6-Dollhouse
12 agosto 2023
Elizabeth's P.O.V
Guardiamo l'enorme casa di fronte a noi estasiate.
È una bellissima villa a due piani nel pieno centro di Manhattan, costruita in legno e mattoni, alternando lo stile rustico a quello moderno.
Osserviamo l'enorme giardino che lo circonda, di forma irregolare che, anche se risulta poco curato, continua a mantenere quell'aria di grandezza. Poco più in là, sul retro della casa, un piccolo sentiero in ghiaia che conduce ad una piccola piscinetta privata, dal design moderno.
Tutto intorno una serie di piccoli lettini da spiaggia e ombrelloni rendono il posto ancora più accogliente.
Violet si avvicina meravigliata alla piscina, studiandone gli angoli con attenzione. Si accovaccia e tocca l'acqua con le dita, per poi spruzzarmela allegra sui piedi.
"Piccola monella." Le dico accovacciandomi insieme a lei per replicare il suo gesto. Violet si copre con le mani, ma l'acqua le bagna comunque la maglia.
"Voi due, muovetevi." Ci dice Matthew annoiato. Odio quando fa il guastafeste e il musone. Non ha detto una parola per tutto il viaggio in auto, concentrato sulla strada e sul suo autista.
Per non farlo arrabbiare ancora, facciamo come ci dice entrando in casa dalla porta sul retro della piscina.
Ad accoglierci un lungo corridoio sulla quale è presente un attaccapanni e una scarpiera. Camminiamo con lui verso un enorme salotto nei toni del bianco e grigio, mentre lunghe tende si aprono su ampie vetrate che danno direttamente sul giardino esterno. Al centro un enorme divano in pelle rivolto direttamente sulla televisione, di fatto non troppo grande.
Continuo a tenere Violet per mano, più che altro per evitare che provi ad avvicinarsi ad ogni singolo oggetto, curiosa come è.
Matt continua a camminare, questa volta girando a destra, dove si affaccia una grande cucina a tinte chiare organizzata intorno a una grande isola centrale con un piano a induzione e poco distante un forgorifero moderno.
"Se avete fame potere servirvi pure." Ci informa Matthew aprendo il frigorifero ed estraendo quello che sembrerebbe essere uno yogurt proteico. Violet cerca di andare verso il freego, ma la fermo.
Non voglio che prenda cibo spazzatura, più tardi le cucinerò qualcosa.
"Strano che tu non abbia anche una cuoca oltre ad un autista." Lo prendo in giro, sedendomi con lui, che intanto continua a gustarsi il suo yogurt come se fosse una pietanza davvero prelibata, sugli sgabellini in legno. Come faccia a piacergli quella roba io davvero non so.
"Mi piace stare da solo in casa. Non ho neanche una domestica." Mi dice. Poi si ferma per un secondo per guardarci.
"O almeno mi piaceva." Si corregge. Cerco di non dare peso a quelle parole per evitare un battibecco. Se voglio che la cosa funzioni davvero devo cercare di essere più paziente.
"Hai intenzione di mangiare questo per cena?" Gli domando mentre lui mi mi guarda come se l'avessi offeso nell'orgoglio.
"Per carità. Questo è solo il primo della serata." E così facendo lecca il cucchiaino intriso di quell'intruglio prima di buttarlo via e alzarsi.
Torna indietro, prima verso il salotto e poi verso il lungo corridoio, ma questa volta gira a sinistra, dove sono presenti due scalinate in marmo bianco, che conducono rispettivamente al piano superiore e a quello inferiore.
"Al piano di sopra ci sono le camere da letto, un piccolo studio e un bagno. Sceglietevi la camera che volete eccetto la prima sulla sinistra, che è la mia, e la terza. Girando lungo questo corridoio, a destra questa volta, troverete un altro bagno." Ci spiega indicando con il dito il piano di sopra.
"Possiamo andare giù?" Chiede Violet a Matthew, facendogli gli occhi dolci.
