3- Make a wish

10 Agosto 2023

ELlizabeth's P.O.V

In tutti questi anni mi sono sempre sentita in apnea, come se stessi annegando e nessuno fosse disposto a darmi una fune, un appiglio.
Ma ultimamente mi sento come se finalmente stessi riuscendo a risalire la riva.
E devo tutto a Cameron.
Da quando ci siamo ravvicinati non ha fatto altro che starmi vicino, non chiedendomi mai nulla in cambio.
Non gli ho detto di Violet, non mi fido abbastanza, ma credo che le sue intenzioni siano sincere.
E sono davvero contenta di avere finalmente qualcuno con cui parlare.

"Buongiorno straniera. Ti andrebbe di venire con me alla festa di San Lorenzo? Ti prometto che ci sarà da divertirsi." Sorrido all'arrivo di un suo messaggio, per poi alzare gli occhi al cielo a causa del nomignolo con cui mi ha chiamata.

Ho sempre odiato il cognome che per mia madre è stato motivo di orgoglio.
I suoi avi appartenevano ad una delle famiglie più nobili di Londra.
Si trasferirono poi in America credendo di quadruplicare i loro appezzamenti terrieri, ma qualcosa andò storto, anche se non so bene cosa, non me ne sono mai interessata.
In ogni caso abbiamo ereditato da loro un ingente quantità di denaro e una magione a Inwood, un quartiere un tempo molto più ricco di quello che è ora.
E mia madre ha sempre preferito difendere il cognome che porta piuttosto che qualsiasi altra cosa, inclusa me.
Ha addirittura insistito con mio padre perché io portassi esclusivamente il suo cognome.
Come se oggi non vivessimo nel ventunesimo secolo.

"Putroppo non posso, ma grazie per avermi invitata." Scrivo prima di poggiare nuovamente il telefono sulla mensola della televisione.

Oggi è giovedì ed è anche il mio unico giorno di riposo. Voglio che questa giornata sia interamente dedicata alla mia bambina. Le sorrido dolcemente prima di riprendere il pastello azzurro dal pavimento e continuare a colorare il cielo.

Violet si porta la matita alle labbra, mordicchiandola lievemente, per poi illuminarsi, come presa da una nuova ispirazione, cominciando a scarabocchiare freneticamente sulla tela.
Si stende maggiormente sul pavimento, disegnando con il foglio disposto in diagonale e costringendomi a scuotere la testa, disperata.
Le ho proposto varie volte di disegnare sulla scrivania, ma non sembra esserne intenzionata. Dice che non ha abbastanza spazio.

"Mamma, non si fa così." Mi ammonisce guardando la mia tela, non perfettamente colorata. Prende il pennello tra le mie dita e comincia a ripassare sui bordi lasciati imperfetti dalle mie dita con una perfezione quasi maniacale.
Le prendo così il pennello tra le mani e lei mi guarda con gli occhi lucidi, sull'orlo del pianto.

"Non importa che sia perfetto. Nessuno è perfetto. Le imperfezioni fanno parte della vita, a volte rendono le cose più belle." Cerco di spiegarle, ma è tutto inutile perché lei mi toglie il pennello che ho tra le mani e riprende a fare quello che stava già facendo.
Scuoto la testa disperata e cerco di non sgridarla.
Infondo lei non è me.
Così riprendo a colorare come vuole lei.

Quasi due ore dopo, Violet guarda contenta la tela raffigurante Aladin intento a esprimere un desiderio al genio della lampada.

"E tu che desiderio chiederesti al Genio della lampada?" Le chiedo dolcemente, guardando il disegno e aspettandomi che mi chieda dei nuovi colori o una villa con la piscina.

"Che papà torni dal viaggio in Giappone." Afferma invece, lasciandomi interdetta. Guardo i suoi occhi velarsi di tristezza e i miei si riempiono di lacrime insieme ai suoi.

Forse avrei dovuto dirle la verità.
Che suo padre non l'aveva voluta, ma volevo risparmiarle una simile sofferenza.
O forse in cuor mio speravo che un giorno lui tornasse e che le cose si aggiustassero, ma lui non è mai tornato.

