Tear (1/2)
Capitolo LIV
"E non capivo dove fosse casa mia, né dove riposasse l'anima mia".
-J.Kai-
🔹HANSEL🔹
Le luci colorate, non mi erano mai parse così interessanti. E nello stesso modo le ragnatele agli angoli delle pareti.
Di certo, più affascinanti del sangue nella mia bocca e del male sul mio corpo.
In fin di vita sul ciglio di un bordello.
In mezzo al tanfo di chi si era venduto all'alcool, alla droga, e a ogni tipo di atto sadomasochista. La perversione allo stato puro. Degenerazione nei colli più alti.
Strisciavo la terra come un rettile; spingendo il resto del corpo martirizzato con le braccia. E così sporcando il pavimento con il sangue che perdevo dal torace, o dall'addome, oppure dalla schiena.
Tanti erano i colpi ricevuti. Innumerevoli le cicatrici sulla carne, e misera la speranza nei miei occhi.
La mia unica possibilità rimasta consisteva nel chiedere aiuto. Strisciare fuori di qui, verso l'aperto. E pregare in un qualunque aiuto conveniente nel cuore della notte.
Uriel mi aveva teso un'imboscata, e qualcuno di losco e furtivo, mi aveva premuto un panno con qualche sostanza chimica, contro le mie narici.
E poi tutto era diventato nero...
Un buio pesto che era durato sino al mio risveglio, nella stanza di un casinò. Una camera piena di prostitute e di individui mafiosi.
Sembravano tutti attendere il mio arrivo, e ciò voleva dire solo una cosa.
Uriel sapeva che sarei stato qui. Il genio contorto, aveva organizzato il mio arrivo settimane fa. Tant'è che, gran parte del bordello conosceva il mio nome.
Ogni parte del mio corpo doleva. Ogni centimetro della mia pelle bruciava.
Ed ero fortemente convinto di stare morendo.
Una volta nella stanza avevano tutti giocato a turno.
Maschi e femmine. Donne e Uomini.
E io ero diventato lo zimbello del gruppo.
Lo svago del momento.
Corpi sulla mia carne, labbra sconosciute sulla pelle. Odori di ogni genere. Vestiti strappati. Pugni violenti. Mani possenti.
E poi come barbari, mi avevano pestato a sangue, colpito ovunque.
Non che non conoscessi la violenza, perché in fondo avevo vissuto in essa; tuttavia, mi chiedevo quanta mostruosità potesse contenere un solo uomo.
E se Dio mi stesse punendo per qualcosa che avevo fatto in passato.
Per un lungo periodo avevo creduto di avere un cuore elastico. Snodabile.
Così flessibile che se anche mi avessero strappato da ogni parte, non mi sarei comunque spezzato.
Eppure, ecco se possibile la flessibilità che perdeva la sua scioltezza.
Ecco il cuore malleabile che si incrinava.
-E' vivo?-
Percepii la punta di un piede sul fianco.
-Credo, ma non per molto. Sta perdendo troppo sangue...-
Mi voltarono sulla schiena.
A malapena riuscivo a distinguere le tre figure, che ombreggiavano sulla mia figura.
Riuniti attorno al mio corpo disteso.
-E' ancora vivo, sta muovendo gli occhi. Bisogna portarlo fuori di qui, e in fretta!-
Stordito dal caos e dal sangue, chiusi di nuovo gli occhi, perdendo nuovamente i sensi.
🔹Castiel🔹
-Hansel dov'è?!-
Paris stava con lo sguardo inchiodato sulla figura di Ariana.
Impaziente e frenetica.
Disperata nel scoprire che Hansel non era rientrato con noi.
Avevo positivamente tentato di spiegarle che non lo sapevamo, ma che lo avremmo sicuramente trovato. Anche perché come Paris, Ariana aveva scelto di tenermi all'oscuro. E non sapevo nemmeno dove potesse trovarsi. Purtroppo tutti i miei buoni propositi erano andati al cesso, quando Paris infuriata aveva scansato a terra il calice che Ariana teneva tra le dita.
E nel processo, si era rovesciato tutto lo champagne di buona qualità.
-Paris calmati! Per favore-
Non l'avevo mai vista così irrequieta.
Pronta a disfare tutta la stanza pur di avere una risposta.
Oltre al calice di Ariana aveva già buttato una pila di libri a terra.
-Io non sono Castiel! va bene? Sei vuoi tenerlo all'oscuro fa pure! Ma in quanto a me! Io devo sapere dov'è Hansel!-
Rimasi attonito dalle parole di mia sorella.
Ferma a pochi centimetri dalla silhouette silenziosa di lei.
Doveva essere un insulto?
Storsi la bocca, non sapendo cosa replicare. Né come rispondere alla sua frase avventata.
Pertanto, leggermente irritato dall'idea che tutti pensavano che fossi la sua marionetta. E che mi facevo andare bene qualunque cosa. Anche se contrario.
Ariana alzò lo sguardo dal calice sul pavimento all'espressione adirata di mia sorella.
Stoica e ferma come la gioconda nel dipinto di Leonardo Da Vinci.
Nessuna reazione. Nessun movimento.
Paris strinse i pugni, ancor più infastidita dall'indifferenza di sua maestà seduta sul trono. Estranea a ogni spostamento umorale nella stanza.
-Ma che razza di persona insensibile sei?! Sei davvero orribile!-
Scattai dalla sedia avviandomi verso di lei.
