EPILOGO
Adesso ricordo.
La malattia, Betan, i segreti da mantenere, gli incontri con dottori e scienziati.
Non appena torno nel salotto, un leggero ma percettibile tremito si diffonde nella casa, lungo il pavimento, nei muri e attraverso il buio.
Il lampadario di alluminio, spento e perfettamente lucidato, oscilla appena sopra la mia testa in una danza colma d'ansia; i quadri vibrano alle pareti, come condannati alla crocifissione colti da spasmi. Qualcuno di essi riesce persino a liberarsi, lanciandosi nell'abbraccio del vuoto.
I libri accatastati nella libreria tremano, cozzano tra loro, si lamentano della disposizione irrazionale e del proprio equilibrio precario; quando il tremito del loro mondo si fa più intenso qualcuno cede, non resiste alle forze arroganti che li chiamano verso il basso, cadono, precipitano al pavimento.
Anche il vaso sul mobiletto basso a sinistra dell'ingresso, inizialmente imperturbato, comincia a muoversi, sempre più veloce, inesorabilmente verso il bordo e la propria fine.
I cassetti e gli sportelli dei mobili si sono aperti, scatole e barattoli riversati fuori, spinti nel baratro come anziani da sacrificare al titano Crono.
Il terremoto mi scuote le gambe, mi fa girare la testa e sento di poter svenire da un momento all'altro. Il mio corpo vacilla, mentre con una mano cerco un appiglio, un appoggio sicuro.
Invece, il fremito trova un suo limite e si arresta, dolcemente. Si spegne come una candela che ha finito il suo stoppino. L'ordine ha ripreso il controllo con una calma serafica.
Il telefono squilla.
"Da: Marta
Complimenti Dave, sei arrivato allo STEP QUATTRO."
Non c'è altro? Cosa devo fare adesso? Mi era stata garantita la libertà, ma come? Devo forse uscire?
Non capisco... che significa?
«Significa che hai finito» una voce alle mie spalle mi fa ghiacciare il sangue nelle vene.
«Chi sei?» dico puntando la torcia nel cono d'ombra che abbraccia l'entrata del corridoio, illuminando una figura maschile sconosciuta. «Come sei entrato?»
Non vedo anima viva dall'inizio di tutta questa storia, ma quell'individuo dallo sguardo glaciale mi mette a disagio.
L'uomo, alto e slanciato, mi guarda in silenzio e, senza degnarmi di una risposta, attraversa il salotto ed entra in cucina.
«Ehi, mi hai sentito?» ripeto senza muovermi dalla mia posizione, il camice bianco che indossa è quello di Betan, ma lui non l'ho mai visto prima.
«Oh, che disastro» mormora lo scienziato, chiudendo qualche sportello ed osservando il disordine tutt'intorno a lui.
Mi decido quindi ad avvicinarmi, con circospezione. «Ho riconosciuto il camice, so chi siete.»
«Buon per te amico, vieni ad illuminare qui se non ti dispiace» risponde sarcastico, chinandosi a raccogliere due bustine color nocciola dal pavimento.
«Ehi!» mi avvicino ancora di più, rimanendo all'altro lato del bancone, la sua calma mi disorienta e mi destabilizza. Cos'è che vuole? Dovrei forse affrontarlo? Del resto questa è pur sempre casa mia.
«Ti sbagli, non è casa tua» mi lancia un sorriso beffardo. I suoi occhi sono freddi ed imperscrutabili, ma il tono della sua voce è quello di chi è convinto di conoscermi bene. Il suo volto ancora abbastanza giovane, però, mi è totalmente estraneo. «Ma non te ne sei ancora accorto.»
«Io... non ho detto niente» balbetto sorpreso, colto alla sprovvista. Certo che è casa mia, è forse impazzito?
«Ma l'hai pensato» la melodia della sua voce torna pacata, mantenendo però quella sottile nota ironica che l'aveva contraddistinta fino ad ora. «Hai qualcosa da dire» aggiunge poi distrattamente, recuperando un pentolino cromato dal pavimento «oppure preferisci pensare che io sia pazzo?»
Rimango nuovamente spiazzato dalle sue parole, ma stavolta mi riprendo in fretta. «Chi sei?» ripeto con tono deciso e diretto. «E cosa vuoi?»
«Adesso va meglio» inarca l'angolo della bocca in un leggero sorriso, sventolando lentamente le due bustine. «Il mio nome è Victor e voglio prepararci una cioccolata calda.»
«Cosa?» dico incredulo «mi prendi per il culo?»
