Spark
Ultima fase: Danza Grottesca
Capitolo XXXII
"Ho cominciato avendo tutto di te, e poi la maggior parte; finendo con aver alcune parti e poi nessuna"
_Lord Huron_
✨_Follies_✨
Quel respiro mi era talmente famigliare da metterti in soggezione.
E quella voce, eccessivamente spiritosa per la sue età.
Un giovane cresciuto troppo in fretta.
Come se, all'interno di lui vivesse un anziano di centomila anni e più. Un uomo immortale nelle sembianze di un ragazzino.
Il male all'interno del suo cuore e la vendetta nel suo spirito.
Lui era il mio riflesso, se mi guardavo allo specchio vedevo lui. Vedevo l'origine delle mie scelte e delle mie decisioni storpiate.
Avrei giurato che fosse me al maschile, che fosse il sangue dannato che sporcava le mie membra e danneggiava i miei organi.
Fumo nero e intossicante. Miasma tetro nell'ossigeno. Torrido nell'anidride carbonica.
Come dimenticare tale personaggio? Come potevo farlo quando avevo imparato ad affondare la mia prima lama con lui?
Oh, Impossibile da rimuovere dall'infimo del mio organismo. Troppo convulsivo per sradicarlo dal centro della mia entità.
Il suo profilo, come una gigantesca ombra contro la luce. Una bestia più grande sotto i raggi del sole.
-Impressionante...- Si mosse rapido alla mia sinistra. Un serpente viscido di fianco alla mia figura.
Una zazzera scura sulla testa e gli occhi vispi, di un castano troppo nero da sembrare irreale. Un cieco senza pupille.
-Come hai fatto a trovarmi?-
Socchiusi gli occhi in due fessure, inalando il suo profumo d'innocenza.
Una bugiarda innocenza che derideva la vera purezza. Una falsa innocenza che travestiva il vero candore di vergogna.
-Mi sei mancata... Lo sai? -
Spinse il suo naso freddo contro la mia guancia, muovendo le mani affusolate attorno al mio corpo rigido. Con gesti impavidi, profanando il mio tempio.
Lui alzò le mani sui miei fianchi, premendo le dita con aggressività, graffiando la superficie della mia pelle con le sue unghie.
Uno strattone per avvicinarmi e un altro ancora per attaccare la sua massa corporea alla mia.
-Mia dolce Anastasia....- Le sue labbra sulla mia guancia, i denti sulla mia pelle.
-Perché mi resisti?-
I morsi sul mio corpo dovevano fare male, ma ormai avevo imparato a non provare più nulla. Invulnerabile come il leggendario Achille dal piede veloce.
Impenetrabile come una spada oramai forgiata dal fabbro.
-Che cosa ti è successo Anastasia? C'è per caso qualcuno che possiede il tuo interesse?-
I miei vestiti erano in parte strappati, dalla foga che aveva di disonorarmi. Schiacciata sotto il suo peso, contro l'erba alta.
Sotto i suoi baci sanguinosi. Un disgusto e un ribrezzo nel fondo delle mie viscere.
-Sai quanto tempo ho impiegato a trovarti dopo che quella puttana ti ha portato via dal collegio? - Il suo fiato contro la mia faccia, in una serie di respiri affannosi. Spinti dal piacere di avermi sotto di lui. Dall'euforia di avere il suo linguine tra le mie cosce.
-E peggio quando ti ho visto sostituirmi con quel bambino dagli occhi turchesi...-
Scese con forza con la fronte sul mio viso, riuscendo a ottenere un'espressione diversa sulla mia faccia.
Portai le mani sul naso, sentendo il sangue sulle dita e il gusto metallico nella bocca. Un dolore sordo ma pur sempre presente.
-Parla! Parla stronza!- Il suo tono incollerito, ma non abbastanza duro, da risuscitare in me ricordi passati.
-Uriel lasciami andare-
La bestia che abitava nelle grotte della mia oscura essenza, stava ruggendo dal profondo della sua gabbia. Urgendomi di liberarmi di lui. Di sporcare le mie mani del suo sangue. Per ogni male che ci aveva inflitto.
✨_Castiel_✨
Avevamo cercato Ariana dappertutto, senza sosta e non l'avevamo ancora trovata. Hansel era impazzito a tal punto da lasciare la villa almeno dieci volte per andare a cercarla. Mi aveva invece ordinato di attenderlo in casa, se in caso fosse rientrata. Jolié era andata con lui, per precazioni. Abbastanza in conflitto con sé stessa per averla persa d'occhio.
E per l'ennesima volta mi ero ritrovato a essere di nuovo inutile. A essere messo in disparte da tutti.
Mio padre e Dave mi avevano trattato nello stesso modo quando lavoravo con loro. Non si erano mai completamente fidati di me, non abbastanza da lasciarmi svolgere un caso da solo. Troppo preoccupati che mi sarei ferito nel processo di portare a termine un compito.
E questo mi aveva fatto adirare molto. Moltissimo.
Perché avrei voluto rischiare come loro, mettere in gioco tutte le mie capacità e non solo una misera parte di me.
