Battlefield
Capitolo II
"Fate buon viso a quello che vi diamo e soffrirete meno di quanto dovreste."
-Papillon-
[Canada/ "Hyacinth Ville"~ Reggia di Uriel]
Davanti a noi stava una vasta distesa piana. E nel bel mezzo di ciò, un'enorme villa a cinque piani, collegata ad altre rispettive strutture interconnesse.
Uriel doveva decisamente essere figlio di un qualche presidente, per possedere tali ricchezze. Sicuramente i suoi genitori gli avevano lasciato un'enorme eredità alle spalle.
-Alla faccia della casa bianca! Cos'è? Un castello?-esclamò Aser. Gli occhi castani abbagliati dalla grandezza di quella terra.
Drake fece eco alle sue parole, anche lui stupito alla vista di quella villa.
Potevamo ancora chiamarla villa?
-Eh guardatela pure con ardore, tanto a voi spetta la merda!-
Ci voltammo basiti verso il conducente dell'auto. Un tipo taciturno che non parlava, ma pronto a rifilarci qualche commento sgradevole quando poteva.
-La vostra postazione sta dietro la villa, insieme ai maiali e altre sporche creature come voi-
Antipatico, era persino una parola troppo gentile, meritava di peggio.
Ignorammo il suo commento, seguendolo giù per la collina, verso la nostra dimora provvisoria.
[...]
Quando raggiunsi il campo militare, fui sorpreso di trovare altra gente. Il cortile era pieno di uomini e giovani. Tutti esteticamente prestanti e allenati. E questo significava, che non ero l'unico, che si era dato alla pazza gioia.
Anche questi avevano conseguito un allenamento senza sosta. Oltre a ciò, erano tutti vestiti nello stesso modo: una maglietta bianca sotto a una salopette blu, di jeans. E due paia di scarpe sportive bianche.
Al nostro arrivo, tutta l'attenzione si spostò su di noi. Il nostro conducente, a sto punto ci abbandonò, e raggiunse un uomo alto e muscoloso dalla divisa nera. Sembrava un manager o qualche guardia del corpo.
-David! Ti ho portato altra carne fresca! Questi sono gli ultimi della lista-
L'altro tizio annuì, squadrandoci da capo a fondo. Un ghigno apertamente divertito sulla bocca.
-Bene Freddy, ci vediamo dopo-
Quest'ultimo fece un cenno con la testa, tornando indietro da dove eravamo giunti.
-Avanti principesse! Venite qui!-
Principesse a chi??
Seguii Aser e Drake verso l'omone nel centro del cortile. Al suo fianco, si era affiancato un altro uomo in divisa nera.
Questi dovevano essere i capi ufficiali del nostro settore.
-Ecco le vostre divise principesse! E questo il numero delle vostre stanze. Una volta vestiti, recatevi nel mio ufficio.-
Detto ciò, l'omone ci consegnò le uniformi e un pezzo di carta con incise le nostre camere.
Mi avviai insieme agli altri all'interno dei bunker, ovvero fortificazioni militari difensive. Un locale che alloggiava le armi, con altre funzioni: bunker disposti su più livelli, collegati tra di loro con rampe di scale, a chiocciola e a gradini sfalsati. Ospitava anche altri elementi, e oltre alle camere di combattimento, solitamente disponeva dell'alloggiamento per i soldati. Camerate per riposare, servizi igienici e cucine.
Solo che in questo caso, non eravamo soldati, o almeno io non lo ero, e mi chiedevo perché Uriel avesse una zona militare dietro casa sua…
-Ma l'hai visto? Con uno come quello, come facciamo a evadere? Ci smembrerebbe gli organi, ancor prima di partire!-inveì Drake, con aria poco convinta. Spostai la mia attenzione verso la loro conversazione sussurrata.
-Preferisco uscire con una gamba rotta che marcire in questo posto!-ribatté Aser indignato.
Drake scosse il capo scontroso.
