Capitolo 7

Dopo quel loro incontro al bar, sembrava che tutto stesse tornando lentamente alla normalità.

Damian, la mattina seguente, si svegliò e non si era mai sentito più bene come in quel momento: una volta fuori dal letto si stiracchiò per togliersi di dosso il torpore delle lenzuola e si avviò verso il bagno per farsi una doccia e poi prepararsi per andare al lavoro.

La chiacchierata con Andrea aveva avuto i suoi frutti: oltre ad aver chiarito gli screzi che ultimamente c'erano stati tra di loro, avevano stilato un piano d'azione per proseguire al meglio le indagini.

Dato che ora avevano più o meno un'idea del profilo psicologico del killer—seppur non fosse ancora confermata—quella mattina si sarebbero recati dal loro capo, il signor Peterson, per fare rapporto sugli ultimi sviluppi del caso.

Era più una formalità, che altro: il loro obbiettivo era quello di interrogare l'ex ragazzo di Victoria, Killian Gauthier, di cui non aveva solo il nome ma anche l'indirizzo della sua abitazione trovato grazie al sito dell'FBI.

Andrea si era complimentato con lui per il buon lavoro svolto ed entrambi erano entusiasti di riprendere ad investigare insieme.

Tutto stava andando bene e si sentiva davvero carico per affrontare la giornata.

Una volta che si fu vestito uscì di casa e si affrettò a raggiungere la metropolitana, ed una volta dentro al mezzo di trasposto, inviò un messaggio ad Andrea.

-Ehi Andry, sei già arrivato oppure ci vediamo al bar vicino l'ufficio per un caffè?-

La risposta non tardò ad arrivare.
-Ehi Dam! Nah, vediamoci in ufficio, la mia cazzo di lavatrice ha deciso di rompersi sta notte e sto cercando dei vestiti decenti da mettermi! Aspettami direttamente in centrale!-

Un leggero sorriso incurvò le labbra di Damian, che ridacchiò sommessamente alla lettura di quel messaggio.

Povero Andrea, per lui avere a che fare con gli elettrodomestici equivale ad una tortura, rifletté tra sé e sé, pensando a quanto il suo migliore amico detestasse fare le faccende di casa e l'unico motivo per il quale le eseguiva era per non ritrovarsi la casa immersa dai vestiti e piatti sporchi, altrimenti non avrebbe avuto alcun problema a lasciare la casa sempre a soqquadro.

Una volta sceso dalla metro e arrivato in centrale, salutò la segretaria all'entrata e poi si avviò con passo tranquillo verso l'ufficio che condivideva con Andrea: aprì la porta, posò il cappotto sull'appendi abiti, si sedette composto sulla sua poltrona girevole e attese.

Si prese quel lasso di tempo per riflettere sugli avvenimenti degli ultimi quindici giorni, da quando sentiva quegli strani sintomi, il caso e le indagini che sembravano ad un punto morto, quel giorno nel quale aveva aggredito Andrea —il solo pensiero gli provocava una stretta dolorosa al cuore— e anche a ciò che percepiva ora.

Avvertiva dentro di sé una sensazione di tranquillità che non aveva mai provato prima, si sentiva rilassato ma al tempo stesso pieno di energie: questa calma apparente, in realtà, lo inquietava un po' ma decise comunque di godersi questa ritrovata energia così come era arrivata e di non preoccuparsene.

Damian era talmente perso nei suoi pensieri, che non percepì neanche la camminata pesante e frettolosa di Andrea che irrompeva nell'edificio e nel suo ufficio, portandolo a sussultare quando la figura del suo migliore amico si presentò nel suo campo visivo.

-Ehi Andry!- lo salutò con voce tremula, alzandosi dalla poltrona per dargli una pacca sulla spalla.

Andrea corrucciò il viso, poiché non era da Damian ricercare un contatto umano, figuriamoci dare pacche amichevoli sulle spalle.

-Dam, amico, sicuro di stare bene?- gli chiese con un tono di voce che a Damian suonò un po' troppo squillante nelle orecchie.

-Certo che sto bene, ero solo sovrappensiero!- rispose, per poi tornare seduto sulla poltrona e aprire il portatile sotto lo sguardo curioso e indagatorio di Andrea, a cui lo strano atteggiamento dell'amico sembrava parecchio inusuale.