"Presto tornerà." Le mento, cercando di guadagnare altro tempo.

"Non è vero. Dici solo bugie. Sei cattiva." Dichiara iniziando a piangere e buttando tutti i colori per aria.
La abbraccio, cercando di farla calmare e, a poco a poco, inizia a smettere di piangere.
Vorrei poter fare di più. Lo vorrei davvero ed è così straziante essere impotenti dinanzi al dolore di tua figlia.

"Ho un'idea, che ne dici se adesso ti preparo le crepes con la nutella e facciamo a gara a chi ne mangia di più in meno tempo?" Le offro e subito un leggero sorriso si fa spazio sul suo visino angelico.

Se c'è una cosa che a Violet piace più di disegnare forse è proprio mangiare. Mangerebbe ad ogni ora, senza essere minimamente sazia. Deve averlo ereditato sicuramente da Matthew, insieme al metabolismo veloce.
Ancora sorrido malinconica al ricordo delle montagne di cibo di cui si ingozzava quotidianamente senza stancarsi mai.

Veniamo distratte dalla nostra gara dal suono del campanello.
Confusa, mi accingo alla porta, non curandomi affatto di chi possa aver bussato. Mi ritrovo così faccia a faccia con Cam. Indossa una camicia bianca che mette in risalto la pelle dorata dell'abbronzatura e dei jeans neri che gli conferiscono un'aria elegante.
Strabuzzo gli occhi, terrorizzata, rendendomi conto della gravità della situazione. Devo fare in modo che non veda Violet.

"Ciao Cam." Saluto con forse troppo entusiasmo nella voce.
"Ti trovo bene. Come fai a sapere dove abito?" Guadagno tempo, continuando a parlare a raffica, chiudendo la porta dietro di me.

"Ero preoccupato per te. Non rispondi ai miei messaggi da ore e questo non è proprio il quartiere più sicuro al mondo dove abitare." Mi spiega, non rispondendo alla mia domanda.

"Si, ma come hai fatto a sapere dove abito? Mi hai seguita per caso?" Mi altero. Cameron scuote la testa e porta il peso del proprio corpo da un piede all'altro, agitato. Incrocio le braccia al petto arrabbiata, invitandolo a parlare.

"La tua cartella clinica. Matt l'ha dovuta leggere per poter avere un quadro più completo. E avendomi chiesto di tenerti d'occhio mi ha dato il tuo indirizzo." Mi spiega e, se possibile, lo guardo ancora più arrabbiata.

"Matt non aveva il diritto di farlo. Sono informazioni personali, potrei denunciarlo per questo." Minaccio.
"E in quanto a te, pensavo che le tue parole fossero sincere." Lo ammonisco, cercando di nascondere la delusione nei miei occhi.
Cerco di andare via, ma Cam me lo impedisce, posizionando un piede in mezzo alla porta.

"Aspetta." Mi supplica.
"Hai ragione ad essere arrabbiata, ma devi sapere che tutte le mie parole erano sincere. Matt mi ha solo chiesto di controllare che non ti accadesse nulla, non di esserti amico. La verità è che stavo cercando una scusa da tempo per poterti parlare ancora." Chiarisce, sotto il mio sguardo ancora insoddisfatto.

"Cam, ti ricordi cosa ti ho detto al bar? Che non avrei tollerato altri errori da parte tua." Preciso, cercando ancora di allontanarmi da lui.

"E questo non lo è. Non l'ho fatto per Matt. Pensi che ti avrei invitata alla festa e ti sarei venuta a prendere sotto casa solo per lui? E a che scopo poi?" Cerca di farmi riflettere. Lo guardo ancora, indecisa sul da farsi.

"Mi credi Eli?" Mi chiede, mordendosi il labbro con impazienza. Annuisco timidamente e il suo sorriso soddisfatto sembra illuminare tutta la stanza.

"Allora, mi fai entrare o no?" Chiede poi divertito, sotto il mio sguardo che torna nervoso. Avevo completamente dimenticato la pericolosità di questa situazione.

