Capitolo 9

Damian, quella mattina, si svegliò con un martellante mal di testa e una sensazione di spossatezza.

Sbadigliò e si tolse le coperte di dosso, abbandonando il torpore del letto e poggió i piedi a terra alla ricerca delle pantofole: una volta recuperate fece per issarsi in piedi quando un capogiro lo travolse, facendolo finire a peso morto sul letto.

-Cosa diamine...- sibilò a denti stretti, visibilmente confuso.

Era da un paio di giorni che i sintomi non si ripresentavano.

Pensava di aver finalmente sconfitto quella strana influenza che sembrava aver preso il controllo del suo corpo da un paio di settimane a quella parte: ma, a quanto pare, si sbagliava di grosso.

Era sicuro che a breve avrebbe dovuto richiamare Kalya, il suo medico curante, e chiederle di ripetere le analisi del sangue.

Dopo un attimo di smarrimento iniziale, riprovò ad alzarsi nuovamente in piedi: questa volta ci riuscì con successo.

Avanzò lentamente verso il bagno ed entrò dentro: si guardò allo specchio e il suo aspetto era tutt'altro che fresco e riposato.

Scure e violacee occhiaie facevano capolino da sotto i suoi occhi verdi, che parevano stanchi e spenti: la sua pelle sembrava più ruvida al tatto, come se fosse invecchiata di colpo, e verso il collo spuntavano delle piccole bollicine rosse.

Damian le toccò con la mano, ma non sentiva prurito o fastidio, sembravano più foruncoli acneici che qualche altra forma di dermatite.

Arcuò di più la vista e ciò gli permise di notare quello che ai suoi occhi era sfuggito prima : i due fori, quelli che lo tormentavano da giorni ma che aveva imparato ad ignorare, sembravano spiccare ancora di più sulla pelle.
Li sfiorò e sentì uno strano formicolio partite dalla carotide—dato che era lì che si trovavano—e irradiarsi ovunque: sul petto, sulle braccia, sulla schiena e sulle gambe.

Era come se una leggera scarica elettrica gli avesse attraversato il corpo: si guardò di nuovo allo specchio e spalancò gli occhi.

Ok, devo essere impazzito o qualcosa del genere, pensò.

La figura riflessa mostrava sempre il solito Damian, gli occhi vivaci, la pelle tornata morbida al tatto: la strana dermatite acneica era scomparsa; l'unica cosa che si poteva notare erano sempre i soliti fori, anche se la loro grandezza era diminuita notevolmente.

Scosse la testa e ridacchiò sommessamente poi si abbassò verso il lavabo e aprì il rubinetto, mise le mani a conca e si portò l'acqua fresca sul viso più e più volte.

Devo decisamente cambiare vita, pensò riferito allo strano momento appena vissuto.

Chiuse l'acqua, prese l'asciugamano posto sul mobile accanto al lavabo e se lo portò al viso tamponando piano: dopodiché si diede un'ultima occhiata veloce allo specchio, come per assicurarsi un'ultima volta che fosse tutto a posto.

Una volta appurato questo, si passò una mano tra i capelli corvini per ravvivarli un po' e uscì dal bagno per recarsi in camera e prendere i vestiti da indossare.

Mentre si infilava una maglia a maniche lunghe nera, digitò velocemente un messaggio ad Andrea: dopo che l'amico gli aveva scritto la sera prima, non gli aveva ancora risposto e, seppur fosse restio a farlo, doveva assolutamente dal momento che erano colleghi.

Inoltre, quella mattina si sarebbero dovuti recare dal loro capo, il signor Peterson, per riferirgli ciò che Killian Gauthier aveva detto loro, e per informarlo che quella sera stessa sarebbero voluti andare al pub di cui l'ex ragazzo di Vicky gli aveva parlato.

-Ehi Andry, scusami se ieri non ti ho più risposto ma ero crollato.

Per quanto riguarda ciò che è successo direi di discuterne dopo le indagini: mi sembra la scelta più appropriata.

Non voglio distrarmi ulteriormente poiché siamo ad un punto di svolta ma ti prometto che parleremo.

Ci vediamo direttamente in centrale?
Sono in ritardo con la tabella di marcia!

Ricordati che dobbiamo andare da Peterson per aggiornarlo e accordarci su questa sera per andare al Pub, ti ricordi?

