Tear (2/2)

Capitolo LV

"Ursula di Bonadeo: Metteresti il mio cuore in pericolo?

Cesare Borgia: Lo metterei in fuga, ma non lo ferirei mai."

-The Borgias


- Perché mi tratti così?-
Castiel si sedette sul letto matrimoniale, al centro della stanza.
Gli occhi tristi, le sopracciglia aggrottate.
Un uomo in procinto d'impazzire.
La muscolatura rigida e i nervi tesi.
Mi accigliai, assottigliando la vista, ponderando sulla sua domanda.
Piena di rabbia. Carica di frustrazione.
-Dimmi... Castiel-
Mi scostai dalla parete, fermandomi davanti alla sua figura.
-Che cosa pensavi di trovare in me...- mi chinai su di lui.
-Che cosa credevi di trovare?-
Non osò guardarmi, troppo ferito per farlo. Fin troppo consapevole per negarlo.
-Ti ho detto che non ho buone intenzioni! Ti ho detto che ogni momento, ogni secondo combatto contro la mia vecchia natura!-
Strinsi la presa sulla sua mandibola, voltando i suoi occhi verso di me.
-Ogni millisecondo, lotto contro la voglia di trafiggerti e di farti male. Di sentire il tuo sangue scorrere sulla mia pelle-
Tutto si muoveva dentro di lui. Negli occhi e nel suo respiro. Il battito fievole del suo cuore. L'inconfondibile odore innocente. L'animo ancora puro.
- Io son venuta verso di te nelle vesti della discordia, indossando la guerra. Ho sperato con il cuore in mano, di vederti fuggire...-
I suoi occhi verdi, giacevano su di me, come semafori. Le lunghe ciglia come fili d'erba.
Potevo chiaramente vedere il suo smarrimento.
-Eppure tu, come uno stolto, soggiorni in un paese desolato-
Castiel sospirò, passandosi una mano tra i capelli.
-Voglio soltanto assisterti! Permettimi di proteggerti..-
Scossi il capo gentilmente. Le mie mani ora sulle sue spalle.
- Può una distrazione aiutarmi a trovare la concentrazione?-
Socchiuse gli occhi, fissandomi con disappunto.
-Distrazione?-
L'espressione interrogativa. La curiosità nelle pupille.
- Tu sei la mia più grande distrazione, Castiel. E non posso permettermi di sbagliare-
Inclinò il capo con aria assorta. L'attenzione ancora su di me.

- Io devo poter cacciare senza esitazione. Tastare il terreno, fiutare e attaccare. Devo poter trovare Hansel priva di alcuna distrazione-

Lui annuì a malincuore. E poi seguì un breve silenzio. Nella quale potei studiare le sfumature della sua persona.

- Capisco-

Rispose infine.

Mi feci avanti di nuovo, appressando le mani sul suo volto. A volte non desideravo altro che amare qualcuno, ma odiavo farlo per davvero.
-Me ne andrò a breve. Tu non restare qua. Prendi tua sorella e tornate a Seattle. Non siete più al sicuro qui-
Amare richiedeva un certo tipo d'impegno che io non sapevo donare.
Portò le mani sopra le mie, in un gesto lento e pensato.
-E tu cosa farai?-
Le staccò dal suo viso, intrecciando le sue dita con le mie.
-Troverò Hansel, lo porterò indietro e poi mi allontanerò-
I suoi occhi si spalancarono per la sorpresa.
-Cosa stai dicendo?-

🔹Castiel🔹

Non sapevo spiegarmi come l'ira e la sofferenza giocassero con il mio cuore.
Del vuoto che ogni tanto minacciava di svuotarmi l'intestino.
Il senso di nullità che spesso attanagliava le mie interiora. Volevo spingerla via. Dimenticarla. Lasciarmi tutto alle spalle.
E questo per come mi faceva pesare il cuore. Un carico che non era più dolce da trasportare.
Ariana mi fissò con irriducibile pazienza.
I pozzi neri piantati sulla mia faccia, nella speranza di leggere i miei pensieri.
Sciolsi le dita dalle sue, ovvero quelle erano le mie intenzioni. Tuttavia lei non mollò la presa.
-Non fare così Castiel. Non atteggiarti come se non capissi le mie intenzioni!-
Mi rimproverò come se stesse sgridando un novellino.
Il suo volto di nuovo chinato su di me, a pochi centimetri dal mio.
Sapevo bene che era difficile anche per lei. Capivo benissimo che Ariana portava un grande fardello sulle sue spalle.
E non era per niente facile.
Nulla di quello che avevo vissuto era paragonabile a quello che aveva affrontato lei.
-Sai che potrei in ogni momento riportati in caserma? Mandare una pattuglia per farti arrestare? Rinchiuderti se devo?-
Lo dissi con molta acidità, abbastanza da farla meravigliare.
Ariana serrò le labbra, trascinando un dito sotto il mio mento, sfidando con fierezza i miei occhi adirati.
-Fa tutto ciò che ritieni sia giusto. Non ti fermerò-

Ci fissammo l'un l'altro in un modo strano, come se fosse un argomento silenzioso. I nostri sguardi si scontrarono, e così anche i nostri sospiri.
La sua cornice sontuosa.
L'aura ancestrale.

