Capitolo 16 - Azkaban
AVVERTENZE: PRESENZA DI LINGUAGGIO FORTE
La Gazzetta del Profeta
N° 102.040
20 Dicembre 2021
SCANDALO: Legami tra Capo Ufficio per la Cooperazione Magica Internazionale e Terrorista Americana
Tutto il mondo è rimasto di stucco quando si è scoperto che uno dei più alti ufficiali del Ministero, Pedalus Kingsman, ha dei legami con i famigerati terroristi americani, Isaac e Katreena Predatel. La figlioccia di Kingsman, Zaria Hempsey, è stata catturata e accusata dell'attentato al San Mungo. Non si sa che Kingsman approvasse o meno le azioni di Hempsey; tuttavia, scoperte recenti dimostrano che le stava dando alloggio nel periodo dell'attentato. Quando è stata catturata, lui ha provato a cancellare ogni legame per salvare il proprio nome...
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Tremai leggermente mentre il traghetto procedeva lento verso l'isola. Già di per sé era una giornata fredda e grigia, ma quando ci avvicinammo a quel puntino immerso nell'oscurità, sentii la temperatura abbassarsi ancora di più. Adesso capivo perché il signor Potter mi aveva suggerito di vestirmi pesante.
Un barlume azzurro dietro di me mi fece girare. Il signor Potter aveva evocato un Patronus, ed un cervo bluastro più grande di me era apparso sul ponte del traghetto. "Tra poco sentiremo l'effetto," spiegò.
Anche un paio di auror che erano venuti con noi evocarono i Patroni. Dovrei..." Chiesi, facendo cenno con la testa verso I loro.
Il signor Potter scosse la testa. "Il fatto che sai evocare un Patronus non è conoscenza comune, e non credo che dovrebbe esserlo."
Annuii, guardando di nuovo l'isola. Diventava sempre più grande. Con essa cresceva la mia paura. Forse non ci avevo riflettuto bene. Forse era una pessima idea. Mio padre era stato in prigione per 15 anni; forse non ricordava neanche di avere una figlia. Così tanto tempo circondato da così tanti Dissennatori avrebbe fatto impazzire chiunque. E se si fosse messo a balbettare inutilmente? E se nessuna delle mie domande avesse ricevuto risposta?
Sono solo i Dissennatori, mi accorsi. Anche da così lontano, così tanti di loro in uno spazio così concentrato dovevano per forza entrarmi in testa. Dovevo rimanere positiva. Soprattutto lì. Però, se- No. Ottimista.
"Non è una perdita di tempo, vero?" Chiesi zitta zitta. Sentire il signor Potter dire che non lo era mi avrebbe dato forza.
Il signor Potter si accigliò verso l'orizzonte. La nostra barca stava iniziando ad entrare nella nebbia scura che circondava l'isola. "Sai, l'ultima volta che sono stato qui ho visto tuo padre. Gli ho detto che sei sopravvissuta. Gli ho detto che sei diventata una persona eccezionale. Sembrava comprendere. Credo che abbia una forza di volontà d'acciaio. Dopotutto, ha disertato Voldemort. Forse aiuta con i Dissennatori, un po', perché quando gli ho parlato, non mi sembrava del tutto pazzo."
Sorrisi. "Quindi è da lui che ho preso la mia fermezza?"
"Direi di sì." Il signor Potter mi mise un braccio attorno alle spalle, sorridendomi. "Forse non era la cosa migliore da trasmetterti..."
"In realtà a me piace, grazie tante," dissi.
Il traghetto era completamente circondato dalla nebbia nera. La temperatura era scesa di almeno dieci gradi. Presi la sciarpa dalla mia borsa. I suoi colori rosso ed oro erano le uniche cose brillanti nei paraggi. In quelle tenebre, sembrava brillare come un faro.
Per un bel po' riuscii a vedere solo oscurità di fronte a me. "Questa nebbia non c'è sempre stata," disse sottovoce il signor Potter. "Dopo che molti dei seguaci di Voldemort scapparono durante la guerra, però, aiutati dall'esterno, il Ministero decise che era meglio che non fosse possibile vedere la prigione, mago o no."
Lo ascoltai, con lo stomaco attorcigliato per il nervosismo. Adesso riuscivo a malapena a distinguere un approdo di fronte a noi. Parecchie persone che non erano venute con noi stavano accumulando scatoli lungo il bordo della barca, dove avrebbe dovuto esserci la passerella. Il signor Potter spiegò che quelli erano le persone che cucinavano il cibo dei detenuti. Venivano due volte al giorno, sul traghetto, e portavano i pasti ed altri beni necessari alla sopravvivenza. A parte loro, le uniche persone a cui era concesso venire erano le più alte cariche del Ministero e i parenti prossimi.
