8- Silent scream

23 agosto 2023

Elizabeth's P.O.V

"Allora." Tento di iniziare una conversazione con la mia strana interlocutrice.
Marie, la ragazza del bar, dopo quel giorno, mi ha chiesto di vederci ancora per poter parlare. Tuttavia da quando siamo arrivati non ha ancora aperto bocca.

"Perché mi hai chiesto di rivederci?" Vado dritta al punto, sorseggiando il mio caffè macchiato.

"Perché ti ammiro." Mi risponde dopo un pò, visibilmente imbarazzata, provocandomi una risata spontanea.

"Scusa." Le chiedo guardando il modo in cui abbassa lo sguardo.
"Solo non riesco proprio a capire il perché."

"Sei così forte, sembri sempre sapere cosa fare."
Sorrido perché è davvero buffo sentire la considerazione che ha di me. Se solo mi conoscesse davvero saprebbe che non è affatto così.

"Vedi, io vorrei fare tante cose, ma a volte sento proprio che mi manca la forza o il coraggio. Tu come fai?" Mi chiede.
I suoi occhioni da cerbiatto mi osservano scrupolosi, mentre cerco qualcosa di sensato da dirle.

"Io...la verità è che non c'è una formula segreta. In realtà spesso improvviso." Ammetto sincera.

"Ah." Sembra delusa.

"Ascolta. Comincia solo a piccoli passi. Metti da parte la paura e il giudizio altrui. Sarà più facile così." Le consiglio alla fine, vedendola abbattuta. A volte penso proprio che dovrei seguire i miei stessi consigli.

"Mh" Mi risponde, ma continua a non esserne del tutto convinta.

"Ok, allora facciamo un esempio pratico. Vediamo se posso aiutarti." Le propongo, sinceramente curiosa a questo punto.

"Ecco. Io vorrei fare la modella. L'ho sempre voluto. Però come vedi spesso ho addirittura paura di parlare, di dire o fare la cosa sbagliata, figuriamoci di sfilare davanti a tante persone. E poi beh, la mia pelle è quella che è." Dice indicandomi le macchie bianche sul suo viso e sulle sue braccia scoperte. La guardo sconcertata. Lei è davvero bellissima, non può pensare cose del genere.

"Perché per te è così importante?"

"Mia madre. Ecco, lei era bellissima, davvero bellissima. Era una modella francese e amava stare al centro dell'attenzione. Il suo sogno, prima che si ammalasse, era di partecipare a miss universo. C'erano giorni in cui non pensava ad altro che a quello. E io so di non essere bella come lei, ma devo provarci, in suo onore." Mi spiega mentre io la guardo commossa. Vorrei chiederle di più riguardo a questa storia, ma ho paura di poterla ferire.

"Tu le somigli tanto sai. Aveva queste sue idee in testa e non mollava fino a quando non riusciva a raggiungerle." Mi dice e all'improvviso capisco perché tutta questa voglia di parlarmi. Le deve mancare davvero molto, come la capisco.
I miei genitori non sono morti, ma da quel giorno è come se lo fossero per me.
Non accettare la mia bambina significava non accettare me.

"Facciamo così allora. Iniziamo dalle basi. Sfila per me, per me soltanto." Le propongo.

"Io non vorrei farti perdere tempo." Continua timida.

"Non ti preoccupare di questo. Voglio aiutarti." Le dici sincera.

"Davvero lo faresti per me?" Mi chiede, gli occhi carichi di gratitudine mentre io annuisco.
Infondo potrebbe farmi comodo avere un'amica in più e poi sembra davvero gentile.

"Grazie, grazie." Mi dice entusiasta, battendo le mani, per poi smettere immediatamente appena si accorge di essere fissata. È davvero troppo buffa.

"Non mi hai ancora detto perché lavoravi in quel bar se hai in ballo questi progetti." Le chiedo, per farla concentrare nuovamente su di me.

"Ho bisogno di soldi. Sai, per poter partecipare a questi concorsi devi avere non solo un bell'aspetto, ma una serie di doti, come saper sfilare, essere carismatica, saper parlare fluentemente l'inglese. Per tutto questo ci sono dei corsi. E poi la vita qui in America da sola costa." Mi spiega, mentre io annuisco, consapevole.