Dopo che Damian ebbe inserito la password e fu entrato nel sistema, la sua attenzione si spostò su un'altra faccenda: l'indirizzo di casa dell'ex fidanzato della vittima, che Damian gli mostrò dal monitor del portatile.

La faccenda degli strani atteggiamenti del suo amico l'avrebbe ripresa più tardi; ora avevano un sospettato da interrogare.

-Dai amico, muoviamoci e vediamo di far crollare questo stronzetto- gli propose Damian con un ghignetto divertito ad incurvargli le labbra.

Andrea annuì e si umettò le labbra: rifletté che, in fin dei conti, il nuovo atteggiamento di Damian non era così male come pensava.

Anzi, gli piaceva vedere il suo amico più rilassato.

Dunque, non avrebbe indagato oltre, per il momento, e si sarebbe goduto l'interrogatorio che avrebbero fatto al povero ex fidanzato della vittima, perché una cosa era certa : nulla batteva gli interrogatori di Damian.

E Andrea si sarebbe goduto la vista del suo collega in azione fino all'ultimo istante.

~~~

Entrambi uscirono dal loro ufficio con passo svelto, e per far prima chiamarono un taxi.

Damian sentiva l'adrenalina pulsare nelle sue vene, si sentiva come un predatore che avanzava con passo felpato verso la sua preda, braccandola e privandola di ogni via di fuga, pregustandosi la vittoria che precede l'attimo prima di sbranarla.

Non vedeva l'ora di arrivare dal sospettato ed estrapolare più informazioni che poteva: una cosa era certa, Killian Gauthier non averebbe avuto scampo.

Durante il tragitto in taxi per raggiungere l'appartamento del sospettato, Andrea non mancava di osservare di sottecchi il profilo di Damian.

Percepiva nell"amico qualcosa di diverso, seppur non sapeva darsi una spiegazione a riguardo, e anche se si era ripromesso di riprendere la questione in un secondo momento ponendo delle domande al diretto interessato, non poteva far a meno di rimuginarci sopra.

Il flusso dei suoi pensieri fu interrotto dal suono dell'arrivo di un messaggio sul suo cellulare.

Lo sfilò dalla tasca e rimase stupito dal mittente del messaggio.
-Ehi splendore, che ne dici di una cenetta io e te, stasera, per poi passare al dessert a casa tua? ;) Baci, Ashton-

Merda, merda e ancora merda.

E ora cosa cazzo faccio?

Oh Ashton, porca puttana! Ma tu proprio adesso dovevi scrivermi?

Imprecò mentalmente tra sé e sé, mentre digitava velocemente sulla tastiera del telefono una risposta e una scusa plausibile da rifilare ad Ashton.

Dopo aver riletto il messaggio, lo inviò.

-Ciao Ashton! Grazie tante per l'allettante proposta ma questa sera lavoro all'indagine, e in questi giorni sarò molto impegnato con il caso. Ti scrivo io-

Ripose poi il telefono nella tasca del pantalone e tornò a posare il suo sguardo fuori dal finestrino.

Certo che sono proprio un coglione, sto rifiutato una scopata assicurata per passare più tempo con Damian.
Devo decisamente smetterla di essere così deficiente e impulsivo quando si tratta di lui, rifletté tra sé e sé, fino a che il taxi non si fermò e Damian si voltò in sua direzione con un ghignetto divertito stampato in volto.

-Pronto Andry? Andiamo a spremere le meningi del nostro amichetto- affermò poco prima di pagare il tassista e aprire poi la portiera della vettura, seguito da Andrea.

Una volta scesi dal taxi, entrambi gli agenti si trovarono di fronte ad un edificio dall'aria malmessa e diroccata.

Le pareti presentavano pezzi di intonaco mancanti e in alcuni punti, graffiti di dubbio gusto fatti con la bomboletta, realizzati creati da qualche vandalo del quartiere.

-Beh, dobbiamo dedurre che Killian non se la passi bene- disse Damian, mentre avanzavano verso l'entrata del palazzo: una volta all'interno si trovarono difronte ad una scala mal ridotta, con il corrimano arrugginito e alcuni scalini rotti.

Salirono cercando di andare a passo svelto ma stando attenti onde evitare spiacevoli storte o cadute.

Una volta arrivati al secondo piano, proseguirono per un corridoio stretto, ridotto alla stessa maniera dell'intero edificio: i muri erano vecchi e ingialliti dal tempo, pezzi di intonaco erano caduti a terra ed erano stati calpestati più volte, inoltre la finestra presente alla fine del corridoio, oltre ad avere i vetri sporchi e macchiati, presentava uno spiffero da cui passava l'aria esterna, rendendo lo spazio angusto, freddo e umido.

Quando furono davanti alla porta 13B, Andrea bussò forte un paio di volte.

-Chi é?- la domanda, posta dall'uomo all'interno dell'appartamento, risultava ovattata alle orecchie degli agenti a causa della porta che li separava.