La barca arrivò lentamente all'approdo, sbattendovi con un leggero thud che mi fece aggrappare ancora più forte al corrimano. Percepivo la presenza di tutti quei Dissennatori attorno a me, ed era sufficiente a farmi venire voglia di vomitare.
Ora che eravamo arrivati, riuscii a vedere un altissimo edificio grigio che incombeva su di noi. La cima era coperta dalla nebbia. File di piccole finestre sbarrate erano allineate sulla facciata. Le fissai, chiedendomi se qualche prigioniero stesse guardando fuori. Se ci fosse tra di loro qualcuno abbastanza sano di mente da riuscirci.
Il signor Potter mi tirò gentilmente via dal corrimano e verso la passerella. I suoi auror ritornarono sull'attenti quando passammo, e scesero con noi dal traghetto. "Avete un'ora, o rimarrete qui fino alle quattro!" Urlò il timoniere.
Le persone stavano trasportando le scatole alla porta, e il signor Potter condusse il nostro gruppo lontano dal sentiero per un attimo. "Astra, noi terremo i Dissennatori quattro piani sopra di te, Macmillan rimarrà con te, ma noialtri dobbiamo pensare a loro, va bene?"
Annuii. Il signor Potter si tirò Macmillan in disparte mentre andavamo verso la porta e lo sentii chiedergli di lasciarmi privacy e di entrare nella cella solo se glielo chiedevo io, o se mi sentiva urlare. Mi irrigidii leggermente. Temeva che mio padre avrebbe cercato di farmi del male?
Attraversammo la porta, e Macmillan stese una mano per fermarmi mentre il signor Potter conduceva gli altri dentro. "Aspettiamo per un po' mentre fanno il loro lavoro," disse lui, facendosi da parte per i lavoratori che portavano da mangiare.
"I lavoratori non risentono dei Dissennatori?"
Macmillan si accigliò. "Non lo so. Di solito non hanno così tanti Patroni. Bella domanda."
Lo guardai. Sapevo che era il padre di Lacy. Le somigliava un sacco, eccetto che per la tonalità di pelle, ovviamente. "Non dirà a Lacy che sono venuta qui, vero? Io... Non voglio che si sappia a scuola. Non che lei non sappia tenere la bocca chiusa, ovviamente, ma-"
"Ma lei non sa tenere la bocca chiusa." Macmillan sorrise affettuoso. "Lo so che non ci riesce. Io ero uguale. Tranquilla, Astra. Tante cose del mio lavoro sono confidenziali. Potter si è già assicurato che lo sia anche questa."
Gli sorrisi grata. "Grazie." Potevo solo immaginare cosa sarebbe successo se si fosse saputo che ero venuta a trovare mio padre qui. A chi importa che aveva disertato i Mangiamorte. Era in prigione per essere stato un Mangiamorte. Quasi sicuramente, sarebbe stata una scintilla per far scoppiare la vecchia voce di "Astra e Albus sono i nuovi Bellatrix e Voldemort" del terzo anno. Anche se ad essere onesta, preferivo quello a "Astra è la nipote di Voldemort."
Passò qualche minuto prima che Macmillan finalmente aprisse la porta e mi facesse entrare. La presenza dei Dissennatori che avevo sentito prima era leggermente calata, e intuii che i Dissennatori fossero trattenuti parecchi piani sopra di me. Una situazione ideale avrebbe contenuto zero Dissennatori, ma questa era la migliore possibile.
Macmillan mi condusse attraverso parecchi corridoi stretti, oscuri e contorti, poi su per una umida rampa di scale. C'erano pochissime luci, solo qualche rara torcia qua e là per non lasciare oscurità completa. Quando raggiungemmo la cima delle scale, c'era una finestra. Le sbarre che la chiudevano erano più grosse di un braccio mio. Macmillan aprì una porta sul pianerottolo che rivelò un lungo e stretto corridoio, costellato da dozzine di porte di metallo. Alla fine di esso c'era un'altra finestra sbarrata.
"Cella numero 231," Macmillan disse sotto voce, poi posò un foglietto di carta in tasca. Prese uno sgabello da vicino la porta, poi fece strada nel corridoio. Mentre passavamo davanti alle celle, sbirciai verso le porte. Ognuna aveva una finestrella in cima, e attraverso esse potevo vedere delle figure rannicchiate a terra o contro il muro. I prigionieri a malapena sembravano umani. Uno rise istericamente appena passammo, e rimasi talmente sorpresa che mi fermai e fissai attraverso la sua porta. I miei occhi ne incontrarono un paio di un blu sconcertante che sembravano della stessa sfumatura dei miei, con bianchi capelli filamentosi che gli cadevano sul volto. Per un secondo ci fu un lampo nella sua espressione, ma poi rise di nuovo.