"Che succede Elizabeth?" Proferisce, tornando ad essere preoccupato.

"Assolutamente nulla. Solo che al momento non si può entrare.
Ci sono gli operai, stanno aggiustando un tubo che continua a perdere acqua e la casa è un disastro. Credimi, non è affatto un bello spettacolo." Invento al momento, stupendomi delle mie doti attoriali.
Tuttavia Cam non sembra affatto convinto.

"Non importa, non mi fermerà un pò di sporco nel convincerti a venire con me alla festa. Oggi è San Lorenzo e lo sappiamo tutti quanto tu ami le stelle e il cielo stellato." Dice, cercando di superarmi per entrare, ma per fortuna riesco a fermarlo appena in tempo. Faccio una risata quasi isterica.

"Davvero stai facendo tutto questo solo per invitarmi ad una stupida festa?" Cerco di darmi una calmata prima di continuare a parlare.

"Non credevo ci tenessi così tanto. Avrei accettato subito se me l'avessi detto." Sono costretta ad accettare, sperando che in questo modo mi lasci in pace. Cam mi guarda ancora con poca convinzione, ma fortunatamente non dice altro.

"Va bene. Allora alle 8 alla vecchia spiaggia." Mi informa.

"Credo che verrò verso le 10.
Prima ho un impegno." Comunico, sperando che non faccia altre storie. Non posso non essere presente neanche oggi per Violet. Aspetterò che si addormenti e chiamerò Carol, sperando che accetti con così poco preavviso.

"Perfetto." Annuisce Cam con più convinzione. Si passa la mano sul mento, ancora indeciso sulla possibilità di entrare, ma alla fine desiste, sotto la mia continua resistenza.

Fa per andare via, ma dopo pochi passi gira lo sguardo verso di me.

"Sicura che non succeda nulla?" Mi chiede per l'ultima volta.

"Sicurissima." Mento ancora. Cam mi sorride rassicurante prima di andare via definitivamente. Tiro un sospiro di sollievo, riprendendo finalmente a respirare normalmente. C'è mancato poco.

🥀🥀🥀🥀🥀

"Non dovrei essere qui, è tutto sbagliato." Sussurro tra me e me, guardando l'enorme distesa di sabbia bianca da cui sono circondata. Chiudo gli occhi e mi lascio inebriare dall'odore della salsedine, fermandomi ad ascoltare il rumore delle onde che si rifrangono sugli scogli.
Mi avvicino di qualche passo, come incantata, per ricordare ancora la sensazione esaltante dell'acqua salata tra le dita. Poi alzo gli occhi al cielo, perdendomi a guardarne l'intensità.
Ammiro una ad una ogni singola stella, quasi accecata dalla loro luminescenza.

E sorrido.
Sorrido perché ognuna di loro riesce a brillare da sola di luce propria.
Sorrido perché insieme formano uno spettacolo inebriante per i sensi.
Sorrido perché vorrei essere anche io in grado di brillare come riescono a fare solo loro.
Poi abbasso lo sguardo, guardandomi finalmente intorno. Un grande fuoco, posto più lontano dal pontile, illumina la spiaggia e attorno ad essa una folla di persone prova a ballare a ritmo di musica.

Mi avvicino a loro, cercando con lo sguardo Cam, senza alcun risultato.
Ed è solo allora che lo vedo.
È seduto sul tronco di un albero e sta parlando con dei ragazzi davanti al falò.
Indossa una camicia bianca che gli fascia alla perfezione il petto robusto.
Ride e il suo petto si alza e si abbassa velocemente.
Distolgo lo sguardo, non avendo la forza di riuscire ad affrantortarlo.
A volte credo che il destino abbia uno strano modo di sbeffeggiarsi di me.