Ci vediamo più tardi!-

Rilesse velocemente il messaggio e poi lo inviò, lanciando il cellulare sul letto e riprendendo a prepararsi.

Sospirò e sperò vivamente che quella mattinata non fosse il presagio di una giornata ancor più strana.
Se lo augurava davvero.

~~~

Andrea si stava infilando il cappotto quando la suoneria del suo cellulare lo distrasse dall'azione: infilò la mano in tasca e prese il dispositivo, facendo scorrere la barra di sblocco e aprendo il messaggio.

Il mittente era Damian.

Un grande sorriso comparve sul suo volto, e le sue membra furono percorse da un brivido simile a una scarica elettrica: ora che sembrava che il suo migliore amico avesse capito e che, a quanto pareva, ricambiasse i suoi sentimenti, ebbe la sensazione che finalmente tutte le sue agonie e paure a riguardo fossero scomparse.

Dovette però ricredersi quando lesse il contenuto del messaggio: non era quello che si sperava.

Damian, mettendo come sempre il lavoro davanti ad ogni cosa, non aveva minimamente accennato alla sera prima ma quantomeno aveva promesso che ne avrebbero parlato.

Andrea sbuffò una risata.

Dovrei saperlo, con Damian è sempre così: il lavoro prima di tutto, pensò, e si rincuorò con il fatto che alla fin fine il suo migliore amico non aveva proprio tentato di sviare la faccenda, ma l'aveva solamente rimandata a data da destinarsi.

Il suo cuore prese a battere un po' più forte a quel pensiero: significava che allora non era tutto nella sua testa, Damian forse provava davvero qualcosa per lui e voleva discuterne con calma.

Digitò velocemente una risposta.

-Ehi splendore!

Certo non preoccuparti, posso aspettare, so essere paziente quanto voglio ;)

Inoltre, con chi credi di parlare? Ovvio che mi ricordo di andare da quel rompi coglioni di Peterson e che stasera dobbiamo recarci nel pub di cui Killian ci aveva parlato!

Mi offendi così :( -

Terminò dicendogli che lo avrebbe aspettato in ufficio e che era il solito ritardatario: dopo aver inviato il messaggio, ripose il cellulare in tasca e si voltò verso sua sorella, che era intenta a passarsi le mani tra i capelli con fare annoiato.

-Allora, fratellino?- chiese scocciata.

Andrea sbuffò -Siamo solo io e te a colazione. Damian mi raggiungerà direttamente in ufficio-

Liz alzò gli occhi al cielo.
-Beh, muoviamoci allora, sono affamata- annunciò, e con passo frettoloso superò il fratello e iniziò a scendere lungo la tromba di scale dell'edificio, facendo picchiettare i tacchi dei suoi stivali sul marmo degli scalini.

Andrea, non badò all'atteggiamento della sorella, e un attimo dopo uscì anche lui dall'appartamento, più rilassato e con un largo sorriso stampato in volto.

~~~

Damian era appena uscito dalla metropolitana e si stava dirigendo verso la centrale: volse lo sguardo verso il cielo per un istante, mentre aspettava che scattasse il verde del semaforo per poter attraversare la strada.

Il cielo plumbeo si stagliava sopra di lui e una pioggerellina fitta iniziò a scendere, bagnandogli lievemente il volto e il cappotto nel quale si strinse maggiormente per scaldarsi.

Mentre si trovava all'interno del mezzo di trasporto, un lancinante mal di testa aveva iniziato a fare capolino, ed era aumentato ancor di più quando si era perso tra la folla di lavoratori e studenti che scendevano nella stessa fermata: tutt'ora pulsava nelle sue tempie, deciso a non abbandonarlo.

Sembrava che ogni rumore attorno a lui fosse amplificato e rimbombasse nelle sue orecchie senza sosta; inoltre, quando una brusca frenata della metro aveva fatto sì che una ragazza di fronte a lui gli finisse addosso, aveva sentito una strana morsa all'altezza dello stomaco.

Tutti quei sintomi uno dietro l'altro lo confusero ancor di più: era talmente distratto dai suoi pensieri che quasi non notò che il semaforo fosse scattato.

A grandi falcate attraversò la strada e finalmente intravide da lontano l'edificio che ospitava la Centrale dell'FBI.

