Rush
Capitolo XLVII
"Certi uomini vogliono solo vedere bruciare il mondo"
-Alfred Pennyworth
[Westcord Art Hotel, Amsterdam ]
-Tu mi vedi, e io ti vedo. Quindi perché fingere che non esistiamo?-
Uriel teneva le sue braccia attorno alla sua vita. Tirando con foga il corpo di Anastasia verso di lui. Contro il suo torace. Quasi come se volesse divorarla all'interno della sua massa corporea.
Un tutt'uno. Una fusione di due persone in un corpo solo.
-Non è quello il punto!-
Un ringhio sommesso lasciò le labbra di lei. La quale cercava un modo per liberarsi dalle sue fauci ardenti. La morsa delle sue dita schiacciate contro la sua carne. Tanto da lasciare un segno in superficie.
-Uriel io posso vederti ma scegliere di non scorgerti-
Tali parole, bucarono il cuore di lui sino alla rabbia. Una rabbia cieca e vendicativa. Abusiva e fuori controllo.
-Come osi! Come osi rinnegare il tuo dio?-
Anastasia scosse la testa infuriata, le unghie affondate nel braccio di Uriel.
-Tu non sei il mio dio! E mai lo sarai!-
Il giovane sgranò gli occhi incredulo. Colpito. Affascinato da una codesta collera abbagliante.
Ira e bellezza nel volto di una ragazza. Incastonati insieme, in amore e in accordo.
Un demone minuto. Una beltà inquietante da far rabbrividire la pelle.
-Oh invece ecco dove sbagli amore, io sono nato per divenire. Per essere molto. Un essere esangue e divino. Dotto e furbo. Nato per essere Uriel il magnifico; con tanto di lussuria e fama...-
Spinse la figura di lei contro la parete, avvinghiandosi; unendo ogni parte di se stesso con le parti di Anastasia. Una gamba in mezzo alle sue cosce. Le mani sotto la gonna in maniera indecorosa. Mentre le sue labbra riposavano sul collo di lei.
-E tu mia cara... Per venerarmi. Per amare me e tutta la mia gloria-
🔸🔸
Rinvenni dai miei polverosi ricordi.
Chinata in ginocchio davanti alla targa di un magazzino. La torcia puntata sulla scritta in rilievo.
" Denver & Co".
Era lo stesso marchio di una vecchia ditta abbandonata dove un tempo mi avevano rinchiuso con altri miei coetanei.
- Hai trovato qualcosa Ana?-
Mi voltai verso la figura slanciata di Hansel, in piedi davanti alla porta a fare da guardia.
- Dov'é Paris?- chiesi istintivamente, quando lo vidi entrare da solo.
- Gli ho detto di restare su in hotel, non voglio problemi-
Sorrisi appena.
- Non ti fidi di lei...?-
Hansel scosse il capo contrariato.
- Non è quello! Insomma non hai visto come ha reagito quando ti ha visto? Non voglio sapere cosa potrebbe fare se dovessi lasciarla un secondo con te- obiettò, infilandosi le dita tra i capelli folti. Aggrottai la fronte, spegnendo la torcia e dirigendomi verso l'uscita della cantina.
Seguita da un Hansel dall'aria guardinga.
- Non dovresti invece preoccuparti di cosa potrei fare io a lei?- domandai, facendo attenzione a non far scattare l'allarme antifurto.
- Anastasia... !-
Sorrisi ancora un pò.
Hansel sospirò sconfitto. In preda a tanti pensieri nella testa. Tanto visibili da far brillare gli occhi turchesi.
Capivo perfettamente la sua confusione. I'angosciante sensazione di avere il cuore di una persona nelle mani e non sapere cosa fare.
Un dilemma atroce anche per me, che trascinavo nei palmi della mano, il cuore smunto di Uriel, Hansel e Castiel.
Quale mostro ero diventato?
Perché farli soffrire così tanto?