Continuo ad avanzare, alla ricerca di Cameron, arrabbiata e in cerca di spiegazioni, ma prima che possa trovarlo, Matt alza lo sguardo su di me.
Sbatte gli occhi un paio di volte, come per assicurarsi che sia tutto vero, che non stia sognando.
Poi suoi occhi, blu come il mare in tempesta, mi fissano e sento il terreno mancarmi sotto ai piedi.
Rimango pietrificata al suolo.
Lo sento deglutire a disagio, portandosi poi la mano fra i capelli e facendo cadere qualche riccio ribelle sugli occhi.
La luce della luna e il fuoco del falò li fanno sembrare ancora più lucenti di quanto già non siano.
C'è qualcosa di etereo in lui.
Qualcosa che lo rende sempre così stupendo ed enigmatico in ogni situazione.
Qualcosa che mi ha sempre attratto.
Come un girasole è attratto dal sole.
Come una falena è attratta dalla luce.

Ad un certo punto però, le sue labbra si incurvano in un sorriso beffardo e lui inclina la testa di lato, sfidandomi con lo sguardo.

Lo odio.
Non potrei trovare aggettivo migliore per descrivere i miei sentimenti verso di lui.
Non sopporto i suoi modi rudi.
Non sopporto come mi ha trattato e come mi ha ridotto.

Lo guardo alzarsi e dirigersi verso Cam, probabilmente in cerca di spiegazioni.
Almeno una cosa ce l'abbiamo in comune.
Siamo entrambi sorpresi e contrariati da questo incontro inaspettato.
Mi avvicino istintivamente anche io a Cam per tentare di ascoltare la loro conversazione e, per fortuna, il loro tono di voce abbastanza alto mi facilita nell'impresa.

"Che cosa ci fa lei qui?" Urla Matthew a Cam senza giri di parole. È infuriato, lo vedo. Ha il viso paonazzo e lo sta guardando imbestialito.

"È una mia amica Matt." Ribatte deciso Cam, incrociando le braccia al petto.

"E da quando? Una settimana?" Lo sbeffeggia lui, guardandolo dall'alto.
"Fino a poco tempo fa neanche ti ricordavi chi fosse lei." Lo deride ancora.

"Non ho mai dimenticato quello che è successo." Mette in chiaro invece Cam deciso.

"Ti avevo chiesto di tenerla d'occhio, non di esserle amico e di portarla a spasso." Si lamenta ancora.

"Ti risulta davvero così tanto difficile essere almeno un pò garbato con lei? Supplica Cam.

"Si." Dice Matt, glaciale. I suoi occhi non tradiscono alcuna emozione.
Sembra quasi che ne sia stato prosciugato completamente in un tempo ormai troppo lontano anche solo per ricordarlo.
"E proprio tu lo dovresti sapere." Continua poi a denti stretti tornando al posto di poco prima, ancora agitato.

Abbasso lo sguardo leggermente ferita dal suo atteggiamento a dir poco maleducato, ma subito mi ricompongo. Se pensa di rovinarmi la serata si sbaglia di grosso. Prima però devo far chiarezza con Cam.
Mi avvicino a lui cercando di non mostrarmi arrabbiata. Lo trovo ancora nella stessa posizione di poco prima. Sembra perso nei suoi pensieri. Gli tocco la spalla con le dita per farlo girare verso di me.

"Ciao Elizabeth, sei arrivata alla fine." Esclama contento, circondandomi la vita in un caloroso abbraccio. Ricambio timidamente mentre sento le mie guance tingersi di rosso. Poi mi scosto, cercando di tenere a mente la rabbia di poco prima.

"Perché non mi hai detto che ci sarebbe stato anche lui?" Gli chiedo diretta, cercando di mantenere un tono freddo.
Lo sento sospirare esasperato. Probabilmente questa conversazione lo ha stancato.

"Saresti venuta altrimenti?" Mi interroga poi, cercando il mio sguardo e mettendosi le mani in tasca, nervoso.

"Ovviamente no. Ecco perché avresti dovuto dirmelo" replico ovvia.

"Ed è esattamente questo il motivo per cui non te l'ho detto." Controbatte, come se quella fosse una risposta convincente a tutte le mie domande.

"Non capisco." Biascico confusa.

"La verità è che tu cerchi di dimostrarti tanto forte, ma in questa settimana ho capito quanto in realtà Matt sia ancora in grado di metterti in soggezione nonostante tutto. So che lo negherai all'infinito, ma è così e adesso ne ho la conferma. Guarda come sei agitata solo per averlo rivisto in mezzo ad una folla di persone." Cerca di farmi riflettere lui.

