wound II
Capitolo LII
"Tu sai chi sono. Eppure non sai dove sono. Per questo motivo non mi vedrai mai arrivare".
- J.kai inspired by Iron man
Le voci dei pazienti, mi entravano per un orecchio, per poi uscire dall'altra parte. Un brusio proveniente dai corridoi esterni. Il rumore della macchinetta dell'ospedale in un continuo "tic-tic" ricorrente.
Dischiusi gli occhi trovandomi disteso su un letto d'ospedale. Una vestaglia bianca al posto dei miei vestiti. Avvolto da quell'odore famigliare di medicinali e malattia.
Ottusamente provai a mettermi seduto, ignorando i forti segnali di malessere che mi spingevano contro il matterasso.
Mi spinsi in avanti facendo peso sulle braccia, soltanto per ricadere con la testa sullo stesso cuscino dalla quale stavo cercando di evadere.
Attraversato da una fitta acuta sulla scapola sinistra, abbastanza dolorosa da crocifiggermi sul letto.
Come cazzo avevo fatto a non sentire nulla tutto questo tempo?
Il dolore era insopportabile.
-Ah buongiorno si è svegliato!-
Un medico varcò la soglia proprio in quel momento. Nella mano destra teneva una scheda con inciso il mio nome. Il passo lento e calcolato.
-Come sta giovanotto?-
Un uomo sulla cinquantina, di statura bassa. Due paia di occhiali rossi posizionati sulla punta del naso.
-Meglio...-mentii, intontito dalle luci sul soffitto e la fatica nel mio corpo.
Mi sentivo improvvisamente stanco. Spossato.
Un'energia che valeva l'1% che però stranamente si ricaricava quando aveva a che fare con l'adrenalina.
-Bene! Se sente altri dolori non esiti ad avvisarci. Ora la lascerò riposare- parlò lui. Un tono caloroso e gentile.
Raccolse alcuni strumenti dagli scaffali di legno, pronto a levarsi di torno.
-Aspetti dottore!-
Si fermò sui suoi passi, voltandosi verso di me. Lo sguardo accigliato.
Esitai per qualche secondo ma poi mi feci avanti.
-Sa se in questo ospedale è ricoverata una certa Ariana Clark?-
Socchiuse gli occhi con aria meditabonda. Un dito sotto il mento.
-Sì, mi pare di sì. È ricoverata nell'ala ovest dell'ospedale. Ambulatorio 9-
Senza pensarci nemmeno balzai giù dalla brandina, dimenticando di essere in compagnia.
-No no giovanotto! Lei deve seriamente rimanere a letto.-
Il medico mi sbarrò la strada, piantandosi come un albero davanti all'unica via di fuga.
-Per favore! Devo vederla!-
Lui scosse la testa, spingendomi di nuovo verso il letto.
Le mani sulle mie spalle.
-Si rimetta sdraiato per favore. Non è nelle condizioni di fare eccessivi movimenti.-
Tentai di protestare, ma il suo muso lungo mi frenò sul posto.
-Signor Smith, abbiamo trovato altre lesioni sul suo corpo, oltre alla scapola fratturata. Un calo di vitamine e proteine nel suo sistema. Per non parlare delle ferite infette sulle gambe.-
Sospirai deluso, a momenti imbronciato.
-Cerchi di riprendersi giovanotto. La salute è più importante. Altre cose possono aspettare-
E con questo abbandonò la stanza.
🔹🔹
[ Due ore dopo]
Non potevo in nessun modo starmene sdraiato. Dovevo fare qualcosa. Dovevo assolutamente uscire da lì.
Non sapevo cosa fosse, ma avevo un brutto presentimento.
Strappai il tubo collegato al mio braccio. E a passo felpato, raggiunsi i miei vestiti. Piegati con ordine sulla sedia vicino alla finestra.
Una piccola finestra che dava sul cortile dell'ospedale.
Mi vestii in tutta fretta, allacciando i bottoni della camicia, e arrotolando le maniche fino ai gomiti.
Era ormai sera, e i corridoi si erano fatti più silenziosi e meno affollati.
Dovevo trovare un piano e molto in fretta.
Rimasi per altri dieci minuti con la mente concentrata, camminando avanti e in dietro per la stanza.
E così feci fino a quando non fui invaso da un colpo d'illuminazione.
No non posso farlo. Andrei contro le regole.
Strinsi gli occhi, passando una mano tra i capelli. Eppure, era l'unico modo.
Anche perché cos'altro avrei potuto fare? Non potevo dimetterti per conto mio.
Rilasciai un lungo sospiro, sedendomi di nuovo sul letto. E poi aspettai l'entrata di un qualunque impiegato.
Con grande sollievo, quest'ultimo non tardò ad arrivare, presentandosi davanti alla soglia della stanza.
-Lei non dovrebbe rimanere a letto? Perché è vestita?-
L'assistente entrò con un cambio di lenzuola. Perplesso alla vista della mia posizione seduta.
-Scusami per quello che sto per fare. Giuro di non avere cattive intenzioni...-
Alle mie parole l'uomo si allarmò, prendendo le distanze; indietreggiando spaventato contro la porta.
E quando tentò di allungarsi verso l'allarme, lo afferrai per il braccio, tappandogli la bocca.