Dopo aver varcato la soglia dell'entrata e aver salutato la segretaria al point office, percepì un'altra sensazione strana: sembrava che improvvisamente i rumori si fossero attutiti del tutto.

Il mal di testa era scomparso e con esso la morsa allo stomaco.

-Che diamine...- sussurrò mentre avanzava con passo svelto verso la porta del suo ufficio: non riuscì però ad aprirla, poiché finì addosso ad una persona.

-Mi scusi- si affrettò a dire, alzando il volto verso la figura davanti a sé.

I suoi occhi di giada si specchiarono in quelli dell'uomo che aveva di fronte: erano del color dell'ambra, e per un breve istante a Damian ci si perse dentro.

-Oh, affatto, signor Williams. Sono io che mi devo scusare con lei. In fondo questo è il suo ufficio, no?- disse l'uomo, la cui voce era morbida e cordiale.

Per un breve istante, gli occhi di Damian si posarono sulla sua figura: portava il classico completo elegante da ufficio ed era poco più basso di lui, i capelli castani erano tirati indietro con del gel e i lineamenti del viso erano delicati, caratterizzati da una mascella poco pronunciata e un naso sottile leggermente all'insù.

Damian si schiarì la voce e annuì -Si, è esatto- gli rispose.

L'uomo di fronte a lui si spostò di lato per permettere all'agente di passare: lo ringraziò con un leggero cenno del capo, poi avanzò con passo sicuro verso la porta e allungò la mano sulla maniglia per abbassarla quando, di colpo, si fermò.

Il suo sguardo si assottigliò, confuso: non aveva mai visto quell'uomo in tutta la sua carriera all'interno della centrale di Seattle, ma a quanto pareva lui lo conosceva e sapeva pure il suo cognome.

Eppure, pur non conoscendolo affatto,era sicuro che avesse qualcosa di familiare: era come un ricordo che non riusciva ad afferrare, ma che rimaneva nascosto nel subconscio.

Sapeva che c'era, lo percepiva fin dentro le viscere, ma nonostante tutto non riusciva a raggiungerlo.

Si voltò velocemente verso l'uomo, ora gli dava le spalle e che si stava avviando verso il sottile corridoio che portava alla zona delle macchinette: non sapendo neanche bene perché, si ritrovò a seguirlo fino a raggiungerlo.

-Mi scusi! Ci siamo già incontrati prima?-gli domandò con voce quasi allarmata.

Irruppe nel piccolo spazio angusto che era la stanzetta della zona relax: presentava un paio di macchinette, una per gli snack e l'altra per il caffè, e un paio di divani a due posti per chi volesse riposarsi un poco durante i turni notturni.

L'uomo non si scompose affatto, si voltò piano verso l'agente e gli sorrise affabile.
-Può essere, sono il nuovo collaboratore del signor. Peterson. Magari ci siamo incrociati nei corridoi nei giorni precedenti, dal momento che sono qui da poco- spiegò, schiudendo le sue morbide labbra rosee in un lieve sorriso.

Damian ci rifletté su: non gli sembrava una spiegazione così irragionevole, ma proprio non riusciva a ricordare dove lo avesse visto.

L'uomo davanti a lui allungò la mano per presentarsi ma fu interrotto da un rumore di passi frettolosi e pesanti che li indusse a voltarsi in quella direzione: Andrea stava quasi correndo loro incontro.

-Uh, cavolo! Sono puntuale, vero?- esclamò con voce sfiata una volta di fronte a loro.

L'uomo ridacchiò sommessamente alla scena, trovandola stranamente divertente.

La sua risata risuonò così dolce e vellutata alle orecchie di Damian, che dovette imporsi di non voltarsi in sua direzione.

-Certo che lo è, ma non dovrebbe correre così, signor Davis. Potrebbe farsi male- disse l'uomo.

Andrea si massaggiò la nuca con la mano, con fare imbarazzato.
-Ha ragione, signore. A breve io e il signor Davis saremo da lei e dal signor Peterson per aggiornarvi sugli ultimi sviluppi dell'indagine- sancì.

L'uomo annuì compiaciuto -Perfetto allora, vi aspetto. Ora, se vogliate scusarmi, vado a discutere di alcune faccende con il mio superiore. A più tardi- disse mellifluo, salutandoli con un cenno del capo ed uscendo dalla stanzetta.