"E quindi il tuo scopo era umiliarmi facendomi ammettere nuovamente le mie debolezze?" Obietto furente, e sto per andarmene, ma la sua voce risuona ancora nell'aria, invitandomi a restare.

"Il mio scopo era farti uscire dalla solitudine in cui ti eri cacciata. La verità è che dopo quello che è successo con noi ti sei chiusa in una corazza molto difficile da distruggere.
Forse credi che non me ne sia accorto, ma vedo che respingi chiunque, non ti lasci avvicinare da nessuno, neanche da chi potrebbe farti del bene. E volevo che le cose cambiassero. Ti ho portato a questa festa perché volevo vederti osservare le stelle e il mare come piace a te. Volevo vederti ballare tranquilla e ridere e non pensare a niente e nessuno per una sera. Per cui si, sapevo che ci sarebbe stato Matt e si, non te l'ho detto, perché non volevo farti perdere quest'opportunitá solo per lui." Espone, lasciandomi profondamente stupita. Non posso credere che abbia capito così tanto di me in così poco tempo.

E forse mi era mancato proprio questo di lui.
Il suo modo di arrivare al punto delle cose.
Perchè la verità è che ha ragione.
Mi sono chiusa in una bolla tanto resistente, da rendere impossibile a chiunque anche solo avvicinarsi.
L'ho ricoperta di spine, ci ho costruito attorno laghi di lava soltanto perché non volevo che gli altri scorgessero quanto in realtà quella bolla stesse quasi per spaccarsi a metà, proprio nel centro, all'altezza del cuore.

"E quindi mi hai inviato perché ti faccio pena?" Esprimo ancora le mie perplessità, cercando di proteggermi.

"Ti ho invitato perché sei mia amica e non voglio che la mia amica si senta triste o sola." Ribatte guardandomi con due occhi tanto dolci da farmi sciogliere il cuore.
Solo allora decido di lasciarmi andare per un momento e gli dedico un sorriso, uno di quelli veri, uno che possa davvero esprimergli la mia gioia nel riaverlo ancora qui, con me.

"Hai ragione. Forse per un momento dovrei davvero divertirmi e non pensare a niente." Ammetto sorridendo e prendendogli le mani tra le mie.

"Che stai facendo?" Mi domanda, stranito.

"Seguimi." Propongo allora, cominciando a camminare con le nostre mani ancora intrecciate. Raggiungiamo la piccola pista da ballo al centro della spiaggia e mi fermo proprio lì, dove la musica vibra nelle mie orecchie in maniera tanto forte e spaventosa da sembrare quasi come una scossa di terremoto.
Ad un certo punto lo osservo e poso le sue mani sui miei fianchi,  cominciando poi a ballare a ritmo di musica. Lui pare stupito dal mio gesto improvviso, ma subito si ricompone, cominciando a ballare con me.
Balliamo così, ridendo e scherzando, come se niente e nessuno possano toccarci e distruggere quell'apparente felicità per quelle che sembrano essere ore.

"Come avrei voglia di un bel bagno adesso." Urlo, per cercare di sovrastare la musica.

"Anche io. Che cazzo di caldo." Si lamenta passandosi una mano sulla fronte imperlata di sudore.

"Penso sia ora di fermarci." Lo supplico.

"Già, direi di sì. Andiamo via da tutta questa gente." Esclama divertito per poi prendermi la mano, esattamente come ho fatto io poco prima, e portarmi fuori di lì, cercando di farsi strada tra i corpi di ragazzi sudati.
Dieci minuti dopo, siamo finalmente fuori di lì, ancora sudati e sfiniti.

Cam mi porta un po' più distante dalla folla, quasi sulla riva del bagnasciuga, dove la sabbia sembra ancora più fredda sotto le dita dei piedi coperti solo da quel paio di sandali, ormai praticamente da buttare.
Ci sediamo a terra restando ad osservare l'oceano senza dire una parola, ognuno troppo perso nei suoi pensieri.

