Twinkle
Capitolo XVI
"Caino e Abele vivevano come fratelli. Caino in particolare."
-Aleksandar Baljak
[Collegio, Notre-Dame, Paris/France]
-Hansel perché la difendi?-
La sua figura giovanile e inesperta, stava accasciata contro il muro, sul pavimento della stanza. Sotto la grande finestra ad arco. Il corpo scosso, le guance bagnate. L'espressione di chi aveva appena finito di versare lacrime, eppure non si erano ancora asciugate.
Suor Caterina se ne stava in piedi a braccia conserte, dopo aver appena finito di punire il ragazzino, per aver preso parte nelle azioni peccaminose di Anastasia Stuart.
Il frustino stava abbandonato sul tavolo di legno, il crocifisso appeso sul muro. Le diverse candele accese sulle mensole. Una stanza spoglia e fredda se non per il bagliore di luce che ogni tanto faceva capolino nella stanza.
-Hansel Jagger! Spero di star parlando con un essere umano!-
Il ragazzo sussultò alla voce risonante della suora, richiudendo gli occhi per qualche secondo.
-Anastasia non è un mostro...-disse sottovoce, piano, ma abbastanza da render partecipe anche suor Caterina.
- Ah no? Eppure sei appena stato fustigato a causa sua. Il sangue che sporca le mie vesti è il tuo! E non il suo!-
Avanzò verso di lui, strattonandolo per il braccio.
-Quel demonio preferisce mandarti al macello piuttosto che assumere le sue colpe! E tu ancora la difendi!?-
Hansel cercò di evadere dalla sua presa scottante, se pur invano. La schiena doleva a causa dei tagli gonfi e sanguinanti. E ogni movimento della spalla gli sembrava fatale. Gli faceva male dappertutto, come se lo avessero colpito da ogni parte.
-Guardati Hansel! Non vuoi vendicarti di lei?! Chiedere giustizia?-
Hansel si dimenò nuovamente, soltanto per venir schiaffeggiato.
-Sei un buono a nulla! Avanti confessa! Ammetti che ti costringe a difenderla!-
Lui scosse la testa invano, ricevendo un secondo ceffone.
-Pensi che non lo sappiamo?-
Suor Caterina si fermò, lasciandolo andare, osservando la sua miserabile figura dall'alto.
-In verità, sappiamo che sei innocente, e che non hai preso parte alle trasgressioni di Anastasia. Sappiamo bene che ha fatto tutto da sola...-
La suora si chinò di nuovo verso di lui, voltando il suo viso verso di lei. Incontrando gli occhi turchesi e lucenti del ragazzino.
-Abbiamo scelto di punirti per darti un motivo per aprire gli occhi, di vedere per te stesso, quanto importi poco a quel diavolo...-
🔸🔸
Chiusi gli occhi, lasciando che il vento mi scompigliasse i capelli, seduto sui gradini che precedevano la villetta di Paris Smith.
Qualche fioco di neve sul capo, un sigaro tra le labbra, mentre osservavo la città popolarsi di luci colorate e di gente festosa. Oggi era il 25 dicembre, ovvero il giorno che tutti amavano, specialmente i bambini. Paris era andata a comperare alcuni regali per la cena di natale. In quanto a me, ero rimasto a casa, fermo come un martire di guerra, a motivo delle gravi lesioni che i medici avevano riportato sul mio corpo. A causa di esse, non ero stato in grado di fare niente e Mr Houston mi aveva sospeso da lavoro, fino a quando non mi fossi ripreso completamente.
Nel mio tempo libero, se non aiutavo Paris a sbrigare mestieri casalinghi, o faccende quotidiane, amavo intraprendere brevi passeggiate nel parco vicino. Mi piaceva osservare le numerose famiglie che si riunivano per un picnic. I bambini spensierati che correvano per le vaste distese verdi. E per me, il natale diventava come un giorno desolato, dal momento che mi ricordava la mia triste realtà, dove spesso mi dipingevo come una città abbandonata senza alcuna anima viva.
-Senza una famiglia...- sussurrai tra me.
Una famiglia oramai deceduta e persa per sempre.
-Lo pensi davvero?-
Trasalii violentemente, perdendo il sigaro tra le dita. Mi voltai di scatto verso la persona intrusiva. Un tono profondo e sensuale, quel tipo di voce maschile che spesso le donne apprezzavano.
-Chi cazzo sei...!-
Un uomo alto stava a qualche metro di distanza, le mani infossate nelle tasche dello smoking che portava. I capelli neri come la pece, simili ai miei. Gli occhi scuri e densi, in contrasto al pallore della carnagione chiara. E rispetto a quelli di Anastasia, sembravano più prominenti, forti, ma allo stesso tempo vuoti. Spenti.
Abbozzò un sorriso debole, sadico. Lo sguardo sistemato sulla mia figura nervosa, difensiva.
-E' importante?-
Inclinò il capo per guardarmi meglio. Il passo lento, in un felpato avanzare, come se si stesse prendendo tutto il tempo necessario.