"E tu invece? Quale è il tuo progetto?" Mi chiede dopo attimi di silenzio.

"Al momento solo guadagnare abbastanza per poter garantire un futuro dignitoso alla mia bambina." Le dico sincera.

"Wow, non sapevo avessi una figlia."

"Si, non sarebbe stato proprio il massimo portarla con me al lavoro." Le dico ricordandomi ancora gli sguardi di quegli uomini viscidi.

"Hai una sua foto?" Mi chiede timidamente mentre io annusico, prendendola dal portafogli. È una foto di qualche anno fa, era una giornata estiva ed eravamo appena tornate dal parco. Violet era cosi contenta che non smetteva di correre e saltellare così le scattai una foto.
È la foto più spontanea che ha, forse per questo mi piace tanto.

"È una bambina bellissima." Mi dice delineandone i tratti con il dito.

"Già."

Restiamo lì ancora per qualche minuto a finire di rilassarci, prima che lei guardi lo schermo del telefono strabuzzando gli occhi.
"Oh mio dio, è tardissimo, devo andare. Non vorrei che Jack cacciasse anche me." Mi dice mentre la rabbia torna ad ammontare nuovamente dentro di me pensando a quel tipo.
Fortunatamente sembra che non dovrò piú averci a che fare, almeno per i prossimi giorni. Sono stata assunta come donna delle pulizie al Park Central Hotel.
Non sarà il massimo, ma almeno qualcosa.
Guardo l'orologio. Direi che è ora di andare anche per me. Devo essere lì fra un'ora. Speriamo che vada tutto bene.

                       🥀🥀🥀🥀🥀

Mi trascino controvoglia fino a casa, completamente sudata ed esausta per la giornata appena trascorsa. Non credevo che sarebbe stato addirittura piú faticoso lavorare come addetta alle pulizie che come barista.
Tuttavia, la mancanza di clienti viscidi e gonne striminzite è decisamente un punto a favore del posto.

"Violet, sono a casa." Urlo nel salotto, mentre la piccola, seguita da Carol, vengono verso di me.

So che forse avrei dovuto licenziare Carol dopo quell'avvenimento, ma l'insistenza di quest'ultima e le lacrime di Violet per la perdita dell'amica, mi hanno fatto desistere.

Infondo tutti meritano una seconda possibilità, no?
Beh, tutti tranne Matt evidentemente, che tende a buttarle tutte.
Mi guardo intorno alla ricerca di quella testa riccioluta, stupendomi di non trovarne traccia da nessuna parte.
Sarebbe dovuto essere a casa già da un pezzo.
Decido di non preoccuparmene, felice finalmente di poter avere un pò di tempo per noi lontano da quell'individuo.
Non avrei voluto che andasse così, ma non posso sicuramente continuare a dargli possibilità all'infinito, soprattutto considerando che non sembra intenzionato a volerci nella sua vita.

"Allora, che cosa hai fatto stamattina?" Mi inginocchio per raggiungere la sua altezza, facendole la consueta domanda. Violet mi indica lo schermo del salotto estremamente contenta mentre io mi arrabbio. Odio che passi tanto tempo davanti alla televisione. Non le fa bene.

"Vuoi giocare contro di me, mammina?" Mi chiede, l'atteggiamento di sfida simile a quello di Matt negli occhi. La guardo confusa, chiedendo spiegazioni a Carol.

"Stamattina abbiamo trovato tra i giochi inseriti just dance e Violet ha insistito per giocarci. Non stiamo facendo altro da stamattina." Mi spiega mentre io guardo lo schermo pensierosa. Matt odia ballare, non avrebbe mai comprato per sé un gioco del genere.

Mi ritorna involontariamente alla mente quel giorno, sotto alla pioggia. 

                         ✨️✨️✨️✨️

"Che cosa vuoi fare?" Mi chiese posando lo sguardo dai due violinisti di strada a me, mentre la dolce melodia ci risuonava nelle orecchie.

"Balla con me. Segui la musica." Dissi, presa da un impeto di coraggio.

"Ma sta diluviando."