"No, quello non è un posto adatto ai bambini." Dice evasivo, stimolando anche la mia curiosità. Se non lo conoscessi penserei che ci nasconda cadaveri dal modo in cui si è agitato per una semplice domanda.
"Vieni, andiamo a scegliere la camera." Le dico nel tentativo di farle spostare l'attenzione su altro. Violet annuisce seguendomi. Il piano di sopra è molto più minimalistico rispetto al piano terra, anche esso costituito da un lungo corridoio sulla quale affacciano diverse porte.
Ne scelgo a casaccio una, che non sia nè la prima, nè la terza, e la apro.
La porta in legno bianco scricchiola leggermente prima di aprirsi verso quella che sembrerebbe essere a tutti gli effetti una camera degli ospiti dalle pareti sui colori chiari e spoglie e un pavimento in parquet. Una finestra posta di lato illumina di luce lunare la stanza e il letto a una piazza e mezzo al centro della stanza.
"Ti piace?" Le domando, mentre lei alza il pollice in su in segno di assenso e si posiziona poi sul letto, stanca e probabilmente ancora dolorante della giornata appena trascorsa. Guardo l'orologio affisso alla parete sgranando gli occhi per la sorpresa. Sono le 11 di sera. Cavolo, è davvero tardissimo. Subito mi affretto a scendere al piano di sotto, con l'intento di cucinare qualcosa a Violet prima che si addormenti, ma mi imbatto contro qualcosa o meglio, contro qualcuno.
"Sempre la solita imbranata, vedo." Mi prende in giro.
"Ti diverti a prendermi in giro, vero?" Gli chiedo, massaggiandomi la schiena dolente.
"Ammetto di si." Ride genuinamente e il suo sguardo si illumina, come risucchiato da una nuove luce. Resterei lì a guardarlo per ore.
"È la prima volta che ti vedo ridere così da anni." Ammetto ridendo con lui. Matthew, quasi come rendendosene conto solo ora, smette di ridere, tornando serio.
E vorrei chiedergli di continuare a ridere.
Che dovrebbe farlo più spesso.
Che i suoi occhi sono molto più belli quando smettono di nascondersi.
Che anche il sole smette di essere così luminoso a confronto.
"Scusami Matthew per prima, ma io davvero non sapevo cosa dirle." Gli dico abbassando il tono di voce per paura che possa sentirci.
"La verità non ti piaceva?" Mi chiede alzando un sopracciglio.
"Cerca di capire. Ha solo sei anni e tanta voglia di conoscere il suo papà che crede disperso chissà dove per proteggerci. Non ti conosce, ma sei il suo eroe. Secondo te, come potrebbe reagire sapendo che ti rifiuti di starle vicino anche solo per cinque minuti di fila?" Gli spiego calma mentre lui sembra rifletterci su.
"Capisco." Mi risponde infine.
"Senti, voglio che la cosa funzioni per tutti e tre. Lo voglio davvero. E non ho intenzione di tenervi lontano. Ho bisogno solo di essere certa di potermi fidare di te prima di dirle una cosa così importante." Continuo a parlare a raffica.
"Posso fidarmi di te?" Gli pongo la domanda che mi tormenta, quella domanda che non faccio che porre a me stessa da quando lui ha deciso di ospitarci in casa sua, come un disco rotto.
"Non lo so se puoi fidarti, Elizabeth " Mi dice prima di entrare nella sua stanza, chiudendo la porta dietro di sé.
18 agosto 2023
Elizabeth's P.O.V
"La prego di ascoltarmi." Imploro per la milionesima volta il mio capo, sperando che qualche divinità mi salvi dal licenziamento. Da quel fatidico giorno mi sono presa qualche giorno di riposo e non di certo perché non fossi più intenzionata a lavorare, ma perché volevo passare qualche giornata in più con Violet durante la sua convalescenza.
"Il suo aiuto non è più richiesto, signorina." E così facendo indica con il dito una ragazza dai capelli scuri, proprio come i miei, intenta a servire il tavolo. Lo guardo stralunato. Non ci posso credere. Gli è bastata meni di una settimana per sostituirmi.