«Sei di questa opinione?» continua con quel modo di fare vagamente canzonatorio, mentre apre il frigorifero spento e prende una busta di latte.
«Al diavolo» sbotto, alquanto irritato da quello strano modo di fare. «Devi dirmi chi sei veramente, cosa ci fai qui, cosa mi avete fatto, tutto quanto.»
«Beh, sono qui proprio per questo motivo» dice con una naturalezza tanto sconcertante da spiazzarmi completamente per l'ennesima volta in pochi minuti. «Lavoro a Betan, anzi, io sono una parte di Betan, a dirla tutta. Sono uno scienziato, un ingegnere, un fisico e, grazie a te, anche il creatore di tutto quello che vedi. So che hai intuito cosa ti è successo, lo stai solamente realizzando piano piano» svuota le due bustine nel pentolino ed aggiunge un quarto di latte.
«Questo non mi aiuta» commento, per nulla soddisfatto di quanto riferitomi.
«Il programma è ancora da perfezionare, in fondo» sembra borbottare tra sé, mettendo il pentolino sul fuoco. «Dopo il terremoto, pensavo avessi compreso completamente, invece hai solo ricordato gli eventi che ti hanno portato al giorno zero. Beh, non posso comunque dire di esserne sorpreso.»
«Cosa c'entra il terremoto? Giorno zero?» ripeto meccanicamente, probabilmente con uno sguardo inebetito, poiché l'uomo di nome Victor sbuffa vistosamente mentre alza al massimo il fuoco sotto al pentolino.
«Dopotutto, hai raggiunto lo step quattro, quindi sei libero» mi dice girando con poca convinzione la mistura di latte e preparato in polvere «libero di conoscere la verità.»
Rimango in silenzio in attesa, mentre Victor si avvicina al bancone e mi mette la busta di latte davanti.
La scena di quest'uomo, piombato qui dal nulla a dire frasi inconcludenti, che si prepara una cioccolata calda ed agisce come se il suo comportamento fosse la cosa più normale del mondo, mi disorienta rendendomi incapace di reagire con prontezza.
«Iniziamo con le cose semplici» comincia allungandomi il cartone «prima di tutto, ti fai poche domande. Dunque, cosa noti in questa busta?»
La guardo perplesso, non so cosa dire.
«Toccala, cosa senti?»
«È... fredda?»
«Certo che lo è!» sbotta facendomi sussultare. «E non ti viene nulla in mente a riguardo?»
Rimango impassibile, pensieroso, ma all'improvviso, l'illuminazione. «La corrente! Il frigo è spento.»
«Esattamente!» approva con un cenno del capo «e la ragione è la stessa per cui quella cioccolata non brucerà mai.»
Osservo la fiamma altissima ed esagerata sotto il piccolo pentolino, non ci sto capendo niente.
«Il problema dei progetti in fase di sperimentazione» continua, incurante del mio sguardo perplesso da pesce lesso «è che si perdono dettagli fondamentali. Ci ho provato sai? Ma richiede tempo, e pratica. Purtroppo la vita è fatta di dettagli e allo stato attuale mi è ancora impossibile riprodurla in tutte le sue complesse sfumature.»
Quest'uomo sta delirando!
Victor prende due tazze e ci versa la cioccolata calda. «Ancora non ci sei arrivato, vero?»
Scuoto la testa, cercando di capire cosa vuole dirmi.
«Bevi, avanti» mi incita, prendendo la sua tazza fumante e portandosela alle labbra.
Un po' titubante lo imito ed assaggio la bevanda bollente, facendo molta attenzione a non scottarmi, è...
«Buonissima, non trovi?» s'intromette di nuovo nei miei pensieri, ora è davvero inquietante. «Ricordi gli ultimi giorni a Betan, comunque?»
Deglutisco a stento. «Sì.»
«Oh, bene, ci siamo» sorride portando nuovamente la tazza alla bocca «quindi tu, sei...?»
Il suo sguardo penetrante mi colpisce come un pugnale. Se prima sembrava che mi stesse leggendo nel pensiero, adesso sono io che leggo nel suo. Un brivido mi percorre la schiena non appena capisco a cosa si riferisce.
Il ricordo, chiamato alla memoria, diventa reale, concreto. È successo per davvero. L'assurdo.
«Io sono...» sento le gambe molli «morto.»
«Bingo!» il suo è un sorriso sinceramente divertito, sembra stia giocando con me come se fossi un balocco.