"Non importa. Smetterà presto." Gli dissi allacciandogli le braccia al collo mentre le sue mani mi cingevano la vita. Mi cullò in maniera così dolce che non riuscì a non pensare a quanto sarebbe stato bello restare così per sempre. Che illusa che ero.

"Ho finalmente trovato qualcosa in cui non eccelli." Gli dissi ridendo dopo che mi ebbe calpestato i piedi per la terza volta in cinque minuti

"Impossibile. Sono sempre il migliore in tutto ciò che faccio." Disse, il tono arrogante di sempre.
"Potrei farti fare un casquet in questo preciso istante."

"Vorrei evitare di cadere, grazie." Gli dissi prendendolo in giro.

"Ah si?" Disse lasciando la mia presa. Mi ritrovai ad un centimetro da terra, ma per fortuna lui mi prese giusto in tempo.

"Non ti avrei mai lasciata cadere." Mi disse dolcemente.

E li, in quella strada, sotto un'acquazzone, mi sentii la persona più fortunata del mondo.
Quello che non sapevo è che le sue parole erano false.
Che mi avrebbe lasciato cadere e non avrebbe fatto nulla per aiutarmi.
Cerco di scacciare via i ricordi e di concentrarmi solo sul presente.
Possibile davvero che l'abbia fatto per Violet?
Ho bisogno di saperne di più.
E l'unico modo è parlargli non appena sarà di ritorno.

"Ti batterò." Rispondo a Violet, accogliendo la sua sfida e congedando Carol.

Violet si avvicina alla televisione e in meno di cinque moniti inserisce il gioco. A volte mi stupisco di quanto sua veloce ad apprendere. Non avevamo neanche una televisione smart in casa nostra e in poco più di una settimana ha già capito come funziona.

"Questa." Dice sicura, schiacciando play senza neanche chiedermi se la voglia ballare anche io.
La canzone toxic di britney spears risuona nella stanza e Violet subito comincia a muoversi con lei.
Credo che abbia scelto appositamente una canzone che ha già ballato per potersi ricordare tutti i movimenti.
Cerco di applicarmi e di restare al passo, ma ormai lei ha già una stella più di me.

"Mi sento male." Dico annaspando, completamente zuppa e con le guance rosse dallo sforzo. Non ho più l'età per queste cose. Guardo Violet che invece sorride soddisfatta, guardando il punteggio sullo schermo.

"Piccola peste." Le dico avvicinandomi a lei e buttandola sul divano poco più lontano, scherzosamente, per poi farle il solletico. Violet ride fino alle lacrime mentre io non accenno a fermarmi.

"Altra canzone." Dice tra una risata e l'altra mentre non posso fare altro che darle retta.
E il pomeriggio passa così, tra una canzone di just dance e l'altra mentre io cerco di tenere testa a Violet, che si ferma di tanto in tanto solo per il dolore al braccio dovuto ai punti, ma che ha comunque un ritmo della musica evidentemente non paragonabile al mio.
Sorrido contenta, guardando la sua straordinaria energia. Si riprenderà benissimo, ne sono sicura.

"Ok, ora basta." Dico dopo l'ennesima sconfitta, allo stremo delle forze mentre lei mi guarda con i suoi occhioni dolci.
"Andiamo a riposarci adesso." Le dico con tutta l'intenzione di cambiarle la medicazione, togliendole poi la maglietta zuppa di sudore. Non vorrei che si ammalasse. Lei fa per controbattere, ma io la fermo decisa.
"Sei tutta sudata, è ora di farsi una bella doccia." Continuo mentre lei si arrende definitivamente e annuisce.

"Ti fa ancora tanto male?" Dico una volta che siamo salite in camera sua, prendendo tutto l'occorrente necessario e ispezionando la ferita. Violet mi fa cenno di no, ma quando inizio a disinfettarla con il betadine mugula di dolore.
Odio quando cerca di essere forte anche quando potrebbe non esserlo.
Vorrei che mi raccontasse tutto, la sosterrei sempre.
Dopo aver finito di disinfettare, maneggio con estrema cura la garza pulita, attenta a mantenerne la sterilità.

"Che succede?" Le dico confusa dal suo sguardo apprensivo.