Andrea si voltò verso il suo migliore amico.
-Ehi Dam! Scusami se ho fatto tardi ma vedi...Ero a fare colazione con Liz la mia sorellina che è venuta a trovarmi ieri sera...Senza avvisarmi, capisci? E...- iniziò a spiegarsi quando Damian lo interruppe con un lieve cenno della mano.

-Aspetta Andry, me lo racconti dopo. Mi spieghi chi diavolo era quell'uomo?- chiese, accigliandosi.

Perché sembrava l'unico deficiente a non conoscerlo?

Andrea roteò gli occhi leggermente infastidito.
-Seriamente, Damian? Cosa vuol dire, "chi diavolo è"? È il nuovo collaboratore alle indagini del signor Peterson. Il signor Morgen. Silas Morgen- spiegò.

A quel nome, Damian si sentì come se stesse annegando: come se si trovasse sul fondo dell'oceano, costringendosi a non aprire la bocca per non far entrare acqua ma al tempo stesso volerlo fare perché i polmoni gli stavano scoppiando nel petto.

Il cuore iniziò a battere fortissimo, risuonando nella sua gabbia toracica, forte, vivo e pulsante.

All'udito affinato di Silas, il battito cardiaco di Damian echeggiò come una melodia ancestrale, il rullo dei tamburi usati nei rituali per evocare i peggiori demoni dagli inferi.
Un ghigno compiaciuto comparve sul volto: il corpo di Damian iniziava a percepire la presenza del proprio creatore e reagiva di conseguenza.

Le cellule di vampiro attecchite all'organismo dell'agente si agitavano, scuotendo anche quelle umane: ecco perché il corpo di Damian aveva reagito così al solo sentire il suo nome.

Perché il loro creatore era , provocando la circolazione del sangue nelle vene e nelle arterie in maniera frenetica, pompato dal cuore a ritmi tachicardici.

Silas si umettò le labbra e nei suoi occhi comparve un luccichio trionfante: stava andando tutto come aveva pianificato, e non avrebbe potuto sperare di meglio.

~~~

Damian provò a regolarizzare il respiro, cercando di controllare il proprio corpo, provando a mascherare le sensazioni come meglio poteva: entrò nell'ascensore affiancato da Andrea che gli raccontava della serata trascorsa con sua sorella, per raggiungere il piano dov'era situato l'ufficio del loro capo.

Le parole del suo miglior amico gli arrivavano ovattate alle orecchie mentre manteva lo sguardo fisso davanti a sé: le porte dell'ascensore si mossero, e proprio nel breve istante prima di chiudersi, Damian li vide.

Due occhi vuoti e rossi come il sangue che lo scrutavano e racchiudevano in sé uno sguardo vittorioso e compiaciuto.

Non seppe dire se fosse stata un'allucinazione a causa dei suoi strani sintomi o altro, ma di una cosa era più che certo: non avrebbe mai più scordato quello sguardo cremisi che sembrava volerlo divorare, deciso a non lasciarlo andare fino a che la vita non avesse abbandonato il suo corpo.

~~~

-Agenti, aggiornatemi!- tuonò il signor Peterson da dietro la scrivania d'ebano, una volta che Andrea e Damian ebbero varcato la soglia del suo ufficio: accanto a lui vi era Silas, in piedi e composto, che osservava la situazione e ascoltava.

Rimasero in piedi, e raccontarono al loro capo l'interrogatorio avvenuto con Killian Gauthier, ex fidanzato della vittima.

Il signor Peterson, un uomo di mezza età, alto e robusto annuiva sommessamente.
-Ok e adesso? Come vi muoverete?- chiese.

-Questa sera abbiamo intenzione di andare al Whiskys and Beers Pub, situato vicino alla zona industriale nei pressi del porto-rispose Damian.

Andrea proseguì la spiegazione -Andiamo ad interrogare il barista, un certo...- prese dalla tasca posteriore dei pantaloni il proprio taccuino e ne sfogliò i fogliettini alla ricerca del nome.

Damian roteò gli occhi a quell'azione, poiché trovava assurdo che si fosse davvero scordato il nome del ragazzo che dovevano interrogare.
-Ah, ecco! Si, il barista è Weston Bouchard!- esclamò.