"Lei è un figlio di..." comincio, ma vengo interrotta.
"È pregata di lasciare questo posto. Non è la benvenuta." Mi liquida senza troppi giri di parole. Che gran bastardo.
"Con piacere." Mi altero, non avendo ormai più nulla da perdere.
"Tanto questo è solo uno stupido bar per ubriaconi. Non ci metterò molto a trovare qualcosa di meglio." Gli dico, girando i tacchi e andando via con fierezza.
Appena uscita però lo sconforto prende il posto della rabbia. Mi ero ripromessa che avrei trovato il modo per ripagare Matthew al più presto e invece sono qui, seduta su una misera panchina e con soli dieci dollari in tasca. Fantastico.
"Hai dimenticato la borsetta." Mi dice Marie, la mia ex collega di lavoro, venendo verso di me con le guance un fiamme e il fiatone. Sto per ringraziarla del bel gesto, quando mi accorgo di avere la borsa accanto a me, sulla panchina. Si deve essere sbagliata. Gliela sventolo davanti per farle capire di aver commesso un errore.
"Lo so, lo so. Cercavo solo una scusa per parlarti." Mi dice mettendosi una mano sul petto. La guardo con sospetto. Perché le interessa parlarmi solo ora?
"Che cosa succede?" Le chiedo squadrandola.
"Io..." Mi dice, presa in contropiede dalla mia poca cordialità.
"Non importa, scusami." Mi dice allontanandosi lentamente. Solo in quel momento mi accorgo forse di essere stata un pò troppo rude nei confronti dell'unica persona qui dentro che anche senza conoscermi, mi ha sempre difesa.
"Scusami tu, quel bastardo mi ha fatto davvero arrabbiare." Le spiego mortificata.
"Già, ma tu hai davvero avuto coraggio a rispondergli in quel modo." Si complimenta.
"Forse sono solo abituata agli stronzi come lui." Ed infondo è la verità. Credo di aver incontrato più stronzi e malintenzionati nella mia vita da non essere neanche più abituata alle persone gentili. Forse è anche per questo che ho reagito così con lei.
"Comunque sei stata fantastica." Continua a complimentarsi, mentre io cerco di non sbuffare per le eccessive lusinghe. Certo che questa ragazza è proprio strana. Continua a guardarsi intorno imbarazzata, pur di non guardare me, eppure non sembra intenzionata a lasciarmi andare.
"Marie, torna subito dentro." Sento il mio attuale ex capo venire verso di noi.
"Mi stava restituendo la borsetta." Mi ritrovo a proteggerla usando la sua stessa scusa.
"Non me ne frega un cazzo di cosa stava facendo." Risponde più per fare un dispetto a me che a lei. Probabilmente se in questo momento avesse un fucile tra le mani, non esiterebbe a puntarmelo contro, solo per dimostrare la sua superiorità.
"Beh, mi sa che devo andare allora." Mi risponde, terrorizzata dal fatto che possa cacciare anche lei.
"Aspetta." La richiamo prima che scappi via.
"Il mio nickname su intagram è 'Elilancaster.94', sentiti libera di contattarmi se volessi dirmi qualcosa." Le dico e un ampio sorriso sincero le illumina le guance, che ora appaiono meno pallide.
La guardo andare via piena di curiosità. Non riesco proprio a capire cosa volesse. Spero che mi contatti.
Cerco tuttavia di concentrarmi su altro. Ho bisogno di un lavoro. Sconfitta e senza idee, decido di comprare una copia del "New york times", sperando che possa aiutarmi. Dopo aver eclissato le prime pagine di attualità e cronaca nera, sfoglio le ultime con attenzione.
'Cercasi videomaker per la produzione di campagne pubblicitarie.' Scarto l'annuncio, passando al prossimo.
'Assumiamo addetti alle vendite.' Sorrido, forse questo posso farlo. Poi continuo a leggere. 'Richiesti almeno due anni di esperienza.' Ok, scartato anche questo.
