Mask
Capitolo XLVIII
" Io vi volevo ancor prima di conoscervi, lo esigeva la mia presunzione. Poi, quando cominciaste ad inseguirmi io vi volevo da morire...".
- Marquise de Merteuil, 1988
✨[2 Settimane dopo]✨
Erano passate due settimane dopo l'incidente.
Le gemelle per fortuna si erano riprese.
Anastasia faceva leggermente più fatica, ma almeno erano ancora vive. E come prezzo della loro libertà, io ero diventato il burattino della signorina Nairobi. Si era usata di me per divertimento, sesso e molto altro.
Ed ero arrivato al punto da non sentirmi più padrone di me stesso.
Ogni suo ordine, dovevo accoglierlo con allegria. Sorridere quando mi imponeva di farlo. Ridere, se voleva anche quello.
Ormai mi ero calato così bene nella parte, che recitare mi appariva persino naturale.
Arrivati a sto punto, avrei dovuto ricevere un oscar per la mia splendida interpretazione.
In quanto a quel pazzo demenziale...
Non vi era nulla da dire.
Ovvero, Uriel si era illuminato.
Felice alla notizia che avevo deciso di bruciare i miei sentimenti per Ariana Clark.
Come se fosse possibile polverizzarli in due settimane...
Come se fosse facile spendere ogni secondo fingendo di essere dalla loro parte.
- Amore!-
La voce energetica di Nairobi mi raggiunse nella stanza da letto.
Lei entrò adornata di gioielli e diamanti.
Un vestito all'ultima moda. I capelli sistemati in una raffinata acconciatura da principessa.
E se non fosse perché sapevo della sua spregevole persona. Mi sarei pure azzardato a dire che fosse un incanto.
- Oh eccoti qua!-
Stavo seduto sul letto: le ginocchia alzate, torso nudo e capelli arruffati.
Una sigaretta fumante tra le dita. Unica via di fuga per la mia lampante frustrazione.
Lei sospirò.
- Quante volte ti devo dire che fumare fa male alla salute?-
Ah l'ironia della sorte...
Risi dentro di me, per come si comportava da falsa umanista quando tutto quello che faceva era distruggerli e privarli della loro libertà.
Mi tolse la sigaretta di mano.
- questa la prendo io-
La spense nel posacenere sul comodino, per poi tornare di nuovo da me.
- Ti sono mancata?-
Allungò le dita sul mio petto.
E come abitudine dovetti mentire.
- Tantissimo, non sapevo cosa fare senza di te...- dichiarai con naturalezza.
Nairobi inclinò la testa leggermente di lato.
Gli occhi grigi inchiodati sulla mia figura.
Pareva voler capire se stessi mentendo.
- Non esagerare Castiel... Posso ancora sentire il sarcasmo nel fondo della tua gola-
Scossi il capo, cercando di contraddirla.
- Sì invece...-
Nairobi mi cinse il mento con le unghie. Avvicinando la mia faccia alla sua.
- Ora esisto solo io, mi hai capito?-
Sostenni il suo sguardo, non battendo ciglio.
La fronte aggrottata.
- Siamo solo noi due- aggiunse con prepotenza, schiantando le sue labbra contro le mie.
In un bacio avido e aggressivo. Di quelli che si davano solo con lo scopo di fare male.
Privo di sentimenti. E se c'erano, erano sicuramente malati e dannosi.
La sua mano poggiava contro la mia nuca. La lingua sui miei denti. E Dio solo sapeva quanto avrei voluto respingerla, resistergli; allontanare il suo corpo dal mio. Tuttavia cedetti, lasciando che si insinuasse nella mia bocca.
Un altro fortissimo senso di agonia.
E ancora una volta ero diventato un disertore, uno spergiurato traditore.
- Non dovremmo prepararci per la cerimonia di Uriel?-
Tentai di distrarla con qualche scusa.
Nairobi passò dalle mie labbra sul collo, lasciandomi morsi visibili sulla pelle fino alla spalla.
- Sì... Solo un attimo-
Soffocai un gemito quando ritornò coi denti sui marchi rossastri lasciati nel passaggio.
Le sue gambe avvinghiate sulla mia vita, ancorate sulle ossa del bacino.
Le unghie sulla mia schiena.