Macmillan sembrò allarmarsi. "Vieni, non è la cella giusta."
"Quello chi è?"
"Non è tuo padre." Macmillan mi tirò via.
"Ma chi è?"
Lui sospirò, poi guardò di nuovo il numero di cella. "Non so se ti è concesso saperlo.
Mi accigliai. "Perché no?" Strattonai via il mio braccio dalla sua presa e tornai alla porta prima che potesse fare qualcosa.
Cella 216. Sbirciai tra le sbarre, con la fronte premuta sul freddo metallo della porta. L'uomo incontrò di nuovo I miei occhi, e il lampo tornò, e lì rimase.
L'uomo sussultò. "Bella?"
Sbattei gli occhi. "No, io..."
Macmillan mi tirò via. "Astra, Potter mi ha detto esplicitamente che nessuno di noi deve parlare con gli altri prigionieri."
Mi accigliai. "Va bene. Almeno può dirmi chi era? Pensava che fossi qualcuno di nome Bella."
Macmillan scosse la testa. "Mi dispiace. Non so chi è." Non pensavo stesse dicendo la verità, ma capii che non me lo avrebbe detto nemmeno se avessi continuato ad insistere. Avevamo solo un'ora. Forse solo quarantacinque minuti ormai. Probabilmente non avevo bisogno di perder tempo.
Continuammo a camminare per il corridoio. Sbirciai comunque dentro ogni porta che superavamo. Alcuni dondolavano avanti e indietro, stringendosi le ginocchia al petto. Altri si limitavano a fissare il muro con sguardo vuoto. Altri ancora ricambiavano lo sguardo. Su quelli mi concentrai di più, quelli che avevano conservato un briciolo di salute mentale in quel posto orrendo.
"Eccoci qui, 231," Macmillan disse, indicando la porta. Tirò fuori una chiave dalla tasca e sbloccò la porta, poi la aprì per me. Feci un profondo respiro, preparandomi, ed entrai.
Non sapevo cosa mi ero aspettata. La parte più irrazionale di me avrebbe potuto volere un abbraccio. Un sorriso. Qualunque cosa mi fossi immaginata, non era questa creatura mezza morta di fame, con l'aspetto di chi non vedeva un altro umano da anni. Sembrava privo di... Di gioia, e di contatto umano. Neanche potevo immaginare cosa potesse essere vivere lì.
Mio padre era seduto di fronte a me, appoggiato al muro con un'espressione stanca sul volto. I suoi capelli color biondo sporco gli superavano le spalle, i suoi vestiti da prigioniero erano laceri e sporchi. I suoi occhi si fissarono su di me e mi studiarono per parecchi secondi, mentre la sua espressione diventava sempre più perplessa.
Uno sguardo di meraviglia misto a paura gli attraversò il volto. "Isobel?" Chiese lui, con voce che era appena un sussurro. Come se temesse che sparissi. Lentamente, mi sedetti sullo sgabello che Macmillan aveva messo nella cella prima di rispondere.
"No, non sono Isobel," dissi a bassa voce. "Sono... Sono sua figlia. Tua figlia. Astra. Astra L-Lestrange..."
Mi fissò, e i suoi occhi divennero leggermente più umani. Forse era perché i Dissennatori erano tenuti a distanza. Volli pensare che fosse per me.
"Astra..." Disse finalmente. "Giusto. Non una costellazione, ma suppongo vada bene."
Sbattei gli occhi, un po' sorpresa. "Um..."
"Pensavo fossi morta. Pensavo che Isobel fosse morta, e anche tu... Pensavo che Potter stesse mentendo..."
Non sapevo come rispondere, considerando che mia madre era morta. Sembrava sull'orlo delle lacrime, e non sapevo come avrei reagito se avesse iniziato a piangere. Stavo sentendo io stessa l'impatto dei Dissennatori, e comunque non sapevo come sarei riuscita a consolarlo.
"Scommetto che vuoi sapere del tuo vecchio, eh?" Chiese lui, mettendosi compost all'improvviso. Aveva un tono di voce amareggiato, ma non pensavo che fosse per causa mia.
"Io... beh, sì, immagino."
Lui fece spallucce. "È piacevole avere quei Dissennatori lontano. Non riesci a ragionare con loro in giro."
Io per prima stavo avendo difficoltà a combattere l'influenza deprimente dei Dissennatori, anche con tutto quello spazio tra loro e me. Lui era stato così vicino a loro per così tanto tempo, che questo gli sembrava un sollievo. Tremai involontariamente.