-Sveglia amico, ci siamo già fatti dei nemici. Non hai visto come ci guardavano?-
Mi accigliai, accostandomi a loro.
-E come ci hanno guardati?-
Si voltarono verso di me, sorpresi, quasi attoniti.
-Quanto hai sentito della nostra conversazione?-
Incrociai le braccia sul petto, inclinando il capo di lato.
-Tutto-
Non è che erano stati molto discreti, mentre parlavano.
Aser sospirò, ancorando le braccia sui fianchi.
-Non parlarne con nessuno-
Alzai gli occhi al cielo.
E con chi avrei dovuto parlare?
-Tranquillo, non voglio farmi nemici-risposi, per poi tornare alla domanda di prima.
-Che cosa intedevi Drake?-
Drake, si fece spazio, aprendo la porta della nostra stanza. La numero nove.
Alla vista di quel numero, socchiusi gli occhi frastornato.
Lo stesso numero che corrispondeva alla stanza di Ariana nel manicomio. Stesso numero assegnato all'ambulatorio 9, dove era stata ricoverata. Stesso numero davanti alla nostra porta. E per giunta sul mio tatuaggio.
9999.
Doveva significare qualcosa? O era solo e pura coincidenza?
-Quando il tizio stava parlando con noi, ho notato alcuni uomini alla nostra sinistra, intenti a guardare le valigie che portavamo. Credo, pensino abbiamo del denaro con noi, o qualche cosa di importante da barattare-
Deglutii, cercando di mantenere alla larga i pensieri nocivi.
Ci mancava soltanto che mi prendessero di mira, e mi facessero saltare l'intera copertura da spia.
-Guarda chi abbiamo! Derek! Sono qui le principesse!-
Come non detto…
Un uomo moro, seguito da altri tre, si fece strada dentro la nostra camerata.
Anche questi pieni di piercing e tatuaggi.
-Guarda, guarda… -
Il capitano di quella felice combriccola, ci girò attorno, squadrando i nostri abbigliamenti e le nostre facce.
-Non ditemi che devo condividere la stanza con queste donzelle...-
Mi guardai in giro, scannando i numerosi letti a castello, sparsi per la camerata.
Si potevano contare almeno sette letti, e questo voleva significare, che non eravamo solo noi tre in questa stanza.
-Avanti dolcezze, come vi chiamate?-
A quell'ennesimo nomignolo, Aser scattò.
Le mani chiuse in due pugni e lo sguardo livido.
Il moro scoppiò a ridere, seguito dagli altri tre.
-Il gallo finalmente mostra la cresta!- risero più forte, bruciando il poco autocontrollo di cui disponeva. E in un movimento repentino, Aser fece per tiragli un pugno sulla mandibola. Senza troppe esitazioni mi lanciai, arrestando il suo braccio a mezz'aria.
-Aser no! E' proprio quello che vogliono. Non dargli corda- commentai sottovoce.
Lui esitò, gli occhi castani inchiodati nei miei. Il suo braccio ancora fermo a mezz'aria.
-Aser, ha ragione. Sono molto più numerosi di noi- lo convinse Drake.
Lo spagnolo abbassò il braccio, riponendolo sul fianco.
-Esatto! Torna al tuo posto!- lo derise il moro, per poi spostare lo sguardo su di me.
E lì rimase.
Scrutai i suoi occhi a mandorla. La grande cicatrice sull'occhio destro. Aveva un'aria minacciosa e turbolenta. Quel genere di persona con l'etichetta "Cercasi Guai".
-Tu! Vieni nella stanza numero 34, a mezzanotte. È meglio che ti presenti!O dipingeremo queste pareti con il tuo sangue!-
Sfidai il peso del suo sguardo senza battere ciglio.
In questo posto, era gravemente sconsigliato mostrare la propria paura.
-Ci sarò-.
E per fortuna, che avevo promesso a mio padre di non andare a bracetto con il pericolo. Eppure sembrava quasi che, venisse a cercare proprio me.
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