Melt My Heart To Stone

Lo guardo, completamente sconvolta.

"Tu non puoi essere... cioè, è impossibile che tu sia...".

Lui non dice niente e semplicemente sta lì, ad osservare la mia reazione.

A lasciarmi assimilare la notizia.

La situazione ha del surreale. Vari momenti e informazioni nella mia testa collidono e si chiariscono, e iniziano a gridarmi quanto io sia stupida. Perché non ho visto prima una cosa così... ovvia. Così palese.

Il fratello patito di tè. Inspiegabilmente, è la prima cosa che mi viene in mente, la sua famiglia. E le due sorelle... che saranno i gemelli. Sam e Harry.

Quindi a Paddy piace di più il té che ad Harry? Ma se invece... ferma. Riprenditi. Non è questo l'importante ora.

Tutto il giochetto con le storie di Instagram. Da chi si sarà fatto fare quelle foto? Sono vere, di sicuro, sennò i fan l'avrebbero capito subito. Ma che domande mi faccio; ha un'intera equipe a sua disposizione e una montagna di soldi con cui può benissimo pagare una persona per farsi un bel viaggetto per l'Italia.

E la fidanzata... non sapevo l'avesse lasciata. Nessuno lo sapeva. Chi sarà dunque questa nuova ragazza italiana che gli piace? Ma l'avrà davvero lasciata, la ragazza?

No. Non è nemmeno il momento dei gossip.

È il momento della verità.

"Perché?". Chiedo io, stando attenta a non mostrare alcuna emozione. È la cosa più importante. Il perché.

Continua a starmi lontano, per non rimettersi la mascherina. Io invece proprio adesso non riuscirei a toglierla: è una sorta di scudo che ci divide. Che lo separa dal sapere ciò che provo. Vede solo gli occhi, e temo che già quelli bastino a dargli accesso alle mie emozioni altalenanti.

"A few months ago... some producers proposed a contract to me". Incomincia, schiarendosi la voce.

"Un contratto?".

"Si".

"Perché". Ripeto la domanda iniziale, ma un orribile sospetto inizia a serpeggiare in me.

"Io... dovevo recitare la parte di un ricco ragazzo italiano. Ho iniziato ad imparare la lingua ma...". All'improvviso, parla in un italiano molto fluente. Più di quanto non abbia mai fatto. Inizio a rendermi conto di quanto altro abbia nascosto sotto quegli strati di trucco.

"Tu già la conoscevi. Per tutto questo tempo ti ho aiutato con cose che già sapevi, non è vero? Era tutto calcolato. Gli articoli sbagliati, le lettere doppiate, i pronomi messi a casaccio. Vero?". Lo guardo, sbalordita.

"Io... si. È vero".

"Quindi mi hai sempre capita. Hai semplicemente... finto".

"Si, ma..."

"Continua". Lo fermo io. Voglio sapere dove vuole arrivare, non sentire le sue scuse.

"I produttori non erano... contenti. La lingua non era abbastanza. And hanno chiesto di fare una full immersion in the character- ricomincia a parlare a tratti in inglese, come fa quando è nervoso. Almeno su una cosa non ha mentito- And I travelled to Italy and incontro te. Una Italian girl che suddenly inizia a gridare".

"E così parte il copione".

"No, no! Non... it wasn't programmed".

"Ma poi mi hai rivista- continuo per lui- e non hai resistito. Sei un attore, dopotutto. Hai dato inizio alla recita".

E lui si zittisce.

Ora capisco tutto. I miei amici, i posti che conosciamo, le chiamate fatte finora. La sua insistenza nel rivederci. Era tutta una stupida finzione per uno stupido film di stupidi produttori.

"Io... devo andare".

"No! Let's finish talking!". Mi guarda con gli occhi spalancati, ma non mi tocca. Per fortuna. Non risponderei delle mie azioni ora come ora.

"Non credo ci sia altro da dire. E se mi hai mostrato... chi sei, vuol dire che presto te ne andrai".

Mi si avvicina ma io lo guardo, arrabbiata. Lui si rimette la mascherina prima di fare un altro passo incerto verso di me. Per poco non scoppio a ridere. Credeva che fosse per la maledetta mascherina? Mi ero anche dimenticata di questa stupida cosa.

"I didn't think you'd react like that".

