Secret
Ultima Fase: Danza Grottesca ( 1 Parte)
Capitolo LIX
Se la luna piena ti ama, perché preoccuparsi delle stelle?
-African Proverb
-Ariana! Non ti sembra di esagerare?-
Diana mi rincorse giù per le scale.
I pugni chiusi e le labbra imbronciate.
Aveva sentito in parte la nostra conversazione, e si era arrabbiata per la poca finezza che avevo usato nei confronti di Hansel.
-Ho soltanto detto la verità-
Aprii un borsone, innescando diversi pugnali. Le pistole ben nascoste nel fondo della borsa.
-Dagli tregua in qualche modo! Perché sei così dura con lui?-
Socchiusi gli occhi infastidita, le mani a lavoro con le lame.
Presi dell'alcool dalla lavanderia, per poi rovesciarne qualche goccia su un panno bianco.
Dovevo assolutamente essere dura con lui. Hansel non doveva dipendere da me. Doveva odiarmi e dimenticare.
Rifarsi da capo e tagliare ogni ponte col passato. E anche Castiel avrebbe dovuto fare la stessa cosa.
Non potevano trarre nulla di buono dalla mia persona, quindi perché insistere?
-Lo so che sei arrabbiata per le cose che sono successe ultimamente! Ma abbandonarli così e sparire nel nulla non è la cosa migliore!-
Mia madre si riferiva al rapimento di Castiel e alla condizione di Hansel.
-E cos'è migliore? Renderli bersagli facili per Uriel?-
Passai il panno sulla lama, pulendo le macchie essiccate, riportandole al loro splendore naturale.
-Ariana non dovresti aggrapparti alla tua alessitimia, dovresti cercare di migliorati!-
Voltai lo sguardo verso di lei, un fioco sorriso sulle mie labbra.
-Dovresti cercare di essere più sensibile alla sofferenza altrui, sapendo che anche tu hai sofferto nello stesso modo!-
Alzai gli occhi al cielo, rimettendo i pugnali nel borsone, per poi caricarlo sulla mia spalla.
-Devo andare a Seattle, per vedere se l'altro è arrivato a destinazione sano e salvo. E poi me ne andrò per la mia strada-
Diana boccheggiò, la fronte aggrottata.
Il corpo scosso, come segno di quanto fosse arrabbiata.
-Da Uriel immagino...-
Sospirai, osservando i dintorni della casa, tranne che il suo viso adirato.
-Ariana ti stai almeno ascoltando? Tu vuoi andare da Uriel? Dalla causa di tutte le tue tragedie?-
Mi arrestai, corrugando la fronte. Di nuovo confusa dal suo parlare.
-Di quali tragedie parli?-
Diana ammutolì, spostando lo sguardo da un'altra parte.
-Nulla... -
La sua risposta avventata mi fece irritare, per come persisteva ad evitare l'argomento.
Dal momento che conosceva la verità e non voleva confessarla.
-Se non me lo vuoi dire, allora non sprecare fiato-ribattei.
Le parole sulla mia lingua gelide come il ghiaccio. Spinte da un'irrefrenabile voglia di ferirla.
Distolsi l'attenzione, dirigendomi verso le scale, scegliendo di ignorarla.
-Ariana... !-
Venni nuovamente fermata. La sua mano chiusa attorno al mio polso.
-Sai che non mi costa nulla rispedirti in una nuova struttura?-
La sua voce ora minacciosa. Autoritaria.
-Ti ho mandato al Megan Hospital, e non ho paura di rinchiuderti di nuovo! Se questo è quello che devo fare, lo rifarò volentieri!-
Alzai gli angoli della bocca in un sorriso scaltro. Pieno d'ironia.
-E che bel lavoro che hai fatto fin'ora...- la schernii, sottolineando gli stupri ricevuti durante la permanenza. La vana protezione che aveva eroicamente pensato di donarmi.
E per come avesse fallito nell'impresa.
Uno schiaffo inaspettato, seppur prevedibile, giunse sulla mia guancia destra.
-Ariana come osi dire una cosa del genere!! Credi davvero che io...-
Diana s'interruppe da sola, attraversata da un singhiozzo sommesso. Le mani alla bocca, il corpo tremante.
Conoscevo bene le sue intenzioni, e sapevo che non mi aveva mandato al Megan Hospital per farmi del male. L'aveva fatto per fermare le mie insane abitudini, per placare la mia vendetta.
Per sciogliere la mia ira.
Purtroppo, persino ogni buona azione aveva una conseguenza. E così anche la sua, seppur genuina.
Sospirai di nuovo, scuotendo la testa in modo impercettibile.
-No non lo credo-
🔸CASTIEL🔸
Quando mio padre mi aveva raggiunto fuori, sulla veranda, non pensavo fosse per darmi quell'orribile notizia. Avevo pensato a qualche consiglio, o meglio, a qualche accogliente incoraggiamento. E questo perché ero sparito per diverse settimane, e lui non aveva ancora spiaccicato una sola parola.
Niente di niente.
Nessuna domanda e nessun conforto soave.
Non si capiva nemmeno se fosse felice del mio ritorno, pertanto, era venuto qui con la sua pipa per darmi un'ennesima mazzata al cuore. A momenti, come se non avessi il cuore già incrinato; come se non stessi male di mio.
