Capitolo 13




L'urlo di Damian squarciò il silenzio nel vicolo.

Un ghigno compiaciuto comparve sul volto di Silas, mentre un brivido scosse Andrea da capo a piedi e, preoccupato, si avvicinò al suo collega.
-Ehi, amico, che diavolo ti succede?-

Ma la domanda arrivò ovattata alle orecchie di Damian, che si era preso la testa tra le mani e gemeva di dolore.

Silas, a quel punto, scostò un Andrea piuttosto sbigottito dalla scena e afferrò un polso di Damian.
-Aspettaci qui- disse all'altro, perentorio, per poi portare Damian fuori dal vicoletto.

Lo spinse contro un muro, piantò i palmi delle mani ai lati della sua testa mentre le iridi non abbandonavano mai il viso deformato da un'espressione di dolore e fastidio.
-Ti devi calmare, Damian- gli sussurrò.
Damian emise un suono simile ad un ringhio e, quando aprì gli occhi, puntò le sue iridi verdi e fredde su quelle calde, simili a caramello fuso, di Silas.
-Ma che cazzo vuoi, tu? Lasciami in pace...
Dio, questi dannati denti mi fanno un male del diavolo e la testa non smette di pulsarmi. Per non parlare degli odori. Tutto, qui attorno, è così fottutamente forte. Levati di mezzo, non ho bisogno di te- gli disse, acido, per poi posare le sue mani sul suo petto e facendo per allontanarlo da sé.

Ma Silas fu più rapido, troppo rapido, constatò Damian, e gli afferrò i polsi.
Poi, le sue labbra si distesero in un'espressione trionfante e si passò la lingua tra i denti.
-Damian caro, ma tu hai bisogno di me- gli rispose, con una risata gelida.

Damian gli rispose con un'occhiata torva, mentre dentro di sé sentiva nascere un sentimento totalmente opposto: non era affetto, era qualcosa di più antico e profondo... come del rispetto, quasi reverenziale e al limite dell'adorazione, per colui che aveva di fronte.

E, quando le iridi miele di Silas si trasformarono in rosso sangue, il corpo di Damian cadde in ginocchio, senza che la sua mente, per quanto ci provasse, riuscisse a contrastare quel movimento apparentemente involontario del proprio corpo.

-Cosa cazzo mi hai fatto?- sibilò Damian, con lo sguardo che, da terra, si posò furente sul volto dell'uomo che torreggiava sopra di lui.

-Io? Oh mio Damian, lo scoprirai molto presto- e, detto questo, gli afferrò i capelli con forza e gli sbattè la testa contro il muro: non abbastanza forte da ucciderlo, logico, ma quanto bastava per metterlo K.O.

Dopodiché l, tornò dentro il vicoletto e trovò l'agente Davis chino, intento ad osservare più attentamente il sangue sudicio appiccicato alla parete di mattoni.
-Trovato qualcosa?- chiese, dunque.

Andrea si girò e lo guardò torvo -Damian dov'è finito?- gli chiese.

Silas scosse le spalle -È andato a rinfrescarsi al bagno, in un locale qui accanto. Ci raggiungerà. Intanto proseguiamo noi. Cosa hai trovato?- chiese, con tono piatto.

Andrea però, lo guardò con una luce diversa negli occhi, come se non fosse totalmente convinto della risposta che l'altro gli aveva rifilato.
Si appuntò mentalmente di cercare di capire qualcosa di più riguardo l'agente Morgen, appena ne avesse avuto l'occasione.

Per non destare alcun sospetto, si issò in piedi e si schiarì la gola.
-Nulla, purtroppo. La verità è che l'unica cosa che abbiamo qui, al momento, è questo muro intriso di sangue. Telefono al capo e richiedo la scientifica-annunciò, per poi prelevare lo smartphone dalla tasca dei jeans e cercare il numero del signor Peterson.

La chiamata era appena partita quando Silas, che aveva percepito la sua diffidenza, gli posò una mano sulla base del collo.
-Chiudi la telefonata- sussurrò, mantenendo il contatto visivo.
Le iridi fredde come il ghiaccio di Andrea si spalancarono per un breve istante e poi, come un automa, eseguì l'ordine: chiuse la chiamata, senza neanche sentire la voce del suo capo irrompere dall'altro capo del telefono, e lo rimise nei jeans.

Silas sorrise, malvagio.
-Ora, da bravo, aspettami qui. - mormorò, di nuovo, prima di uscire dal vicoletto e trovarsi poi di fronte a Damian, che si tastava la testa da cui usciva un leggero rivolo di sangue provocato dalla precedente botta.

Gli doleva, sentiva come se gli stesse per scoppiare.
Con i sensi confusi, si sentì sollevare di peso e, poi, venir sbattuto contro una superficie dura, come una parete.

Un sibilo di dolore uscì dalle sue labbra, prima che le sue orecchie fossero deliziate dal suono più soave e invitante che avesse mai sentito.

-Stammi bene a sentire, Damian,e guardami, quando ti parlo- gli sussurrò Silas.

In un attimo, come se non avesse più controllo del proprio corpo, le palpebre dell'agente si sbarrarono, incontrando le iridi ambrate dell'altro.
-Che... diavolo... vuoi- ebbe la forza di controbattere schiudendo appena le palpebre, per poi riabbassarle poco dopo.
Quando lo fece, fu come se miliardi di aghi gli avessero infilzato il corpo, facendolo gemere più forte di dolore.

-Ecco cosa succede quando mi disubbidisci, mio caro Damian- lo schernì l'altro, sogghignando e schiacciandolo ancor di più contro il muro.