'Cercasi addetta alle pulizie per un albergo di alto livello.' Continuo a leggere. 'Conoscenza di un buon livello di inglese e spagnolo.' Sorrido soddisfatta. Forse questa è la volta buona. Chiamo senza esitazioni il numero indicato.
"Salve, chiamo per l'annuncio lavorativo pubblicato sul New york tkmes. È ancora disponibile?" Chiedo incrociando le dita. A rispondermi una voce femminile dai toni gentili.
"Certo, si presenti domani alle dieci presso l'hotel plaza per le selezioni." Mi dice mentre annoto mentalmente tutte le informazioni necessarie. Non sarà molto, ma almeno è qualcosa.
Prima di tornare a casa decido di contattare Cameron.
È dal giorno dell'incidente in ospedale che non ci sentiamo e onestamente manca. Non mi risponde subito come suo solito, facendomi preoccupare. Che sia successo qualcosa? Riprovo a chiamarlo.
"Elizabeth?" Mi risponde, il tono più basso del solito.
"Successo qualcosa?" Gli chiedo, ancora preoccupata.
"No, niente di importante. Perché me lo chiedi?" Mi domanda agitato. Allora qualcosa di importante deve esserci.
"Il tono della tua voce. Mi è sembrato triste." Ammetto. Lo sento ridacchiare in sottofondo.
"Non ti sfugge mai niente, vero?"
A volte vorrei che non fosse così.
Vorrei che le parole degli altri non mi toccassero.
Perché la sensibilità è un'arma a doppio taglio, usata dai codardi per ferire le anime buone.
O talvolta sciocche.
"Sai vero che puoi dirmi tutto? Voglio aiutarti." Prometto solennemente, chiudendo gli occhi anche se so che lui non può vedermi in questo momento.
"È solo...molto complicato. Tutto qui. Ma lo risolverò." Dice, forse cercando di convincere più se stesso che me.
Capisco che, qualsiasi cosa sia, non è intenzionato a parlarne per cui lascio perdere.
"Quindi se tu proponessi di vederci non accetteresti?" Tento.
"Sai una cosa? No invece, ho bisogno di distrarmi." Accetta inaspettatamente.
"Già. Anche io." Ammetto la vera ragione per cui ho insistito.
"Ora sono curioso."
"Al solito bar?" Gli propongo sorridendo.
🥀🥀🥀🥀🥀
"E così ti ha cacciato su due piedi?" Chiede conferma Cameron mentre io annuisco alzando le mani al cielo con fare teatrale.
"Dai, sono sicura che tu possa trovare di meglio di quel posto." Cerca di consolarmi.
"Questo lo so anche io Cam, ma ho davvero bisogno di soldi urgentemente. Non voglio stare a lungo da Matthew. Lui mi ha già fatto capire come la pensa. Più volte in pochi giorni." Dico esasperata, lasciandomi cadere sulla sedia.
"Dai, non credo affatto che sia così terribile come pensi."
"Ah no? Vediamo, dopo averci ospitato a casa sua e aver detto varie volte che è solo una situazione temporanea, ha iniziato ad evitarci. Ho cercato di fargli capire che ero grata dell'opportunità che ci aveva offerto. Sono stata gentile e amichevole, ho cercato di parlargli, ho preparato una cena stupenda solo per lui. E lui che ha fatto? Assolutamente nulla. Il più totale silenzio. Ed è davvero frustrante."
"Perché per te è così importante? Non fraintendermi, capisco che sia frustrante, ma almeno adesso puoi sentirti più al sicuro, potresti dare un bel futuro a Violet."
"Si, ma gli darei un futuro senza padre. E non è quello che voglio. E neanche quello che vuole lei. Per cui devo almeno tentare."
"Cerca solo di dargli un po' di tempo. Matthew ha bisogno di fidarsi. E non è facile per lui."