In lei vi era una bellezza arcana: i suoi occhi di una sostanza ricca, tale da rubarti il respiro, e perforarti l'anima.
I capelli come una cascata di ossidiana sulla schiena, in ciocche spesse e lucenti. Le sue mani forti ma allo stesso tempo gentili.
E le sue labbra... oh, come volevo baciare quelle labbra.

Sospirai profondamente, per poi catturare le sue labbra nelle mie. Mi alzai dal letto, per reggerla meglio. E la baciai di nuovo. Un unione lenta e morbida. Confortante in modi che le parole non sarebbero mai state in grado di fare. Corsi le dita lungo la sua schiena, tirandola più vicino fino a quando non c'era più spazio tra di noi e potevo sentire il battito del suo cuore contro il mio petto.
-Sii prudente- sottolineai, ancora indeciso se lasciarla andare.
- Tu sii prudente Castiel, credo sia l'imprudenza a dormire sulle tue spalle, non sulle mie-
Si allontanò dalle mie braccia, cominciando a prepararsi. Rivelando i suoi vestiti da sotto il camice.
La giacca a vento pronta sulla sedia.
-Sei sicura che non vuoi che venga?-
Tentar non nuoceva. E purtroppo la mia mente si ostinava a tentare.
-Non sicura. Convinta-
Ariana aprì il secondo cassetto dell'armadio, scoprendo due pistole nascoste tra gli asciugamani.
-Prendo in prestito le pistole di Hansel-
Storsi la bocca, contrario.
-Tranquillo non sono per me. Ma potranno servire come autodifesa-
Caricò le pistole all'interno della giacca.
Pronta per uscire. Per svanire nel nulla.
Avrei dovuto fermarla. Ma invece, non riuscivo a fare altro se non guardarla.
-Salutami tua sorella con tanto affetto-
Una nota d'ironia sulle ultime parole.
Feci un cenno con la testa. Aspettando di vederla sparire dalla stanza verso la notte.
Per niente contento di non poterla seguire.
Dal momento che non ero sicuro se sarebbe poi tornata. E se invece fosse un addio. Una fine...
Ariana chiuse la porta alle sue spalle.
E in poco tempo mi ritrovai a far compagnia al silenzio.
Avrei voluto dirle più cose, incoraggiarla se potevo. Spronarla a credere che non fosse sola in tutto questo.

🔹Hansel🔹

Furono rumori lontani a svegliarmi.
Voci sommesse, a destarmi. Mani sul mio corpo. Dappertutto, su ogni superficie della mia carne.
-Oh ti sei svegliato finalmente-
Una voce più adulta fece breccia nelle mie orecchie.
Una donna sulla quarantina. Una voce così tanto famigliare da farmi sgranare la vista.
-Diana Clark...?-
Se ne stava lì, davanti a me. L'unica persona nella stanza, eppure, per un secondo avevo pensato di aver sentito più voci.
-Chi ti ha fatto questo?-
Impiegai qualche secondo per capire a cosa si stesse riferendo. E poi gli eventi di prima, mi fiondarono con una violenza tale da forarmi il cranio.
La bile mi salì fino in gola e temetti di vomitare.
Le voce di Diana parve lontana, sommersa da qualche parte nella mia testa.
Fui colpito da un vecchio flashback, che mi riportò indietro nel passato.


🔹🔹


[Flashback/ France, Paris]

-Dove fa male?-
La signora Clark, osservò il ragazzino che aveva adottato. Il fanciullo che si era portata dietro quando aveva ritirato Ariana dal collegio. Stava seduto sulla scrivania, le gambe penzolanti nel vuoto.
La pelle esposta. La schiena rigata da svariate cicatrici.
Con un una mano percorse le ferite rimarginate, lo sguardo sconvolto.
Lo sconforto nella voce.
-Qui?-
La donna lo interrogò, pigiando il dito contro una piaga all'altezza delle spalle.
Hansel scosse il capo.
-Qua?- provò da un'altra parte.
Osservando gli occhi pensierosi del ragazzo. Il male che questa fragile creatura aveva dovuto sopportare già da tenera età.
-Allora dimmi dove fa male?-
Hansel prese la mano della donna, che aveva cominciato da poco a chiamare zia.
E premette la sua mano sul suo petto. Dove stava il cuore. E lì rimase.
Quel gesto, la spinse all'orlo delle lacrime.
Dal momento che capiva benissimo di cosa stava parlando.
E in un movimento repentino lo strinse a sé, il suo capo sotto il mento di lei.
Le braccia avvolte attorno alla giovane figura.
-Sei stato davvero bravo Hansel... -
Gli accarezzò i morbidi capelli neri.
-Ma ti chiedo di tenere duro. Hansel, fallo ancora una volta...-
Il ragazzo chiuse gli occhi, mordendosi il labbro inferiore.
-Guarisci figliuolo, fallo nello stesso modo in cui le cisterne raccolgono la pioggia...-

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