-Sei tu, non è vero?- gli chiese l'agente, con voce strozzata.

-Chi? Il serial killer? Oh no, Damian. No affatto. Ma dico io, ti pare? Non potrei mai comportarmi così da stupido. Vedi, i cadaveri delle mie vittime—oltre che ad essere oramai divenuti polvere—non li ho mai lasciati in giro.- gli rispose con il medesimo tono canzonatorio di poco prima.

Inaspettatamente, sul volto dell'agente si formò un sorrisino furbo.
-Ah, ce l'hai fatta,stronzo. Hai ammesso di essere un killer. E, credimi, non ho idea di cosa cazzo tu mi abbia iniettato, quale tipo di droga ma, stanne certo, troverò ogni prova e ti sbatterò dentro la cella sudicia di un carcere- gli disse, con rabbia.

Silas rise di gusto. -Oh Damian, tu non dirai proprio un bel niente. Ne sono certo e, inoltre, per quanto riguarda lo sbattermi dentro ad una cella, credimi, preferisco essere io quello che sbatte, non so se ci intendiamo- gli rispose, continuando a farsi beffe di lui e strattonandogli per l'ultima volta contro il muro, prima di mollare la presa sul suo corpo.

Damian tossì, lo guardò in cagnesco, e poi svoltò l'angolo, trovando il collega Andrea con lo sguardo vacuo, perso a guardare i mattoni sporchi di sangue.
Non appena scorse l'amico con la coda dell'occhio, Andrea trasalì, pur non capendo come mai e né tantomeno da dove provenisse quella paura che sentiva dentro di sé.
-Andry, ciao. Trovato qualcosa?- gli chiese, infatti, l'altro.

Le parole dell'amico, però, lo svegliarono da quella sensazione di trance.

-E-ehi, Dam! Tutto bene?- gli domandò, ignorando completamente le parole dell'altro-Silas mi ha detto che eri andato a rinfrescarti-

Damian si accorse di avere in quel momento, servita in un piatto d'argento, l'opportunità di rivelare al suo amico che tutto ciò che aveva -i sintomi, i dolori e le stranezze ad essi collegate - erano tutte causate dal nuovo consulente alle indagini Silas Morgen; ma, ciononostante, non parlò.

Non seppe perché, sapeva solo che doveva risolvere tutta quella faccenda da solo.

-Sì, tutto a posto, Andry. Ascolta, chiama la scientifica così facciamo controllare questo schifo.- gli rispose, e Andrea fece come gli era stato chiesto, seppur sentisse una strana sensazione di dejavù.

La voce squillante e furiosa di Peterson risuonò anche nel vicolo attraverso l'altoparlante dello smartphone, perforando i timpani di Andrea che fu costretto ad allontanarlo dall'orecchio per non rimetterci l'udito.

Damian, invece, avanzava nella parte più buia e oscura della via.
Inspirò a fondo, a pieni polmoni, come se l'ombra fosse diventata aria e avesse un odore proprio: e, in quel momento, lo sentì.

Si maledì mentalmente per non averci prestato più attenzione prima, seppur lo avesse già percepito quando erano arrivati in quel sudicio vicoletto.
Avanzò ancora finché non trovò ciò che cercava: dietro ad un cumulo di sporcizia varia, cartoni sporchi e altri rifiuti, la trovò.

Era il cadavere di una ragazza, straziato da ferite di arma da taglio così profonde da far sembrare che l'assassino avesse infierito su di lei fino a volerla dissanguare.
C'era sangue ovunque, sul corpo e sui capelli, che ne ne erano inzuppati a tal punto che non se ne poteva più distinguere il colore: tutto ciò, ricordava mostruosamente lo scenario del primo delitto.

Per un attimo, quel dolore sordo, che partiva dalle gengive, tornò a martellargli il cervello: durò solamente un breve attimo, perché in quello successivo stava chiamando Andrea e Silas a gran voce.

Andrea, che era ancora al telefono con il signor Peterson, imprecò e disse al proprio capo di mandare anche un'altra squadra poiché avevano trovato la vittima: Silas, invece, non proferì parola ma si limitò a ricambiare lo sguardo di Damian, che nel frattempo si era voltato verso di lui.

-L'hai trovata- constatò.
Damian annuì e Silas gli andò più vicino, fino a che non si trovarono fianco a fianco.

-Tutto avrà un senso. Non ora, forse, ma prima o poi accadrà - gli disse, prima di voltarsi e raggiungere l'altro agente.

Damian strinse i pugni: mille emozioni lo investivano, non capiva cosa diavolo stesse succedendo.

Sembrava che qualcosa, forse, stesse andando al proprio posto, o quantomeno gli stesse dando qualche risposta.

Volse lo sguardo al cielo e, mentre l'odore acre e puntente del sangue gli penetrava le narici, sperò di trovare una spiegazione a quella sete inestinguibile che iniziava a sentire dentro di sé, senza che lui potesse, in alcun modo, controllarla.

NOTE AUTRICE:

Salve genteeee scusate davvero il ritardo nella pubblicazione ma, oramai, i problemi della mia vita quotidiana li sapete 🙈
Ciò che posso dirvi è questo : vi ringrazio dal profondo del cuore per non aver abbandonato la lettura e, di conseguenza, me!

Ringrazio di cuore la mia beta Schwertmaid  per avermi aiutata, come sempre, nella correzione e sistemazione del capitolo!💙

Grazie ancora di cuore a tutti voi, davvero!

Al prossimo capitolo,

Vostra,

BlueIrys 🦋

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