Hate Me
Capitolo XIV
"Io non ti ho spezzato il cuore, tu l'hai spezzato; e nello spezzarlo, hai spezzato anche il mio."
-Cime Tempestose, Emily Bronte
Castiel entrò alle nove spaccate, indossando un maglione di lana nero e due paia di jeans scuri. La chioma folta era legata in una mezza coda, e la luce nei suoi occhi posata altrove. Un'aria pensante, persa e arrabbiata. E se non erravo, quel rancore doveva essere per me, per averlo fatto arrabbiare, per averlo tentato; eppure, al posto di esserne dispiaciuta, una parte di me ne traeva gusto. Amava pensare che il motivo del suo tormento ero io.
Si sedette sulla brandina, appena sul bordo. E così in silenzio rimase. Nessun saluto e nessun gesto.
In quanto a me, me ne stavo a braccia conserte contro il muro, lo sguardo fermo su di lui, come se avessi a che fare con un'opera di Leonardo da vinci. Un dipinto che trascendeva ogni realtà che conoscevo.
E questo perché, con Castiel, mi sembrava di scorgere qualcosa di nuovo ogni giorno.
-Nemmeno mi guardi?- sorrisi appena, scostandomi dalla parete. Castiel alzò lo sguardo, sistemando le sue perle verdi su di me. Era decisamente adirato. E non l'avevo mai visto così contrito.
-Ti avevo fatto chiamare, per farti curare-confessai, dal momento che sapevo che Castiel non aveva dato inizio a quella zuffa, e che sicuramente stava tra gli innocenti che dovevo mandare in infermeria.
-Mi sono curato da solo, grazie-
Il tono acido, freddo.
Un brivido su per la mia schiena, un orgasmo viscerale nelle parti più intime.
-Posso vedere?-
Castiel esitò per qualche secondo, ma poi si tolse il maglione, rivelando le spalle larghe, il torace marchiato da sottili cicatrici qua e là. Cerotti freschi e garze nuove.
Mi avvicinai, appoggiando il palmo della mano sulle sue braccia prestanti, scendendo sul suo torace scolpito, i muscoli e le addominali prominenti. Abbassò lo sguardo sulla mia mano. Il respiro mozzato, a momenti come se si stesse contenendo dall'esternare le proprie emozioni.
Salii nuovamente verso il suo viso, alzandogli il mento. Il labbro non era più sanguinante e un altro cerotto più piccolo, riposava sulla tempia sinistra.
-Posso andare?-chiese lui, interrompendo qualunque monologo in procinto di sbocciare.
-Ora nemmeno mi sopporti?-
Castiel si infilò il maglione, alzandosi in piedi.
Era una cosa nuova, primitiva. Così strana da assimilare, ma tanto da far male. Follies fu la prima a inveire su di me, a portare a galla la mia essenza nociva, a ricordarmi del perché odiavo le persone, del perché amassi la mia solitudine e del perché preferivo la morte.
Una morte solitaria come i cemiteri abbondonati dalla città, ai margini delle mura. Poiché amare recava dolore, e anche solo il fatto di bramare ti portava a una lenta sofferenza. E qualcosa, da qualche parte, mi fece male, mi fece imbestialire. Al sol pensiero che Castiel potesse rifiutarsi di vedermi, che per un secondo non mi volesse. E non mi bramasse quel tanto, per restare.
Una scarica di emozioni strane, che non avevo mai provato prima d'ora. E proprio per quel motivo, mi sentii fiacca, debole, come se stessi per cadere.
"E'colpa tua, è solo colpa tua..".
Le voci nella mia testa ripresero a far rumore.
"Te lo abbiamo detto che l'acqua non scorre in un deserto arido...".
Scossi il capo.
"Si è già stufato di te, come hanno fatto tutti".
In tutto questo, Castiel continuò a fissarmi in silenzio. Senza emettere alcun suono oltre al suo respiro.
Ero di nuovo incazzata, come d'altronde, ogni volta che non comprendevo i miei sentimenti. Le emozioni straniere che erravano nel mio deserto.
-Mi odi?- domandai curiosa.
Castiel si morse il labbro, gli occhi duri.
-No, ma se è quello che vuoi...-
-Fallo- ribattei velenosa, pericolosamente alterata.
-Odiami se vuoi. Lo fate tutti prima o poi-
Castiel incrociò le braccia sul torace.
-No Ariana, tu ti fai odiare... E io sono l'imbecile che continua farsi prendere in giro-
Il tono sprezzante, volutamente distaccato.
Sembrava quasi un'altra persona, e non il Castiel paziente che avevo conosciuto.
-Puoi andartene-
Ora ero io a non volerlo vedere.
-Con piacere- disse sprezzante, dandomi le spalle, incamminandosi verso l'uscita.
-Ti odio...- sussurai piano, all'ultimo.
Una confessione più per me stessa che per lui, tuttavia lui mi sentì, arrestandosi sulla soglia della porta.
Si voltò piano verso di me, gli occhi sgranati, la bocca leggermente socchiusa. Lo stupore nel suo sguardo, uno stupore che a mia sorpresa si tramutò presto in rabbia. Un rabbia tangibile, viva e accesa. E prima che potessi fermarlo Castiel mi prese di peso, sospingendomi contro la brandina. I miei polsi nella sua morsa ferrea. Il suo viso a pochi millimetri dal mio.
-Perché Ariana!? Solo perché sono incazzato con te? Perché per una volta non ti dico quello che vorresti sentire!-
Restai intrappolata nella forza del suo sguardo, dal momento che non appariva soltanto arrabbiato, ma scosso, ferito e frustrato.
-Dimmi perché? Quando non fai altro che liquidare tutto quello che faccio per te!-
La presa più salda. Le parole più feroci, storpiate da una nota di dolore.
-Ogni cazzo di volta che cerco di raggiungerti mi respingi! Mi deridi! E mi ignori...-
Non sapevo cosa dire. Non ero brava in queste cose, e non conoscevo la consolazione.
-Mi odi per quale motivo? Sto solo cercando di accetarti nonostante tutto quello che mi hai fatto...-
Sospirò frustrato, prima di lasciare la presa.
-Nonostanste tutto quello che mi hai fatto...-lo ripeté con più enfasi, come se volesse imprimerlo sulla terra, su un pezzo di carta.
Mi accarezzai i polsi, fissandolo disorientata.
-Perché rendi tutto più difficile?-
Castiel abbassò il tono della voce, ancora chinato su di me. Le braccia fissate sul materasso, ai lati del mio viso.
-Cherì, non atteggiarti come se io non ti avessi avvertito...-
Mi drizzai a sedere, cercando di prendere in mano la situazione, soltanto per venire spinta di nuovo contro il letto dell'infermeria.
-Cazzo Castiel!-
-No Ariana, non ti muoverai da qui, finché non mi spiegherai da dove sono uscite quelle parole!-
Riprese i miei polsi nelle sue mani, un ginocchio appoggiato tra le mie gambe.
-Cosa devo spiegare che già tu non sai? - sibilai fredda.
Digrignò i denti, infastidito, ai limiti della pazienza. Gli occhi grandi e brillanti.
-Castiel... Io ti ho sempre odiato, sin dal principio-
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