"Sono cresciuto con I miei nonni. Lato Lestrange. I miei genitori erano troppo impegnati ad ubbidire ciecamente ad ogni ordine di Tu Sai Chi," mio padre disse in tono disgustato. "Non li ho mai conosciuti davvero. Spesso avevo degli incubi sulla mamma." La sua risata amara echeggiò per la stanza, producendo un suono come di chiodi su una lavagna.
"Non posso dire di essere stato triste quando sono stati rinchiusi ad Azkaban. Avevo solo otto anni. La mia più grande preoccupazione era capire di quanto potevo alzarmi con la scopa prima che mia nonna mi vedesse."
Lui sorrise al ricordo, e anche io sorrisi leggermente.
"Ho iniziato Hogwarts nel 1984. Lo stesso anno di mia cugina Nymphadora, in effetti. Non mi era permesso chiamarla mia cugina, ovviamente."
"Vivo con sua madre," dissi a bassa voce. "E suo figlio, Teddy. Ha appena avuto una bambina..."
Mio padre sorrise triste. "Ottimo. Tutto questo. Zia Andromeda è riuscita a rimanere sana di mente per tutto quel tempo, tutti quegli anni. Non come mia madre, o zia Narcissa." Annuii.
"Comunque, nel frattempo che mi diplomai, i miei nonni erano morti, ed ero libero di fare ciò che volevo. Decisi che mi sarebbe piaciuto tanto essere un auror."
Sentii la mia bocca spalancarsi contro la mia volontà. "Eri un auror?"
Rise di nuovo amaramente. "Mi hanno respinto appena ho firmato col mio nome. Mi dissero di non prenderla sul personale, che non c'era abbastanza posto nell'ufficio."
"Non... Non era vero, giusto?" Chiesi. Se le persone giudicavano me per il mio nome, non potevo immaginare cosa fosse stato per lui, ai tempi.
"Sei sveglia," disse lui, rivolgendomi un sorriso triste. "Ovviamente non era vero. Fecero entrare Nymphadora nel programma quello stesso giorno. Finii per lavorare in uno squallido pub di Nocturn Alley per i cinque anni successivi."
Tremai. "Ci sono stata. Non... Non è un bel posto."
"No, non lo è. Odiavo quella vita. Ed ecco perché ero disposto ad unirmi a Tu Sai Chi dopo che mia madre e mio padre sono evasi da qui. Ovviamente, il primo anno è stato meraviglioso. I miei genitori erano fieri di me, riuscivo ad aiutare con alcune delle più innocue attività da Mangiamorte-"
"Non credo ci fosse nulla di innocuo in quelle attività."
Lui annuì, ridacchiando. "Significa solo che nessuno è morto. Tu Sai Chi era abbastanza intelligente da introdurre le nuove reclute con quel tipo di missioni. Nel frattempo che arrivavano ad uccidere, si sarebbero de-sensibilizzati, o così credeva."
Sentirlo parlare di uccidere in modo così tranquillo mi fece rabbrividire. Ovviamente, mio padre conosceva le conseguenze bene quanto me; non dubitavo che fosse stato causa di almeno qualche morte che lo tormentava da anni. Chiusi gli occhi contro i volti di Pouri ed Evie, ordinandogli di sparire. Non volevo pensare a loro, non adesso. Non era il genere di posto in cui volevo scoppiare a piangere.
"Sei sconvolta," mio padre notò, con espressione improvvisamente pentita.
"un po'..."
"Quando rimani qui per così tanto tempo, ti dimentichi che la maggior parte delle persone non è abituata a certe cose."
"Io... Io sto bene." Riuscii a sorridere, e gli feci segno di continuare a raccontare.
Lui mi guardò per qualche altro secondo, assicurandosi che stessi bene davvero, poi continuo. "Io non mi de-sensibilizzai. Infatti, disertai quasi un anno prima della caduta del Signore Oscuro. Non ho partecipato alla Battaglia di Hogwarts, né in nessun altro atto terroristico quell'anno. Mi ero nascosto a Dublino. Incontrai tua madre quando tornai a Londra, quasi sei anni dopo. La miglior cosa che mi sia mai capitata. Mi ero abituato bene alla cultura babbana, e non trovavo un senso nei miei vecchi pregiudizi. Dunque, eccoci qui."
Sbattei gli occhi. "Hai lasciato i Mangiamorte prima ancora che Voldemort desse segni di poter essere sconfitto? E ti sei nascosto così a lungo. Perché sei qui, allora?"
La sua espressione, finora piuttosto neutrale o amareggiata, divenne rabbiosa. "Gli auror mi rintracciarono, forse qualche settimana prima che nascesti tu. Non mi ascoltarono, non mi diedero nemmeno il tempo di dire a mia moglie cos'era successo. Sapeva solo che mi stavano portando via. Non gli è nemmeno parso strano che un fantomatico mago oscuro e seguace di Voldemort avesse una moglie Babbana."