Il signor Peterson si massaggiò nervosamente il ponte del naso.
-E cosa diavolo fate ancora qui?- chiese, la voce ridotta quasi ad un sussurro esasperato.

Damian prese parola -Nulla, signore. Volevamo solo informarla. Io e il signor Davis cercheremmo altre informazioni riguardo al barista sui nostri database, poi ci muoveremo di conseguenza. Ora, se vogliate scusarci...- disse, afferrando il braccio del proprio collega e tirandoselo dietro mentre avanzava verso la porta dell'ufficio per uscirne.

-Aspetti, Williams!- tuonò il loro capo- voglio darvi un piccolo aiuto-

Andrea e Damian si voltarono: un espressione confusa apparve sui loro visi.

-Aiuto?- chiese Damian.

-Esattamente. Vedete, il signor Silas Morgen qui presente è un ottimo investigatore, oltre che un mio conoscente di vecchia data. L'ho fatto chiamare appositamente da Londra per aiutarmi, in veste di collaboratore dell'FBI, con le indagini. Vorrei che venisse con voi- annunciò perentorio Peterson, indicando con un lieve cenno del capo l'uomo accanto a sé.

Andrea, confuso per un istante, inarcò un sopracciglio, ma poi annuì entusiasta della cosa -Ah, bene! Una mano in più ci farà comodo! Vero, Dam?- esclamò, dando una leggera gomitata al fianco del suo collega.

Damian si accigliò, ma non si scompose più di tanto: si limitò a scuotere le spalle con fare indifferente e annuire.
-Già, per me è okay- assentì.

Un sorriso compiaciuto si fece strada nel volto del loro capo.
-Grandioso!- esclamò Peterson-Ora potete pure andare. Discuto di alcune ultime faccende con il signor Morgen e poi lo mando giù al vostro piano.- disse infine, congedando i due agenti con un cenno in della mano.

Damian e Andrea uscirono dall'ufficio del loro capo e si diressero all'ascensore per tornare al piano inferiore: una volta dentro Andrea schiacciò il bottone che indicava il primo piano.

-Sarà una serata pazzesca, Dam! Morgen sarà con noi, capisci? Un pezzo grosso!- esclamò entusiasta, dandogli una pacca sulla schiena.

Damian, per tutta risposta gli rifilò un'occhiataccia, che però Andrea ignorò bellamente.
-Già,sarà proprio una grande serata- affermò sommessamente, volgendo lo sguardo davanti a sé sulle porte dell'ascensore, che in quell'instante si aprirono: i due agenti avanzarono ed uscirono dalla cabina, diretti al loro ufficio per mettersi al lavoro in attesa che il collaboratore Morgen li raggiungesse.

~~~

Silas aveva appena finito di discutere con il signor Peterson e si era chiuso dietro di sé la porta dell'ufficio: ora si stava dirigendo verso l'ascensore con passo tranquillo.

Ciò che il capo di Damian e Andrea aveva detto loro era vero poiché, nel corso dei secoli, aveva fatto svariati lavori quando aveva voglia di addentrarsi nel mondo e di non rimanere nascosto nell'ombra: uno di questi era stato l'investigatore privato.

Era stato così che aveva conosciuto il signor Edgar Peterson, anch'egli investigatore: all'epoca—intorno agli anni '90 del 1900– l'uomo aveva poco più di trent'anni e, seppur Silas non ne avesse alcuna intenzione, avevano comunque finito per instaurare un rapporto di fiducia reciproca.

Non erano amici, quello no; ma comunque erano stati ottimi colleghi.

Peterson, che andava oramai per la sessantina, ancora scherzava con lui dicendo di non trovarlo invecchiato di una virgola: Silas era scaltro quando si trattava di cose come queste, utilizzava la malia—uno dei suoi poteri da vampiro—per confondere la sua mente e non farlo corrucciare troppo sulla faccenda, liquidandola come se fosse qualcosa di irrilevante.

Entrò nell'ascensore e si guardò allo specchio: il suo aspetto era sempre elegante ed etereo, i lineamenti del suo volto erano fini, in netto contrasto con la durezza che la trasformazione in demone della notte conferiva loro.

Si massaggiò i lati della mascella con l'indice e il pollice, poi schiuse leggermente le labbra: i suoi canini, ora allungati, fecero capolino nella sua bocca.

Le zanne scattarono: affilate, perfette e mortali.

Le toccò piano con la punta della lingua, come una lieve carezza, mentre i suoi occhi ambrati diventavano cremisi: eccolo, il demone, il predatore, l'incubo.

Osservò la figura del mostro davanti a sé, ghignante e compiaciuto: gli piaceva essere ciò che era, in fondo, era stato proprio lui a volerlo secoli addietro, dunque perché avrebbe dovuto rammaricarsene?

Le porte dell'ascenscore si aprirono e Silas si voltò per uscire: gli occhi rossi erano scomparsi e con essi anche i canini.

Il mostro aveva lasciato posto all'umano, mentre avanzava con passo sicuro verso l'ufficio dei due agenti.

Aprì la porta senza neanche bussare ed entrò: Davis e Williams erano intenti a cercare informazioni davanti al computer, così concentrati su ciò che facevano da non averlo percepito.

Silas si sedette sul bordo di una scrivania vuota posta dietro di loro e si guardò intorno:tossicchiò con nonchalance, facendo sobbalzare i due agenti che si voltarono verso di lui con un'espressione confusa, quasi spaventata, segno che davvero non lo avevano proprio sentito entrare.

Sul volto del vampiro si formò un ghigno divertito e, mentre li salutava con un cenno del capo, capì che quella sera si sarebbe divertito un mondo.