Pertanto, stavamo parlando di Ariana, qualcuno di importante,e non una qualunque paziente. Ma qualcuno che aveva stregato il mio cuore sin dall'inizio.
Camminai avanti e indietro per il lungo corridoio che portava all'ingresso, fumando almeno sette sigari per l'ansia e la tensione nel corpo.
Merda Ari! Dove sei?
Era ormai scesa la notte sulla città di Parigi, eppure di lei, non c'erano ancora notizie.
Mi ero ancorato sul largo davanzale. Appoggiato con la fronte all'ampia finestra appannata dal gelo. Gli alberi e la campagna attorno a noi, creavano una serie di ombre illusorie ma nessuna traccia di Ariana o Hansel.
Passarono almeno due ore così. In quello stato di profonda e indigente impotenza.
-Hansel! L'hai trovata?!-
L' avevo aspettato con impazienza; intravedendolo in lontananza. Fermo sullo stipite della porta con struggente speranza. Soltanto per... vederlo tornare indietro a mani vuote.
La dottoressa Jolié era preoccupata e delusa. Il dispiacere era visibile nel modo in cui guardava Hansel di sbieco.
-Vado a cercarla io!-
Feci per oltrepassarli, dirigermi verso i recinti della fattoria. O almeno quella era la mia intenzione, prima che Hansel mi afferrasse per il braccio, trascinandomi all'interno dell'abitazione.
-Hansel! Sei un grande pezzo di merda!-
Lui si parò davanti alla porta, ostacolando il mio passaggio.
Corrugai la fronte, arrestando la mia confusione su di lui.
-Qual'è il tuo problema?!-
Hansel era incazzato nero. E se non fosse perché in quel momento ero piuttosto determinato, mi sarei messo da parte.
Avevo imparato che un Hansel furioso equivaleva a caos e violenza fisica.
-Che cazzo hai detto stamattina ad Ariana?! -
Sgranai gli occhi sorpreso.
Stava veramente rovesciando la colpa su di me? Dopo tutti i discorsi che avevamo affrontato...?
-Hansel per favore calmati- Jolié si posizionò tra la mia figura e quella di Hansel, pregandolo di fermarsi. I suoi occhi imploranti e irresistibili.
Ma non per Hansel, il quale la liquidò con un gesto, marciando invece nella mia direzione.
Prima che potessi reagire ero già con le spalle al muro.
-Hansel dannazione! Non cominciare!-
La sua figura alta e slanciata torreggiava sopra di me. E per un attimo odiai il fatto di non essere abbastanza alto quanto lui. Non che fossi un uomo basso di statura, ma Hansel superava persino il mio un metro e ottantacinque.
-Ariana era turbata questa mattina! Che merda gli hai detto!-
Non potevo crederci.
Hansel mi stava incolpando della sua fuga. Davvero credeva che era sempre colpa mia?
Possibile che ogni volta che Ariana entrava in ballo, diventava automaticamente colpa mia...?
-Hansel mi deludi, sembri infantile- replicai a denti stretti, stringendo i pugni saldamente.
-Castiel! Non voglio farti male. Comincia a parlare-
-Colpiscimi se vuoi, perché Io non ho nulla da dirti!-
Jolié cominciò a tremare spaventata, ponendosi per la seconda volta tra me e Hansel.
-Hansel non è colpa sua!-
Lui esitò, abbassando il pugno alzato verso di me. Le vene del collo e dei muscoli pulsanti. E gli occhi turchesi oscurati dalla rabbia e dalla paura.
Forse, Hansel aveva soltanto paura di perdere Ariana...
Penso che fosse quel timore ha scatenare la sua ira. A portarlo a perdere la ragione.
A nostra sorpresa la porta d'ingresso si aprì, catturando le nostre attenzioni verso l'intruso inaspettato.
-Oh Santo cielo!-
Ariana stava a malapena in piedi, sporca di sangue. Il naso e la bocca sanguinante. I vestisti strappati in diversi punti, esponendo la pelle graffiata.
Piena di segni, simili a morsi umani.
Hansel fu il primo a scattare verso di lei, sollevandola subito tra le braccia.
Seguito da Jolié, la quale corse immediatamente a prendere il kit di pronto soccorso.
In quanto a me, rimasi paralizzato. I piedi radicati al suolo.
Gli occhi inchiodati su di lei. Il cuore gonfio e pesante.
Pronto a correre da lei, ma allo stesso tempo, schiavo di me stesso.
Quale animale avrebbe potuto fare una cosa del genere. Quale orribile persona avrebbe potuto ridurre la mia voragine in quelle condizioni?
E in tutto questo... Io dov'ero?
In quel momento mi sentii malissimo. E forse Hansel aveva ragione su tutto. Non avevo svolto bene il mio lavoro.
Io non l'avevo protetta.
Indietreggiai, distogliendo gli occhi dal suo corpo marchiato.
E al posto di andare verso di loro, invertii la traiettoria, dirigendomi verso la mia stanza.
...Perdonami Follies...
Il giorno dopo arrivò con il rimorso e la vergogna.
Mi ero alzato presto e avevo cominciato ad analizzare i registri di Hansel e di Ariana. Una scusa per allontanare tutti e per non vederla.