"Ma se stiamo in questa casa il papà saprà dove trovarci?" Mi chiede speranzosa mentre io la guardo cercando di trattenere le lacrime.
Se solo sapesse quanto è vicino suo padre.
E vorrei tanto dirglielo.
Ma ho paura che dicendoglielo ora gli farei solo più male che bene.

"Certo. Appena potrà ci raggiungerà qui." Continuo a mentirle nel modo più convincente possibile.

"E se il tuo amico non volesse farlo venire qui?" Mi chiede mentre io cerco di non ridere per l'assurdità di questa domanda.

"Non preoccuparti di questo." Le rispondo solamente.

"Adesso riposati un pò. La tua mamma va a farsi una doccia e torna." Cerco di cambiare discorso meglio che posso.
Lei annuisce, per poi alzarsi dal letto dove ci eravamo posizionate prima, e sedersi sulla scrivania dove sono posizionati gli acquerelli.
Le poso un bacio leggero sulla fronte prima di lasciarla sola.

Faccio per andare in camera mia a prendere le mie cose, quando scorgo in lontananza la porta della stanza di Matthew leggermente aperta.
E so che non dovrei farlo, ma la tentazione è troppo forte.
Ho bisogno di sapere cosa gli passa per la testa e questo potrá darmi una mano. Decisa a dare solo un'occhiata veloce, entro in pinta di piedi, come se la sua figura potesse comparire da un momento all'altro. Mi guardo intorno curiosa. La stanza sembra così asettica, così impersonale, come se non ci vivesse davvero qualcuno. Il pavimento è completamente rivestito dal parquet, le pareti verniciate completamente di bianco, una minuscola finestra dalla cui penetra a stento la luce lunare. Di fronte al letto una piccola scrivania su cui sono presenti una serie di libri di anatomia e medicina sparsi alla rinfusa in maniera completamente disordinata.
Mi avvicino all'enorme letto a una piazza e mezzo, sfiorando con la mano le lenzuola profumate per poi continuare a camminare poco più avanti verso il comodino dove è presente solo un semplice lumino, un pacco di fazzoletti, quello che deve essere il suo profumo, e il libro intitolato 'le pagine della nostra vita' di Nicholas Sparks.

Guardo quel libro, ingiallito dai segni del tempo. Non pensavo che Matt leggesse e soprattuto non libri di questo genere.
Sembra così freddo. Evidentemente mi sbagliavo.
Lo sfoglio con cura, attenta a non rovinarlo più di quanto non sia di suo.
Guardo con attenzione le diverse sottolineature presenti al suo interno.
Ne leggo un paio, attratta da una sincera curiosità verso una parte di Matt che fatico a comprendere.

"È stata il tuo primo amore, e qualunque cosa tu faccia l'avrai sempre accanto."
Leggo mentre la gelosia mi stringe lo stomaco in una morsa.
Chissà a chi si riferisce.
Continuo a leggere.

"Imparerai soprattutto che la vita è sedere su una panchina sulla riva di un fiume antico con la mia mano posata sul tuo ginocchio e a volte, nei momenti più dolci, innamorarmi di nuovo."

Come vorrei essere stata io la persona a cui ha dedicato senza timore frasi del genere.
La persona in grado di farti illuminare gli occhi.
La persona che ti fa sorridere solo al pensiero. 
La persona per la quale faresti pazzie.

Così presa da quel libro non mi accorgo della sua presenza a pochi passi da me nella stanza.
"Che cazzo ci fai nella mia stanza?" Mi dice venendo verso divertito. Poi guarda il libro che ho ancora fra le mani, strabuzzando gli occhi.

"Posa immediatamente quel libro." Ringhia mentre io trasalisco, ma non accenno a mollare la presa.

"Altrimenti che fai?" Lo provoco. A volte dovrei davvero imparare a stare zitta.

"Questo non è un gioco Elizabeth. Posa quel libro." Scandisce bene le sue parole. 

"Non prima che tu mi abbia detto perché diamine sei così incoerente. Prima dici una cosa e poi ne fai un'altra. Perché diamine compri giochi a Violet se poi non sei intenzionato ad essere presente nella sua vita?" Urlo a mia volta.