~~~

Dopo che i due agenti assieme al collaboratore  ebbero finito di cercare le informazioni necessarie riguardanti il barista Weston Bouchard, uscirono dalla centrale.

La pioggia leggera di quella mattina, ora che era pomeriggio inoltrato, scendeva forte e picchiettava ininterrottamente sull'asfalto : era talmente inarrestabile che i tre uomini dovettero fare una corsa dall'uscita della centrale fino al taxi che avevano chiamato in precedenza, e che ora si trovava poco distante da loro.

Aprirono la portiera ed entrarono con velocità ed irruenza nell'abitacolo: dopo un attimo di assestamento, passandosi le mani sui cappotti bagnati e sistemando gli ombrelli vicino alle loro gambe, Damian disse l'indirizzo del Pub al tassista che annuì e partì.

-Che diamine! Detesto la pioggia, cazzo- imprecò Andrea, che si trovava alla sinistra di Damian; alla sua destra, invece, c'era Silas, il cui sguardo era perso ad osservare fuori dal finestrino.

Damian si passò una mano tra i capelli bagnati per frizionarli: alcuni rivoli d'acqua scesero sulla sua fronte e un forte odore di bagnato invase le narici di Silas che si voltò verso l'agente.

-A me piace- disse, monocorde, continuando a guardare Damian, il cui sguardo era finito per posarsi inevitabilmente sulle iridi ambrate dell'altro nel momento stesso in cui si era sentito osservato.

-Cosa?- chiese Andrea, impegnato a scorrere alcuni messaggi sul cellulare.

-La pioggia- affermò Silas, continuando a tenere lo sguardo incatenato a quello dell'agente.

Damian percepì un brivido freddo percorrergli la colonna vertebrale: si sentiva scoperto, arrendevole, come se il solo sguardo del collaboratore accanto a sé riuscisse a intimidirlo.

Si morse forte il labbro inferiore, lasciando i segni degli incisivi su di esso, e si impose di interrompere quello strano scambio di sguardi: si mise ad osservare distrattamente il cruscotto del taxi, ma poco dopo notò, con la coda dell'occhio, che Silas aveva fatto lo stesso, volgendo il proprio di nuovo fuori dal finestrino.