"Vuoi qualcosa da bere?" Mi offre ad un certo punto, rompendo il silenzio creatosi tra di noi.

"Si, una birra, grazie." Rispondo allegra. La verità è che da quando mi sono seduta sulla sabbia che non desidero altro che una birra fresca.

"Ai suoi ordini, signorina." Enuncia imitando un militare e facendomi ridere all'istante.

"Ma smettila di fare lo scemo. Non sei simpatico." Protesto, con ancora quel sorrisino a fior di labbra.

"Dal tuo sguardo non si direbbe." Esclama, ridendo con me e incamminandosi verso il piccolo bancone da mixologo, che si trova poco lontano dalla pista da ballo.

"Ecco a te." Annuncia, tornando da me in tempo record con la lattina. Cerco di aprirla varie volte con le unghie, ma senza risultati, scatenando una fragorosa risata da parte di Cameron.

"Ma tu non fai la barista?" Mi domanda ironicamente, continuando a ridere.

"Motlo divertente." Mi lamento.
"E comunque non serviamo le lattine aperte, per mia grande fortuna." Gli spiego forse facendolo ridere ancora di più. Metto il broncio, ma lui prende la lattina dalle mie mani e la apre al posto mio. Inizio a berla subito per non dargli altra occasione di ridere di me.

"Non hai visto l'iniziale della tua anima gemella con il tappo della lattina" Si rammarica.

"Non ho più cinque anni." Scrollo le spalle, indifferente.

"Si, ma mi hai tolto tutto il divertimento nel prenderti in giro un altro po'. Non vale così." Lagna imbronciandosi e sembrando davvero un bambino nonostante la sua stazza e i suoi lineamenti duri.

Assumi un espressione corrucciatq anche io, cercando di mostrarmi offesa per le sue continue prese in giro.

"Basta prendermi per il culo, sei proprio un..." bofonchio, ma mi blocco all'istante, meravigliata di fronte allo spettacolo della natura.

"Un..." Chiede curioso, ma non gli do retta.

"Una stella cadente." Riferisco invece, indicandola con il dito, e scuotendo Cam leggermente, come una bimba davanti al nuovo giocattolo.

"Esprimi un desiderio prima che scompaia." Mi invita Cam prima di chiudere gli occhi.

Chiudo gli occhi anche io con lui.
E forse non dovrei, ma ripenso alle parole di Violet di questa mattina. Ripenso al suo sguardo triste.
Ripenso a quel padre che non ha mai avuto l'opportunità di conoscere.
E chiedo a quella stella una seconda possibilità.
Perché infondo non sempre le cose vanno male.
E a volte le persone sono in grado di stupirci, mostrandoci il bene anche dove non pensavamo ce ne fosse.
E mi ritrovo a sorridere, aprendo gli occhi e guardando il ragazzo seduto di fianco a me, con ancora gli occhi chiusi.
Lo ringrazio mentalmente per quel ritrovato ottimismo che solo lui è stato in grado di donarmi.
Apre gli occhi poco dopo anche lui, sorprendendomi ad osservarlo, ma per mia grande fortuna, decide di non farci caso.

"È già andata via." Sussurro guardando il cielo, malinconica. Lui annuisce, silenzioso.

Bellissima e sfuggente, proprio come la speranza.
In grado di illuminare il cielo intero con la propria luce.
In grado di far emozionare gli altri per quel singolo attimo di luce in mezzo alle tenebre.

Veniamo distratti dal suono del suo cellulare.
Il nome di Taylor illumina lo schermo e Cameron si affretta a rispondere, allontanandosi da me.
Lo osservo agitarsi, facendo avanti e indietro sulla sabbia, e vorrei tanto avvicinarmi per ascoltare meglio le sue parole, ma decido di lasciar perdere.

Devo smetterla di fare la ficcanaso.
Torno invece a guardare il mare, come rapita.

C'è qualcosa che mi ha sempre attratto nell'oceano.
Forse la sua vastità.
Quella bellezza infinita.
Persa nei miei pensieri, quasi non mi accorgo del rumore dei passi che si avvicina sempre di più a me.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top