Toxic

(Leggere prima capitolo:Attenzione)

Capitolo I

"Sarai chiamato a mangiare la metà, camminare il doppio, ridere il triplo e amare senza misura."

-Chinese Proverb

[Canada/ "Hyacinth Ville"~ Reggia di Uriel]

Ero atterrato in Canada. Precisamente nell'aeroporto di Wollaston Lake, una piccola città che non contava più di 800 abitanti. E poi, da lì a poco, era arrivato un pulmino. Una veicolo nero che aveva caricato me, e altri due uomini, come merce da distribuire in qualche ditta sconosciuta. Il conducente, era sceso con un'aria cupa e la visiera davanti agli occhi. Non ci aveva nemmeno degnato di uno sguardo, tanto meno un saluto. E una volta aperto il baule, si era messo al volante e aveva aspettato che sistemassimo le valigie nel cofano. Un tipo abbastanza losco da rovinarti l'umore e metterti ansia.
A parte quel piccolo dettaglio, la vista era mozzafiato. Incantevole.
Tra laghi, alberi e verde: la flora rivestiva tutta la superficie in una maniera  lodevole.
Le piante erano rigogliose e l'aria donava un senso di libertà; pertanto, l'unico sconveniente, era il clima. Questo, dal momento che il Canada era conosciuto per i suoi inverni lunghi e gelidi. E già potevo immaginarmi rifugiato sotto strati di coperte.
Per il resto, se non era perché sapevo dove eravamo diretti, avrei quasi pensato di stare andando in vacanza.

Il viaggio verso la reggia fu di un silenzio disarmante, se non per il rumore del motore.
Sembrava quasi di stare in un cimitero.
I due uomini alla mia destra, ogni tanto mi lanciavano occhiate curiose, per poi tornare a fissare il paesaggio fuori dal finestrino. Sospirai, portando la mia attenzione sull'ambiente circostante.
In queste settimane, avevo pensato molto ad Ariana. E anche se mi ero imposto di non farlo, mi ero ritrovato più volte a ponderare su di lei. Mi ero trovato per la millesima volta a non capire. A non comprendere le attitudini che aveva nei miei confronti.
Ero sempre stato rispettoso, garbato con lei. Avevo sempre dato il massimo anche quando non serviva. Eppure alla fine, aveva scelto Uriel.
Lo stesso uomo che l'aveva colpita, violentata e fatta soffrire.
Non nego che tutto ciò mi aveva fatto davvero male. Peggio, avrei di gran lunga voluto svegliarmi dal sonno e scoprire che era stato solo un brutto sogno. Poiché la mia realtà era sempre la peggiore delle peggiori.
E solo Dio sapeva quanto avrei voluto, sentire il tamburo nel suo petto battere contro il mio. Il profumo della sua pelle, dei suoi capelli. I suoi occhi maledetti, capaci di travolgermi e farmi perdere la cognizione del tempo. Le sue labbra, le sue mani.
La sua irresistibile persona.
Restai in quella condizione di assoluto smarrimento, abbandonando la mia anima sulla sedia. E così in silenzio trovai una via di fuga nella sonnolenza.


[Due 2 ore dopo...]

Fui svegliato più tardi, da un colpo lieve sulla spalla sinistra. Socchiusi gli occhi alla luce del tramonto. Il pulmino fermo in mezzo al bosco incolto. Mi guardai attorno, scombussolato, realizzando solo in quel momento, che stavano tutti aspettando me. Balzai subito in piedi, uscendo dalla vettura. Eravamo circondati da ettari di terra e alberi infiniti. Completamente immersi nella natura.
-Prendete le vostre valigie e seguitemi!-
Era la prima volta che il conducente ci rivolgeva la parola. Il tono impaziente e severo, ovvero, quel tipo di persona che non amava perdere fiato.
Afferrammo le nostre cose, seguendolo nella profondità della foresta.
Il sentiero era pieno di rami secchi e animali selvatici. La luce del tramonto giocava con le foglie in un gioco armonioso di chiaroscuro.
-Hey! Anche tu sei qui per scontare le tue pene?-
Mi accigliai, voltandomi verso il proprietario di quella domanda fuori luogo.
I due uomini, mi scrutarono con attenzione. Il capo leggermente inclinato.
-Quali pene?-
Aggrottarono la fronte, le espressioni interdette. Molto simili alla reazione di qualunque persona, dopo aver sentito una cazzata.
Ah giusto. Dovevo almeno fingere di avere le mani sporche.
-Spacciare droga vale come pena?-
Quello dai tratti latini, si sciolse in un ghigno simpatico.
-Uh allora sei uno spacciatore... Hai portato della roba buona in quella valigia?-
Sospirai mentalmente. Dire bugie non portava ad altro che menzogne ancora più intricate. Complesse. E poi uscirne, diventava un labirinto.
-Non sono riuscito a portarmela a bordo- mentii, spostando lo sguardo sull'altro uomo dalla pelle scura.
I due annuirono.
-E voi? Che crimine avete commesso?-
Lo spagnolo sbuffò, passandosi una mano tra la folta chioma riccia.
Entrambi avevano diversi tatuaggi all'altezza del collo e sulle braccia pompate.
Il fisico prestante e tonico.
-Io ho sparato a un poliziotto. E il mio amico qui, ha preso parte in una sparatoria-disse. Il dito puntato sull'uomo afroamericano.
Cominciamo bene. Anzi no, benissimo.
Due assassini per amici.
-Comunque piacere-
Il tizio tese la mano verso di me, l'aria stranamente amichevole.
-Siamo Asier Diàz e Drake Moore-
Presi la sua mano nella mia.
-Clyde Cyrus-

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