-FB...- iniziò Andrea, ma Damian gli tappò tempestivamente la bocca con il palmo della mano sinistra e gli sussurrò all'orecchio un "Shh" per poi prendere la parola.

-Controllo delle tubature, signore. Routine- rispose Damian.

Andrea, a quel gesto di Damian, in un primo momento sentì il sangue nelle vene gelarsi: non aveva ancora scordato quel comportamento violento e insolito che il suo migliore amico aveva avuto qualche giorno addietro.

Ma quella spiacevole sensazione fu sostituita da un brivido che gli attraversò il corpo, scuotendolo nel profondo.

Quando la mano di Damian si allontanò dal viso di Andrea, quest'ultimo espirò pesantemente: le forti emozioni scaturite da quel gesto, stavano diventando difficili da contenere e temette di poter cedere da un momento all'altro, e questo lo spaventava.

Damian si voltò verso Andrea e le sue iridi verdi si incastrarono in quelle blu dell'amico: si percepiva una strana elettricità nell'aria, ma era così reale da sembrare tangibile.

Oltre ai passi che si avvicinavano alla porta, si potevano udire i respiri pesanti dei due agenti, i quali continuavano quello strano scambio di sguardi.

Il rumore dei chiavistelli della porta che venivano aperti, quasi li fece sobbalzare: Damian, che fino ad allora aveva tenuto la mano premuta sulla bocca dell'amico, la ritrasse come se fosse stato scottato, tossicchiarono nervosamente e i loro sguardi si spostarono velocemente verso la copertura incrostata della porta che stava venendo aperta in quell'istante.

-Certo che proprio oggi dovevate venire a rompere il cazzo eh voi-

Una voce gracchiante e roca rimbombò nel piccolo corridoio e la figura di un ragazzo poco più che ventenne fece capolino da dietro la porta.

I due agenti scrutarono un attimo la figura di Killian davanti a loro: era un ragazzo alto, corporatura media, con indosso una tuta vecchia e malmessa, capelli neri e corti, occhi castani e una sigaretta stretta tra le sottili labbra.

-Prego, entrate- disse, con il medesimo tono di voce.

-Lei è il signor Killian Gauthier?- chiese, Andrea, monocorde.

-Certo che sono io amico, chi cazzo dovrei essere altrimenti?- gracchiò il ragazzo.

Damian e Andrea si scambiarono un'occhiata fugace ed entrambi tirarono fuori i loro distintivi.

-Siamo dell' FBI. Abbiamo alcune domande da farle a proposito dell'omicidio di Victoria Reyes- disse Damian con voce ferma e decisa.

Killian, a sentire quel nome, sbarró gli occhi; la sigaretta, che aveva sfilato dalla bocca e che penzolava tra le sue dita magre e ossute, cadde a terra.

-Vicky...- sussurrò, e il suo sguardo si fece ancora più vuoto di quanto già non fosse, spostando le sue iridi castane dagli agenti al pavimento.
Killian si spostò di lato e fece entrare i due agenti.

L'appartamento che si trovarono davanti era un monolocale angusto e sporco: la moquette presentava delle macchie di umidità.

L'aria stantia che si respirava, un misto di fumo e odore di fritto, portò Damian a tossicchiare: sentiva quegli odori in maniera forte e persistente, così tanto che sentiva che da un momento all'altro gli sarebbe venuto un terribile mal di testa.

La porta si chiuse e Killian si andò a sedere su un divano, posto poco distante dalla porta, che presentava dei buchi da cui fuoriusciva l'imbottitura.

-Volete qualcosa da bere, o da mangiare?- chiese il ragazzo, ma ai due agenti bastò un'occhiata veloce al cucinino dall'aria malmessa e arrugginita, per declinare l'offerta.

-No, grazie.- disse Andrea, poi tirò fuori il suo taccuino e la penna dalla tasca interna del suo giubbotto con l'intento di prendere appunti, si schiarì la voce e iniziò a fare qualche domanda di routine.

Gli chiese da quanto tempo conosceva la vittima, da quanto stavano insieme, quand'era stata l'ultima volta che l'aveva vista e che tipo di relazione intrattenevano.

Killian rispondeva con tono incerto e balbettante, si accendeva e fumava una sigaretta dietro l'altra, con fare frettoloso e frenetico; si alzava dal divano, per poi tornare seduto poco dopo, si mangiucchiava le unghie e si passava le mani tremolanti tra i capelli.

Era teso come una corda di violino, e le sue risposte piatte, incerte e confuse, non portavano a nulla, e ciò fece innervosire Damian all'inverosimile.

-Ora, basta. Hai finito di prenderci per i fondelli o no, Killian?- esclamò Damian, alzando il tono della voce e accucciandosi a terra in modo tale da trovarsi alla stessa altezza del volto del ragazzo.

Le iridi castane di Killian si posarono titubanti su quelle verdi e decise di Damian, che lo squadrava da capo a piedi.

