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Capitolo VII
"Amami quando meno lo merito, perché sarà quando più ne avrò bisogno."
Gaio Valerio Catullo
Era una cerimonia degna del suo nome: sennonché, la prima a cui avessi assistito, per carità, non era proprio la prima cerimonia mai vista, ma questa era imbattibile.
Tavoli da buffet su ogni angolo delle sale. Ritmi incalzanti che si sprigionavano per tutta la dimora.
Invitati ovunque: chi ballava, chi mangiava e chi si avventurava per l'immensa reggia in compagnia di famiglie e bambini.
Il tema scelto per quella serata era "L'eleganza", e molti si erano vestiti con una galanteria tale da lasciarti senza parole.
Donne e ragazze, pronte a vantare il proprio abito sulla pista da ballo, o meglio a incantare qualche uomo interessante.
-Dopotutto, questa festa non è poi così male!- cominciò Aser, guardandosi intorno estasiato.
Noi eravamo vestiti con dei semplici smoking neri: una rosa rossa sul taschino frontale, e dei mocassini lucidi dello stesso colore del completo.
Al dì là di questo, il nostro compito era quello di raccogliere gli inviti, dare direzioni, accompagnare le signore (se lo richiedevano),e aspettare altri ordini da parte della famiglia Levain.
In quanto a me, me ne stavo in silenzio, ansioso di veder entrare le sorelle di Uriel, sperando invece di non scorgere Ariana; di non intravedere il suo viso disarmante.
Un volto che ora infestava i miei sogni, trasformandoli in incubi veri e propri.
Tuttavia, neppure stavolta fu accolta la mia preghiera. E come già previsto, Ariana fece la sua entrata nel largo corridoio centrale, che portava alla grande sala di ricevimento. Fu infatti la prima ad entrare: ornata di un abito incantevole senza spalline, le spalle nude. I seni in prominenza. I lunghi capelli dietro la schiena. Di un tale splendore da lasciarti senza fiato: come se il sole fosse sorto nelle sue orbe e la terra si muovesse all'interno di essa. Una bellezza incastonata nel fondo di un burrone.
Distolsi lo sguardo, soffermandolo su qualsiasi cosa che non fosse lei. E così pregai Iddio, che avesse pietà di me, che me la facesse dimenticare e la sradicasse dal seme della mia persona. In modo da evitare di soffrirne ogni volta. Ogni secondo, ogni attimo.
Pertanto, gravemente incazzato per come fosse facile per lei dimenticare: dopo avermi scalfito, scorticato e lasciato a medicarmi le ferite da solo.
Tutto si tramutò presto in rabbia, a tal punto che dovetti farmi un esame di coscienza per non buttare tutto
all'aria e marciare dritto da lei. Farle provare almeno un segmento,
di quello che aveva fatto provare a me.
-Hey hey amico! Cos'é successo?-
Mi voltai in tempo per vedere Aser e Drake basiti.
-Ti è morto il gatto?-
Mi ripresi, tornando con i piedi per terra, cercando di dissipare le rughe sulla mia fronte.
Non dovevo arrabbiarmi così.
Sospirai, prima di rispondere.
-Non è nulla, mi vado a prendere una boccata d'aria-
I due mi guardarono confusi, ma non insistettero, lasciandomi scivolare tra gli invitati. Presi il corridoio opposto a quello di Ariana, cercando la prima uscita di emergenza.
Una volta in giardino, frugai nel taschino, estraendo una sigaretta che avevo nascosto sotto la rosa, e poi senza farmi troppe domande, mi avvicinai a un gruppo di signore. Tutte intente a fumare in compagnia di qualche vino rosso.
-Buonasera signore, avete da accendere?-
Alla mia richiesta, apparvero per un secondo infastidite. A momenti, come se qualcuno le avesse appena interrotte dal sentire l'ultimo pettegolezzo dell'ora.
-No! Non abbiamo nulla da accen...-
La donna si interruppe a metà frase. la bocca semichiusa in segno di stupore.
-E chi è questo bel giovane!- esclamò senza scrupoli. Non che non amassi ricevere attenzioni ma, preferivo che la gente fosse discreta.
-Scusate l'interruzione, vorrei solo un accendino in prestito-dissi cortese.
Una di loro, frugò nella borsetta di pelle, pescando un accendino variopinto che lanciò nella mia direzione.
Lo presi al volo ringraziandola.
E tra una cosa e l'altra, mi ritrovai presto a chiacchierare del più e del meno in loro compagnia.