«Ricordo il ricovero, i vari contratti firmati, le visite di Marcellus, la sofferenza di quel periodo» quei giorni terribili erano riemersi poco prima, scuotendomi come farebbe un terremoto.
«Il terremoto non era previsto» ammette accarezzando il bordo della tazza «solitamente il processo di ripristino ha come effetti collaterali al massimo un'emicrania, il disorientamento, la perdita dell'equilibrio o quella momentanea di coscenza. Un'espressione fisica come quanto accaduto poco fa è la prima che abbiamo registrato, ma te la sei cavata bene, da solo per giunta. Ecco perché sono venuto, a questo punto non sono necessari altri giochetti ad enigmi.»
«Frena» continuo a non capirci niente «io sono morto e faccio i terremoti, adesso? E sono qua a bere cioccolata» le mie labbra si piegano in un sorriso amaro «si può sapere cosa sta succedendo? Ti prego...»
In tutta risposta lui, con lo sguardo, mi invita a bere ancora.
Istintivamente do una bella sorsata, per tagliare corto con questa stupida storia della bevanda, ma mi scotto la lingua e con un gemito lascio cadere la tazzina sul bancone.
«Non sei attento» mi canzona con quel solito tono, vuotando la sua tazza.
Ma a lui non scotta?
«Attento a cosa, accidenti» sbotto di nuovo, non sopporto più questa situazione.
«Non si è raffreddata neanche un po'» ride sotto i baffi «non ti sembra strano?»
Effettivamente la temperatura della bevanda non sembra essere minimamente cambiata dal primo sorso e dubito seriamente abbia a che fare con una supertazzina magica.
«Vick, smettila di torturarlo così» una voce femminile misteriosa irrompe nell'ambiente all'improvviso. Mi giro intorno cercando di trovarne l'origine, ma sembra provenire contemporaneamente da tutte le direzioni. Che sta succendo? «Ti sei divertito abbastanza, spiegagli come stanno le cose o ci penserò io.»
«Va bene, va bene. Stavo solo mettendo alla prova la sua stabilità psicologica» reagisce seccato all'intromissione «e ti ho detto di non chiamarmi con quel nomignolo.»
«Dave, non farti prendere in giro da quel tipo, ti assicuro che non è sempre così stronzo» la voce affabile si rivolge a me, adesso.
«Grazie, eh» ribatte l'uomo brizzolato dietro al bancone «adesso fa' silenzio e lasciami lavorare.»
«Cosa diavolo...» sono sorpreso, ma stavolta credo di aver riconosciuto la voce. È quella della dottoressa con la quale ho firmato i contratti. Com'è che si chiamava? Sa... Su...
«Si chiama Susan» borbotta con il tono di un bambino al quale hanno appena sequestrato il giocattolo nuovo. «Un'enorme seccatura.»
«E va bene, sig. Dunst» dice aggirando il bancone alla sinistra «veniamo a noi.»
Lo seguo con lo sguardo, grato dell'intervento della dottoressa. L'uomo si dirige all'interruttore borbottando qualcosa come "Cosa dicevi sulla corrente?" ed accende la luce. Com'è possibile? Come ha fatto?
«Il senso di quello che ti ho mostrato finora, quel che ho tentato di farti capire» inizia avvicinandosi alla parete con l'orologio «è che il mondo nel quale ci troviamo adesso è una mia creazione, l'ho sviluppato io. Stai vivendo in un mondo all'interno della tua mente, il risultato di anni di progressi e fallimenti, la sintesi di un lavoro che raccoglie i sogni e le ambizioni delle persone dietro il Progetto L.»
Faccio per dire qualcosa, ma lui mi zittisce con un gesto delle dita. Sono così confuso che rimango impalato ancora con la torcia accesa. «Tu sei morto, Dave» lo dice senza mezzi termini, guardandomi dritto negli occhi «lo eri già quando sei venuto da noi. Suvvia, non guardarmi così, sapevi di avere le ore contate, è inutile che ti ripeta quello che ci hai detto al tempo, ne hai memoria ormai.»
«Il terremoto di prima, ad esempio, non era altro che la manifestazione fisica dello sforzo che la tua mente ha fatto per riprendere possesso dei ricordi e delle tue facoltà mentali. Uno sforzo molto grande, a quanto pare. Le volte precedenti hai semplicemente provato nausea, capogiri, una volta sei anche svenuto se non sbaglio; abbiamo notato che più riuscivamo a risvegliare parti del tuo cervello, più questi effetti collaterali si presentavano in maniera aggressiva. Ma hai resistito.»