-N-No...Io...- iniziò il ragazzo ma Damian si schiarì forte la voce, interrompendo il suo discorso.

-Non te lo chiederò di nuovo, Killian. Dacci delle informazioni decenti, oppure possiamo portarti dentro per...vediamo, oltre ad omicidio, anche spaccio e possesso di droga, che dici? Credi che non mi sia accorto dell'odore di erba e delle strisce di cocaina che hai cercato di pulire alla bell'e meglio sopra questo lurido tavolino?- proferì, indicando con un cenno della testa il piccolo tavolinetto in legno posto poco distante da loro, vicino al divano.

Andrea guardò stupito la scena, e si avvicinò al tavolino che il suo collega aveva indicato e cerco di acuire la vista più che poté: solo quando si fu avvicinato abbastanza alla superficie del tavolino notò che effettivamente erano presenti residui di cocaina.

Inspirò più a fondo l'aria pesante che si respirava all'interno dell'appartamento, e fece caso al fatto che l'odore di erba era presente, sebbene per sentirlo bisognasse davvero prestarci attenzione.

Il suo sguardo tornò al suo migliore amico, e lo osservò attentamente, mentre si domandava come diavolo avesse fatto a notare quei piccoli dettagli senza porvi abbastanza attenzione come aveva fatto lui.

Andrea si perse tra i suoi pensieri per un attimo, ma l'interrogatorio che Damian stava facendo, lo riportò alla realtà.

La voce squillante di Damian irruppe prepotentemente nelle sue orecchie, assieme a quella tremolante e incerta di Killian che rispondeva alla raffica di domande che l'agente gli poneva.

-N-No! M-ma che omicidio! Io non ho uccido Vicky! I-io l'amavo!- rispose Killian cercando di darsi un contegno e di non balbettare.

-Non dirmi balle, Killian! Tu non la amavi, tu ti servivi di lei per spacciare la tua droga del cazzo e siccome gli affari non andavano come volevi tu, hai deciso di ucciderla! Solo per lo spaccio di questa merda di droga, lei è morta, ed è stata tutta colpa tua!- proseguì, Damian, alzando di più la voce portando Killian ad arcuarsi su se stesso e a nascondere la testa tra le braccia, afferrando la testa tra le mani e mugugnando parole sconnesse con voce piagnucolante.

-N-no...non è vero! Io spacciavo droga, è vero, ma non l-le avrei mai fatto del male! Lo giuro!- esclamò, disperato, Killian i cui occhi stavano diventando rossi e gonfi per le lacrime trattenute.

-Non ti credo. Alzati Killian, ti dichiaro colpevole dell'omicidio di Victoria Reyes- annunciò Damian, afferrando con forza il polso del ragazzo che però, cercò di ritrarsi dalla sua presa, dimenandosi e invocando pietà.

-No! No! No! As-Aspetti a-agente! La prego, no! H-ho...Ho un nome! I-io... C-c'è un u-uomo...- iniziò, e Damian gli lasciò il polso sbuffando, mentre un ghigno di vittoria comparve sulle sue labbra, invitando il ragazzo a proseguire.

-Che uomo? Non ho tutto il giorno Killian, e posso anche cambiare idea e sbatterti dentro comunque- gli disse, e il ragazzo di fronte a lui si trovò di nuovo a piagnucolare e balbettare.

-S-sì, ora glielo dico... E-ecco, si chiama Weston Bouchard... L-lavora come barista in un bar...L-lui era fissato con Vicky, non capiva come lei volesse stare con uno sfigato come me... Io gli davo la roba. È così che ci siamo conosciuti- spiegò frettolosamente Killian, sperando che quella tortura fosse giunta alla fine.
Damian stava per ribadire, quando Andrea gli posò la mano sulla spalla in una muta richiesta di lasciargli la parola.

-Quale bar?- chiese monocorde, ma più calmo rispetto al suo amico.

-Il Whiskys and Beers Pub, si trova vicino alla zona industriale, n-nei pressi d-del porto... non è molto lontano da qui- rispose il ragazzo, continuando a volgere lo sguardo al pavimento.

Raramente lo alzava e lo posava sui due agenti che torreggiavano sopra di lui.

Andrea segnò sul taccuino il nome del barista, del pub e della zona dove fosse situato, per poi avvicinarsi a Damian e dirgli che poteva bastare così, avevano ciò che cercavano.
Damian sbuffó, infastidito.

-Sicuro, Andry? Potrei farlo parlare ancora- disse, facendo scrocchiare le dita delle mani, e mandando Killian a iperventilazione.

-Dam, amico, abbiamo tutto, davvero. Lasciamolo perdere- insistette Andrea, e l'amico scrollò le spalle in risposta.

-Come vuoi. Beh, Killian è stato un vero piacere! Alla prossima!- esclamò, Damian, con tono divertito e un ghigno perfido sul volto.

Andrea salutò con un cenno del capo il ragazzo, che rimase seduto e rispose al saluto dell'agente con un flebile "ciao".

Quando i due agenti si richiusero la porta alle spalle, sobbalzò per il forte tonfo: era terrorizzato e si augurò vivamente di non rivederli mai più.