Pentito, per non essere andato a cercarla. Per non essere andato a vedere se aveva bisogno di me.
Mi morsi il labbro, concentrando lo sguardo sugli appunti che stavo scarabocchiando sul foglio. Assorto nella lettura del fascicolo riguardante Hansel. Tant'è che quando bussarono alla porta della mia stanza, ebbi un tuffo al cuore.
-Castiel posso parlarti?-
Riconobbi la voce profonda di Hansel, il quale tono pareva stranamente gentile e cauto.
Mi alzai dalla scrivania, avanzando verso la porta.
Il passo incerto e indeciso.
Non volevo affrontarlo ora. Anche perché non avrei saputo cosa dire.
E peggio, non sapevo nemmeno se volevo veramente ascoltarlo.
-Avanti...-
Incrociai le braccia sul torace, appoggiandomi con la schiena contro la parete di legno.
Hansel entrò chiudendo la porta alle sue spalle, rilasciando un debole sospiro dalle labbra semichiuse.
-Ti chiedo scusa...-
Alzò gli occhi dal pavimento, soffermandoli su di me, mostrando la sua sincerità su un piatto d'argento.
- Non intendevo darti la colpa-continuò lui, scrutando la mia espressione spenta.
Le mani nelle tasche dei suoi pantaloni di velluto.
-Lo dici sempre Hansel e poi lo rifai. E non credo nemmeno che questa sia l'ultima volta- dissi distaccato, spostando lo sguardo lontano dalla sua posizione.
-E ti chiedo scusa per tutte le volte che lo rifarò ancora-
Riportai gli occhi su di lui in un movimento repentino; tentando di registrare le sue parole nella mia mente.
-Hansel non è cosi facile...-
-Lo so Castiel! Pensi che non lo sappia?-
Dischiuse gli occhi, alzando una mano sulla sua chioma corvina. All'interno dei suoi capelli fitti. In un gesto frustrato e irrequieto.
-Non lo faccio volentieri, insomma un tempo sì... ma non adesso. Non riesco a controllarlo capisci?-
-Cosa non riesci a controllare?- chiesi curioso, scostandomi dalla parete e andandomi a sedere sulla scrivania.
-Il vizio d'incolpare gli altri degli errori commessi da me...-
Portai una mano sotto il mento, riflettendo sulla sua frase. Assumendo un'aria perplessa e meditabonda.
-Al Kimpton Hotel... Avrei dovuto dirti di Ariana e della sua salute. Tu non potevi saperlo. Eppure mi sono incazzato con te, pur sapendo che era colpa mia-
Non lo biasimavo, anzi lo capivo. Da una parte sì. Ovvero, il sentimento che provava per Ariana era talmente forte da esporre le sue debolezze.
E penso che, Hansel si sentisse così male ogni volta che non era in grado di salvarla. E finiva per discolparsi e rovesciare il rimorso su un'altra persona.
-Non fa niente Hansel, è tutto apposto -
Appoggiai i gomiti sul tavolo, accennando un mezzo sorriso nella sua direzione. Un modo per liquidare l'atmosfera negativa.
- Puoi tornare da Ariana-
Lo incitai, tornando a guardare i miei appunti.
A mia sorpresa, Hansel scosse il capo. Gli occhi tormentati e tristi, sebbene un sorriso scaltro sbocciasse sulla sua bocca.
-Castiel... Ariana chiede di te. Non ha fatto altro che chiedere di te-
-Davvero?-
Hansel annuì, aprendo la bocca in un sorriso divertito.
-Avresti dovuto vedere l'afflizione nei suoi occhi quando gli hai dato le spalle-
Fui attraversato da un'altra fitta ancora più dolorosa, sulla parte sinistra del petto. Consapevole che ciò era dovuto al mio folle tentativo di respingerla dal mio cuore.
-Hansel io voglio che tu sia felice...-
-E io voglio che lei sia felice Castiel-
Alzai lo sguardo su di lui.
Fermo per qualche secondo in più.
Intento a studiare la sua faccia. La sua espressione sofisticata e illeggibile. Arrabbiato con me stesso, con la cruda realtà che stava vivendo Hansel. Addolorato dalla vita ingiusta nei suoi riguardi.
Perché lui?
-Castiel ti prego, non guardarmi così-
Alzò gli occhi al cielo, appoggiando le mani sui fianchi.
Scossi il capo, cercando di mettere insieme le parole.
Pronto a formulare qualche solida obiezione.
-Hey ascoltami. Tu vuoi rendermi felice sì o no?-
Annuii con un cenno della testa, distogliendo gli occhi dai suoi.
Non riuscendo più a reggere il peso del suo sguardo.
-Allora sappi che la mia soddisfazione sorge con la sua. Tramonta e risuscita a causa sua, Castiel. Ma io non posso essere completo se lei non lo è. E così anche Ariana se tu non lo sei per lei...-
Infilai le dita tra i capelli, mordendomi le labbra con più insistenza. Fissando un punto indistinto nel vuoto.
-Castiel, sciogli Ariana dalle sue catene e rendimi l'uomo più felice del mondo-
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