«La morte me la immaginavo diversa» ripeterlo non mi impressiona come la prima volta «perché... tutto questo?»
Non ho idea di come essere più chiaro, ma Victor pare sapere esattamente a cosa mi riferisco. «È il trattamento al quale sei stato sottoposto: tu sei morto e noi ti abbiamo riportato indietro» spiega guardando fuori dal finestrone della cucina. Non vedo direttamente il suo volto, ma capisco che sta di nuovo facendo quel sorriso beffardo «più precisamente, abbiamo estratto la tua mente e l'abbiamo riattivata, ma dubito che tu capisca il procedimento anche se provassi a spiegartelo con parole semplici. Mettila in questi termini: o così, o morto e basta.»
Una leggera e rapida vibrazione attraversa la stanza facendo tremare i vetri. «Ohh, ci stiamo agitando, non è vero? Dev'essere stressante immaginare di non avere più un corpo, di essere un insieme di dati in un computer» si gira noncurante delle parole che sta proferendo «beh, ad essere totalmente onesti, abbiamo ancora una base biologica collegata al sistema, quindi le malattie cerebrali ed il decadimento del tessuto nervoso sono ancora un problema esistente. Ma siamo già abbondantemente nel campo dei miracoli, per la prima volta abbiamo sconfitto la morte del corpo, anche se, ahimé, per questo non posso prendermi tutti i meriti.»
Tutto ciò è davvero possibile? Deve esserlo, ma è tutto così assurdo.
«Ancora nutri dei dubbi su quello che ti dico?» dice indicando l'orologio alla parete sulla sua destra. «Vedi l'orario? 11:23 e non è mai cambiato da quando sei qui. No, non è rotto: allo stato attuale del progetto, il tempo così come lo intendiamo noi non esiste.»
«Vedo che non ti ho ancora convinto. Qui siamo nella tua mente, ogni cosa che vedi è concretizzazione dei tuoi pensieri e ricordi. Noi vi abbiamo accesso, Dave. Hai mai avuto la sensazione che ti leggessimo i pensieri, che sapessimo esattamente cosa e come lo stavi facendo? Hai cercato le telecamere, Dave. Hai cercato i microfoni. Ma non hai trovato nulla, o sbaglio? Sensori nel telefono, ah, non prendiamoci in giro, un telefono che non si scarica mai e che ha memoria infinita per tutti quei messaggi!»
«Che dire poi della fame e della sete? Tutto quello che vedi è creato e gestito dal nostro sistema, tu non hai realmente bisogno di mangiare e bere, non hai bisogno di andare in bagno; dimmi, hai mai sentito realmente queste necessità da quando ti sei risvegliato? No, ma dovevamo implementarle, sono attività che non potevamo eliminare senza causare squilibri gravi alla tua psiche. I sapori, il piacere, tutte illusioni autoindotte, create dalla tua mente.»
Provo a scuotere la testa, ma lui continua. «Benché ad un'occhiata superficiale tutto quello che vedi possa sembrare perfetto, ed un giorno lo sarà, in realtà il programma è ancora molto acerbo. Questa casa non è davvero casa tua, ha un numero esorbitante di difetti e differenze. Abbiamo ricostruito questi ambienti mediante un processo adattivo a partire dai tuoi ricordi, ma è la tua memoria Dave, se non ricordi il colore del portaombrelli non ti accorgerai mai della differenza, ma se ricordi la macchia di umido sotto al soffitto, allora stai sicuro che la trovai proprio lì dove dovrebbe essere. Le cose che hai visto, i computer antiquati, i libri, le cassette, i cibi, erano già lì, nella tua mente, sono le cose che ami o che ti hanno colpito in passato. Questo funziona, ma... non come dovrebbe. Il tempo non passa, la cioccolata non si brucia e non si raffredda, il latte rimane freddo, il sole non sorge. Non se non lo facciamo noi manualmente: sono stato io a decidere quando la tua bevanda bollente fosse pronta.»
«Non c'è polvere in questa casa, Dave, ancora troppo pesante da calcolare. La tua faccia non è quella reale, ma lì potevi accorgertene, potevi percepirlo, quindi ti abbiamo tolto gli specchi. Neanche io sono reale, sto comunicando tramite una macchina e quello che vedi è un avatar estremamente sofisticato. Hai capito, adesso?»