- Nairobi! - ringhiai con voce sommessa. Disgustata.
Lei si fermò perplessa. Quasi come chiederle di smettere fosse un reato.
- Vorrei vestirmi. Uriel non vuole che arriviamo in ritardo, e tu lo sai bene- dichiarai con pacata veemenza.
Sorrise per qualche secondo, gli occhi pervasi da una luce sinistra. Divertita.
- Per stavolta ti lasciò stare solo perché siamo in ritardo-
Si levò dalle mie gambe, lasciandomi finalmente libero.
- Ti ringrazio- commentai sarcastico.
Lei si accigliò fissandomi per un'ultima volta per poi raggiungere la porta.
- Castiel, sono stata gentile con te ultimamente. Non farmi arrabbiare...-
L'espressione impassibile e fredda. Forse la prima volta che la vedevo seria come una statua.
Mi alzai dal letto vestendomi in fretta.
Ci mancava soltanto che Uriel mi spedisse nelle cantine per averlo fatto attendere.
Nel breve percorso dal letto alla porta, notai il mio riflesso nello specchio.
A malapena mi riconoscevo. Un altro uomo dall'altra parte dello specchio.
I miei capelli erano cresciuti. E ora avevano una forma ondulata e folta, fino alla base del collo.
Le ciocche lunghe mi ricadevano sul viso.
Borse sotto gli occhi, lividi sulle braccia. Morsi sul collo.
Vedevo esaurimento negli occhi. Fatica nei soli movimenti. Uno stress cranico e perenne.
- Signorino Castiel! Tutti la stanno attendendo!-
Mi ricomposi in fretta, allacciando la cravatta attorno al collo e pettinando i capelli con le dita.
- Sono pronto!- annunciai, uscendo dalla porta senza perdere tempo.
Geyser già mi attendeva all'esterno.
[...]
Una volta nel cortile trovai Uriel e Nairobi vicino a una Limousine nera. Un gruppo di uomini vestiti di nero. E in fila indiana, aspettavano i comandi di quel bastardo.
-Ah eccoti qui...- Uriel mi sorrise venendo a posizionarsi vicino a me.
- Mi hai fatto attendere... Di nuovo-
Così vicino da sentire il suo respiro sul collo.
Un ribrezzo rigurgitante.
Non osai guardarlo in faccia, mantenendo lo sguardo sul suolo.
Uriel fece un cenno col capo, girando la testa verso uno dei tanti uomini vestiti di nero. E con mia scioccante sorpresa quest'ultimo premette il grilletto sparando uno dei suoi sottomessi.
L'uomo cadde a terra morto. Un colpo fatale alla fronte.
- Derek dimmi come si chiama l'uomo che hai appena sparato...-
Ero sconcertato. Pieno di orrore e repulsione a tale gesto mostruoso.
- Finn Jordan, mio signore.-
Derek fece un semi inchino trascinando via il corpo senza vita del giovane uomo.
- Vedila così Castiel... Tu mi fai perdere tempo, e qualcuno perde la vita. Sono stato chiaro?-
Sussultai al suo tono minaccioso. Gli occhi ancora sgranati e spaventati.
- Finn aveva solo 24 anni sai? Una moglie e 2 bambini. Ma ora non tornerà mai più a casa, e tutto per colpa tua-
Continuò a parlarmi con voce sommessa. Senza alcun briciolo di compassione.
Ricacciai indietro le lacrime, stringendo le labbra tra i denti.
- Vaffanculo...- dissi piano, quasi in un sussurro.
Uriel Inarcò un sopracciglio, guardandomi sorpreso.
- Cosa hai detto?-
Fissai la mia rabbia su di lui e senza alcuna esitazione ripetei la stessa parola.
- Vaffanculo! Va farti fottere Uriel! Tu e tutta la merda che hai in testa!-
🔻HANSEL🔺
Accesi un sigaro, guardando Anastasia.
Intenta a indossare dei guanti di seta, lunghi fino ai gomiti. Neri come l'abito sensuale che portava. Il corsetto stringeva la vita, mettendo in risalto il fisico snello. Oltre a ciò lasciava le spalle scoperte, perdendosi in una generosa scollatura sui seni.
I capelli sciolti, pettinati con ordine dietro la schiena.