Ma è scema??
Voleva così tanto morire giovane?
Anche se Ariana non dava segno di risposta, non significava che non né fosse nauseata. Anzi, ero sull'idea che i suoi silenzi erano ancor più pericolosi di quando parlava.
-Paris smettila! Stai esagerando!-
La ghermii per un braccio, tirandola verso di me.
-Vuoi sapere cosa mi ha detto Hansel quando eravamo in caserma?!-
Paris non demorse, cercando di farsi strada, di avvicinarsi di nuovo verso la donna muta.
Stavolta Ariana parve destarsi dal suo sonno remoto. Sensibilizzando le sue orecchie alle parole di mia sorella.
-Ha detto che tu lo fai sentire come se fosse a casa! Ha detto che lo fai sentire a casa, hai capito?!-
Paris si liberò dalla mia stretta marciando verso di lei.
-Ma credo che lui si sia sbagliato. Mi dispiace dirlo ma non penso che una persona come te possa mai far sentire qualcuno a casa!-
-Oddio Paris sta zitta!-
Mi lanciai di nuovo verso di lei, con l'intenzione di mandarla via, ma fui preceduto dalla figura di Ariana.
In piedi. Immobile davanti alla figura sorpresa di Paris, la quale tentò d'indietreggiare in vano.
Rapida ma assertiva, allungò una mano attorno al suo collo, tentando di strozzarla.
-Ariana no!-
Mi imposi con forza, sciogliendo la sua presa ferrea e spintonando mia sorella lontano da lei.
-Ora basta così!!-
Furioso, afferrai la mano di Ariana trascinandola con me verso un'altra stanza. Lasciando Paris in lacrime nel piccolo soggiorno.
Da lei sarei tornato più tardi, ma per ora dovevo sistemare alcune cose irrisolte con la diretta interessata.
Una volta nella stanza accanto, la sospinsi contro la parete, braccandola con entrambe le braccia ai lati del viso.
-Tanto per cominciare, non aggredire mia sorella mai più! Piuttosto prenditela con me!-
La guardai negli occhi, errando con persistenza l'interno di quei labirinti senza uscita. Le sue labbra sottili dal tocco cedevole. L'espressione indecifrabile eppure dal potere ammaliante.
-Mia sorella è stata una stupida a dirti quelle cose. Ma punisci me al suo posto...-
Mi addolcì, scandendo le parole con più calma e meno rabbia.
I suoi occhi scrutatori rimasero nei miei.
In cerca di qualcosa oltre l'aspetto esteriore. E come un miniatore sembrava scavare le mie profondità, e dare inizio alla mia creazione.
E poi socchiuse gli occhi in due fessure.
La sua mano ferma sulla mia nuca, alla base del mio collo.
-Come puoi aiutarmi a risolvere qualcosa che tu non sei chiamato a fare?-
Avvicinò la mia fronte alla sua.
Le sue parole strette tra i denti, ricolme di una frustrazione incolmabile.
Mi morsi il labbro inferiore, chiudendo gli occhi per qualche breve secondo.
-Mettimi alla prova...-
Mi faceva male pensare che non mi ritenesse all'altezza; che non avesse bisogno di me, nello stesso modo in cui avevo bisogno di lei.
-Hansel si trova dove non batte il sole, quando la terra non tocca le nuvole,
In un luogo senza regole. Dove il cuore dell'uomo è inevitabilmente debole-
Sfiorò le mie labbra con le sue, senza però indugiare allungo.
-Dimmi che luogo è... Castiel?-
C'era stata una volta, in cui mio padre mi aveva fatto sedere al tramonto. E con trasporto, aveva cominciato a farmi un indovinello dopo l'altro. Mi aveva riempito la testa di rompicapi ed enigmi contorti. E quando gli avevo domandato il perché di tali versi...
Non aveva aperto bocca.
Solo più tardi mi aveva rivelato la risposta. E con un'evidente frustrazione, aveva replicato che dovevo imparare a leggere tra le rime. E di non vedere quello che la gente voleva che vedessi ma, quello che tentava di nascondere.
E se non erravo, vi era un messaggio tra quelle rime.
Un luogo dove non batteva il sole, un luogo nascosto. Sottoterra. Un posto dove la luce difficilmente riusciva a filtrare. Un ritrovo di persone spericolate. Senza un freno nella loro vita. Privi di ogni limite etico e morale. Un posto senza regole. Un luogo dove il cuore ubriacato restava eternamente debole.
Avvolto in lungo trance, restai fermo. Gli occhi persi nel vuoto. L'intelletto affollato.
Dinnanzi alla presenza di Ariana, la quale mi osservava con irruenta precisione. Uno sguardo spettrale. Lontano anni luce.
Sospirai, tornando con la mente al presente.
-Un bordello... Hansel si trova in un bordello?-
Lei annuì, leggermente sorpresa della mia risposta. Quasi non se lo aspettava.
-Sì, esatto-
Incrociò le braccia al petto, appoggiandosi con il peso sulla parete.
-Allora che aspettiamo! Andiamo a cercarlo!-
Feci pressione, avviandomi verso la porta. Come un uomo pronto ad affrontare un'altra tediosa missione.
-No Castiel...-
-Cosa?-
Mi voltai perplesso verso la sua posizione. Confuso dalla sua reazione lenta e salda.
-Tu non verrai. E nessuno di voi sarà d'intralcio per me -
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