Sarebbe stata una serata stranissima, e che non avrebbe portato a nulla di buono: poteva percepirlo fin dentro le ossa che sarebbe accaduto qualcosa.
Ma non aveva lontanamente idea di cosa potesse essere.

~~~

I tre uomini arrivarono al Pub, scesero dal taxi e dopo aver pagato si avviarono verso l'entrata del locale.

La zona in cui era ubicato l'edificio non era delle migliori: spesso la zona industriale, situata vicino al porto, era il luogo perfetto per compiere qualche azione illegale, che fosse spaccio o prostituzione.

L'insegna Whiskys and Beers Pub lampeggiava a scatti sopra le loro teste: aprirono la porta in legno dall'aria malmessa, con la vernice nera scheggiata in più punti, che emise un suono stridulo quando fu spalancata del tutto, permettendo ai tre agenti di entrare all'interno del locale.

Una volta dentro, alcuni dei presenti si girarono a guardarli ma la loro attenzione scemò quasi subito: chi era impegnato a giocare a biliardo, chi a poker o semplicemente a scolarsi l'ultima birra.

L'illuminazione era pressoché nulla, e i lampioni datati sopra le loro teste emanavano una luce soffusa che non permetteva una buona visione del locale.

Scrutarono ogni volto presente, confrontandolo con quello di Buchard —presente nel cellulare di Andrea— e cercandolo tra la folla.

-Eccolo, laggiù- disse Silas, avendo notato il barista in fondo al bancone intendo a lavare alcuni bicchieri: di fianco a lui vi erano un paio di suoi colleghi che coprivano la sua vista, ed era per quel motivo che gli altri due agenti non lo avevano notato.

-Grande, amico! Ottima vista!- esclamò Andrea, anche con troppa enfasi, avvicinandosi a Silas e dandogli un'amichevole pacca sulla spalla.

Questi ringhiò infastidito dentro di sé: odiava l'atteggiamento amichevole di quell'agente, e si complimentava mentalmente per aver scelto Damian e non lui.

-Bando alle ciance, muoviamoci- esclamò Damian, avanzando con larghe falcate verso il bancone: Andrea e Silas lo seguirono.

Ora sì che ci sarà da divertirsi, pensò il vampiro, guardando la figura di Damian, spavalda e sicura di sé, avanzare velocemente fino a trovarsi davanti al loro sospettato.

-Weston Buchard?- chiese Damian con voce ferma.

Il barista, un ragazzo smunto e dinoccolato, dai corti capelli biondi e occhi azzurri, alzò il capo in loro direzione -Sì? Chi mi cerca?-

-Siamo dell'FBI. Agente Williams. Loro sono Davis e Morgen- rispose, indicando con il cenno del capo Andrea e Silas.

Weston sbarrò gli occhi mentre la paura lo immobilizzava e l'ansia lo attanagliava.

Silas lo poteva percepire perfettamente: riconosceva una preda braccata e terrorizzata quando la vedeva.

Un sottile ghigno compiaciuto gli attraversò le labbra carnose per un istante: lo riempiva di orgoglio vedere come Damian calzasse perfettamente il ruolo di predatore.

E dire che non era ancora completo.

Quando lo diverrai, mio Damian, tutto ti sarà chiaro, pensò il vampiro osservando attentamente l'interrogatorio che stava avvenendo davanti a lui.

Si, si sarebbe gustato quel momento dall'inizio fino alla fine, ne era più che certo.


NOTE AUTRICE:

Salve a tutti!

Ecco un nuovo capitolo!

Ringrazio come di consuetudine la mia cara amica e beta-reader Schwertmaid per l'aiuto con la correzione del capitolo e sistemazione di alcune frasi!
Senza il tuo prezioso aiuto penso che non potrei farcela, davvero💙
Grazie di cuore 💙

Spero che voi stiate bene, io cerco di fare come posso anche se la situazione sta migliorando!
L'ansia per l'intervento che dovrò affrontare sale, ma cerco di non farmi prendere dall'agitazione xD

Volevo avvisare anche gli autori con la quale sto facendo una sorta di "scambio di lettura":
GiuliaLetizia
Cocco_co
Checca_B
Volevo dirvi che sto leggendo anch'io—come voi la mia—le vostre storie procedendo per un capitolo al giorno poiché le vostre storie contengono più capitoli rispetto alla mia, e per via della salute e problemi vari mi trovo meglio così ma non preoccupatevi, vi leggo sempre e adoro ogni singolo capitolo sempre di più ♥️ ci tenevo ad informarvi per correttezza e rispetto♥️

Ad ogni modo gente, spero che il capitolo vi piaccia!

Per qualsiasi cosa non esitate a contattarmi!

Un abbraccio,

BlueIrys!

Questa storia partecipa al Fantaromattys Contest ideato e organizzato da Allen_Ligios  e black_bourbon87

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