"Neanche per me lo è." Lo rimbecco arrabbiata. Ho davvero bisogno di parlare con qualcuno che non sia dalla sua parte.
"Lo so, lo so." Sospira.
"Comunque Eli, dico sul serio, sei sprecata per lavori del genere. Non hai davvero un sogno tutto tuo che vorresti realizzare con tutta te stessa?" Mi chiede poi dopo qualche secondo cambiando completamente argomento. Scuoto la testa in segno di diniego.
"Non ci credo, ci deve essere pur qualcosa."
"La violinista." Soffio in un sussurro, pentendomene subito dopo, ma ormai è troppo tardi. Cam ha già sentito.
"Non hai mai smesso di volerlo, vero?" Mi chiede sorridendo sotto i baffi.
"Ma ormai è troppo tardi. Non suono da anni, non ho più il mio violino." Spiego tristemente, cercando di non pensare al mio violino, ancora a casa dei miei genitori. Quanto avrei voluto portarlo con me. Sospiro, perché vorrei anche io che le cose fossero diverse, ma a volte nella vita si deve rinunciare a qualcosa.
"'È troppo tardi' è la scusa che usano i codardi per non fare quello che invece dovrebbero." Mi risponde, la sicurezza nella sua voce.
"Se lo vuoi davvero provaci. Smettila di piangerti addosso e sfrutta questa occasione. Compra un violino e lotta per raggiungere il tuo obiettivo."
"E se Matthew dovesse cambiare idea e volerci fuori da casa sua? No, non posso rischiare." Dico continuando a scuotere la testa con fermezza.
"Puoi starne certa che non lo farà." Mi guarda negli occhi.
"Come fai ad esserne cosi sicuro? Tu non hai visto come ci guarda."
"No, ma conosco lui. Eli, con te ha fatto un errore tempo fa, ma lui non è solo questo. Sa in che situazione vi trovate, non vi butterebbe ancora di più nella merda. Di questo puoi fidarti." Lo guardo sensa sapere bene cosa pensare o cosa dire.
"Promettimi che almeno ci proverai." Annuisco, sperando che lui non sia abbastanza astuto da notare l'insicurezza nella mia voce.
"Croce sul cuore?" Dice portandosi la mano all'altezza del petto e facendomi immediatamente ridere. Faccio come dice, in parte per accontentarlo e in parte perché forse lo voglio anche io. Ho finto per così tanto tempo con tutti, persino con me stessa, da aver quasi dimenticato quanto per me fosse importante.
"Va bene, Cam." Prometto, questa volta acquistando maggiore sicurezza.
"Potresti avere un futuro come venditore. Sei bravo."
"Si, e di cosa? Stupiscimi." Ci penso sù.
"Di elettrodomestici." Affermo seria. Lui mi fissa divertito.
"E perché mai?"
"Boh, perché ti ci vedo e basta. Comprate anche voi la friggitrice ad aria. Dopo averla usata per la prima volta non potrete più farne a meno. Guardate che profumo." Imito la voce di un mercante.
"Tu sei davvero matta. Io non capisco come ti escano dalla bocca certe stronzate."
"Ehi." Gli tiro un pugno amichevolmente.
"Guarda che non ci dormo la sera."
"Allora dovresti davvero usare il tuo tempo e le tue energie in qualcosa di diverso."
"Del tipo?"
"Ah non lo so, dimmelo tu." Mi dice alzando entrambe le mani in aria.
"È ora che vada adesso. Ma è stato vederti." Mi dice guardando l'ora e facendomi arrossire.
"Anche per me, Cam." Dico mentre il rossore sulle guance comtinua a divagare impazzito.
"Eli, se davvero credi che sia la cosa giusta non arrenderti neanche con Matthew. Stargli vicino è davvero complicato, ma ti assicuro che ne varrà la pena." Mi dice facendomi ritrovare un pò di speranza. Non ho ancora intenzione di mollare.
Torno a casa cercando di tenere bene a mente le parole di Cam. Non so se ne varrà davvero la pena, ma ci devo provare.