"È ridicolo!" Mi girai per guardare verso la porta, sperando che Macmillan non stesse sentendo perché all'improvviso ero furiosa con qualunque auror mai esistito. "Come hanno potuto?"
"Il mio nome. Sufficiente a condannarmi a vita a questa bara. I Lestrange sono noti per essere dei pazzi, bigotti, appassionati di arti oscure che non si fermerebbero davanti a nulla pur di sterminare i Babbani. Te ne sei accorta, ne sono sicuro."
"Ma... Ma forse posso cambiare le cose," dissi debolmente. "E forse potresti anche tu. Scommetto che se tu spiegassi tutto al signor Potter, ti aiuterebbe."
"Le cose non cambiano, Astra. Le persone non cambiano. E non intendo solo la nostra famiglia. Tutta la dannata umanità rimane ferma nei suoi pregiudizi, e nessuna bontà da parte tua cambierà la loro opinione. Bellatrix Lestrange è sufficiente a spegnere qualunque pietà Potter potrebbe avere per me. Sii contenta che ti ha conosciuto con un nome diverso per così tanto tempo. Pensi che non abbia provato a spiegare tutto a lui? A tutti? Non ascolteranno, Astra. La gente sente solo il nostro nome. Nient'altro."
Lo issai. Era impazzito? Beh, forse sì, visto che era rimasto lì tanto a lungo, ma questo non avrebbe dovuto renderlo più disponibile a cogliere un'occasione per fuggire? Perché non capiva che poteva cambiare le cose, se ci avesse provato? Che noi potevamo cambiare le cose?
"È tutto?" Chiese lui, interrompendo i miei pensieri.
Scossi la testa. "Sono rimasta sola per quindici anni. Pensi che mi accontenti di questo?"
Lui ridacchiò. "Suppongo di no."
"Com'era la mamma?"
Uno sguardo distante comparve negli occhi di mio padre. "Era così intelligente. Così creativa. Era un'artista, sai. Dipingeva. Li vendeva alle gallerie. Incantai un paio dei suoi quadri per lei. Era bellissima. E così felice." L'ombra di un sorriso apparve sulle sue labbra. "Era così emozionata di avere te. Aveva dipinto la più bella delle decorazioni sul muro della tua stanza. L'arca di Noè, mi pare che la chiamasse. Dalla sua Bibbia."
Sorrisi, poi mi accigliai. Quegli stupidi Dissennatori rovinavano ogni barlume di felicità che provavo ad avere lì. Mi guardai dietro le spalle. Poi tirai fuori la bacchetta e feci l'Incanto Patronus.
Mio padre sembrò sorpreso. Fissò il mio collie con occhi sgranati, e lo mandai da lui, circondandolo col suo calore. Forse gli avrei dato un momento di pura, inalterata felicità senza l'effetto dei Dissennatori. Aveva un largo sorriso in volto mentre guardava il mio Patronus saltellare attorno a lui.
"Sei molto potente," disse alla fine, guardando di nuovo me.
Sorrisi. "Solo perché l'ho imparato dal signor Potter. Ci ho messo un'eternità ad imparare a farlo."
"Non ho mai avuto il coraggio di provare l'Incanto Patronus," disse mio padre, sorridendo al mio. "Hai sentito cosa succede ai maghi oscuri che ci provano."
Annuii, perdendo il sorriso. "Sì, ne ho sentito parlare."
"Di sicuro succederebbe a me."
"Ne sei sicuro?"
Ci guardammo l'un l'altra, mio padre studiava me ed io studiavo lui. Lui mi guardava scettico. Era convinto che sarebbe successo.
"Non importa," disse lui scontroso dopo un minuto. "Mi hanno spezzato la bacchetta quando mi hanno catturato."
"Almeno hai avuto un processo?" Chiesi.
Lui scosse la testa. "Una politica del Ministero introdotta per la guerra. Niente processi per i Mangiamorte. Anche se erano disertori. Credo l'abbiano estesa anche a chi ha usato una Maledizione Senza Perdono."
"Ma non... Non può essere legale."
"Tutto ciò che il Ministero voglia che sia legale è legale. Qualunque cosa risponda ai loro bisogni in quel momento."
Forse il diritto ad un processo era solo una cosa babbana. Tutto questo mi sembrava ancora così sbagliato. Forse le leggi erano cambiate da allora. Wren aveva avuto un processo, dopotutto, anche se non era una Mangiamorte, e se qualcuno era mai sembrato colpevole, era lei. "Ricevi mai i giornali?" Chiesi.
"Uno di quelli che portano il cibo mi passa tutti i giornali che può," mio padre rispose. "Ci sei finita spesso, eh?"