~~~

Damian e Andrea scesero le scale velocemente, e una volta fuori dall'edificio telefonarono ad un taxi per farsi riportare in centrale.

Damian scuoteva la testa e ridacchiava tra sé e sé pensando a come avesse ridotto quel ragazzo, mentre Andrea lo osservava di sottecchi, ritrovandosi a sorridere a sua volta: Damian era fatto così, quando interrogava qualcuno, se non lo terrorizzava, non era contento.

E a proposito di interrogatori, gli tornò in mente il dettaglio dei residui di cocaina che Damian era riuscito ad individuare sopra la superficie di quel tavolinetto in legno decisamente mal ridotto: doveva prendersi un momento per fare due chiacchiere con lui.

Tra l'atteggiamento di quella mattina in centrale, e questo, ci doveva essere qualcosa che non tornava.

-Senti, Dam, visto che stasera avremo del gran bel lavoro da svolgere, che ne dici se andiamo a casa mia, ci mangiano una pizza e facciamo tutto con calma, invece che tornare in centrale?- chiese, ostentando calma e sicurezza.

Damian, che stava scorrendo tra le notifiche del suo cellulare, si voltò verso l'amico.

-Si, certo, perché no! Ci rilasseremo e staremo tranquilli- esclamò con un'alzata di spalle.

Andrea gli sorrise in risposta.

Pochi istanti dopo, arrivò il taxi che avevano chiamato ed entrambi salirono a bordo.

Andrea disse l'indirizzo del suo appartamento al tassista, che annuì e si immerse nel traffico cittadino.

Sarebbe stata una lunghissima serata, Andrea ne era più che certo.

Arrivati all'edificio dove era ubicato l'appartamento di Andrea, scesero dal taxi, Damian pagò per entrambi, e poi si diressero all'interno del condominio: Andrea abitava al quinto piano, dunque presero l'ascensore.