- Quindi cosa hai trovato?-
Alzai lo sguardo dalle mie mani, tornando alla figura cupa di lui.
- Tengono Castiel a " White Center" un centro abitato fuori città. Il marchio è dell'azienda del padre di Uriel. Una vecchia ditta che aveva gestito una volta- dichiarai salendo le scale.
- E come fai a sapere tutte queste cose?-
Mi fermai sui miei passi, voltandomi verso di lui. Da una parte sorpresa e frustrata.
- Non lo so... E' come se la mia amnesia si stesse sbloccando...-
Ogni giorno rivivevo un nuovo flashback e le informazioni parevano inondarmi la testa a raffica. In un modo confuso e spietato.
- Se così fosse è un bene! Potremmo trovarlo in fretta! -
Annuii riprendendo la salita.
Qualcosa non andava.
- Hansel?-
- Dimmi?-
Sospirai sommessamente.
- Non credo sia un bene che si sblocchi. Non credo sia un bene che io ricordi tutto...- affermai imboccando il corridoio dell'hotel.
In poche falcate mi raggiunse, posando una mano sulla mia spalla.
-Che cosa intendi dire?-
Mi morsi il labbro inferiore, la testa pesante per la quantità di pensieri sfarzosi.
- L'amnesia come sappiamo avviene per rimuovere traumi maggiori dal cervello umano, per proteggerlo da un dolore più grande giusto...?
- Sì- Hansel annuì dandomi ragione.
Il viso ansioso e impaziente.
- Ebbene, non so cosa sia successo ma, sicuramente non dev'essere una bella cosa. E credo che se dovessi finire per ricordare, sarebbe peggio.-
Si strinse nelle spalle, abbassando la testa verso il pavimento.
- Hansel io sono una persona vendicativa e già piena di rancore, immagina se dovessi ricordare altre cose. Andrei fuori controllo...-
Lui fece pressione sulla mia spalla, gli occhi stanchi. L'attenzione persa nel vuoto.
- Hansel, non credo che potrò...-
Mi interruppe, riportando lo sguardo su di me.
- E noi ti riporteremo indietro va bene?-
Si riferiva anche a Castiel.
Eppure stavolta, non ne ero sicura. E questo perché non sapevo ancora la gravità del mio passato.
- No Hansel... Stavolta no-
🔻CASTIEL 🔺
- Nairobi per favore! Non stai ragionando!-
Non esisteva un minuto di quiete per me; e se non era Uriel a tribolarmi, c'era sua sorella.
Dopo la sua sfuriata di ieri sera, avevo creduto che si fosse calmata. Che Dio! Fosse tornata in sé...
Ma ciò non era avvenuto. Anzi, mi aveva sottratto le gemelle con la forza e, dopo averle portate via. Mi aveva minacciato di far loro del male.
E tutto questo soltanto perché non avevo ricambiato quello che provava.
- Castiel! Non voglio ripetermi! -
Avevo raggiunto una tale frustrazione da sentirne il dolore fisico. In tutta la mia esistenza non ero mai stato messo a dura prova in questo modo.
Non mi permettevano nemmeno di riposare cinque secondi.
Avevo esaurimenti nervosi di continuo. E i miei occhi parevano bruciare per quanto volessero svuotarsi.
- Che cazzo vuoi da me?! -
Appoggiai i pugni sul tavolo della scrivania. Gli occhi stretti in due fessure.
- Voglio te! E' chiedere troppo?-
La fulminai in cagnesco, premendo le unghie nei palmi della mano.
- Nairobi! Finiscila! Sembri soltanto una bambina viziata!-
Scosse la chioma ramata, i riflessi arancioni giocavano con la luce del sole.
Il labbro Imbronciato, come una scolaretta ribelle davanti ai genitori.
- Dimmi dove hai portato le bambine?- scongiurai un'ennesima volta. La voce spezzata dalla stanchezza.