Non so perché. Né come. Ma quelle parole, quelle semplici poche parole fanno scattare qualcosa in me. Altro che rabbia. Ad un tratto, sono proprio furiosa.

"E cosa credevi eh? Che non ci sarei rimasta male di essere stata uno stupidissimo progetto? O ancora meglio che mi sarei messa a saltellare tutta contenta comportandomi come una delle tue fan sfegatate? Ti rendi conto di quello che hai fatto, almeno?".

Non ricevo risposta, e lui abbassa la testa. Oh, come capisce. Lo sa benissimo l'italiano.

"Mi piaci come attore. Mi piacciono i tuoi ruoli. Ma nella vita vera tu... tu. Sei questo. Solo un bugiardo".

"Sono Stranger. Ci siamo divertiti insieme. Molto".

"Nella vita reale non c'è solo il divertimento. E tu... tu non sei Stranger. Sei solo un estraneo. Il mio amico è morto".

Butto dentro allo zaino le poche cose che ho cacciato, alla rinfusa, e me ne vado. Stavolta lui non mi ferma, e io non mi guardo indietro.

Appena uscita dal vicolo l'impatto è tremendo. Nella Corte Sgarzarie era come se fossimo immersi nella nostra bolla personale, dove nessuno ci avrebbe disturbato. Ora invece sono di nuovo sommersa dal caos, che mi manda ancora più in confusione.

È stata tutta una mera finzione. Anche la nostra amicizia. Stupida io che ci ho creduto.

Avrei capito se si fosse semplicemente nascosto per visitare l'Italia, perché altrimenti non l'avrebbero lasciato in pace. Ma illudermi per un mese di essere mio amico, di essere sincero.

Ha mentito anche sulla separazione dalla famiglia, sulla sua voglia di libertà. Ora me ne rendo conto.

Lui sa molte cose di me, ma io? Io non so niente di lui. Tranne le pubbliche informazioni, disponibili su ogni sito di fan. Ma lui come persona? Non lo conosco.

Sono arrivata al fiume.

Io... non... insomma è tutto assurdo. E confuso.

E... e...

Cosa dovrei fare ora? Chi dovrei chiamare?

Mi siedo sulla panchina, con la rabbia e la tristezza che mi invadono. E poi, arriva il lutto.

Perch lui non è Stranger. Non lo è. E mi fa male pensare di aver perso un'amicizia del genere. Eravamo davvero in sintonia.

O era Tom a farmelo credere? No.

Non ci riesco. Non posso immaginarli come la stessa persona, sarebbe troppo sbagliato.

Stranger mi faceva ridere, era un mio amico. Uno stupido ragazzo normale che come me faceva figuracce, come me aveva passioni e segreti. Tom... cui è? Il mio idolo. Un attore che ho sempre ammirato e i cui personaggi mi hanno sempre lasciato senza fiato. Ma poi?

Basta. Devo lasciar stare questa storia. Allontanarmi da questi pensieri che divengono man mano più morbosi ed estenuanti.

Fisso il fiume, il suo lento scorrere, e coordino il mio respiro con esso, tranquillizzandomi.

Poi, mi ritorna in mente come un fulmine. Monica!

Chiamo subito Raffaele, per avere notizie della bambina. Faccio squillare il telefono per un po',  senza risposta, poi metto giù; inizio a preoccuparmi. Se l'avessero portata in ospedale per davvero?

Qualche secondo dopo, però, è Raffaele stesso a richiamarmi.

"Ehi, dimmi tutto".

"No, parla tu invece. Come sta Monique?". Chiedo, usando il tenero appellativo con cui la chiama sempre Raf.

"Oh, giusto. Alla fine avevi ragione tu, si è trattato di un falso allarme e... Ferma! No, non giocare coi fornelli!". Sento in sottofondo i capricci furibondi di una bambina che vuole mettersi a cucinare la torta storta della principessa Aurora, quella che le tre fate facevano per il suo compleanno e che poi dovevano mantenerla dritta con una scopa.

Scoppio a ridere, poi mi ritorna in mente Tom.

Scuoto la testa, come se potessi toglierlo dai pensieri con questo semplice movimento.

"Ci sei ancora?".

"Si, si ci sono". Faccio io.

"Hai finito con quello lì... come si chiama?".

"Si. Ho finito". Evito di rispondere alla domanda e caccio un sospiro estenuato.