«Ora basta, trovo sconcertante la tua completa mancanza di empatia» la voce severa della donna di prima ricompare all'improvviso così com'era sparita. Stavolta però proviene dal salotto, dalla bionda dottoressa di Betan. «Scusalo davvero Dave, se fosse lui al tuo posto non esisterebbero abbastanza hard disk per contenere il suo ego.»
Victor sbuffa. «Figuriamoci, lo sapevo che non avresti resistito. Gli stavo spiegando solo come stanno le cose.»
«Dave è un nostro collaboratore, è prezioso, è un miracolo» sottolinea la donna dagli occhi vivaci «sediamoci nel salotto, posso occuparmene io?»
L'alto scienziato alza le mani in segno di resa e si avvia verso di lei, mentre io sono ancora stordito dal quel fiume in piena che mi ha appena travolto.
«Dave» ripete la dolce dottoressa «puoi venire a sederti qui sulla poltrona?»
Mi scuoto dai pensieri che mi si affollano in mente, ovunque essa sia a questo punto, e faccio come mi dice. «Io sono Susan» si presenta di nuovo, ricordo bene il giorno in cui mi spiegò la natura del contratto.
«Questo lo ricorda, è morto, mica ritardato» sbuffa l'uomo appoggiato allo schienale del divano, ma viene immediatamente fulminato da uno sguardo di rimprovero così severo che farebbe chiedere scusa anche ad un gorilla. Cantando. In cinese.
«Sì, mi ricordo» confermo deglutendo.
«Dunque» sorride amabilmente «anche se in modo un po' brusco, credo che tu abbia capito dove ti trovi. Lascia che ti spieghi, invece, cosa succederà d'ora in avanti, sono molto contenta di poterti rivedere. Per essere un morto mi sembri in gran forma!»
«Posso fare una domanda, prima?»
«Certo Dave, chiedimi quello che vuoi.»
«La mia famiglia... come stanno Ellen e Dean?»
«Gli manchi molto» mi appoggia la mano sulla spalla, accarezzandomi delicatamente «ma a parte quello, sono in perfetta salute.»
«Come promesso, gli abbiamo assicurato tutto il supporto di cui avevano bisogno. Dean ha iniziato il trattamento, non saprà mai nemmeno di essere stato malato!» continua con un sorriso rassicurante «economicamente non avranno più problemi, ovviamente, e la tua mogliettina si sta dando da parecchio da fare, è una forza!»
«Come va il lavoro?»
«Lo ha lasciato per dedicarsi alla scrittura» i suoi occhi vivaci percepiscono il mio sollievo.
«Con 3 milioni di dollari sul conto, mi licenzierei anche io» commenta sarcasticamente l'altro.
«Vick!»
«Cosa c'è?» allarga le braccia sorpreso. «È la verità.»
«Comunque... pubblicherà il suo libro d'esordio la prossima primavera. Un fantasy con un elfo, un umano e...»
«...e un nano alla ricerca di un misterioso cristallo, era il suo sogno nel cassetto. Finalmente ci è riuscita» questo mi rende davvero felice.
«Ehi, potrai leggerlo, sai? Victor farà anche l'antipatico a volte, ma ci sa fare, possiamo fartelo avere, magari anche la televisione!»
«E magari anche internet e Netflix, visto che ci siamo!» sbotta l'uomo.
«Magari... non dovrebbe essere una grossa fatica per te, grand'uomo.»
Victor alza gli occhi al cielo, battendo le mani sulle cosce.
«Come ha preso la scusa per i soldi?» domando affamato di risposte.
«Beh in verità...» dice tentennando appena «credo di averle spiegato buona parte della storia, alla fine.»
«Cosa?!» scoppia lo scienziato chinandosi verso la dottoressa «ti sei forse ammattita? Rischiamo il collo, qui!»
«Oh, andiamo, piantala Vick» dice agitando la mano, come se stesse scacciando una mosca fastidiosa «non capisci proprio i sentimenti delle persone.»
«Quindi potrei incontrarli, forse?» chiedo, probabilmente con troppe aspettative.
«Beh, questo è già più difficile... non voglio darti false speranze» mi risponde molto cauta «come sai è un progetto segreto, non è così semplice.»
Io annuisco, ma la donna mi assicura che prenderanno in considerazione la cosa in futuro, se ce ne sarà la possibilità.
Stringo i pugni appoggiandomi ai braccioli della poltrona. «Perché non me l'avete detto subito, che senso avevano tutti quegli indovinelli, gli sms... è tutto così assurdo.»
«Resuscitare qualcuno non è mica come premere un interruttore» protesta borbottando colui che si è presentato come il creatore di questo "mondo".
