uso, e non assicuro che sarò capace di rifarlo. Gli ammortizzatori vanno cambiati e non sono più in fabbricazione, quindi dobbiamo sperare di trovare qualche rivenditore in giro per il mondo. E anche se dovessimo risolvere questi problemi, ci sono grossi danni nel sistema di trasmissione e lesioni al cambio>> illustra la situazione, gesticolando per cercare di far capire a Max a cosa si riferisce mentre parla. Lui ha delle belle macchine, ma lei non sa effettivamente quanto ne capisca <<riassumendo ci servono tanti soldi, tanto lavoro, mesi probabilmente, e un po' di fortuna>>
Max, che ha smesso di guardarla durante il discorso per fissare la sua macchina, annuisce sommessamente. <<I soldi non sono un problema>> mormora <<per il resto, posso provare a chiedere all'Aston Martin gli ammortizzatori... siamo in contatto>>
Annuisce anche Ginevra.
La verità è che quella non è altro che una rogna, ma riuscire ad aggiustarla sarebbe una grande vittoria sia agli occhi degli altri, considerando che Max a quanto pare è un cliente importante, sia per suo padre, per dimostrargli che anche se non è questo quello che Ginevra vuole fare, anche se è una donna, è dannatamente brava in quello che fa.
Ginevra non aggiunge altro e al tempo stesso Max non sembra necessitare di ulteriori conferme. Anzi, questa volta va veramente a prendere uno sgabello come lei gli aveva suggerito e lo sposta per sedersi lì vicino.
<<Ti piacciono proprio le Aston Martin>> commenta la ragazza, allungandosi per avvicinare il carrello degli attrezzi e cominciare da qualche parte a mettere mani su quel disastro.
<<Diciamo che siamo in affari>> risponde lui, enigmatico <<e poi ho una piccola passione per le macchine inglesi>>.
Una piccola risatina le viene fuori spontanea.
<<Dovresti vedere la mia Jaguar E-type allora>> gli dice, pentendosene non appena si rende conto del fatto che potrebbe quasi sembrare un invito. <<Non intendevo...>> cerca di rimediare, prima di correggere nuovamente il tiro per evitare di peggiorare la situazione <<è che le macchine inglesi sono il mio debole>>
Ginevra focalizza il suo sguardo sull'intreccio di tubi nel cofano per non doversi girare a guardare Max, del quale però la risatina giunge forte e chiara alle sue orecchie.
<<Cosa non intendevi?>> la punzecchia, sentendo il suo sguardo addosso. Non lo biasima, lo avrebbe fatto anche lei.
Anziché rispondere però cambia frettolosamente discorso.
<<Come hai ridotto così questa povera macchina?>> domanda, senza ottenere risposta per i primi minuti.
Max sembra prendersi un momento per calibrare la risposta, osservando fisso un angolo indefinito della stanza apparentemente molto lontano da qui. Nel frattempo il silenzio tra loro è riempito dal suono lontano delle casse che passano Footlose, accompagnata dal chiacchiericcio indistinguibile di Jaques e Dom e dallo stridio del bullone che Ginevra sta allentando.
D'improvviso alle prese con del malumore, Max incurva le spalle e si sistema meglio sullo sgabello, come se fosse diventato troppo piccolo per lui.
Ginevra crede di averlo appena messo in difficoltà più di quanto avrebbe voluto fare lui con lei.
<<È una macchina vecchia e usata più del dovuto>> comincia poi a rispondere, e questa volta lei ricambia il suo sguardo <<ma credo di averla persa quando per sbaglio l'ho fatta schiantare contro un muretto>>
Il suo imbarazzo momentaneo e la difficoltà con la quale pronuncia quelle parole, il modo in cui si stringe nelle spalle e stende le gambe davanti a sè con fare bambinesco la fanno sorridere. E poi in realtà ridere.
<<Sei un così pessimo pilota?>> lo sfotte. Max spalanca la bocca, poi però ci ripensa e la chiude. C'è dell'indignazione nel suo sguardo prima che cominci a scuotere la testa con disappunto.
<<Non stavo guidando>> dice, mettendo su un sorrisetto innocente <<ero in Provenza, tra i campi di lavanda, ed ero ... in compagnia, e ho accidentalmente tolto il freno a mano con un calcio. Due secondi dopo eravamo schiantati contro un muretto a secco, e ciao ciao macchina di James Bond>>
<<E quindi è così che fai innamorare le ragazze? Amoreggiando appassionatamente nell'Aston Martin più preziosa di sempre in mezzo ad un campo di lavanda?>>
<<Qualcosa del genere>> dice arricciando il naso e guardando in alto, come per rivivere il momento, per poi ridere sommessamente.