-Ma quindi signor Clyde, ha già una lady da portare sulla pista da ballo? Tra poco ci saranno le danze tradizionali!-esclamò la bionda eccitata. Erano tutte eccitate e non vedevano l'ora di quel momento della serata.
-No purtroppo. Sono solo di guardia alle porte-confessai. I loro sorrisi parvero inclinarsi verso il basso.
-Vuole dire che non ballerà con nessuna, Clyde?-
Guardai le loro facce ansiose, maledicendomi di essere uscito dalla reggia per andare a fumare.
Anche perché, non c'era modo che queste donne mi avrebbero lasciato andare, senza avere una risposta.
-In effetti sì, potrei ballare con una di voi- risposi, mandandomi mentalmente a quel paese.
[...]
E alla fine, finii per accompagnare una ragazza bruna, dagli occhi castani.
Portava un abito rosa confetto e le gotte dipinte di un colore roseo.
Sembrava contenta di essere stata scelta: mi teneva a braccetto, come se avesse paura di perdermi.
-Clyde! Potevi dircelo subito che eri in astinenza!-proruppe Aser, avvistandomi da lontano.
Mi portai una mano sulla fronte, facendo finta di non averlo sentito.
-È così Signor Cyrus? Lei vuole solo...-
Strabuzzai gli occhi, guardandola esterrefatto.
-No! Signorina Miller non è come pensa...-cercai di giustificarmi subito.
Lei arrossì, un sorriso timido sulle labbra.
-Non si preoccupi Signor Cyrus, se vuole posso... Posso soddisfarla...-
Restai a bocca aperta, gravemente sconcertato.
Cosa merda facevano fumare alla gente d'oggi??
Sorrisi giusto per convenienza, trascinandola verso la pista da ballo.
Evitando i suoi occhi persuasivi, per non farle credere che avrei acconsentito.
🔸FOLLIES🔸
-Non ti unisci alle danze?-
Uriel stava in piedi accanto a me. Lo sguardo fermo sul mio viso.
-No, perché dovrei?-
Guardai la folla con disinteresse:
Si erano tutti posizionati in fila. Gli uomini da una parte e le donne dall'altra. Ognuno di fronte al suo partner. Pronti a dar via alle danze.
-Mio padre arriverà stasera, e devo finire di salutare i suoi funzionari-
Avvolse una mano attorno alla mia vita. Il calore del suo corpo contro il mio.
-Sarò occupato di nuovo e non voglio che la noia ti uccida... -
Sbuffai, intuendo dove stesse parando. Uriel alla fine, come tutti i figli nati da famiglie feconde e agiate, pretendeva che imparassi la loro grazia e la loro cultura virtuosa. E spesso e volentieri, mi incorragiava a perseguire il loro stile di vita; come in questo momento.
-Come vuoi, mi unirò alle danze-
Uriel sorrise appena, sporgendosi verso di me.
-Brava bimba...-
Per quanto odiassi quel nomignolo, l'intera mia persona faceva eccezione soltanto per lui, dal momento che Follies era l'unica a trarne piacere.
-Mi raccomando, non ti divertire troppo...- disse lui, premendo appena la sua bocca sulla mia.
Ricambiai il bacio, assaporando le sue labbra friabili e il sapore del brandy che aveva bevuto poco prima.
-...O almeno, non senza di me- continuò. La sua bocca contro la mia.
-E perché mai dovrei?-
Mi staccai, per guardarlo meglio in faccia. Uriel sfoderò un sorriso malizioso, chinandosi verso il mio orecchio sinistro.
- Esiste un annedotto che racconta di un tale chiamato Anassagora...-
Socchiusi gli occhi, al contatto della sua mano fredda sulla mia schiena nuda.
-...Che quando Aristippo gli portò la notizia della morte del figlio, il filosofo rispose tranquillamente: Io già sapevo di averlo fatto mortale."-
Restai in silenzio, ascoltando il suo parlare enigmatico.
-E tu, mia cara? Posso davvero fidarmi? Perché vedi, io non posso andarmene via con la stessa certezza di quel filosofo-
E infatti diceva bene.
Poiché non vi erano né Re e né padroni al di sopra di me.
E niente e nessuno avrebbe potuto governarmi, se io non volevo.
-Allora non fare l'errore di quel filosofo Uriel, non pensare di avermi come tua mortale-
Gli strinsi la spalla, sussurrando al suo orecchio.
-Vado a unirmi alla danza infinita-
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