«Non ascoltarlo, guarda me» Susan attira la mia attenzione con uno schiocco delle dita «durante i vari test ci siamo accorti che ripristinare il cervello è un'operazione molto delicata, tutti i tentativi precedenti al tuo sono falliti inesorabilmente. Abbiamo così deciso di andare per gradi, di limitare l'accesso ai ricordi, di riattivare passo dopo passo le tue facoltà cerebrali; un po' come un'automobile con un motore instabile, le abbiamo dato potenza poco per volta per salvaguardarne l'integrità. Se si esagera si fa crack, e non penso tu voglia fare "crack".»
«Anche questa è stata una mia idea» sbuffa l'altro passeggiando dietro il mio schienale «potrai ringraziarmi dopo.»
«Ci dispiace davvero molto averti dovuto nascondere tutto, ma spero tu possa comprendere le nostre ragioni, lo abbiamo fatto per te e per il Progetto.»
«Sì, capisco» annuisco, cercando di abituarmi a quell'idea. «Quindi anche Maria, Marta, gli alleati... era tutto finto?»
«Non proprio» Victor mi si affianca appoggiandosi al termocamino. «Loro sono due mie creazioni, macchine la cui funzione è il ripristino delle tue facoltà intellettive. Per mantenere la gradualità del processo ho programmato quella che chiamate Maria per accompagnarti nel periodo immediatamente successivo al tuo risveglio, tu lo ricorderai come una sequenza di stanze tutte uguali. La loro dimensione ridotta ha permesso alla tua mente di concentrarsi meglio ed ogni chiave che hai trovato era una materializzazione dello sblocco di aree del tuo cervello, per dirla in parole povere.»
«Quella che chiamate Marta, invece, elabora più fasi ed è servita a ripristinare il ragionamento e la memoria. Il primo, in quella che a te sarà sembrata una stanza bianca, con il vecchio pc e tutto il resto; la seconda è questa ricostruzione di casa tua. Se ti riferisci ai messaggi, quelli li scrivevamo noi.»
«Anche quelli degli alleati? Non ho capito il loro ruolo in questa faccenda.»
«A questo posso risponderti io» interviene la donna dai voluminosi capelli biondo cenere «gli alleati esistono, ma non c'entrano niente con noi. Sono persone esterne che hanno collaborato al progetto senza sapere il suo reale scopo, per via della segretezza che ti abbiamo già spiegato. Gli abbiamo dato accesso ai dati sui tuoi pensieri tramite un sistema distribuito, così che potessero aiutarti a risolvere gli enigmi. Abbiamo pensato che, sebbene il tuo cervello non fosse in grado di risolverli da solo a causa del trauma del risveglio, magari leggendo i ragionamenti, scegliendo e dividendo i consigli buoni da quelli meno buoni, le tue facoltà mentali sarebbero migliorate in maniera controllata e controllabile, e così è stato. A causa della natura di questo progetto non abbiamo potuto ringraziare o ricompensare queste persone, ma il loro contributo è stato determinante per la riuscita di questa prima parte del progetto.»
«Prima parte?»
«Sì, è quello che stavo per spiegarti appena sono venuta» confessa stringendosi nelle spalle «il vero motivo per cui abbiamo avviato questo progetto sin dal principio.»
Deglutisco, ho la spiacevole sensazione che il peggio debba ancora venire.
«Professore, questo è il suo terreno di gioco» sorride la dottoressa voltandosi verso il piccolo ingresso.
«È un piacere rivederla sig. Dunst» entra nella stanza un uomo distinto, sopra la cinquantina. Viso largo e lievemente squadrato, fronte spaziosa e capelli macchiati di grigio. Non ci sono dubbi, è Marcellus Mareani.
«Vincere la morte è di per sé un risultato al quale l'umanità spera di arrivare da sempre. Ma quel che realmente l'uomo si è sempre chiesto sin dall'alba dei tempi, quello che ci spaventa di più, la più grande ignoranza, la curiosità più inappagata, il mistero più grande che l'esistenza possa offrirci: cosa c'è dopo la morte» esordisce così l'uomo da cui tutta questa storia ha avuto inizio, l'uomo che ha scalato gerarchie, infranto leggi e costruito un impero per realizzare la sua personale visione.
