IX
NOTTI D'ARTISTA
In ogni angolo di Parigi quella notte tutti festeggiavano il 14 luglio, c'erano sfilate, spettacoli, bancarelle e la maggior parte dei locali erano aperti. In uno di questi bar si trovavano Angèle e Austin, lei con un bicchiere di tè freddo e lui con una lattina di Coca-Cola, e stavano in silenzio a guardare fuori dalla vetrata le persone che passavano. Ad un certo punto Austin si azzardò a rompere quella calma: «Posso sapere cosa è successo tra te e quel simpaticone platinato?».
A sentire quella stupida definizione ad Angèle quasi andò di traverso il tè: «Dai, poverino!».
«Oh, cosa c'è? È stato uno stronzo, quindi ho il diritto di parlare male di lui. Dunque?» domandò nuovamente appoggiando la testa sulla mano e il gomito destro sul tavolo.
La ragazza posò il bicchiere e si schiarì la voce: «Quando sono partiti i primi fuochi d'artificio ha provato a baciarmi, ma io mi sono tirata indietro».
L'americano restò per un momento in silenzio, poi scoppiò in una fragorosa risata che spiazzò la parigina: «Quindi mi stai dicendo che ti sei messa a piangere solo per quello?».
«C'erano anche altre cose che mi turbavano. E poi io mi lascio trasportare dalle emozioni... oh, non devo spiegarti queste cose, tanto non capisci».
«In realtà capisco molte cose. Ma dimmi, da quanto tempo vi frequentate?».
«Da poco meno di una settimana» borbottò in risposta la ragazza, coprendosi la faccia con le mani per l'imbarazzo: non le era mai capitata una relazione così strana.
Austin scoppiò a ridere un'altra volta.
«Smettila, per favore. Lo so benissimo anche io che la situazione è assurda» gli disse lei.
«Assurda sì, ma la cosa divertente è che ha fatto tutto lui. Quale idiota dopo neanche sette giorni prova a baciare una ragazza che prima neanche conosceva?». Fece una pausa e poi aggiunse: «A dir la verità un idiota così io lo conosco. È un mio amico, a Los Angeles, ed è disperato perché è convinto che nessuna sia interessata a lui. Se non mi sbaglio, una volta è finito nella stessa situazione di quel cretino che ti ritrovi tra i piedi».
«Pensavo che il cretino che mi ritrovo tra i piedi fossi tu» azzardò Angèle finendo il suo tè.
«Ma io sono un adorabile cretino, non puoi negarlo. Ti ho anche offerto da bere».
«Okay, va bene, sei stato gentile». Prese il cellulare dalla borsetta e lo accese per vedere se Xavier si era accorto della sua assenza, ma di suoi messaggi nemmeno l'ombra. Quando ripose il telefono trovò la polaroid che Christian aveva scattato prima del fatidico momento. «Santo cielo!» esclamò e la fece vedere ad Austin «aveva detto che sarebbe successa una cosa che di certo avrei voluto ricordare...è stata scattata prima del mancato bacio».
Il ragazzo scoppiò a ridere per la terza volta; quando si fu calmato disse: «Sai, è un mese ormai che mi sono trasferito e non ho ancora visitato Parigi come si deve. Leonardo mi aveva promesso di farmi vivere la "vera essenza parigina", come ha detto lui, ma mi ha solo invitato ad alcune feste».
Angèle sorrise: «Tipico, quel ragazzo è una specie di bomba festaiola. Comunque, se vuoi vedere la città, so che organizzano dei tour. Penso che l'iscrizione sia online, ma non sono sicura».
«E se invece la visitassimo adesso? Tu puoi farmi da guida. E poi questa notte la città sarà ancora più animata del normale dato che è festa. Che ne dici? Sarà divertente» propose Austin con uno scintillio negli occhi e un sorriso furbo.
«È un'idea fuori di testa e, in più, camminare per ore con i tacchi mi farà solo male dopo un po'».
«Ma ci stai, vero? Lo vedo dalla tua espressione, stai seriamente considerando la proposta. Su! Pensala come una nuova esperienza da provare».
«Va bene, mi hai convinta» rispose Angèle con un sorriso che non aveva potuto fare a meno di comparirle sulle labbra e illuminarle l'espressione.
I due uscirono dal bar e, dopo aver svoltato in varie strade e attraversato un ponte, giunsero nella grande piazza di Notre-Dame. La cattedrale si stagliava alta, imperiosa e potente sugli osservatori, creando quasi un muro tra il presente e il passato millenario a cui essa apparteneva.
«Mi dispiace che ora non si possa entrare, è molto bella. Però è splendida anche da qui. Sapevi che la prima pietra è stata posata nel 1163 al cospetto del Papa? E molto prima proprio qui sorgeva un tempio dedicato a Giove, voluto proprio da Giulio Cesare dopo la sconfitta del condottiero gallo Vercingetorige» disse Angèle mentre erano fermi davanti alla facciata illuminata e che spiccava su un cielo stellato.