"Annuii. Non è importante, però. La Gazzetta del Profeta non ha più integrità. Ricordi più o meno un anno e mezzo fa, il processo di Wren Predatel? Aveva quattordici anni."
Mio padre annuì. "Una storia avvincente. A confronto sembro un agnellino," disse sarcastico.
"Perché lei ha avuto un processo? Ha usato Maledizioni Senza Perdono a destra e a manca."
Mio padre sospirò. "È stato un processo puramente politico. Una nuova Ministra cercava di mostrare il suo potere, Harry Potter combatteva per la sua innocenza, e lei è americana, figlia di due terroristi, e come se non bastasse una bambina. E tu eri coinvolta, il che darebbe a chiunque diritto ad un processo."
Mi accigliai. "Forse posso insistere per far avere un processo a te, allora."
Mio padre rise. Il suono echeggiò contro le mura. "È una battaglia persa, tesoro. Grazie per averci pensato, però."
"Perché è una battaglia persa?"
"Tutti si sentono a disagio quando Tu Sai Chi viene messo in mezzo. Vogliono solo chiudere a chiave quella parte del passato, e non gli piace pensare alle persone che avrebbero potuto aiutarlo."
Lo guardai. Prima di rendermi conto di cosa stessi dicendo, sparai fuori, "Non sei il figlio di Voldemort, vero?"
Mio padre si accigliò, preso alla sprovvista. "Chi ti ha detto che lo sia?"
"C-Caymus Stillens."
Lui annuì lentamente. "Oh. Capisco." Ci fu silenzio. Lo guardai, aspettando che continuasse. Sperando forse inutilmente che si mettesse a ridere e che dicesse di no, certo che no, che razza di droghe pesanti aveva assunto questo Stillens per pensarlo?
Finalmente, si mosse. "La verità è che le tre persone che potrebbero saperlo sono tutte morte. Tu Sai C... Voldemort, a quanto ne so, non ha mai detto nulla a riguardo, non ma hai dato peso alle voci che mia madre diffondeva. Bellatrix era quella che spingeva l'idea, e mio padre si limitava a tollerarla, o così mi è stato detto. Non lo so. È impossibile saperlo con certezza." Subito aggiunse, "Non penso sia vero, però. Non penso che Tu Sai Chi avrebbe voluto dei discendenti."
Sentii le mie speranze crollare. "È impossibile saperlo."
"Sì, ma tutto ciò che ho mai trovato punta ad un no. Credo che Bellatrix volesse solo più potere sugli altri nella sua cerchia personale."
Le persone mi avevano detto in passato che Voldemort non avrebbe voluto un erede. Tuttavia, sentirlo da mio padre, sentirlo dire con sicurezza che secondo lui era una bugia – quello aiutò, in qualche modo. Un piccolo peso mi era stato tolto dall'anima. E forse avrei ancora avuto incubi. Non ne avevo idea. Ma potevo trovare una piccola consolazione nel fatto che mio padre credeva fermamente che fosse falso.
Giusto in quel momento Macmillan bussò alla porta. "Abbiamo dieci minuti prima che facciano tornare i Dissennatori," disse lui, con la voce attutita dallo spesso metallo.
Guardai di nuovo mio padre. Stava stringendo le labbra, preparandosi a resistere. "Come fai ad essere ancora sano di mente?" Mi ritrovai a chiedere.
"Bella domanda. Dicono che ogni persona reagisce in modo diverso, ovviamente. E adesso i Dissennatori non sono vicini. Al momento la mia testa è abbastanza libera da permettermi di pensare." Sorrise al mio Patronus. Sembrava ancora più macilento alla luce che emetteva. "Non sono tormentato da crimini orribili. La cosa peggiore che abbia mai fatto è stato sottoporre uno alla maledizione Imperius, e l'ha sconfitta in una settimana. Mi tormenta di più la notte in cui mi hanno portato via. Suppongo che l'ingiustizia di quell'atto mi mantenga sano di mente." Sorrise amaramente.
Sospirai. "È tutto così sbagliato."
"Così va il mondo, tesoro." Mi sorrise, poi si mise precariamente in piedi. "Non vuoi essere nei paraggi quando iniziano a far tornare i Dissennatori." Mi porse la mano, e gli permisi di tirarmi in piedi. Per un attimo, mi studiò. "Somigli così tanto a tua madre. Ma non del tutto."
"Zia Andromeda dice che somiglio a te."
Lui ridacchiò. "Suppongo sia vero anche quello." Lui annuì. "Vedo del Black in te."
Un angolo della mia bocca si sollevò, e feci un passo in avanti per abbracciarlo, ignorando la sua sudicia uniforme da prigione. Mio padre si irrigidì per un attimo, poi lo sentii rilassarsi ed accarezzarmi gentilmente la schiena. Sentii l'impulso improvviso di piangere. Per quindi anni ero rimasta sola, ma ora stavo abbracciando mio padre.