«Con la nostra ricerca l'abbiamo riportata in vita, almeno una parte di lei, ma l'immortalità ci è ben lontana, prima o poi anche questa nuova forma d'esistenza giungerà al termine. Noi di Betan, però, aneliamo di sapere cosa c'è dopo questa vita mortale. Ed è qui che la ricerca del nostro Victor ci ha aperto la strada verso la conoscenza, una conoscenza che tuttavia ci sfugge, che dobbiamo ancora raggiungere ed afferrare. Ed è qui che tocca a lei, sig. Dunst, l'uomo che farà la differenza.»
«Cosa posso fare io, se tutto questo è finto, inesistente?»
«Lei è il miracolo che è tornato dall'altro lato, lei è un pioniere, un risorto. Come le hanno già spiegato i miei colleghi, lei è attualmente in quello che chiamiamo ARS, Alternative Reality System, un sistema di realtà alternativa. Questo sistema utilizza i nostri dati e la sua mente per creare una realtà che appare del tutto e per tutto uguale alla nostra, ma con la possibilità in futuro di materializzare non solo luoghi estrapolati dalla sua memoria, come questo salotto ad esempio, ma anche eventi, persone e situazioni. Pensi se potesse rivivere in prima persona i suoi ricordi più belli, visitare luoghi com'erano un tempo o addirittura usare la sua immaginazione per modellare il mondo che la circonda. Le possibilità sono infinite. Lei non sarà ridotto a vagare per questa casa, ma presto avrà accesso ad un mondo più ampio, più ricco, più complesso.»
«I dati raccolti sono stati utili» interviene la dottoressa Simmer «presto potrai uscire, avrai a disposizione tutta la tua città, verrà ricostruita partendo dai ricordi, ma anche da informazioni nuove che inseriremo noi. E sarà popolata. Utilizzeremo elementi del subconscio per creare interazioni sempre più realistiche. In pratica, la tua mente influenzerà inconsciamente il tutto. Useremo i dati raccolti dagli alleati per incrementare le variabili della nuova popolazione e tutto questo sarà gestito dal nostro sistema. Un giorno potrebbero esserci altri soggetti, oltre a te.»
«Le daremo un mondo sano, non corrotto, lei vivrà in un'utopia.»
«Ma non sarà la realtà, sarà controllata da voi!»
«È vero, ma cos'è davvero la realtà, signor Dunst?» mi chiede l'uomo seduto accanto a Susan «è quello che noi giudichiamo reale che conta. Quando questo mondo raggiungerà la perfezione del metodo, sarà indistinguibile da quello vero. La realtà è quello che noi viviamo con la nostra mente, un insieme di sensazioni e percezioni. Quando esisterà un sistema perfetto ed infallibile, capace di agire sui ricordi, come si potrà dire con certezza di non essere in una Realtà Alternativa? La realtà è soggettiva.»
«Questo dovrebbe farmi sentire meglio?»
«No, lei è un'entità consapevole, non abbiamo creato tutto questo per tramutarlo in un inganno. Ma pensi alla prospettiva, pensi al futuro. In questo mondo non invecchierà, potrà essere sempre giovane e, cosa più importante, lei vivrà.»
«Indubbiamente l'altra alternativa non sembra più piacevole» mi guardo intorno, circondato da queste tre figure che fino ad ora hanno giocato con il mio cervello, letteralmente. «Adesso che ne sarà di me?»
«Lei ha accettato di partecipare a questo progetto, in massima parte a scatola chiusa, pur di aiutare la sua famiglia, e con i risultati ottenuti possiamo ritenere assolto il contratto» mi dice il dott. Mareani, sistemandosi il polsino della camicia «ha ceduto quel che le rimaneva, si è donato letteralmente anima e corpo a noi. Ammiro la sua devozione, la sua forza. Il suo spirito di sacrificio è certamente quello che le ha permesso di farcela a tornare dalla morte. D'ora in avanti inizia una nuova fase, per la quale non esistono contratti, non la obbligheremo, né la spingeremo a fare nulla. Non le mancherebbe nessun comfort in ogni caso, a prescindere da quello che deciderà.»
«Lo scopo ultimo di questo progetto» continua con tono serio, chinandosi leggermente verso di me «è quello di spingerci nella Zona Oscura. Probabilmente, adesso che ne parlo, lei potrà avere delle sensazioni a riguardo. Se, come ho detto, siamo riusciti a rendere materiale, tangibile, esplorabile, vivibile, osservabile, misurabile, qualcosa che viene dai ricordi, anche quelli più profondi, lontani e sepolti, questo potrà essere fatto per il ricordo più importante di tutti. Cosa è successo quando è morto? Cosa ha visto? Cosa ha sentito? Cosa ha provato?»