"Beh, se non hai altro da fare e sei ancora in città... che ne dici di venire a conoscere Monica? E a darmi una mano con tale piccolo mostriciattolo?".

"Non sono mostriciattolo!". Grida lei, con un tono così acuto che devo allontanare il telefono dalle orecchie. Nonostante ciò, faccio un grande sorriso. Adoro i bambini.

"Ma vostra madre?".

"Le ho detto di andare a farsi una camminata, riposarsi un po'. Domani è il suo compleanno e non ha mai un attimo di tempo, e poi ero già tornato ormai".

"Non ho molto tempo, dovrò andarmene presto per prendere il bus... comunque manda l'indirizzo, dovrei farcela. Non vedo l'ora di conoscerla!".

"Ah, e io che pensavo che volessi passare del tempo in mia compagnia. Sigh".

Chiudo la chiamata sorridendo e apro il link che ha mandato su Maps. Alla fin fine è vicino.

Arrivo in pochissimo tempo e quando busso Raffaele mi dice, dal citofono, che ho volato.

Probabile, non vedevo l'ora di staccare la spina di pensieri ed emozioni legati a... lui. Come lo dovrei chiamare ora? Non è più Stranger. E Tom non è che uno sconosciuto.

Quando Raffaele mi apre la porta di casa, non ho più il tempo di fare pensieri del genere. Una bambina piccola con i codini e una bacchetta da principessa si fionda su di me, aggrappandosi alle mie gambe come una scimmietta.

"Monique! Lascia Mary!". Esclama Raffaele, ma io sono più che contenta. Più che altro, con il Covid in circolazione e il fatto che non sempre si manifestino i sintomi, ho paura di passarle qualcosa.

Il fratellone la prende in braccio e inizia a farle il solletico, facendola ridere come una matta. È una scena troppo tenera, e io la immortalo col telefono, non vista, mentre chiudo la porta alle mie spalle.

Quando la rimette giù, Monica fa per tornare da me ma Raf ha più assi nella manica di quanti pensassi.

"Vogliamo preparare la merenda per la nostra ospite?". Le chiede cacciando alcune ciotole, mentre lei si fionda ad aprire il frigo e a mettere sul tavolo tutta la roba cui può arrivare.

Poi prende uno sgabello per aprire gli scaffali più in alto, comunque abbastanza in basso per le persone più grandi. Chissà come deve essere il mondo visto con gli occhi di una bambina.

Io chiedo intanto dove sia il bagno, per lavarmi le mani. Sono arrivata da pochi minuti e già sono stata catturata dal loro legame; è bellissimo. Quando torno, Monica è ancora al lavoro.

Una volta finito, io e Raf la guardiamo divertiti; ci sono cose molto, troppo pesanti per una merenda, come il salame o svariati pacchi di pasta.

"Che ne dici di lasciare un po' di spazio per mangiare Monique?". Lei sbuffa e incrocia le braccia.

"Metti a posto tu, però!". Gli fa la linguaccia e mi prende per mano, portandomi a sedere. Io non posso fare a meno di ridere e reggerle il gioco, è troppo carina.

"Ha ragione, Raf. Mica può fare tutto lei!".

"Non so se sia stata una buona idea farvi conoscere". Raffaele alza gli occhi al cielo, ma è divertito.

Quando finalmente sul tavolo ci sono solo poche cose, Monique si fionda sui cereali, mentre io e Raf ne sgranocchiamo qualcuno così.

"Come ti chiami?". Nonostante l'appetito vorace, la bambina riesce a concentrarsi anche su di me.

"Sono Mary- m'interrompo- In realtà, mi chiamo Mariachiara, ma le persone speciali come te possono chiamarmi Mary".

"E come Laf. Ti chiama Mary, lui è speciale". Dice lei indicando il fratello, con la bocca piena.

"Non si parla con la bocca piena! Maleducata". Ribatte lui, scuotendo la testa. Mi rendo conto che è una sorta di tic che ha, come il mio alzare gli occhi al cielo più e più volte.

"Mostlo".

"Brutta". Monica diventa rossa in viso e gli fa la linguaccia, ma poi Raffaele ricomincia a farle il solletico e lei, tra le risate, si tranquillizza. Inizia anche a sbadigliare, probabilmente è l'ora del sonnellino pomeridiano.