Ariana e Anastasia dovevano assolutamente essere portate via. Dovevano andare sotto custodia. Nella protezione di una buona famiglia che le avrebbero dato tutto quello che Uriel gli aveva negato.
- Ti ho detto le mie condizioni!-
Lei voleva che giurassi di essere suo per sempre; di rinunciare alla mia vita da detective, alla mia famiglia e a ogni bene che avessi costruito in ventun'anni.
Porca miseria! Come merda si ragionava con un essere del genere?
Con una donna prepotente ed egoista?
- Ti ho detto di no!- le urlai contro, la rabbia soppressa sembrava voler strangolarmi.
Nairobi restò attonita dalla mia reazione, stupita dalla mia foga improvvisa. Dall'ira nei miei occhi.
-Bene!-
Congiunse le dita, aguzzando la vista.
- Portatele qui!-
Sgranai gli occhi alla vista di quattro uomini, trascinare le figure deboli di due ragazzine impanicate.
-Castiel! -
L'uomo proseguì tappandole la bocca con forza. E mentre una si dimenava, l'altra sembrava stanca di lottare. Gli occhi vuoti e privi di speranza.
Non sapevo più chi guardare o cosa fare.
La mia testa minacciava di scoppiare.
Nairobi andò avanti, estraendo una pistola dal cassetto dell'armadio.
La bocca stirata in un sorriso provocatorio. Divertito e a dir poco sadico.
- Te l'avevo detto che non finiva qui...- aggiunse dondolandosi sui talloni.
Tutto un gioco per loro.
Un orrendo gioco dove giocavano con la vita delle persone.
Portai le mani tra i capelli, mordendomi le labbra a sangue.
- Nairobi ti supplico! Loro non centrano niente...-
Mi fissò per qualche secondo infinito, quasi come se potesse comprendere la mia agonia ma poi, senza alcun preavviso spinse le dita sul grilletto.
Due forti spari echeggiarono per la stanza.
- No! -
Troppo veloci per le mie gambe. Tant'è che quando mi avvicinai, la pallottola aveva già colpito il braccio di una e ferito il fianco dell'altra.
Le bambine scoppiarono in lacrime in preda alla vista del sangue e alla paura di morire. Un pianto straziante per il mio spirito e sanguinante per le mie orecchie.
Mi piantai in mezzo tra le due bambine e la sagoma di Nairobi, oscurandole la vista.
- Basta Nairobi! Fermati!-
A quel punto stavo assaggiando le mie lacrime salate. Lacrime di frustrazione e rabbia. Stanchezza ed esaurimento.
Avevo infranto i protocollo di mio padre.
- Hai tutto il mio cuore...- dichiarai sfinito.
Avevano vinto loro.
Uriel e Nairobi erano i vincitori.
- Davvero? Rinnegherai Ariana per me? -
Le sue mani si posarono sul mio viso.
- Sì, farò quello che vuoi... Ma lasciale andare-
Lei sorrise felice; traendo gioia dalla strage che aveva appena compiuto.
- Portatele dal nostro medico di famiglia!-
Non riuscivo a staccare lo sguardo dalle bambine dai volti rigati e gli indumenti sporchi di sangue.
- A volte bisogna essere cattivi per avere quello che si vuole -
I suoi pollici accarezzavano i miei zigomi in gesti lenti e circolari.
La guardai con odio. Una voglia matta di strangolarla. Di farle capire il peso di quello che aveva appena fatto.
Sentire le sue dita sulla mia pelle era simile al fuoco. Volevo spegnerlo. Volevo scappare.
Tuttavia, dove potevo scappare?
Nairobi si sporse, alzandosi sulle punte dei piedi.
Le sua bocca sulla mia, in piccoli baci continui. Il sorriso tra le labbra. Un bacio sporco, come quello che Giuda aveva dato a Gesù nel Getsemani.
- Amami Castiel ...-
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