Macmillan bussò alla porta troppo presto, dicendomi che dovevamo davvero andarcene. Mio padre fece un passo indietro, poi mi mise le mani sulle spalle. "Non cacciarti nei guai per me, Astra." Mi sentii leggermente insultata, anche se avevo sperato di spingere l'argomento del nessun-processo col signor Potter, e magari di portarlo dalla Carrow la prossima volta che mi fosse successo qualcosa di assurdo a cui lei come al solito non avrebbe creduto. Ora che ci pensavo, tutto questo avrebbe potuto rendermi ancora più un demone agli occhi del pubblico.
"Proverò a non farlo," promisi. "Ma proverò anche a tirarti fuori di qui. Legalmente," misi subito in chiaro.
"Non preoccuparti per me. Ama la tua vita tranquilla. Sii grata per essa finché ce l'hai ancora." Mi sorrise affettuoso. "Vienimi a trovare di nuovo, magari."
"Sicuro." Lo abbracciai di nuovo, in fretta, poi tornai riluttante verso la porta. Non sapevo di preciso cosa dire oltre a, "Ci vediamo." Era difficile augurare del bene a qualcuno quando li stai lasciando in questo girone infernale.
Macmillan sembrò sollevato quando finalmente uscii dalla porta. La accostò in fretta, chiudendola con un sonoro click. Guardai attraverso la finestrella un'ultima volta e vidi mio padre guardarmi, come per fissare il mio viso nella sua memoria. Sperai che non ci si mettesse anche questo momento a tormentarlo.
Macmillan mi stava già facendo correre per il corridoio. I prigionieri da ogni lato si erano alzati nel frattempo che ero stata con mio padre. Molti si aggrapparono alle sbarre delle finestrelle o allungarono le mani, ghignando quando ci avvicinavamo per sbaglio e loro quasi ci afferravano. Superammo la 216, e il vecchio era ancora contro il muro, anche se adesso stava chiamando Bella. Macmillan sembrò tirarmi via più velocemente che rispetto agli altri.
All'improvviso sussultai. Bella... Ma certo. Prima che Macmillan potesse anche solo chiedere se andava tutto bene, lo scartai di corsa, rifeci la strada e mi fermai alla cella 216. "Rodolphus."
Il vecchio sussultò, poi rise. "Non Bella, allora. Non Bella."
"Orion è tuo figlio?" Chiesi fermamente, sentendomi come se stessi parlando con un pazzo. Cosa che stavo facendo.
"Delusione, che grande delusone," Rodolphus mormorò, dondolandosi leggermente avanti e dietro.
"Lui è tuo figlio?" Insistetti. Macmillan si era ripreso dallo shock iniziale di me che correvo e si avvicinava in fretta. "O è di Voldemort?"
La testa di Rodolphus scattò in alto così in fretta che mi spaventai. "Come osi pronunciare il suo nome!" I suoi gelidi occhi blu si fissarono nei miei. Un brivido mi percorse la schiena. Quegli occhi. Erano gli stessi che mi guardavano nello specchio. Che ora mi fissavano dal volto di un pazzo. Che ora mi fissavano dal volto di mio nonno.
"Astra, che stai facendo?" Macmillan stava cercando di tirarmi via dalla porta, ma non avevo intenzione di cedere. Rodolphus mi stava chiamando in tutti i modi, la maggior parte dei quali non riconoscevo ma che intuii appartenere alla categoria di 'sudicia Sanguemarcio'. Stava addirittura cercando di mettersi in piedi.
"Quello è Rodolphus Lestrange?" Chiesi a Macmillan, stringendo forte le sbarre con le mani così che non potesse tirarmi via.
Macmillan distolse lo sguardo, e quello mi bastò come punizione. Mi girai di nuovo verso la cella e vidi il volto di Rodolphus a pochi centimetri dal mio. Era basso, alto appena quanto me, ma forse si era ingobbito per la vecchiaia. Non riuscivo a capirlo. Ciò su cui mi stavo concentrando erano i suoi occhi, cercando di ignorare le oscenità che mi stava urlando.
"Rodolphus," dissi ad alta voce sovrastando il suo torrente di parole. "Orion è tuo figlio, vero?"
"Vorrei che non lo fosse!" Fu l'unica risposta che ebbi.
"Beh, scommetto che vorresti che io non sia tua nipote, allora," dissi, stringendo gli occhi.
Rodolphus sbatté gli occhi, e sembrò raggiungere la stessa conclusione sui miei occhi a cui ero arrivata io. Il suo volto si deformò in un ghigno. "Una sporca ibrida. La figlia di una puttana. La figlia di un traditore! E l'erede del nome dei Lestrange!" Rise, la risata di un pazzo. "Appropriato!"