Il condominio dove viveva Andrea era ben equilibrato in quanto ad arredi: le pareti erano color ebano, lisce e lucide, mentre il pavimento presentava delle piastrelle quadrate e bianche, profilate d'oro.

Damian non perse occasione per prendere in giro Andrea, che era di famiglia benestante e dunque i soldi non erano mai stati un problema per lui, anche se non era uno a cui piaceva ostentare.

-Ancora mi domando come posso stupirmi di tutta questa eleganza ogni volta che metto piede qui dentro- esclamò Damian, mentre entravano nell'elegante ascensore in legno scuro.
Andrea ridacchiò.

-Questo è perché ogni volta che sei venuto a casa mia, eri talmente ubriaco che non riuscivi neanche a reggerti in piedi- lo prese in giro bonariamentee, mentre le porte dell'ascensore si aprivano, rivelando un lungo corridoio dall'aria elegante.
Damian spintonò Andrea fuori dall'ascensore.

-Ma smettila coglione, muoviamoci ad entrare a casa che voglio ordinare la pizza! Ho fame! Sai, l'interrogatorio mi ha tolto parecchie energie!- esclamò, e l'amico rise, mentre camminavano diretti all'appartamento.

Una volta arrivati davanti alla porta, Andrea inserì la chiave, girò la serratura ed entrarono: dopo che le luci vennero accese, si presentò di fronte a Damian un appartamento elegante e ben arredato, con un open space che collegava salotto e cucina, dove l'unico divisorio era un ripiano ad isola, e un corto corridoio che portava al bagno e alla stanza adiacente, ovvero la camera da letto.
Andrea passò delle pantofole a Damian, che lo guardò un po' stranito.

-Non vorrai graffiarmi il parquet- spiegò sarcastico, mentre si toglieva le sue sneakers nere.

Damian roteò gli occhi e ridacchiò a quell'affermazione, ma fece come gli era stato detto e si tolse anche lui le scarpe.

-Mettiti comodo e fa come se fossi a casa tua. Poggia pure il cappotto dove ti pare, in frigo c'è birra e vino quindi prendi quello che preferisci. Io vado un attimo al bagno- disse tranquillo, Andrea.

Damian lo ringraziò -Grazie amico, tutto chiaro- e poi si tolse finalmente il cappotto di dosso, poggiandolo sull'appendi abiti posto accanto alla porta d'ingresso, dopodiché si andò a sedere sul divano in pelle in salotto, guardandosi intorno e ricordando solamente sprazzi di quell'appartamento: evidentemente Andrea ha ragione, pensò scuotendo la testa e ridacchiando di sé stesso.

Intanto, Andrea, era chiuso nel bagno e cercava di calmarsi: era poggiato con gli avambracci sul bordo del lavabo e osservava la sua figura riflessa nello specchio, il volto dall'aria stanca e i capelli che avevano preso una piega strana e gli ricadevano scomposti sulle spalle.

Aprì l'acqua e mise le mani a coppa, portandosela così al viso per darsi una svegliata: poi si passò le mani umide sui capelli, giusto per sistemarli un attimo.

Il suo sguardo, poi, si spostò sulla porta e realizzò che al di là di essa c'era Damian: il suo cuore iniziò a battere forte, le mani si fecero sudate e il respiro pesante.

Puoi farcela Andrea, cosa potrà mai succedere?

Sospirò e poi si decise ad aprire la porta e raggiungere Damian.

Rimasero seduti sul divano a chiacchierare del più e del meno, dopo aver chiamato una pizzeria della zona per ordinare un paio di pizze: dopo una ventina di minuti, il fattorino arrivò e consegnò la loro cena.

Non parlarono molto durante la cena, impegnati a godersi le pizze, ma ebbero modo di rifarsi dopo: si sedettero sul divano e tra una birra e un'altra parlarono delle indagini, del killer e dell'interrogatorio che si era svolto quella mattina e rubandogli gran parte della mattinata e del pomeriggio.

-Certo che sei stato proprio uno stronzo con quel ragazzo- esclamò Andrea prendendo un sorso dalla sua birra.