- Hansel come si chiama quella categoria di uomini che guardano le donne di nascosto?- la sua improvvisa domanda mi destò dalle mie remote fantasie.
- Pervertiti?-
Si voltò verso di me lisciando la lunga gonna con le dita.
- E tu cosa pensi di stare facendo?-
La sua espressione perplessa.
- Mi stai dando del pervertito?- sghignazzai, liberando un'altra nuvola di fumo nell'aria.
- Non c'è bisogno, fai già parte di quella categoria-
Lei sorrise maliziosa.
- E cosa vuoi che faccia? Mi piace quello che vedo- commentai a trentadue denti.
- Ti piacerà ancora meno quando ti caverò la vista- disse minacciosa.
Sbuffai, alzando gli occhi al cielo.
- Eh va bene... Mi giro-
Mi voltai per brevi secondi, solo per ritornare a fissarla di nuovo.
Purtroppo i suoi occhi erano già su di me quando lo feci. Un perfetto sopracciglio innalzato verso l'alto.
- Hansel ti! -
- No non voglio essere squartato vivo!- le diedi la schiena sbuffando di nuovo.
- Andiamo Ana ti ho già visto nuda!-
Prima che potessi finire mi arrivò un libro in testa.
- Ahi!-
Mi voltai trovando Paris vicino a me.
Gli occhi adirati e la mano alzata.
- Quando sei entrata?-
Mi massaggiai la testa, allarmato.
- Chi hai già visto senza vestiti?-
Ignorò la mia domanda procedendo con la sua.
Anastasia sorrise di gusto alle nostre spalle; trovando la scena assai divertente.
- Nessuno...- replicai distogliendo lo sguardo.
Spostai invece l'attenzione verso il soffitto. E cominciai a fischiettare.
- Hansel! Fai poco lo sbruffone!-
- Va bene! Va bene!-
Alzai le mani in segno di resa. I suoi occhi verdi mi scrutarono per altri secondi in più, e poi sospirò.
- Okay, ora qualcuno mi dice dove stiamo andando?-
Paris incrociò le braccia aspettando una risposta veloce.
- Una cerimonia dove tu non verrai- dissi, riordinando i capelli. Mi spostai di qualche passo per non essere colpito.
- Cosa?!- Paris si arrabbiò di nuovo.
- Tesoro, questa cerimonia è stata organizzata da Uriel, e ha personalmente invitato Anastasia e me. Nell'invito non c'era scritto il tuo nome-
La mia risposta sembrò farla arrabbiare ancora di più, tant'é che cercai Anastasia con gli occhi. Sperando in un qualche aiuto coveniente. Ma come previsto, fece finta di non vedermi.
- Paris non puoi venire- tentai di spiegare in parole povere.
- Che cazzo significa?-
Mi passai una mano tra i capelli, fissando la donna minuta davanti a me.
- "Non", avverbio di negazione. "Puoi", voce del verbo "potere", modo indicativo...-
- Porca miseria! Hansel ti spacco la faccia!-
Paris mi interruppe nuovamente, afferrandomi per la cravatta e abbassando la mia figura alla sua altezza.
- E' mio fratello!-
Potei chiaramente vedere il dolore represso negli occhi verdi. La nota di amarezza nella voce accaldata. Lo scoraggiamento nel sapersi impotente.
- E proprio perché è tuo fratello... Non posso portarti. Immagina se Uriel dovesse prenderti di mira. Pensa se decidesse di farti del male per ferire tuo fratello o viceversa.-
Parlai con estrema dolcezza, cercando di farla ragionare. Anastasia ci guardava in silenzio. I pozzi scuri inchiodati sulle nostre figure. Curiosa di vedere cosa sarebbe successo.
- Non mi importa...- disse lei appoggiando la sua fronte sulla mia.
Cocciuta come una pietra. Testarda come un mulo.
- Però importa a me, capisci?-
Afferrai le sue mani tirandola contro il mio torace. Avvolgendo le braccia attorno al suo corpo scosso.
-Fidati di me- le sussurrai piano, massaggiandole la nuca in lenti gesti circolari.
Un silenzio tombale discese su di noi, tanto che si poteva chiaramente sentire il ticchettio dell'orologio. E fu Anastasia la prima a rompere il silenzio, spostandosi verso l'uscita della stanza.
- Vado a chiamare un taxi-
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