"Non le ho affatto comprato giochi. Tu vaneggi."

"Davvero. Just dance Matt?" Gli rispondo come se quella fosse giá una risposta "So per certo che tu odi ballare."

"Forse non mi conosci davvero bene come credi. Ci hai pensato?" Mi deride avvicinandosi a me.

"Forse hai ragione. Non ti conosco bene perché tu non mi dai l'opportunità di conoscerti. E mi sta bene. Mi sta bene che tu non ci voglia nella tua vita. Mi sta bene anche se invece vuoi provarci.
Ma non mi sta bene questa tua indecisione. Rendi solo le cose più difficili. O ci sei o non ci sei Matt."

"Volevo solo che avesse la possibilità di divertirsi. Non credo di dover domandare scusa a te per aver fatto una buona azione. E questo non mi rende partecipe della sua vita."

"Si."

"No, se non le dici che il gioco l'ho comprato io. Tu vorresti che non fosse così, ma guarda in faccia la realtà. Io non voglio fare il padre. Non l'ho mai voluto. E questo non cambia le cose." Mi dice spezzandomi nuovamente il cuore.

"E ora Elizabeth, posa quel libro." Mi dice a un passo da me, posando le sue mani sulle mie. Il suo tocco è leggero, non fa alcun tipo di pressione, come se non volesse in alcun modo rovinarlo.
E so che dovrei mollare la presa adesso, ma ho bisogno di sapere perché sembri tenere più a questo stupido libro che a tutto il resto.

"E se non volessi?" Continuo a provocarlo. La sua presa si allenta.

"Potrei convicerti." Mi sussurra all'orecchio, per poi appoggiare le labbra sul mio collo, lasciandovi baci roventi.

"Mi stai infastidendo." Provo a mentire, ma la mia voce risuona fin troppo roca rispetto al mio solito.

"Vuoi davvero che la smetta Elizabeth?" Mi dice continuando quella dolce tortura e risalendo lentamente dal mio collo verso la mia guancia.

"Si." Sussurro.

Ma no, non vorrei che la smettesse.
Vorrei che i suoi baci continuassero all'infinito.
Quelle carezze che sembrano toccarmi anche l'anima.

"Ok." Mi dice, allontanandosi di un passo e ponendo fine a quella dolce tortura. Cerco di non dargli a vedere quanto questo contatto mi abbia turbato, cercando di trasmettergli tutta la mia rabbia, ma invece lo vedo sorridere soddisfatto. Solo in quel momento mi rendo conto che quel libro non è piú tra le mie mani. Maledizione.

"Smettila di giocare a fare la dura con me. Non lo sei. Lascialo fare a chi ne ha fatto uno stile di vita." Mi dice, il libro stretto saldamente tra le sue mani adesso.

"Stai ammettendo forse che anche la tua sicurezza è finta?" Lo sfido ancora, non decisa a lasciarmi vincere.

"Ti sto solo dicendo di stare attenta. Potresti perdere te stessa nel tentativo di sembrare a tutti i costi qualcun'altro."

"Sono disposta a correre il rischio." Gli rispondo di rimando, il tono di voce deciso, lo sguardo fisso nei suoi occhi a voler trasmttere tutta la mia determinazione.

Matt è in grado di risvegliare quella parte di me irrazionale, quella che si lascia prendere dagli avvenimenti senza per forza doverli pianificare. Mi fa sentire così viva.

Scrolla le spalle come se la cosa lo lasciasse indifferente.
"Ti stai cacciando in un gioco più grande di te. Ma suppongo che dovrai capirlo da sola. Ci sbatterai contro la testa e ti farà male e forse solo allora lo capirai. O forse no. Non mi importa comunque." Mi risponde tenendo il contatto visivo. I suoi occhi brillano di un blu intenso, così luminosi da impedirmi di pensare lucidamente.
"Buonanotte, Elizabeth" Mi congeda aprendo maggiormente la porta delle sua stanza e invitandomi ad uscire con la mano.

Faccio come dice, esausta e confusa dalle sue parole, dai suoi gesti, da lui.
Parlare con Matthew è estenuante. Sembra conoscere le risposte alle mie domande ancora prima che abbia il coraggio di chiedergliele.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top