Non c'era molto tempo per pensare, e senza esitazione adoperai la stessa tecnica che aveva usato Hansel, nel mio ufficio, per mettermi fuori gioco.
Mi serviva la sua identità solo per qualche ora.
Prometto che non era assolutamente mia intenzione apparire come un fuorilegge.
Nonostante ciò, indossai il suo camice sopra i miei vestiti. Il tesserino nel taschino in alto. Sembrava andare tutto a gonfie vele, proprio come volevo io. Eppure, mancava ancora qualcosa.
Mi guardai attorno cercando di fare mente locale. Avevo bisogno di altro per nascondere il mio volto.
Aprii tutti i cassetti nella stanza, in cerca di due guanti bianchi, una mascherina e una cuffia.
E una volta trovati, mi catapultai fuori dalla stanza. Pertanto, ancora in colpa per il gesto indecoroso che avevo appena eseguito.
Ma come ora, non potevo farci nulla.
Mi trascinai per i corridoi, evitando d'incrociare più sguardi possibili.
Sotto l'identità di Matt Redwin, l'assistente che avevo appena messo KO.
Camminai con un passo sicuro, confidente. Abbastanza da non destare sospetto. E poi imboccai il corridoio per l'ambulatorio numero 9.
Che coincidenza...
Scossi il capo.
Proprio come la stanza numero 9, dove Ariana era stata rinchiusa in manicomio.
🔹Follies🔹
Mi sciolsi i capelli, osservando l'infermiera che avevo fatto addormentare con un colpo di anestetico.
Il corpo privo di sensi abbandonato sul letto. Al mio posto. Sotto le coperte.
Pronta a lasciare la stanza e andare a recuperare Castiel. Ovunque fosse.
Seppure, per qualche secondo avevo anche pensato di lasciarlo dov'era.
Da una parte non volevo che venisse con me, dall'altro canto invece, Ariana ne era attratta e non voleva perderlo d'occhio.
E chi dovevo ascoltare? Ariana o Follies?
Un rumore sordo giunse al mio orecchio, costringendomi a saettare gli occhi verso la porta. Verso la maniglia piegata.
Chi poteva essere adesso?
Sfilai l'anestetico dalla tasca del camice bianco, alzandolo come un'arma da difesa.
La porta cigolò piano e con mia assurda sorpresa, mi ritrovai faccia a faccia con Castiel.
-Cherì?-
-Ariana... !-
Abbassò la mascherina osservandomi allibito. Scioccato.
Gli occhi sgranati, in movimento tra me e la donna svenuta sul letto. E poi, con pacata lentezza addossò lo sguardo sulla mia figura camuffata.
-Non dirmi che ci hai pensato anche tu...-
Portò una mano sulla fronte con forte dissapunto.
-Cosa?-
Inclinai di poco la testa, incrociando le braccia sul petto, cercando d'intendere le sue parole.
- Ho appena mandato un'assistente a farsi un sonnellino. Insomma... Non volevo farlo-
Sembrava mortificato. Lo sguardo colpevole.
Alzai gli angoli della bocca in un sorriso malizioso.
E chi l'avrebbe mai detto? Che il buon samaritano alla fine avrebbe poi oltrepassato l'uomo ferito?
-Ah buono, almeno mi hai risparmiato il lavoro sporco-
Lo superai uscendo dalla stanza.
Castiel mi seguì confuso. Il passo veloce. Il corpo irrequieto.
- Che intendi dire?-
Alzai gli occhi al cielo, portando un dito sulle sue labbra. A questo passo ci avrebbe fatti sgamare.
-Shhhh. Dobbiamo uscire di qui in silenzio-
Si morse il labbro con aria seccata.
Potevo chiaramente vedere il fiume di domande ondeggiare sul suo volto.
Aveva fame di risposte. Un uomo Impaziente che voleva sapere tutta la verità, tra cui anche quelle più occulte e segrete. Verità che io non ero pronta a rivelare.
Oltrepassammo l'uscita d'emergenza e poi il vasto cortile centrale; giungendo ai cancelli secondari.
-Ora mi dici dove stiamo andando?-
Spostai lo sguardo su di lui, osservando il suo camice fino alla cuffia verde sul capo.
-Devo?-
Lo stuzzicai, aspettando di vedere le sue soavi espressioni frustrate. Gli occhi accesi. Le labbra imbronciate.
Espressioni facciali che in modo ambiguo, mandavano il mio sistema in uno stato di ecstasy primordiale.
- Ariana per favore! Ho appena eseguito un atto illecito per venirti a cercare!-
Sorrisi di nuovo, aggravando ancor di più la frustrazione dipinta sulla sua faccia.
- E con ciò?-
Castiel imprecò sottovoce, fulminandomi con lo sguardo. La fronte aggrottata. Le mani chiuse in due pugni serrati.
Mi gustai la scena, osservandolo inveire tra sé, borbottare di quanto a volte, sapevo essere decisamente snervante.
-Castiel, dimmi. Hai notato qualcosa alla cerimonia di Uriel?-
Ritornai seria e fredda. Sotto lo sguardo perplesso di lui, il quale non capì a cosa fosse attribuito il mio cambiamento umorale.
Né perché ora sembrassi improvvisamente risoluta.
Mi guardò frastornato. La bocca semichiusa.
Quasi avesse paura all'idea di formulare tale domanda.
-Ariana... Hansel dov'è?-
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