«Io non lo so...» l'idea stessa mi spaventa ancora.
«Non lo sto chiedendo a lei, sig. Dunst, ma alla sua mente. Se una traccia di quello che è successo nel momento in cui la vita l'ha abbandonata, sarebbe materializzabile, potremmo conoscere cosa c'è... oltre.»
Un brivido mi scuote dall'interno, come uno spasmo impercettibile. Se ne saranno accorti?
«Ci siamo vicini, Dave» interviene Susan con il suo tono dolce e comprensivo. «La materializzazione si è andata completando man mano che riuscivamo a ripristinare il tuo cervello, ora dobbiamo solo perfezionare l'ARS. Il suo aspetto è quello di un'enorme voragine oscura. Quanto tutto sarà pronto, dovrebbe essere esplorabile, analizzabile, per scoprire quali segreti nasconde. Ma per farlo abbiamo bisogno di te, è la tua mente, i tuoi ricordi, tu sei l'unico che può sostenerli e comprenderli appieno, proprio come hai riacquistato la memoria esplorando questa casa. Ci vorranno anni probabilmente, ed il rischio è alto, non sappiamo cosa potrà succedere ed il rischio di un collasso di questo mondo non può essere escluso. Però questo è compito che abbiamo preparato per te nel Progetto L, la tua missione. Te la senti, Dave?»
«Ci aiuterà, sig. Dunst?»
Rifletto sulla richiesta, ammetto di essere spaventato, ma non si può tornare indietro e tutto quello che è successo sembra finalmente trovare un senso. La mia famiglia sta bene e magari se il mio lavoro qui darà i suoi frutti, un giorno potrei anche comunicare di nuovo con loro.
«Mi guiderete in questa cosa?» accetto la proposta «ma in cambio non voglio più segreti, dovrò essere messo al corrente di ogni decisione.»
«Certo, da adesso lavoreremo come pari» la dottoressa mi rivolge un sorriso affabile. «Benvenuto in Betan, Dave.»
«Non aspettarti un camice, adesso» Victor inarca le labbra nel suo solito sorrisetto, dandomi una pacca sulla spalla. «Sarai come un esploratore, il nostro Indiana Jones, solo speriamo che ad attenderci non ci sia il tempio maledetto.»
«Oggi è un giorno storico per l'umanità, grazie sig.Dunst» Marcellus si alza soddisfatto e mi stringe la mano. «Faremo grandi cose insieme, cambieremo il mondo.»
Probabilmente avrò molto tempo per rendermi conto se quello che sto facendo è una sciocchezza, ma nonostante la preoccupazione, per la prima volta da tanto tempo mi sento stranamente tranquillo. La mia vita stava finendo ed ora invece ho un nuovo scopo, forse è davvero come dicono e potrei persino finire per apprezzare questa mia nuova vita.
«Ah, un'ultima cosa...» ricordo all'improvviso.
«Dicci pure, Dave.»
«Una curiosità più che altro» chiedo a Victor. «Perché Progetto L? A cosa si riferisce la L?»
«Come sempre, le idee ed i nomi strampalati sono suoi» ridacchia indicando la dottoressa seduta sul divano.
«Oh, avevo dimenticato, grazie per averlo chiesto» fa un sorriso smagliante, passandosi la mano tra i voluminosi capelli biondo cenere «è un nome molto evocativo che mi emoziona sempre.»
«La L indica tornato alla vita, proprio come Lazzaro.»
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Un finale scoppiettante! L'attesa e temuta fine di THE SMS GAME. Il fantastico supporto di voi lettori a questa storia ha permesso tutto questo e spero dal profondo che il risultato finale sia di vostro gradimento.
Fatemi sapere cosa ne pensate, amerei avere il parere di chi è arrivato a leggere fino a qui, alla fine di questa avventura.
Prima di lasciarvi al salotto dell'Epilogo, lasciatevi annunciare le prossime novità, perché le sorprese non sono certo finite qua!
Domani uscirà un altro capitolo con la sorpresa che vi avevo anticipato, sarà il mio regalo a tutti voi. Dopo di questo usciranno vari capitoli speciali in cui vi rivelerò segreti molto succosi e altro ancora, quindi non sparite che le sorprese non sono ancora finite! Direi che non è giunto ancora il momento per i titoli di coda ed i ringraziamenti finali ;)
Per qualunque domanda sono a vostra completa disposizione!
PS: Ti è piaciuto questo capitolo? Premiami e sostienimi con un voto, ne sarò felicissimo!
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