Moondust II
Capitolo X
"Potevo prometterti tutte le più vaste costellazioni, eppure fallire nel conquistare il tuo cuore".
-J.Kai
-Non lo so...-rispose Castiel. L'insicurezza nella voce. Un senso di vulnerabilità nell'atmosfera. Lo scrutai con perenne insistenza. Una fame avida e struggente. Un desiderio malsano. Un'incessante sete di prosciugarlo. Nello stesso modo in cui l'estate evaporava i fiumi nel letto.
-E credimi, ho provato a dimenticarti. A volte voglio farlo veramente... Ma non riesco- confessò lui, un tono sincero e vero.
-Ariana non ci riesco...-
Insistette. Mi ritrovai ad avvicinarmi di più. A voler sentire di più. Avere il suo odore sotto le mie unghie. Il suo sapore sulla mia pelle. Un'infame provocazione. Anzi no, Castiel era la provocazione fattasi in persona. Per come risvegliasse Follies, e spodestasse Ariana e Anastasia.
Loro non potevano dormire, bensì, irrequiete, mettevano il mio spirito sottosopra. Un conflitto interno. Una guerra senza fine: tra chi lo voleva morto, chi voleva giocarci e chi amarlo.
-Non dovresti anelarmi in questo modo...- ribattei, arrabbiata ma anche in agonia. Castiel mi spostò una ciocca dietro l'orecchio. E poi sbuffò.
-Allora uccidimi, fallo se ti fa sentire meglio. Incendiami se questo calma il tuo cuore-
Sistemai il mio sguardo su di lui, registrando le sue parole nella mia testa. Stupita da una parte, contrita dall'altra.
Per un attimo senza parole. Senza una risposta pronta.
Poiché sapevo di essere una dimora distrutta: gli ospiti che superavano la soglia di casa mia ne uscivano delusi. Annientati.
Bruciati.
E come Uriel, era saggio starci alla larga. Evitarci come una malattia incurabile. Nulla di buono poteva uscire da un essere maligno. Pieno di vendetta e fornicazione.
Spostai il pollice sulle sue labbra, toccandone la morbidezza. L'intelletto altrove. I pensieri affollati. Pesanti.
-E' più complicato di quanto pensi Chéri...-
A quel nomignolo, sembrò accendersi nei suoi occhi una luce amorevole.
Una luce che non meritavo e mai avrei potuto meritare.
-Scappa finché sei in tempo. Abbatti il tuo cuore e segui la ragione.-
Spinsi il pollice all'interno della sua bocca, a contatto con i suoi denti. E quando percepii la sua lingua ebbi un brivido. Abbastanza forte da rendermi bagnata tra le gambe.
Un desiderio represso.
-Perché potrò non essere in grado di ucciderti adesso, ma nulla promette che un domani non lo farò...-
Era bellissimo nelle sue espressioni accaldate. Storpiate dal piacere. L'intensità del suo sguardo. La semplicità della sua essenza.
-Io ti deluderò Cherì, e so che lo farò...-
Castiel scosse la testa, afferrando le mie mani.
-Perché pensi di non meritarmi?-
Sorrisi appena. Forse ironica o sadica.
-Perché è così-
Mi puntai, gesticolando sulla mia figura.
-Hai visto cos'ho fatto a Hansel? Hai idea del male che ho fatto? Di come...- mi bloccai, invasa da un forte senso di colpa. Un risonante flashback...
🔸🔸
[Flashback/Paris,France-Collegio]
Le suore tenevano Hansel per mano. Una sulla destra e l'altra sulla sinistra. Accompagnandolo verso la cosiddetta stanza del castigo. Quel maledetto stanzino visto dai ragazzini come "La camera della paura".
Anastasia seguiva le suore ed Hansel in silenzio, solo il respiro affaticato di quel bambino innocente. In preda a un'ansia mozzafiato. A volte, in casi gravi, un panico indomabile.
-Anastasia! Te lo chiediamo un'ultima volta, hai varcato i cancelli del collegio?-
La ragazzina sapeva bene a cosa si stavano riferendo, ovvero alle sue uscite indecorose con Uriel nel cuore della notte. Avventure notturne che intraprendeva durante il buio, per poi tornare all'alba. E il povero Hansel, spesso diventava complice delle sue illecite azioni.
-Sì. - rispose schietta, senza alcuna paura.
-No! Non è vero, non è uscita. L'ho costretta io a seguirmi oltre l'orario del coprifuoco-ribatté lui, cercando in tutti modi di difenderla. Di non imputarle alcuna colpa.
Anastasia l'aveva guardato con tremenda curiosità, chiedendosi perché si ostinava a salvarla. Perché, testardo, si imputava di preservarla.
-E' così Hansel? E' la verità?-
Lui annuì, ingoiando la saliva. Le suore scossero il capo deluse.
-Bene ragazzo mio. Anastasia puoi andare nelle tue stanze, mentre il signorino Jagger verrà punito-
Tuttavia, lei non si mosse dalla porta.
-Anastasia?Mi hai sentito?-riformulò suor Maddalena, la bacchetta di legno nella mano destra.
-Voglio aspettarlo qui fuori-
Le suore si guardarono a vicenda, facendo spallucce.
-Come vuole, che le grida del tuo amico ti faciano da lezione.-
Anastasia le ignorò, mantenendo lo sguardo fisso nelle pupille di lui. Nei suoi occhi turchesi. Ora lucidi, pronti al pianto. Eppure, non provò a fermarle, neppure quando lo trascinarono all'interno della stanza.
🔸🔸
-Ariana?- mi ripresi dal lontano flashback, le mani di Castiel sulle mie spalle, intente a scuotermi.
-Che ti prende?- Il suo volto preoccupato, allarmato.
Sbattei le ciglia più volte, scombussolata. Immersa in un senso di soffocamento.
E senza volervo, lo allontanai da me. Mi scostai lentamente, alzandomi dalla mia posizione seduta. Sotto il suo sguardo scoraggiato. Demoralizzato.
Volevo gridare di rabbia ma non potevo, volevo sfogarmi ma non era giusto nei suoi confronti. Volevo troppo e tanto. Fuor di misura e oltre. Fargli capire perché ero indegna, perché non potevo sporcarlo del mio peccato. Eppure non riuscii ad esprimermi. Non riuscii a dire nulla di concreto se non offensivo.
-Non cercarmi più-
Lasciai la stanza, chiudendo la porta alle mie spalle. Obbligandomi a non guardarlo in faccia.
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