Un uomo in missione pronto a disfare il castello di sabbia su cui avevo lavorato con molta fatica.
Digrignai i denti, accendendo un'altra sigaretta con foga. Le mani tremanti di rabbia. L'espressione cupa.
In tutto questo, mio padre mi aveva guardato in silenzio, aspettando di ricevere una qualsiasi reazione dalla mia parte.
-Ho parlato con il tuo capo, e abbiamo deciso di rimuoverti da questo caso-
E forse per la stanchezza, la rabbia e la mente annebbiata, non avevo emesso alcun suono.
In fondo cosa avrei potuto dire, come mi sarei dovuto difendere?
-Non è da te rimanere in silenzio...-
L'uomo di età avanzata liberò cerchi di fumo dalla pipa, gli occhi chiari, fermi sulla mia statica posizione.
Socchiusi gli occhi, rifiutandomi di rispondere. Troppo innervosito per farlo.
Mio padre di conseguenza, sospirò, appressandosi alla mia figura distaccata.
-Castiel, non pensare che non mi fidi di te, o che non ti veda come un giovane responsabile. Credo nelle tue capacità...-
-Allora qual'è il problema? Perché tu... Perché anche Dave... Come mai...-
Sbuffai lasciando a metà il discorso, non ne valeva la pena. Spiegarmi non sarebbe servito a nulla. Tanto ormai avevano deciso senza di me.
-E solo che davanti alla società hai violato diversi protocolli, hai fatto di testa tua. E se non fosse perché Mr Houston vi considera come figli, tu e Hansel dovreste essere licenziati.-
Chiusi gli occhi lentamente, liberando una nuvola di fumo nell'aria fredda.
-Almeno sentitevi privilegiati, poiché alla fine vi ha fatto fare quello che più vi conveniva. Anche se contro le regole-
Abbassai lo sguardo verso il suolo, la sigaretta dimezzata nella mano destra, altre consumate nel posacenere.
-E tu invece? Qual'è il tuo
motivo?-lo interrogai.
Curioso di sapere perché avesse acconsentito a togliermi la posizione. E del perché non mi avesse difeso.
La sua mano callosa spense la pipa, appoggiando l'affare sul tavolino del posa cenere. Le mani ora incrociate sull'uniforme da commissario.
-Tua madre era sconvolta. Non dormiva la notte. E i tuoi fratelli nemmeno. Hanno passato notti in bianco alla stazione di polizia...-
Strinsi i pugni, scuotendo la testa.
-Non ti ho chiesto di loro, ho chiesto di te-
Alzai gli occhi su mio padre, incontrando il suo sguardo arcano. Severo, ma compassionevole.
Lui sospirò, portando una mano sulla mia spalla.
-Ho avuto l'onore di parlare con Follies quando eravamo in caserma, di interrogarla durante il tuo rapimento-
Alle sue parole mi ravvivai come un fuoco, preso alla sprovvista. All'idea che mio padre si era seduto a conversare con la
donna velenosa che intossicava la mia sanità.
-Quella giovane donna... Possiede qualcosa di particolare. Un tipo di persona che sa dimenticare ma non sa farsi dimenticare-
Mi sfiorò la guancia con il dorso della mano, le nocche fredde sulla mia pelle. L'odore della pipa ancora su di essa.
-Però stavolta non ti dirò di essere prudente, ma di sottrarre il tuo cuore a cicatrici più grandi-
Portò anche l'altra mano sulla mia spalla. Il distintivo dorato contro la fievole luce del pomeriggio.
-Mi fido di te e lascerò che tu svolga questo caso, anche se ti è appena stato vietato. Promettimi solo di non farti trascinare sott'acqua-
Guardai mio padre con occhi nuovi, leggermente sconcertato dal suo sguardo irremovibile. Simile a un genitore pronto a congedare il proprio figlio in guerra.
-Promettimelo Castiel...- mi scosse piano per le spalle, con un'urgenza visibile nelle pupille.
-Te lo prometto-risposi confuso, estraneo alla situazione.
Che cosa stava succedendo?
~ 5 Giorni fa ~
[Seattle, Casa di Edgar Smith]
Quella tarda sera con la scusa di attendere una riunione importante, Egdar aveva fatto in modo che sua moglie e suoi parenti, lasciassero la casa libera. E aveva ordinato a un caro amico di portarli al cinema o al ristorante. L'importante che nessuno fosse rimasto con lui all'interno della sua dimora.
E con una pipa in mano e la cravatta ben stirata, aveva aspettato l'arrivo della sua cliente. La persona con la quale avrebbe discusso il rapimento di Castiel e la fuga di Ariana Clark.
Un organo della polizia, aveva pensato,
ma invece, tutto andò a monte quando fu una donna rossa a valcare la soglia del soggiorno. Gli occhi grigi nascosti dietro un paio di occhiali da vista. La giacca di pelle avvolta sul corpo esile.
Era entrata con una tale eleganza da sembrare una milionaria di un certo livello, e con una grazia impressionante, si era seduta sulla sedia dinanzi a lui.
-Piacere di Incontrarla Signor Smith-
Un sorriso tirato sulle labbra rosse. Quasi divertito.
- io sono Diana Clark-
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