Busso alla porta di camera sua, sperando che sia a casa. Non mi apre perciò ritento ancora. Questa volta busso più forte. Sto per arrendermi, quando sento il rumore metallico e stridente delle chiavi nella serratura.
"Che vuoi, Elizabeth?" Mi chiede, richiedendo la porta dietro di sé ed uscendo nel corridoio.
Rimango quasi paralizzata quando mi accorgo che è completamente a torso nudo, le spalle larghe, il petto tonico, gli addominali scolpiti che formano una v decisa e simmetrica. Mi mordo il labbro con insistenza, mandando completamente al diavolo tutti I propositi di stargli lontana.
"Finito di farmi la radiografia? Merda, sembra quasi che tu non mi abbia mai visto mezzo nudo o peggio." Scuote la testa beffardo. E per una volta temo di dovergli dare ragione. Ma non era così delineato il suo addome. Deve avere iniziato a fare palestra. E cavolo se ha funzionato. Cerco di darmi un contegno.
"Non esistono le maglie nella tua stanza?" Mi lamento.
"Elizabeth, è il 18 Agosto, qui fa un fottuto caldo e sono appena tornato da dodici stressanti ore a dover sopportare persone come te. Per cui si, non esistono le maglie." Solo ora noto effettivamente i segni delle occhiaie sul suo viso, in pieno contrasto con i suoi capelli lucenti.
Sto per desistere e lasciarlo dormire, ma non posso. Sarò anche egoista in questo momento, ma questa forse è l'unica occasione che ho di parlargli.
"Matt, so di non piacerti." Comincio a parlare.
"E mi va bene, perché neanche tu piaci a me." Ammetto, ancora arrabbiata per la sua freddezza.
"Ma per un momento possiamo mettere da parte i nostri dissapori e agire per il bene di Violet?" Lo supplico il più gentilmente possibile.
"Non puoi pretendere che in una settimana io sia il padre dell'anno." Mi attacca.
"Non te lo sto chiedendo infatti. Ti sto chiedendo di provarci almeno."
"Lo sto facendo. Le sto offrendo un tetto su cui vivere, tutti i giochi che vuole, una buona istruzione..."
"E neanche un briciolo di amore." Lo interrompo bruscamente.
"Violet ha solo sei anni, crede ancora nella magia, in babbo natale e nella speranza. E io non voglio farla crescere pensando che tutto possa essere comprato con i soldi. Preferisco farla crescere in una casa misera, ma circondata d'amore che con un padre che non la considera nemmeno." Cerco di fargli comprendere il mio punto di vista.
"E allora perché non te ne vai? Io non ti sto obbligando a restare, cazzo. Dirò agli assistenti sociali che lei è con me e ti darò tutti i soldi che vuoi se è questo che ti preoccupa." Ringhia avvicinandosi a me, costringendomi ad indietreggiare di un passo verso la parete, spaventata.
"No Matt, non è per gli assistenti sociali, non solo almeno. Io credo che tu sia meglio di quello che vuoi farmi credere. Forse sarò sciocca, ma lo sento."
"Ti sbagli, io sono esattamente quello che vedi. Nulla di più, nulla di meno. E tu non puoi pretendere di cambiarlo. Scendi dalle nuvole, principessa." Dice continuando ad avanzare verso di me, come una tigre pronta ad attaccare un agnello.
Indietreggio ancor, sbattendo contro la parete. Deglutisco forte, a disagio, ma mi costringo a fare un respiro profondo e a riprendere il controllo della situazione.
"Io non pretendo nulla. Ti sto solo offrendo una scelta. La possibilità di restare ed essere il padre che nostra figlia vorrebbe e che ti assicuro merita o quella di scappare, come tuo solito. Domani pomeriggio io e Violet andremo a central park a fare un bel picnic. Spero che tu faccia la scelta giusta." Gli dico prima di liberarmi da quella stretta mortale.
Ho bisogno di aria. E ho bisogno di stare un pò con la mia bambina ora.
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