"Principessa, ti va di andare a lavarti i denti e a dormire?- per tutta risposta lei fa un altro sbadiglio- Ok, allora. Mary aspettami qui che la accompagno a...".

"No, no!- Monica si risveglia- Vado da sola! Sono bravissima da sola".

Scappa via prima che il fratello possa protestare e scoppio a ridere; lui scuote la testa e inizia a mettere a posto tutta la roba in più.

"Vuoi un caffè o un tè? Quando non c'è mamma cerco di non usare i fornelli davanti a lei, perché poi cerca di imitarmi e si può far male, ma ora che è andata...".

"Certo, prometto di non andare a fare la spia a sua maestà la principessa di casa". Rido.

Una volta pronto, si siede, esausto. Ora che lo guardo bene in viso, sembra molto più grande della sua età. Ha sulle spalle un gran peso, non dev'essere facile.

"Si è più fatto sentire?". Gli chiedo, riferendomi al padre.

"No. E mi farebbe anche piacere ma... c'è lei". Lancia un'occhiata preoccupata verso il corridoio, pensando alla sorellina. Proprio in quel momento, Monica si affaccia alla porta.

"Io ora dormo. Raf, so che hai usato il fuoco, lo dico a mamma!". Scappa via di nuovo ridacchiando.

È un tornado. Un bellissimo e tenerissimo tornado.

"Mi sa che sei nei guai".

"Già...- si passa una mano sul viso, come a voler scacciare qualcosa. Quanto lo capisco, magari fosse così semplice- Comunque, almeno adesso che non c'è non nuoce più alla famiglia. Ma, insomma, è comunque il padre. Com'è possibile che gli costi così tanto passare in ospedale?".

"Mi dispiace molto. Neanche io riesco a capire come possa lasciarvi a voi stessi. Sopratutto se si tratta di Monica".

"È fantastica, vero?". Riprende a sorridere, e capisco che vuole distogliere l'attenzione da quei discorsi più seri.

"Certo che lo è. Mi sa che vale il detto <Dio ha fatto prima la bozza e poi il capolavoro>, carissimo". Lo prendo in giro.

"Crudele". Mi fa lui, ma continua a sorridere.

Io lancio un'occhiata all'orologio. Tra la merenda e il tè, il tempo è volato. Se non mi do una mossa, non arriverò mai in tempo alla fermata.

"Credo proprio che sia arrivato il momento di andare". Lo guardo, dispiaciuta. Stare con lui mi fa bene, è rilassante.

Mi ha inglobato subito nella sua quotidianità, non ci sono così tante complicazioni come... con altre persone.

"Oh, di già?".

"Si". Lui mi guarda, come se mi volesse dire qualcosa, ma poi aspetta che raccolga le mie cose e mi accompagna alla porta.

"Dovresti venire più spesso. Anche se così firmo la mia condanna a morte con tre donne in casa, fai bene a Monica". Scoppia a ridere, ed è il mio turno di scuotere la testa.

"Non ti libererai di me facilmente, tranquillo. Tua sorella mi ha rapito. Certo, a meno che non ci mettano in lockdown".

"Shhh! Non voglio sentire queste cose, uccel lacciò del malaugurio!". Sulle note delle nostre risate, inizio a scendere le scale e mi ritrovo per strada.

I pensieri iniziano a riaffiorare, ora che non ho nessuno con cui parlare, e decido di mettermi le cuffie e la musica ad alto volume. Per stordirmi.

Il viaggio è molto più semplice così, e anche più veloce.

Arrivata a casa, c'è solo mia sorella in giardino che si allena col pallone; non si è nemmeno accorta di me. Strano, a quest'ora almeno papà dovrebbe essere tornato. Tolta la musica, mi disinfetto le mani e vado a lavarmele.

Proprio mentre l'acqua scorre, la consapevolezza di quanto successo oggi si fa strada in me. Chiudo l'acqua, ma è sul mio viso che ora scorre.

Stranger è Tom Holland.

Inizio a singhiozzare. Ho l'impulso di chiamare lui per farmi confortare, ma so che non è possibile. Non più.

Stranger non c'è più.

Mentre le lacrime scorrono, sento la porta del bagno aprirsi e il sussulto sorpreso di mia sorella nel vedermi in quello stato.

Non mi dice niente. Semplicemente, mi abbraccia.

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