«Wow, non sapevo di questo tuo lato da secchiona» le sorrise Austin distogliendo lo sguardo dalla cattedrale per spostarlo su di lei.
«Beh, ci tengo ad ottenere ottimi risultati nel corso di storia dell'arte, come in tutti gli altri del resto. Adesso vieni, continuiamo il giro».
Videro la Conciergerie in cui, durante la Rivoluzione francese, venne imprigionata la regina Maria Antonietta, la Sainte-Chapelle e la piramide del Louvre, il Marais e Place des Voges; infine, erano quasi le tre di mattina, presero la metropolitana e andarono a Montmartre per poter ammirare il Sacré-Cœur.
Mentre attraversavano una strada e si apprestavano a salire gli scalini per arrivare alla bianca chiesa, Austin notò uno strano cartello. «Cosa vuol dire Muro dei "Ti amo"?».
«Quello? È un'opera d'arte qui vicino. Praticamente è un grande muro con scritto "ti amo" in più di trecento lingue e si dice che la coppia che trova la frase nella sua lingua resterà insieme per sempre».
«Ci sei mai stata?» domandò il ragazzo continuando a salire la scalinata.
«Con qualcuno di speciale no, però qualche volta ci sono passata davanti. Mia mamma, invece, ci è stata con mio padre» rispose Angèle fermandosi davanti alla chiesa e sedendosi su un muricciolo.
«Che carini, immagino che saranno molto uniti» commentò l'americano prendendo posto di fianco alla ragazza.
«In realtà no... mio padre se n'è andato quando ha scoperto che la mamma era incinta. Penso che non si sentisse pronto ad avere una figlia, dopotutto avevano solo diciannove anni».
«Oh! Scusa, non lo sapevo».
«A dir la verità lo sanno ben poche persone, ma semplicemente per il fatto che non è mai uscito l'argomento» aggiunse Angèle con un'alzata di spalle, come se la cosa non fosse di grande importanza. «Non sei stanco di camminare? Sono le tre e un quarto, non c'è più in giro quasi nessuno» aggiunse con uno sbadiglio.
«Se vuoi possiamo tornare a casa» rise l'altro.
«Sarebbe cosa gradita» rispose la ragazza alzandosi dal muretto e spolverandosi il vestito.
Scesero la scalinata del Sacré-Cœur e presero la metropolitana fino a Place Saint Michel, vicino a Rue de l'Hirondelle; entrarono nel palazzo e si ritrovarono immersi nel buio: non bisogna dimenticare, infatti, che Hugo Poulan aveva rotto il sistema di illuminazione delle scale. Salirono fino al terzo piano con le torce del telefono accese e, quando Austin stava per aprire la porta di casa e salutare Angèle, lei lo fermò e gli disse che doveva ancora dargli la sua tazza; così salirono fino alla mansarda. Appena Austin mise piede nell'appartamento, come di consuetudine Marseille gli soffiò contro e se ne andò stizzita.
La tazza era ancora sul tavolo della cucina, avvolta dalla busta di carta, così la parigina la prese e la portò ad Austin che stava osservando i titoli di vari DVD su uno scaffale nel salotto. Il ragazzo tolse l'involucro e si trovò tra le mani una tazza azzurra e rosa con il disegno di Cenerentola. Angèle scoppiò a ridere vedendo l'espressione scioccata dell'americano.
«Scherzi, vero?».
«No, no. È proprio la tua nuova tazza. Bella, vero?».
«Oh, sì, bellissima. Se fossi una bambina di cinque anni!».
«Era adatta a te. Semplice. Vuoi vedere un film?» chiese Angèle, già prendendo la custodia di un DVD.
«Non riesci proprio ad allontanarti da me, eh?» disse Austin sedendosi sul divano.
«Farò finta di non aver sentito. Ti dispiace se vado a cambiarmi? Se vuoi puoi andare anche tu, non credo che stare con i jeans tutto il tempo sia comodo».
«Uh, sì! Facciamo un pigiama party» esclamò Austin imitando la voce di una ragazzina.
Quando entrambi si furono messi dei vestiti più comodi (Angèle ovviamente il suo pigiama di Stranger Things) ciascuno nel proprio appartamento, si sedettero sul divano della mansarda e la ragazza fece partire il film.
«Mi prendi in giro, vero?».
«Quello di Cenerentola è un bellissimo film! C'è anche Helena Bonham Carter».
«Ma chi la conosce?»
«Guarda che è la stessa attrice di Bellatrix Lestrange!».
Austin sbuffò, ma non replicò.
Dopo una ventina di minuti i due iniziarono a far fatica a tenere gli occhi aperti e alla fine si addormentarono: probabilmente era stato il pigiama party più corto della storia.
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