La scena che si dipinge nella testa di Ginevra è abbastanza divertente e improvvisamente quasi le sta più simpatico Faccia da scemo. Per premiarlo della tacca simpatia guadagnata gli allunga una chiave inglese da mantenere e lui sembra contento di poter fare qualcosa.
<<E con lei come è andata a finire? Spero ti abbia lasciato dopo la figuraccia che hai fatto>> domanda, lasciando ondeggiare leggermente il bacino al ritmo della canzone. Si sente improvvisamente più in confidenza.
<<E' un modo per sapere se sono single?>> controbatte Max, gli occhi chiari assottigliati puntati verso di lei. Ora non solo ha una faccia da scemo, ma anche da schiaffi, e Ginevra è tentata dal lanciargli contro uno straccio sporco così come fa solitamente con Jaques, però si trattiene.
<<E tu come ci sei finta qui?>> le chiede poi, sorprendendola leggermente. Max interpreta lo sguardo interdetto che lei gli lancia come se l'avesse offesa, così aggiunge <<nel senso, è sempre stato quello che volevi fare? Sei contenta?>>
Ginevra improvvisamente pensa che, se da tanto tempo qualcuno non le diceva che è carina, se sia contenta di lavorare lì è qualcosa che nessuno le ha mai chiesto. Mai. E trova anche un po' triste che la prima e l'unica persona ad averglielo chiesto sia un perfetto sconosciuto.
<<Sono nata per fare il meccanico>> commenta e, anche se Max coglie del sarcasmo nella sua voce, non dice niente, restando in attesa del seguito. Ginevra non pensava davvero di rispondergli, ma il modo in lui cui aspetta di sentire la sua storia e il fatto che sia il primo a cui possa raccontarla cambia le carte in tavola. <<Ovviamente c'erano altre cose che avrei voluto fare>> aggiunge, distogliendo però lo sguardo per spostarlo all'interno del cofano della macchina <<Tipo prendere una laurea, viaggiare, stare sempre in mezzo alla gente, guadagnarmi un posto nel mondo tutto mio e fare qualcosa di soddisfacente, qualsiasi cosa. Vivere. Ma è andata così>>
Max resta in silenzio per qualche attimo, probabilmente alla ricerca delle parole giuste con le quali dirle che è una sfigata senza però ferirla troppo. Come se fosse possibile non farla sentire una stupida, sia per quello che ha deciso della sua vita sia per il suo tono penoso.
<<Quanti anni hai Gin?>> domanda invece, facendole aggrottare la fronte.
<<Ventuno>>
<<E pensi che a vent'anni sia già tutto deciso?>> mormora, facendosi più vicino con il busto fino a costringerla a guardarlo, con il viso quasi poggiato contro la fiancata della macchina.
Ginevra lo guarda dall'alto, scuotendo leggermente la testa. C'è un certo entusiasmo nella voce di Max, quasi infantile. Una leggerezza e una fiducia nel destino che lei non si concede più di condividere.
<<Non puoi capire Max>> lo ammonisce, infatti <<Mio padre ha deciso che questa sarà la mia vita e non c'è modo di controbattere>>
<<Gin mio padre ha deciso cosa avrei fatto della mia esistenza da prima che nascessi, so cosa vuol dire>> dice <<Però mi sono appassionato alla mia vita ed ora non vorrei fare altro, non potrei>>
<<A proposito di questo, cosa fai per permetterti macchine del genere?>> cambia nuovamente discorso lei e Max, che o è uno a cui piace tanto parlare di sè o è bravo a capire che non ha voglia di approfondire il discorso, la lascia aggirare l'ostacolo per focalizzare l'attenzione nuovamente su di lui.
<<Credimi, prima o poi lo scoprirai>> le risponde il ragazzo, mutando in fretta espressione per fare spazio ad un ghigno divertito <<Per ora lasciamo le cose così, vere>>
Ginevra non capisce fino in fondo il significato dell'ultima frase, così scrolla le spalle e lo guarda di sfuggita.
<<Come hai detto che ti chiami?>> cerca di scherzare, ridacchiando leggermente. Anche Max ride, poi semplicemente poggia il viso tra le mani e con i gomiti puntati nelle cosce e gli occhi chiari concentrati sulle dita di lei comincia ad osservare attentamente quello che fa.