Lo guardai malissimo. "Va' all'Inferno." E prima che potesse provare ad afferrarmi, mi girai e andai via. Ignorai il fiume di insulti che mi urlò dietro. Ignorai i sussurrati rimproveri di Macmillan riguardo l'interagire con i pazzi. Mi concentrai sul calmarmi mentre scendevo le scale, accorgendomi che la mia rabbia era amplificata dall'effetto dei Dissennatori. E poi, era un pazzo, ed io lo sapevo. La cosa importante era che io sapevo. Ne ero sicura. Quasi sena dubbio. Avevo guardato Rodolphus Lestrange negli occhi e avevo visto i miei, di occhi, fissarmi in risposta.
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Sul traghetto, di ritorno sulla terraferma, rimasi a poppa da sola, guardando l'isola sbiadirsi nella distanza. Da dove mi trovavo, potevo sentire i mormorii di Macmillan che diceva tutto al signor Potter, anche se non capivo le singole parole. Mentre ci allontanavamo sempre più dall'isola, sentii il buonumore tornare. Una cosa rimaneva, però. Un precipizio di rabbia incontrollata nel mio cuore, rabbia di fronte all'ingiustizia di tutto ciò. Il fatto che mio padre era stato incarcerato a vita senza processo, quando il peggior crimine che aveva commesso era stata una maledizione Imperius che non aveva retto una settimana. Il fatto che era stato strappato a mia madre senza nemmeno una spiegazione per lei. Il fatto che ero cresciuta senza nessuno di loro. Ero arrabbiata col mondo, arrabbiata col mio destino, e soprattutto, arrabbiata col Ministero.
Dopo un po', sentii dei passi avvicinarsi, e il signor Potter si appoggiò al corrimano vicino a me. Non disse nulla, ed io non avevo intenzione di iniziare a parlare. Avevo un sacco di cose da riordinare nella mia testa, e sapevo che stava per arrivare un rimprovero riguardo ciò che era successo con Rodolphus.
Alla fine il signor Potter sospirò. "Perché sei così?"
"Perché avete imprigionato mio padre senza un processo?" Replicai, con lo sguardo fisso sull'orizzonte.
"Quelli erano giorni difficili. Molti Mangiamorte erano ancora latitanti." Si fermò. "Mi pento di alcune decisioni che prendemmo allora. Non dargli un precesso. Quelli importanti sarebbero stati comunque rinchiusi. Volevamo solo risparmiare tempo."
"Rimediate adesso," dissi. "È decisamente troppo tardi, ma deve farlo. Me lo deve, non pensa?"
"Non capisci, Astra. Tutte le persone che abbiamo rinchiuso, tranne forse tuo padre, erano noti Mangiamorte, noti assassini e torturatori. Non meritano niente da noi se non disprezzo."
"Tutti meritano giustizia."
"Hanno avuto la loro giustizia."
"No, non senza un processo. Hanno avuto solo quella che voi ritenevate essere giustizia. Quanti altri ce ne sono lì come mio padre?" Il signor Potter non rispose. "Non lo sapete. Perché non li avete ascoltati. Li avete solo trascinati via e sbattuti in quel posto senza pensarci due volte.
Il signor Potter sospirò. "Te l'ho detto. Abbiamo commesso degli errori. Non c'è molto che possiamo farci ora, però. E comunque, non è di questo che dobbiamo parlare ora. Per quale accidenti di motivo hai provato a parlare con un pazzo?"
"Era Rodolphus Lestrange. So che era lui."
"Non lo sapevi. Al mondo ci sono un sacco di persone chiamate Bella."
"Lo sapevo." Il signor Potter sospirò di nuovo. "Perché non mi ha detto che era vivo?" Chiesi.
"Sapevo che avresti voluto vederlo."
"Perché non potevo?"
Il signor Potter scosse la testa. "Sono certo che sai già la risposta. Spero tu abbia avuto ciò che volevi da lui.
"In effetti sì."
Il signor Potter si accigliò. "Macmillan ha detto che non ti ha risposto."
"Non lo ha fatto, tecnicamente. Ma i suoi occhi sono uguali ai miei." Finalmente lo guardai. "L'ho visto."
Il signor Potter mi rivolse il più scettico degli sguardi. "L'hai visto."
Annuii. "Lo so."
"Beh, va bene. Forse hai ragione."
"Ho ragione."
Il signor Potter annuì, arrendendosi. Guardai di nuovo l'orizzonte. Tutto ciò che si vedeva ora era un puntino nero dove il cielo incontrava il mare. Pochi secondi dopo, era sparito completamente.
Spigolo autore
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Alla prossima!
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