Capitolo 6
«Dobbiamo partire subito» disse lanciandomi la mia vecchia armatura, quella che indossavo quando sono stato portato qua.
«Dove stiamo andando?» Le chiesi indossando, davanti a lei, tutto l'armamento.
Mi era davvero mancato, mi faceva sentire a casa.
Non ci fu nessuna risposta, così mi limati a seguirla.
Stavo sopra ad un cavallo nero, la sua criniera era ancora più scura del suo pelo e si muoveva in una danza selvaggia.
La figlia del padrone stava sopra un cavallo, il suo colore ricordava tanto quello della neve e aveva delle strane trecce, come la sua padrona.
Erano più veloci di noi, come se entrambe fossero un'unica cosa, poiché i loro movimenti erano così sincronizzati che sembravano leggersi nel pensiero. Un vero spettacolo.
«Stai al passo.» Disse accelerando.
La guardavo, incantato, ma non perché stavo iniziando a provare qualcosa per lei, il mio cuore apparteneva a Jane e non desideravo altro, ma era una ragazza sopra un cavallo e sapeva cavalcarlo proprio bene, come se fosse stata una di noi, una guerriera e dall'aspetto lo sembrava proprio.
«Nella sacca che ti ho dato c'è una mantella con un cappuccio, indossala adesso» disse rallentando.
Stava indossando una mantella nera, uguale alla mia, la quale le copriva il volto e nascondeva anche la sua treccia. Vista così sembrava un qualsiasi individuo senza volto e senza nome, un mercenario forse, nascondeva le sue armi, ma la sua grazia era unica, non si poteva non notarla.
«Agli ordini individuo senza nome e senza volto» le dissi indossandola.
Ero uno schiavo, la mia situazione era strana in questa città, poiché essere un medico ed un guerriero allo stesso tempo valeva più dell'oro, io infatti valevo di più, ma questo non giustificava la fuga, nascosti dagli occhi di tutti.
Ormai stavo qua da poco più di un mese, non mi sono interessato della famiglia e nemmeno del mio padrone, ma qualcosa mi diceva, dentro di me, che dovevo sapere di più, dovevo conoscere il suo nome, come dovevo capire il motivo per il quale, in questo momento, stavamo scappando.
Non sono uno sciocco, ho molti anni di esperienza in queste cose.
Devo tenere gli occhi aperti perché è ovvio che c'è qualcosa che non va. Dissi a bassa voce.
Accelerai per stare al suo fianco. «Mi dici come ti chiami? Non sono uno sciocco Rosa.» Gridai.
«Sono un soldato e sono addestrato, perché stiamo facendo tutto questo? Perché scappare se tuo padre è un uomo importante?» Le dissi guardandola negli occhi, gialli come il sole.
«Non chiamarmi Rosa, solo mio padre può. Il mio nome non è affare tuo» disse morsiccandosi il labbro inferiore.
«Dobbiamo superare la città, senza farci notare dalle guardie. Nessuna domanda, ora zitto e comportati come schiavo Ermes, perché è ciò che sei» disse distogliendo lo sguardo dal mio.
Si sono uno schiavo, ma fino a quando non scapperò. Pensai.
Diverse guardie venivano nella nostra direzione, lei era un po' spaventata ma continuava ad andare nella sua ed io la stavo seguendo.
Ma loro, dei soldati in sella ai propri cavalli marroni, si stavano avvicinando troppo.
«Rosa vedi il campo dietro quegli alberi? Andiamo lì, immediatamente» le dissi indicando un bosco alberato, il quale stava proprio ai margini della città.
Sogghignai al pensiero di averla chiamata Rosa.
Superammo i mercati e procedemmo nella direzione del campo.
Avrei dovuto trovare mio fratello, almeno saremo stati al riparo per questa notte, visto che era anche buio ormai.
«Voi due fermatevi, ordine dell'Imperatore» Gridò un soldato.
Lei con agilità aveva scagliato diverse frecce, ferendo gravemente alcuni soldati i quali, cadendo dai propri cavalli, giacevano per terra in un piccolo lago di sangue.
Non pensavo dovessimo arrivare a tanto, stava succedendo qualcosa e avrei minacciato pure la figlia del mio padrone, se fosse stato necessario, per scoprirlo.
Correvo in direzione degli ultimi due soldati, avevo intenzione di ucciderli, infatti uno lo decapitai, ma l'altro riuscì a scappare nella direzione opposta, dove stava lei.
«Non ci provaree!» Gridai con tutto me stesso, lanciando la mia spada verso il soldato, la cui armatura gli scopriva diversi punti di fondamentale importanza. Codesti non erano uomini da combattimento, infatti erano prevedibili e gli armamenti che indossavano erano insufficienti.
Il suo corpo giaceva sopra quello della figlia del mio padrone, la quale si lamentava, come solo una ragazza sa fare.
Dopo aver spostato le sue spoglie prive di vita, notai la sua ferita: nulla di grave, ma diverse zanzare velenose stavano ronzando sopra di essa.
«Devo assolutamente pulirti il sangue, queste zanzare si nutrono di questo e sono pericolose, potresti morire se ti pungessero.»
Oh santi Dei, ma perché? Maledette!
Ormai una zanzara era riuscita a pungerla, facendola prima stordire e poi svenire.
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Chiedo scusa, nella prima pubblicazione ho avuto problemi con wattpad che mi copiava più parti in continuazione, moltiplicandole.
Cosa ne pensate di questa nuova storia? Commentate e datemi i vostri pareri e consigli ⬇️⬇️⬇️⬇️⬇️⬇️⬇️⬇️⬇️⬇️⬇️⬇️
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