Plans & Triggers

Capitolo LXII

Odio e amo.
Tu forse me ne chiedi come io faccia.
Non lo so. Ma sento che ciò accade
ed è la mia tortura.

[Odi et amo.
Quare id faciam, fortasse requiris.
Nescio, sed fieri sentio et excrucior]

-Catullo


-Mmm… La lunghezza dei tuoi capelli è perfetta-
Diana Clark mi girava attorno come un avvoltoio. O peggio, come quelle donne militari che trovavi nei campi di addestramento. Seria e scrupolosa.
In quanto a mio padre, se ne stava seduto su una poltrona. Le mani incrociate e lo sguardo irremovibile. Per niente contento di avermi portato a far visita alla signora
Clark. Per non parlare del fatto che questi si conoscevano e io, non ne sapevo nulla.
Grandioso…
-Però… Il tuo colore… Dovresti schiarirli a un biondo classico-
-Che cosa?-
Perché mai avrei dovuto rinunciare al mio colore naturale? Non che fossi un tipo vanitoso, ma sapevo riconoscere quando qualcosa piaceva alle donne.
Molte mi avevano complimentato per i miei riflessi ramati e persino il parrucchiere della mia città si era rifiutato di scurirli.
-Sì giovanotto! E non solo, procurati delle lenti a contatto azzurre. Devi nasconderti il meglio possibile-
Mio padre mi aveva accennato qualcosa sul piano della signora Clark, e anche se avevo acconsentito, non riuscivo ancora a credere di starlo facendo veramente.
-Va bene lo farò…-replicai.
Diana Clark annuì compiaciuta.
Mio padre si stiracchiò le dita, alzandosi dalla poltrona.
-Okay allora, possiamo andare-
-E dove crede di andare signor Smith? Non abbiamo finito!-
Lui si arrestò, lo sguardo accigliato, a dirla tutta, infastidito. Seccato all'idea di doversi sedere di nuovo. Eppure con nostra grande sorpresa, lo fece.
Diana scosse il capo divertita, riportando l'attenzione di nuovo su di me.
-Inoltre, deve farsi tatuare un numero romano sul braccio, all'altezza della spalla-
A sto punto, mio padre colpì la superficie del tavolo con un pugno sordo.
-Diana questo non rientrava nell'accordo!-
Lei sospirò prima di parlare.
-Sì, ma renderebbe le cose più facili a suo figlio. Nella reggia di Uriel, gli impiegati sono contraddistinti da un marchio sulla spalla. Un numero romano. E con quello vengono chiamati per nome-
Quasi quasi, stavo cominciando a rivalutare la mia disponibilità. Forse era meglio rifiutare l'offerta e salvarmi la pelle.
-Se non glielo fai fare tu, lo farà sicuramente qualche uomo bruto con qualche metodo barbarico.-
Alle parole di Diana, mio padre si passò una mano sulla faccia, frustrato e adirato allo stesso tempo.
-Sì lo faremo- conclusi per lui.
Non volevo per nessun motivo ricevere trattamenti rozzi e barbari.
-Ultima cosa Castiel! Devi pomparti un pochino di più. Gli uomini in quel posto fanno diversi lavori manuali. E non ci sarà tempo per allenarsi. Ti conviene cominciare un allenamento spedito al più presto.-
Annuii di nuovo, constatando le numerose giornate di palestra che avrei dovuto conseguire da lì a poco.
-Okay, vi vado a prendere una birra?-
Gli occhi di Diana sembrarono illuminarsi, a momenti come se fosse contenta di averci lì.
-No! L’ultima cosa che voglio è bere con la donna che vuole dare mio figlio in pasto alla morte-
Portai una mano tra i capelli, sospirando profondamente.
-Papà non ti sembra di esagerare?-
L’occhiata che mi riservò fu abbastanza severa da farmi abbandonare l’argomento.
Dovevo preoccuparmi? Dato che mio padre sembrava così sconvolto al pensiero di mandarmi là?
Senza alcuna risposta, Diana si avviò in cucina, per poi ritornare con tre bottiglie di birra.
-Avanti Signor Smith, non si scaldi-
Diana si sedette sul divano, invitandomi a fare altrettanto.
Afferrai una bottiglia, passando l’altra a mio padre.
-Castiel, mi raccomando. Devi entrare la dentro e scovare i loro segreti dall’interno.
Parla con tutti se puoi, ma non farti beccare-
Socchiusi gli occhi, annuendo di nuovo.
-Sarai come una spia Castiel e farai rapporto a Geyser, il quale lo riferirà a me e tuo padre. Bisogna che tu sia astuto, e se non lo sei, comincia a chiederlo al Signore-
Geyser? Conosceva la guardia personale di Nairobi?
Diana sembrò cogliere il mio disappunto.
-Sì Castiel, io ho spedito quell'uomo in quel posto. Ed è così bravo che non l'hanno ancora scovato, e questo solo perché lo messo ai servizi di Nairobi. Uriel lo avrebbe già scoperto e fatto uccidere-
Rilasciai un profondo respiro, guardando mio padre. Il quale sembrava andare a fuoco per quanto fosse rosso dalla rabbia.
Diana fece finta di non vederlo, proseguendo il discorso.
-Perché proprio io?- chiesi a un certo punto.
-Sì! Si spieghi, perché proprio lui, non capisco!- intervenne mio padre con aria interrogativa.
Diana bevve un altro sorso di birra, fissando il paesaggio fuori dalla finestra. E dopo una lunga pausa parlò.
-Tutte le spie che ho mandato sono morte-
Fui attraversato da un lungo brivido sulla schiena, tanto da farmi venire la pelle d'oca.
-E tu sei l'unico che possiede una discreta percentuale di sopravvivenza. E anche se dovessi venire smascherato, Nairobi e Ariana non permetterebbero mai la tua morte-

Qualcosa nella sua affermazione, mi colpì al cuore ferocemente, e prima che potessi soltanto chiederglielo, Diana mi rispose.
-Sì Castiel, Ariana ha scelto di tornare da Uriel. Non posso più aiutarla. Ma tu puoi ancora.-
Quel giorno in cui le avevo domandato cosa avrebbe fatto una volta trovato Hansel, Ariana non si era spiegata, non aveva detto dove si sarebbe diretta, ma ora tutto si faceva più chiaro.

-Troverò Hansel, lo porterò indietro e poi mi allontanerò-

Quelle erano state le sue parole, quella la sua decisione.
Lei stava andando da Uriel.
Mi lasciai andare contro lo schienale. Lo sguardo afflitto e la mente svuotata.
-No, ormai ha deciso. Non la fermerò nemmeno io-
Non era nemmeno passata per darmi un addio meritevole. Contavo così poco per lei?
Diana congiunse le mani sul grembo.
-Meglio così! Anche perché non devi cercarla una volta lì. Non ti deve vedere e non ti deve riconoscere-
Sarebbe stato facile, dal momento che non volevo vederla neppure io.
Anche perché vederla con Uriel, mi avrebbe spezzato in due.
-E se dovesse scoprirlo invece?-
Diana spostò lo sguardo su mio padre, meditando sulla sua domanda.
L'espressione turbata e le sopracciglia aggrottate.
-Prego solo il cielo che non cerchi d'intralciare la tua missione-

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