Damian annuì e ghignò divertito.
-Beh lo sai Andry, ogni tanto sono un po' sadico- disse, incastrando lo sguardo di Andrea con il proprio.

Andrea deglutì e un brivido gli attraversò la spina dorsale.

-Sei sicuro che sia tutto a posto, Dam? Oggi ti sei comportato in modo strano...intendo, come hai fatto a notare quel residuo di cocaina sopra que tavolino? Io mi sono dovuto avvicinare parecchio alla superficie, per notarlo- chiese Andrea riprendendo il controllo della situazione, o quantomeno, provandoci.

Damian scrollò le spalle, continuando a bere la sua birra.

-Non so dirti Andry, ho spostato lo sguardo e l'ho notato subito, magari ero solo più attento- disse con sufficienza.

Andrea non era convinto per nulla, ma decise di non insistere e proseguire la serata in tranquillità.
Iniziarono a spostare l'argomento dalle indagini a ricordi piacevoli che avevano insieme.

Risero tanto e si punzecchiarono parecchio, spintonandosi giocosamente a vicenda e lanciandosi insulti di ogni tipo.

Poi, il silenzio.

I loro sguardi si incrociarono e si incatenarono per l'ennesima volta durante quella giornata: l'atmosfera si fece carica di tensione ed elettricità, Damian e Andrea la percepivano in modo tangibile; la pelle d'oca sulle braccia e i brividi che attraversavano i loro corpi ne erano alla prova.

I loro respiri si fecero più pesanti, i loro petti si alzavano e si abbassavano con ritmi frequenti; Andrea si morse forte il labbro mentre Damian si umettò le proprie.

Andrea non riuscì proprio a tenere a freno le sue emozioni, non con tutta quella carica di tensione che si stava creando tra di loro: preso da un impeto di coraggio, si avvicinò rapido al viso di Damian e gli diede un bacio fugace.

Poggiò solamente le sue labbra in modo morbido su quelle di Damian, nulla di più.

Quando si staccò e riaprirì il suo sguardo su Damian, notò che aveva gli occhi sbarrati: stava per alzarsi da quel dannato divano e andarsi a chiudere nel bagno per l'imbarazzo e imprecare come se non ci fosse un domani, quando notò un lampo strano farsi strada tra le iridi di giada dell'amico.

Un istante dopo si trovò le labbra di Damian posate sulle proprie, con la sua lingua che tentava di farsi strada nella sua bocca.

Dopo un tentennamento iniziale, servito più che altro a razionalizzare la situazione, Andrea mandò a fanculo tutto il suo buon senso: si aggrappò alla maglia di Damian e schiude le labbra, lasciando che la lingua dell'altro irrompesse nella sua bocca e si legasse alla sua lingua.

Era un bacio morbido, lento, le loro bocche si muovevano delicatamente, lasciando alle loro lingue il giusto tempo per assaporarsi, ma Andrea rimase stupito ancora una volta dall'atteggiamento di Damian, che cambiò totalmente le carte in tavola.

Il bacio divenne frenetico, bagnato e bisognoso, le labbra si muovevano affamate, le lingue danzavano veloci: Damian afferrò tra i denti il labbro inferiore di Andrea, lo morse fino a che un piccolo rivolo di sangue non fuoriuscì e si apprestò a passarvi la lingua sopra, mugugnando compiaciuto, mentre le sue mani iniziavano a vagare lungo il corpo dell'amico.

Andrea sibilò un attimo da quel gesto, stupito e stranito al tempo stesso, ma più Damian lo toccava, lo baciava e gli tirava ciocche di capelli, più la sua ragione andava a farsi benedire.

Quando le labbra di Damian si staccarono dalle sue e si spostarono al suo orecchio, tracciandone il profilo con la lingua fino al lobo che mordicchiò e succhiò, portandolo a gemere sommessamente, fu la fine per lui.

E ancora non ne aveva idea di cosa sarebbe scaturito da quel gesto.


NOTE AUTRICE:

Salve a tutti!!

Ecco il nuovo capitolo!

Spero che possa piacervi!

Le cose si stanno facendo parecchio interessanti ;) !

Ringrazio ancora di cuore la mia fantastica beta-reader Schwertmaid  per l'aiuto con la revisione del testo e correzioni varie 💙💙

Al prossimo capitolo!

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