Ginevra continua a lavorare fingendo che lui non sia lì. Non ha mai aggiustato una macchina con il suo proprietario accanto, ma in quel momento non le mette pressione. Il fatto che abbia tra le mani un caso disperato e che le probabilità puntino tutte al fallimento la solleva, se dovesse mandare tutto a quel paese Max non glie ne farebbe una colpa, se dovesse aggiustarla invece sarebbe un'eroina.
E poi la sua presenza silenziosa non le dà così fastidio, in fondo. Ogni tanto le domanda cosa fa, a cosa serve, perché questo e non quell'altro, e lei gli risponde senza troppo impegno, ormai già dentro la sua bolla di concentrazione. Nel suo equilibrio. Il rumore delle componenti meccaniche, la musica in lontananza, le risate di Jaques e Dom, il suo respiro. E quello di Max.
Per questo fa un salto quando un cellulare comincia a squillare accanto a lei, trascinandola fuori di botto da quel suo piccolo mondo.
<<Pronto?>> risponde Max, lanciandole un'occhiata di scuse prima di allontanarsi leggermente. Ginevra approfitta della pausa per accendersi una sigaretta e, poggiata sul cofano aperto dell'Aston Martin, osserva la schiena larga di Max nascosta da una felpa blu, il modo in cui i Jeans scuri gli fasciano le gambe asciutte, il collo largo. E' uno sportivo, pensa. E' anche l'atteggiamento a suggerirlo, non solo il fisico. Forse è quello che fa nella vita, forse è il motivo per cui Jaques e Dom lo trattano come una superstar. Sarà un campione in qualcosa.
Lei sente la sua voce mentre parla al telefono ma non fa caso alle parole, semplicemente restando ad immaginare chi possa essere. Anche se il fatto di non saperlo rende Faccia da scemo leggermente interessante.
<<Mio padre è arrivato in città, so che ti dispiacerà ma devo andare via>> annuncia non appena mette via il telefono, camminando verso di lei. Ginevra lo accoglie con gli occhi alzati al cielo.
<<Ti hanno mai detto che sai essere odioso?>> domanda lei sarcasticamente.
<<Lo pensano più o meno un milione di persone, ma nessuno me l'ha mai detto in faccia>> risponde lui, quasi con apprezzamento. Per sottolineare come non le dispiaccia minimamente la sua dipartita, Ginevra muovo il primo passo facendo strada verso l'uscita, scuotendo la testa in replica alla sua frase.
<<Non preoccuparti, posso pensarci io a ricordartelo>> dice, girandosi subito dopo per catturare l'espressione di lui, consistente in un sorriso sarcastico <<Anche più volte al giorno>>
<<Il fatto che Gin non ti abbia ucciso in queste due ore mi lascia davvero sorpreso>> commenta Dom, intromettendosi nel battibecco non appena i due sono a tiro.
<<Non hai fiducia nella mia pazienza>> è la risposta di Ginevra una volta al fianco di suo fratello, mentre finge di non sorprendersi del fatto che siano davvero passate due ore.
<<O nel mio fascino>> controbatte Max, ridacchiando.
Le viene naturale allungarsi per afferrare il suo gomito e trascinarlo fuori da lì, davanti alla sua macchina, mentre lui finge di opporre resistenza e continua a scambiarsi occhiate con Dom. La scenetta sembra estremamente confidenziale.
Ginevra resta a fissare Max con le braccia conserte e la fronte aggrottata finché non entra in macchina e chiude lo sportello. Quando finalmente prende posto sul sedile del guidatore comincia ad aprire e chiudere le dita a mo' di saluto, montando un sorriso esagerato per sottolineare il suo fare scherzoso.
<<A Sabato prossimo>> grida Max mentre abbassa lentamente il finestrino, poi si prende giusto il tempo di inforcare gli occhiali da sole e premendo il piede sul pedale sfreccia via dal vialetto e sparisce sulla strada.
<<Non voglio commenti>> annuncia Ginevra prima di girarsi verso Jaques e Dom per trovarli, come sospettava, con le bocche spalancate ed in procinto di cominciare chissà quale discorso <<No>> ribadisce non appena Dom sembra riprovare a parlare.
Quest'ultimo sbuffa, poi però scende dalla Cadillac e la va incontro.