-Certo che è importante! Sbuchi dal nulla e tenti di fare conversazione! Almeno abbi la decenza di presentarti!-
Salii di qualche gradino, indietreggiando d'istinto. Qualcosa, nella sua persona gridava pericolo, mistero e paura. Un po' le sensazioni perenni che vivevi con Anastasia ma più amplificate. A momenti come se fosse venuto al mondo soltanto per fare del male.
-Hai paura di me?- sorrise, l'aria divertita e curiosa. Una presa in giro, o almeno quella era la sensazione che protraeva, come se volesse prendermi in giro. Mi infuriai subito.
-Senti zoticone! O qualunque persona tu sia, non intendo fare la tua conoscenza!-
Strinsi i pugni prima di continuare
-Eh no! Non mi fai paura, voglio solo essere lasciato in pace!-
In tutto questo, la sua espressione non sembrò deformarsi, anzi, apparve più curiosa e insolita. Uno studio approfondito di me. Un topo da laboratorio sotto i suoi occhi magnetici.
-Cazzo! E' meglio che mi tolga di mezzo io!-
Non aveva senso parlare.
Gli diedi le spalle, con l'intenzione di entrare in casa e chiudere la porta, ma prima che potessi soltanto voltarmi, venni spinto all'interno, rischiando quasi di cadere a terra.
-Ma che diamine!-
Trascinai gli occhi verso la porta, trovandovi l'uomo dall'aura misteriosa. Immobile, con le spalle contro la porta d'ingresso.
-Scusa per averti spinto, ma era l'unico modo per entrare- si giustificò lui.
Quel sorriso da lunatico ancora stampato sulla sua bocca.
-Sei un coglione o cosa?-
Il suo ghigno si ampliò ancora di più. Sembrava divertito, e quello che dicevo non faceva altro che rendere la situazione più comica ai suoi occhi.
-Chi sei?- ripetei esigente, lo sguardo confidente. L'uomo sospirò, incrociando le braccia sul torace. Le spalle larghe e il torace ampio. I muscoli delle braccia visibili sotto il tessuto nero.
-E' meglio che tu non lo sappia...-
Una parte di me pensava a Uriel, a quello schifoso famigerato che avrei tanto voluto vedere morto, ma non avendolo mai visto da vicino, non ero sicuro se si trattasse di lui. Al collegio avevo sentito parlare di Uriel, ma non sapevo chi fosse ancora; mentre alla cerimonia, lo avevo intravisto in lontananza, ma non ne avevo studiato i lineamenti.
Durante il bacio di lui e Ana, qualcuno mi aveva rapito in mezzo alla folla, e di lui avevo scorto ben poco.
E poi, era improbabile che quello venisse a cercarmi, giusto?
Insomma, perché mai un uomo del calibro di Uriel si avventurerebbe in un parco pieno di bambini? Con me pertanto...
Ed ero convinto che Anastasia fosse in sua compagnia, e che me lo avrebbe detto se fosse venuto a cercarmi...
E forse, era veramente soltanto un uomo dai modi rozzi e strani...
Non dovevo allarmarmi così tanto.
Anche perché ormai lui aveva Anastasia con sé, quindi non c'era alcun motivo per volermi morto ora.
-Cazzo!- imprecai tra me, cercando di scacciare l'ondata di dubbi in movimento nella mia testa.
Non è Uriel..
Non può essere Uriel...
-Ti vedo combattuto...-
Riportai la mia attenzione su di lui, accorgendomi solo in quel momento di essere sembrato turbato.
-Per favore signore, non sono in vena di parlare-
Scossi il capo, confuso e irrequieto.
-Può andarsene?-
-Certo, solo un ultimo favore, siccome siamo a natale-
Ancora quel sorriso sadico, un bagliore negli occhi arcani.
Feci un cenno del capo, incitandolo a continuare.
-Posso guardarti da vicino?-
Mi insospettii, inarcando un sopracciglio. La perplessità, visibile nei miei occhi.
-Signore, non so cosa stia cercando ma sono eterosessuale-
Stavolta rise di piacere, fu una risata breve ma melodica.
-Oh ma figurati! Non sono un fan degli incesti neppure io-
Incesti? Cosa diavolo sta dicendo?
Sospirai, avvicinandomi quel poco che bastava per averlo vicino, ma non tanto da violare il mio spazio vitale.
Un'atmosfera d'imbarazzo sembrò attraversare me soltanto, dal momento che lui non ne sembrò minimamente affetto. Anzi, la sua espressione risultò malinconica: gli occhi vividi e lucenti, penetranti e intimidatori.
-Le assomigli così tanto...- dedusse, dopo interminabili secondi di puro silenzio. Un silenzio in cui mi aveva analizzato pazientemente, come un padre in cerca di un figlio in un mare di volti stranieri.
-E mi chiedo perché non l'abbia mai notato...-
Apparve quasi infastidito e adirato.
-Chi? Che cosa?-
L'uomo mi sorrise debolmente per poi darmi le spalle. La sua figura solida, ormai fuori da casa mia.
-Buon natale... Fratellino-
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