<<Fatti salutare almeno, io sto andando, ci vediamo più tardi a casa>> dice, afferrandole le spalle con le mani <<Certo, sarei rimasto se tu ci avessi raccontato cosa vi siete detti tu e Max Verstappen, però...>>
Ginevra gli dà uno spintone prima che possa finire la frase, accompagnata dalla sua risata.
<<Va' via Dom, tanto qui sei solo un peso>> lo sfotte, incrociando le braccia sul petto e indicandogli con la testa l'uscita. Dom scuote la testa in disapprovazione e lei ne approfitta per passargli una mano tra i capelli, scompigliandoglieli. E' vero che lui è il fratello grande e lei la piccola di casa, ma scompigliare il suo perfetto ciuffo è da sempre la sua cosa preferita.
La ragazza fa un giro su sé stessa prima che anche Jaques possa intervenire e senza guardare Dom andar via riprende a lavorare, concentrandosi su macchine che non siano quella di Max, macchine che hanno problemi risolvibili e sopratutto una scadenza.
Ginevra torna dall'Aston Martin che il cielo fuori è ormai completamente buio e il garage illuminato dalle luci calde dei neon, la playlist è stata cambiata, Jaques ha terminato i modi per sfotterla e le macchine per Lunedì sono quasi finite. Sono le otto. Quelle rimaste le aggiusteranno lunedì stesso. Lei fa per portare a posto il carrello degli attrezzi che aveva lasciato vicino alla macchina, ma si ferma quando nota qualcosa sullo sgabello sul quale era seduto prima Max. Aggrottando la fronte si avvicina all'oggetto e prendendolo in mano si rende conto che il ragazzo ha lasciato lì il suo portafoglio.
<<Scemo e imbranato>> commenta mentre torna da Jaques, rigirandosi l'oggetto di pelle nera tra le mani. Giusto per assicurarsene lo apre e, come sospettava, dentro c'è anche la patente, il che vuol dire che in quel momento Max se ne sta andando tranquillamente in giro con il suo macchinone, che certamente non attira poca attenzione, senza patente e senza documenti.
<<Che succede?>> le chiede Jaques mente si passa uno strofinaccio tra le mani, già senza tuta e pronto ad andar via.
<<Che Faccia da scemo potrebbe finire nei guai oggi>> risponde, alzando il portafoglio per farglielo vedere.
Jaques lo osserva per qualche secondo, pensieroso, ed è un'espressione che Ginevra trova nettamente più confortevole rispetto al sorriso che invece le rivolge subito dopo. Sta per dire qualcosa che non le piacerà, lo conosce bene.
<<Che hai da fare sta sera?>> domanda infatti lui, con fare enigmatico.
<<Dormire>> attesta, avvicinandosi al cugino per lasciargli una pacca sul petto e uscire dal garage. Lo sguardo che gli lancia è eloquente.
<<Non possiamo lasciare una persona come lui senza patente, non possiamo proprio>> continua però Jaques, evidentemente per niente intimidito da quello sguardo.
<<Non puoi lasciare me senza sonno>> cerca di giocarsela, ma Jaques le ha già dato le spalle e si è messo a frugare nella cassetta con le chiavi di tutte le macchine dell'officina. <<Cosa diavolo pensi di fare?>> quasi grida poi, non appena le viene un'idea di cosa il ragazzo possa avere in mente.
Ginevra sente solo la sua risatina e quando torna a guardarlo lui sta sventolando in aria le chiavi della Lamborghini Aventador parcheggiata lì accanto. Ora è Ginevra a ridere, istericamente però.
<<No>> si impunta, stringendo il portafoglio tra le mani.
<<So che luoghi frequenta Max il sabato sera, e sono posti in cui bisogna presentarsi con certe macchine>> dice lui, continuando a far tintinnare le chiavi <<Quindi ci andiamo con questa>>
<<Scordatelo Jaques>> taglia corto dandogli le spalle e cominciando a camminare verso il cancello dell'uscita <<Scordati che esca sta sera e scordati di prendere quella macchina>>
Ovviamente, credeva che sarebbe davvero riuscita a dirgli di no, ad imporsi.
Ancora non si capacita infatti di come lui, pochi minuti dopo, sia riuscito a farla sedere sul sedile passeggero di quella Lamborghini non loro, a farla entrare in un vestitino attillato e a portarla lungo la discesa tortuosa che finisce tra le luci scintillanti di Monte Carlo.
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